22 dicembre 2006

Rutelli e i diritti rovesciati

Il breve articolo con cui il Giornale riferisce il pronunciamento di Francesco Rutelli sulla morte di Welby è da ulcera. “Roma - Il vicepresidente del Consiglio Francesco Rutelli parla del caso di Piergiorgio Welby, l’esponente radicale gravemente malato morto l’altro ieri, dopo che da tempo aveva chiesto il distacco del respiratore automatico che lo teneva in vita. L’esponente della Margherita rompe, in questo modo, il silenzio della componente cattolica della maggioranza dopo il primo caso di eutanasia in Italia”. Rieccoci. Per il Giornale è del tutto irrilevante il fatto che la morte di Welby non possa essere considerata in alcun modo un caso di eutanasia: intanto loro lo scrivono (affermando il falso) e poi si vedrà. Complimenti vivissimi. L’ulcera, già drammaticamante conclamata, diventa perforante leggendo la dichiarazione di Rutelli: “Ho un gran rispetto per una vicenda umana così dolorosa, e tuttavia ho la convinzione che comunque nessuno ha o dovrebbe avere il diritto di togliere la vita ad un’altra persona”. Ribadisco (come si fa a dover ripetere in modo tanto ossessivo una tale ovvietà?) quanto segue: la morte di Welby va ascritta all’esercizio di un diritto di Piero, e non, come anche Rutelli sembra sostenere, del Dottor Riccio, che ha semplicemente provveduto ad eseguire la sua volontà. Chi ha una gamba in cancrena ha il sacrosanto diritto di farsela amputare, e quel diritto è suo, non di chi provvede all’operazione: oppure vogliamo sostenere che la legge attribuisce a qualcuno il diritto di andare in giro a tagliare gli arti altrui? Che miseria culturale, ragazzi.

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