30 dicembre 2006

Autorete terminale

Francesco D’Agostino, sull’Osservatore Romano, torna ad occuparsi del caso Welby. Oltre alle consuete (e trite) considerazioni sulla presunta strumentalizzazione subita da Piergiorgio, e ad alcuni generici (ed altrettanto logori) richiami all’umana pietà, il bioeticista esprime il timore che «nella soppressione legale di tanti malati possano influire motivazioni politico-economiche»: come per dire che, una volta legalizzata l’eutanasia, ci si potrebbe liberare più facilmente della vecchia nonna che si è stanchi di assistere, o della quale fa gola l’eredità.
D’Agostino, tuttavia, non chiarisce perché tale eventualità non debba essere temuta, a maggior ragione, nei casi di soppressione illegale dei malati: se si ammette che qualcuno possa determinarsi ad operare una sbrigativa eliminazione avvalendosi di una procedura che si svolge alla luce del sole, con il rischio di essere scoperto e condannato, è lecito aspettarsi che costui sia viepiù incoraggiato a porre in essere lo scellerato tentativo utilizzando uno strumento del tutto clandestino, con maggiori possibilità che il suo gesto rimanga impunito.
Il buon D’Agostino, insomma, sembra voler sostenere il proprio punto di vista con un’argomentazione utile a dimostrare l’esatto contrario.
Sarà che il periodo dell’anno è propizio per gli autogol?

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