08 ottobre 2007

Oggi


Spesso il male di vivere ho incontrato
Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l'incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi; fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1925, Torino).
Sempre caro mi fu”, citando Un Poeta, questo Poeta.
Ogni giorno ascoltando le sue parole, che odo da lontano, mi rammento di questo orribile manifestarsi di inquietudine che è il nostro OGGI.
Fatto di chimere ormai non più tanto lontane, fatto di vanità e bellezza che sfiorisce ogni attimo.
Perché si dimentica, ma c'è chi non la ricorderà mai perché mai conosciuta, la bellezza delle "buone cose di pessimo gusto", tanto per citare anche Gozzano, se qualcuno ancora sa chi siano i poeti crepuscolari, se qualcuno ha mai letto "L'amica di nonna Speranza".

Si dimentica la bellezza della prima volta, della scoperta, dello stupore.
Dell'incanto dell'evoluzione, della rinascita nella morte, del passato in un atomo tra miliardi di atomi che rigenera in continuazione la vana illusione che ci sia qualcos'altro di più perfetto oltre ciò che già possediamo, per gentile concessione di una coincidenza che è la natura: la vita, anche quella più piccola che i nostri occhi non vedono, che lavora incessantemente per costruire e distruggere ogni giorno la conoscenza.
Non voglio fare la letterata, né la scienziata, non la teologa e neppure la filosofa: non voglio far girare parole di cui si è perso il significato, altrimenti farei l'etimologa.
Volevo solo e semplicemente riflettere su ciò che ogni giorno mi fa arrabbiare per capire che tutto è vano tranne ricercare la felicità, quella che esiste solo nei nostri incubi peggiori.
Rincorriamo ciò che non possiamo essere, mangiamo ciò che ci viene imposto, respiriamo lo smog, siamo tassati per tutto, ci arrabbiamo contro tutti senza pensare ad allearci e lottiamo in continuazione contro noi stessi, alla fine, dopo tutto.
Per chi vive d'aria e di speranza, per chi gioca con i petali di un fiore e non in una casa piena di balocchi, per chi spreca il cibo, per chi mangia troppo, per chi non mangia niente, per chi litiga, per chi ama, per chi soffre, per chi si diverte, per il mondo, per un bruco, per un canguro, per il mio cane, per il mio amico Alessandro, per chi non getta le carte a terra, per chi crede ancora che questo mondo dipende da noi e possiamo aiutarlo, per chi oggi decide di non comprarsi un nuovo cellulare, per la gentilezza, il garbo e l'educazione.
Per tutto ciò che ci apre gli occhi su quel male di vivere che ogni giorno incontriamo.

Elisabetta.

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