08 marzo 2009

Magee lascia: uno di meno

I vescovi stanno dando il segnale che la sicurezza dei bambini è ORA una priorità.
(Cardinal Sean Brady) A dicembre del 2008 il National Board for Safeguarding Children, una commissione predisposta dalla chiesa cattolica per far luce sui numerosi casi di abuso sessuale su minori perpetrati da preti cattolici in Irlanda, lo ha detto chiaro e tondo nel suo Cloyne Report:
Le procedure di protezione dei bambini adottate nella diocesi di di Cloyne [...] sono risultate insufficienti e sotto certi aspetti pericolose. Non sono state riscontrate evidenze del fatto che il rischio [di abusi sessuali sui minori] sia stato adeguatamente identificato o gestito, cosa che ha esposto giovani vulnerabili a subire ulteriori danni.
Della brillante gestione di Cloyne è responsabile il suo vescovo, John Magee, rispedito nel 1987 in quella polverosa diocesi di campagna dopo anni passati tra i corridoi del Vaticano, a far da segretario di ben tre papi. Il Cloyne report si è concentrato su due casi di abuso sessuale, concludendo che: 1. Magee non ha rispettato la disposizione dell'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Ratzinger, secondo cui ogni caso di pedofilia a carico di sacerdoti avrebbe dovuto essere immediatamente notificato a Roma, dove si sarebbe deciso come trattarlo; 2. Magee non sembrava particolarmente desideroso di informare la polizia irlandese dei presunti reati di cui era stato messo a parte: in un caso, infatti, contattò Gardaì solo sei mesi dopo aver identificato il colpevole (spendendo il nome della vittima ma non quello del prete che era stato indicato come colpevole), e nell'altro attese addirittura otto anni. Magee, pur essendo la direttiva di Ratzinger eversiva, dato che mira a sottrarre i presunti pedofili al processo che dovrebbero subire nel paese in cui risiedono, si è dimostrato incapace di adeguarsi perfino alla legge della sua stessa organizzazione. Inoltre:
La pratica di non nominare il presunto autore degli abusi alla polizia non era eccezionale. Anzi, questo modus operandi venne definito "pratica di routine" dal vescovo nelle minute di un incontro del 25 maggio 2006 tra il vescovo stesso, la vittima degli abusi e i suoi genitori, minute poi firmate da Magee.
(dal Cloyne Report) Che Magee si sia tolto di mezzo è certamente una buona notizia: come nota il Times, nessun vescovo irlandese 20 anni fa si sarebbe fatto da parte grazie alla pressione dell'opinione pubblica. Ma restano ancora molta strada da fare: come nota la ONG One-In-Four, il vescovo può nominare un "delegato" per condurre un'inchiesta interna prima di decidere se le accuse debbano essere trasmesse alle autorità pubbliche.
I regimi che si auto-monitorano, come la chiesa, hanno dimostrato di aver fallito [specie dati] i pessimi precedenti di questa istituzione nella tutela dei minori; la chiesa deve essere obbligata a passare al sistema sanitario nazionale o alla polizia tutti i casi di sospetto abuso, anche quelli apparentemente più banali.
Altro precedente preoccupante è quello di Louise O'Keeffe (foto), che ha tentato di chiamare in responsabilità lo stato irlandese per gli abusi subiti a scuola quando era una bambina di soli otto anni. La Suprema Corte irlandese ha stabilito che, poiché il suo maestro pedofilo lavorava in una scuola gestita dalla parrocchia locale, lo stato non ha nessuna responsabilità - cosa assurda, visto che è lo stato che autorizza quella scuola ad operare. Non solo: la povera O'Keefe potrebbe essere chiamata a pagare le spese processuali, pari a circa 750.000 euro. Come dice Colm O' Gorman, regista del famoso documentario "Sex Crimes and the Vatican", secondo lo stato della sicurezza dei bambini devono occuparsi le singole scuole; poiché oltre il 90% delle scuole elementari in Irlanda sono cattoliche, ne consegue che i bambini irlandesi possono contare sull'attenzione (o sulle attenzioni?) di gente come Magee. Consolante.

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