26 dicembre 2009

Cosa risponderei a Massimo D'Alema


Faccio seguito a questa intervista segnalata nei commenti ad un precedente post.

D'Alema avverte nitidamente che all’interno della sinistra (una parte minoritaria nella sinistra e “minoritarissima nel paese”, dice) c’è chi attribuisce a lui tutti i mali.
E' presuntuoso, arrogante e cieco. Certe accuse lo feriscono? Faccia un passo indietro, ricominci ad osservare, provi ad insegnare il mestiere ai più giovani. Non si auto-accomuni ai grandi del Pci prima che gli sia riconosciuto dagli altri, dimostri più umiltà. E non faccia il nome e cognome della giornalista, perchè ricorda gli editti Berlusconiani. Guarda caso, ce l'ha pure lui con Repubblica e, se proprio vuole sapere quali sono gli accordi sottobanco che avrebbe fatto con Berlusconi, bisognerebbe ricordargli la legge sul conflitto di interessi che non c’è. Poi viene questa domanda. E la sua risposta:

Ci sono tanti modi di fare politica. Per esempio quello che si è visto il giorno della manifestazione indetta dai blogger. Non teme di perdere questo pezzo dell’opposizione? «Non voglio perdere nessuno, ma la linea politica del nostro partito non può essere decisa dai blogger che indicono le manifestazioni. Ho massimo rispetto per loro e per le manifestazioni che organizzano. Ne capisco le ragioni, perché anch’io non ho nessuna simpatia per Berlusconi. Ma i partiti hanno un ruolo diverso».
D'Alema non riesce proprio a capire. Non comunica con un'intera generazione. Per questo deve saltare un giro. I blog e le manifestazioni sono mezzi di comunicazione o, meglio, modi di comunicare. Svolgono, per esempio, funzioni tipiche anche dei Circoli Pd: il contatto con le persone e l'ascolto. D'Alema non capisce che rifiutarli significa sbattere la porta in faccia a milioni di elettori. Comincia ad essere inadatto. Unfit, come diceva l’Economist di Berlusconi. A proposito di essere contro o per: è giusto essere per, ma è stupido ignorare che “contro” la possibilità di realizzare quei per, c’è sempre Berlusconi. Riguardo ciò che dice dei blogger, da blogger, gli dico ancora una volta che sbaglia. Ho 37 anni, non sono agèe e non mi interesso solo di Copenhagen, come può vedere. Abbiamo votato in massa per il maggioritario, forse guardiamo più all’Inghilterra che alla Germania. In conclusione all'intervista, infine, gli scappa di essere "più sincero". Chiede rispetto. Ma paragona il Pd alla destra, che “riesce meglio di noi” perché non demonizza la propria classe dirigente. E fa finta di dimenticare che l’accusato è lui e non tutta la classe dirigente e che a destra, chi critica l’unico capo assoluto, sparisce in un momento. Comunque, quando dice che bisogna rispettare, a me vengono i brividi, perché suona come non mi rompete i coglioni. Un po’ di destra, appunto. Si faccia da parte e lasci che le riforme, se sarà possibile, le facciano le nuove leve.

6 commenti:

  1. Il problema non è D'Alema. E' il cosiddetto giornalista che accetta di dare visibilità a questo sproloquio di un tizio che non ha cariche particolarmente significative nel partito, salvo arricchirsi a spese pubbliche da una vita senza aver mai fatto nulla di sostanzialmente utile. Poi dicono di Bruno vespa con berlusconi, ma questi de l'Unità con D'Alema fanno la stessa cosa, solo su scala ridotta.

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  2. Ineccepibili tutti e due: Allegra e Alberto.

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  3. Condivido il ragionamento, ma non la conclusione dell'articolo.
    La posizione "D'Alema, fatti da parte" è una pigra ingenuità.

    Se davvero si ritiene che l'attuale dirigenza del PD sia inadatta e perdente, si faccia una battaglia a viso aperto, ci si misuri sul campo. Anche a costo di perdere.

    Invece tutto quello che ho visto fare ai "giovani" dirigenti è elemosinare posizioni da cooptato in pletorici organismi, che alla fine non contano nulla e lasciano tutto il potere decisionale nelle mani delle stesse persone.

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  4. Gli altri giovani, i non cooptati, quella battaglia la combattono e lo fanno a viso aperto come dici tu.
    Peccato che non sia data nemmeno la possibilità di interloquire.
    Come hai letto nell'intervista su L'Unità, a questi giovani D'Alema chiede rispetto, che tradotto dal dalemese significa, appunto, silenzio. Nessun ascolto da parte del partito, nessun accesso ai soldi per le iniziative non allineate, addirittura ti vengono cancellati i commenti dalla pagina ufficiale del Pd su Facebook se non "ti contieni".

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  5. Guarda, io per battaglia intendo: creare un gruppo di competenze (ed è necessario che comprenda persone che rappresentino veramente realtà come i precari, i "cervelli in fuga", i danneggiati dalla giustizia lenta, etc.) , elaborare un programma di cambiamento con scelte anche radicali, presentarsi in tutti i possibili organismi del pd, e cercare di ottenere il consenso, senza aver paura di scontrarsi con l'attuale dirigenza.
    Se non si trova il coraggio di cose come questa, forse è perché non si è realmente alternativi.

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  6. Antonio, anche io per battaglia intendevo ciò che hai scritto nel secondo commento. Già fatto, quello e molto altro ancora.
    Così, per capire bene come stanno le cose.

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