Facendo un giro sul sito internet dell’Associazione Scienza e Vita, mi imbatto in una nota del 6 novembre 2006, intotolata “Alcune considerazioni sul caso Welby”. Tra le tante opinioni espresse in queste settimane sull’appello di Piero, nell’articolo (non firmato) ce n’è una davvero originale: “Va detto che non è del tutto chiaro, da quanto si è appreso attraverso i mass media, se l’intenzione espressa nell’appello di Welby sia quella di essere sottoposto a eutanasia”. La lettera di Piergiorgio Welby al Presidente Napolitano è qui, a disposizione di chiunque voglia prenderne visione. Io, a beneficio delle difficoltà esegetiche riscontrate da Scienza e Vita, mi limito a virgolettarne uno stralcio: “Quando un malato terminale decide di rinunciare agli affetti, ai ricordi, alle amicizie, alla vita e chiede di mettere fine ad una sopravvivenza crudelmente ‘biologica’ – io credo che questa sua volontà debba essere rispettata ed accolta con quella pietas che rappresenta la forza e la coerenza del pensiero laico”. L’intenzione di Welby, così come si evince assai facilmente dal testo, è chiarissima: così come è chiarissima la sfacciataggine di Scienza e Vita nel sostenere l’insostenibile.
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