08 ottobre 2007

Vedove di serie A, vedove di serie B

Uno sfortunato caso del destino ha strappato un agente del SISMI alla sua famiglia, ed in particolare alla sua convivente e ai loro tre figli. Come noto, nel nostro paese (il Vaticano) il legame affettivo tra due persone non viene riconosciuto e non produce e diritti patrimoniali e non in assenza di matrimonio. Il Governo dello stato che il Vaticano cortesemente ospita (l'Italia) ha per così dire sonnecchiato lungamente sui vari progetti di legge (PACS, DICO e non si sa quale altra diavoleria) senza combinare niente (a dispetto di roboanti promesse elettorali ed inintellegibili conati rintracciabili nel voluminoso programma di governo). Tuttavia, siamo nell'Italia assediata dalla presa clericale e militare, e pertanto, per venire incontro al (sacrosanto) diritto della povera vedova, alcuni campioni dell'ipocrisia si sono messi a rovistare carte e a compulsare polverosi codici, fino a rinvenire una qualche clausola in grado di supplire alla colpevole inerzia prodiana. Si scopre così che l'articolo utile è presente nel codice di diritto canonico, che, dato che il nostro Paese è appunto il Vaticano, a quanto pare è in grado di produrre effetti giuridici anche nel Ventesimo Secolo (in questi giorni ho scoperto - confesso che lo ignoravo - prava bestia che sono, che è scritto solamente in latinorum): il matrimonio in articulo mortis. In pratica, si tratta della possibilità di contrarre matrimonio concessa ad una persona in punto di morte. A quanto pare, però, per contrarre il matrimonio a norma del suddetto articolo, è necessario il consenso del morituro, a nulla valendo le dichiarazioni dei familiari e della convivente allo scopo (dura lex, sed lex): la loro chiesa, così pignola da negare il rito funebre ad un Welby, in questo caso diviene molto, molto elastica, e finge di non accorgersi che a questo matrimonio-farsa manca la cosa più importante, cioè il consenso del nubendo, che poveretto è attaccato ad un respiratore senza alcuna speranza di risvegliarsi. Riassumendo: non abbiamo una legge sulle coppie di fatto, ma, in certi casi speciali, molto italianamente, ci si inventa qualcosa, magari taroccando un codice che in Italia non dovrebbe nemmeno avere cittadinanza. Questo perché adulti consenzienti, che vivono insieme per anni e che mettono al mondo tre bambini non sono ritenuti abbastanza maturi per poter pensare a se stessi: hanno sempre bisogno di una certificazione, venga dallo stato o dalla chiesa, per dire: siamo insieme, solo la morte ci separerà. A pensarci, è un bel paradosso: la chiesa vieta, ma la chiesa offre (a persone a cui tiene particolarmente, non a noi figli di nessuno) escamotages per uscire dal vicolo cieco. Regole dure, insomma, ma non per tutti.
Mario Braconi (a.k.a.: taz)

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