Come ho già avuto modo di raccontarvi, i nostri amici fondamentalisti stanno per approvare una legge che impedirà ai malati di rifiutare l'idratazione e l'alimentazione artificiali: la motivazione che costoro adducono per giustificare l'iniziativa, come sapete, è il fatto che quelle pratiche non sarebbero vere e proprie terapie, ma sostegni vitali, e l'idea che un essere umano non possa essere lasciato morire di fame e di sete, neppure nel caso in cui lo abbia chiesto lui stesso.
Ebbene, per verificare la sincerità di queste argomentazioni mi piacerebbe rinfrescarvi la memoria sulla storia di Giovanni Nuvoli, l'ex agente di commercio e arbitro dilettante di Alghero affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica scomparso due anni e mezzo fa.
All'inizio del 2007, appena dopo la morte di Piergiorgio Welby, Nuvoli chiese pubblicamente il distacco del respiratore artificiale che lo teneva in vita: per tutta risposta i guardiani del regime si premurarono di far pattugliare la sua abitazione dai carabinieri, allo scopo di impedire che Tommaso Ciacca, anestesista radicale che si era reso disponibile ad assecondare sua la volontà, potesse porre in essere quanto gli era stato richiesto.
Per affermare i propri diritti Giovanni Nuvoli fu allora costretto ad iniziare un digiuno, che dovette sospendere dopo qualche giorno a causa delle sofferenze che gli provocava, ma che successivamente si decise a riprendere, come extrema ratio per provare a vincere l'inerzia e l'indifferenza delle istituzioni nei suoi confronti.
Il 23 luglio 2007 Nuvoli si spense, dopo otto giorni di terribile agonia procuratagli dall'inedia, due dei quali passati pienamente vigile e capace di intendere e di volere.
A questo punto qualcuno potrebbe chiedersi: perché oggi si sta facendo di tutto per impedire che i malati terminali rifiutino acqua e cibo, mentre si è consentito che Giovanni Nuvoli morisse di fame e di sete senza alzare un dito? La risposta, purtroppo, è di una semplicità sconcertante.
L'unica cosa che interessa ai torturatori di stato è impedire ai cittadini di realizzare la loro volontà: quando essa consiste nel desiderio di non essere più idratati e alimentati, la si nega blaterando che i malati debbono essere assolutamente salvati dalla morte per inedia; quando invece, come nel caso di Nuvoli, il rifiuto del cibo e dell'acqua non costituiscono l'effettiva determinazione del paziente, ma sono soltanto lo strumento per cercare di far rispettare una scelta diversa -nel caso di specie il distacco del respiratore artificiale-, allora la morte per fame e per sete di quell'essere umano diventa un'eventualità accettabile, perché lasciare che essa sopraggiunga non significa assecondare la sua reale volontà, ma al contrario impedire ancora una volta che essa possa realizzarsi.
Come vedete, la differenza tra le due situazioni è soltanto apparente, ma nella sostanza non esiste, perché lo scopo finale è sempre lo stesso: evitare che gli individui si autodeterminino, negare il loro diritto di scegliere e sancire in modo inequivocabile che la libertà individuale astrattamente garantita dalla Costituzione non è altro che carta straccia.
Rifletteteci, la prossima volta che sentirete questi aguzzini parlare del diritto alla vita: l'unica cosa che vogliono, al di là delle scuse che cercano di darci a bere, è ridurre i cittadini al rango di schiavi.
Se così non fosse, perché per "salvare" il povero Nuvoli non hanno convocato il Parlamento in seduta notturna come fecero per Eluana Englaro?
Ma diciamola tutta, persino al PdL non frega una cippa di sta storia del testamento biologico.
RispondiEliminaLo tirano fuori adesso come servizievole marchetta verso le gerarchie ecclesiastiche, che turbate dalle vicende ruby and company, stavano un po storcendo il naso. Un bel "Do Ut Des", in cui a rimanere incastrata è la laicità dello stato e la dignità umana.
Mi viene in mente una sola parola... ipocriti.
Scusatemi ma non condivido. Sono disposto ad accettare l'interruzione delle cure nei casi di incidenti gravi e imprevedibili, ma nè l'esempio di Welby nè quello di Nuvoli sono pertinenti. L'ho già scritto in passato, la sclerosi multipla è una malattia invalidante che ha un decorso lunghissimo. Chi ne è colpito impiega diversi anni prima di rimanere del tutto immobilizzato. Allora perché chiedere che qualcun altro si prenda la responsabilità di far cessare le nostre sofferenze? Non sarebbe meglio che il diretto interessato lo faccia quando ne ha ancora la possibilità senza aspettare il punto di non ritorno?
RispondiElimina@ Sushi
RispondiEliminaSi dà il caso che non sei tu a stabilire i casi sì e i casi no. Ma i diretti interessati e solamente loro. Perché se anche tu imponi la tua convinzione agli altri, giusta o sbagliata che sia, impedisci l'autodeterminazione.
Ma è un vizio, il dogmatismo, il fascismo di imporre a tutti i propri valori che l'uomo ha innato...
@ Sushi
RispondiEliminaperchè fra la diagnosi e la morte per asfissia coi polmoni pieni di muco passano appunto decenni...
se avessi la SLA vorresti morire adesso che cammini,con i 20/30/50 anni che ti restano davanti, oppure quando sentirai che non ce la fai più a stare dentro un corpo che ti fa da tomba?
Stephen Hawking soffre di atrofia muscolare progressiva dall'età di 18 anni, ora ne ha 69,ha 3 figli ed è uno dei più grandi scienziati del nostro secolo, attualmente muove una palpebra sola e con quella comunica attraverso un computer facendo lezioni sulla cattedra che fu di Newton...
Avrebbe dovuto suicidarsi a 25 anni quando le mani cominciavano a tremargli e sapeva che presto avrebbe perso l'uso di tutto il corpo?
Avresti voluto che morisse 30 anni fa, quando è rimasto tetraplegico, lasciandoci senza i suoi studi sui buchi neri?
io credo che nessuno dovrebbe avere l'ardire di imporre [o "consigliare"] a qualcuno quando morire, semplicemente lasciare la scelta, tanto se vuoi restare in un letto di ospedale attaccato a una macchina come un vegetale per 40 anni o viceversa impiccarti appena scopri di avere la SLA nessuno te lo impedirà mai...
@Silvia:
RispondiEliminaforse non mi sono spiegato bene, ma concordo con la tua conclusione. Se mi diagnosticassero la SLA aspetterei il limite entro il quale potrei ancora togliermi la vita da solo senza coinvolgere nessun altro. Tutto qui.
@Alessandro Paesano:
RispondiEliminaimporre i propri valori a chi?
Io sto solo rivendicando il mio diritto a non essere coinvolto in una scelta definitiva e che non mi riguarda, del pari rivendico il mio diritto a togliemi da solo la vita prima d coinvolgere chiunque altro con il peso della mia malattia o della mia morte. Purtroppo però vedo che è più facile scaricare le responsabilità su altri senza mai assumersi le proprie.
segnalo che oggi su radio2 prima la Santanché (a 28 Minuti) e poi Rotondi (a Un Giorno Da Pecora) hanno ribadito che la vita non è un bene disponibile e NON CI APPARTIENE (sic).
RispondiEliminaIn particolare la Santanché ha dato prova di essere una vera e propria iena. Non contenta di aver sciacallato sulla morte di Yara (ribadendo orgogliosa le critiche ai magistrati), ha raddoppiato la dose sostenendo che Eluana sarebbe ancora viva con la legge che si sta discutendo e se all'epoca non si fossero messi i bastoni tra le ruote al decreto che Berlusconi aveva avanzato.
Notevole il giornalismo a schiena dritta della Palombelli con domande pressanti: "il sottosegretario Santanché ha un bell'anello tricolore, posso chiederLe dove l'ha preso?".
Da Lauro e Sabelli Fioretti, Rotondi oltre ad aver ripetuto le bestialità della Santanché ha fatto ascoltare orgoglioso la suoneria del suo cellulare con la figlioletta di 3 anni che canta Meno Male Che Silvio C'è.
@ Venerdì Sushi: tu fai un ragionamento le cui conclusioni sono simili alle mie, ma per fare questo ci vuole determinazione, freddezza, occasione e modalità specifiche - e già non è detto che questi siano alla nostra portata in quel momento.
RispondiEliminaPerò poi ciascuno di noi è diverso, e quindi - pur se vuole una cosa - non è detto che a) sia in grado di risolversela da solo e b) che ne abbia le possibilità. Io stessa non so se questa mia convinzione riuscirei ad attuarla con tanto sangue freddo nel momento in cui vi dovessi arrivare.
Il problema a monte è il fatto che qui abbiamo una futura legge che eviterà "che gli individui si autodeterminino", negando loro il diritto di scegliere e sancire la libertà individuale garantita dalla Costituzione.
E questo è grave perché:
1) sancisce che non abbiamo alcun diritto sul nostro corpo (rafforzando la possibilità dell'obiezione di coscienza di coloro che già impediscono di fatto per esempio alle donne l'interruzione di gravidanza, la pillola del giorno dopo, la fecondazione assistita e via dicendo)
2) non potremmo scegliere se/come porre fine alla nostra esistenza quando non fossimo in grado di gestirci tale 'soluzione' autonomamente.
Qualora anche questa specifica legge non ti/ci riguardi - perché non intendiamo usufruirne - la possibilità ci deve essere per coloro che da soli non sapranno/potranno gestirsi quel momento: avere una legge che permette il divorzio, o l'interruzione di gravidanza, per esempio, non significa che poi io debba per forza compiere queste azioni, ma significa riconoscere tale diritto a coloro che le vogliono compiere per loro stessi.
E se leggi devono esserci a regolamentare le nostre vite, vorrei che mi riconoscessero la libertà di scelta sempre, e non di doverle subire come l'ennesima violenza - visto che non faccio nulla di male a nessuno nel chiedere aiuto affinché mi venga risparmiato lo strazio di un dolore fisico cui da sola non riesco a porre fine concretamente.
"Se disporre della vita umana fosse una prerogativa peculiare dell'Onnipotente, allora per gli uomini sarebbe ugualmente criminoso salvare o preservare la vita. Se cerco di scansare un sasso che mi cade sulla testa, disturbo il corso della natura, prolungando la mia vita oltre il periodo che, in base alle leggi generali della materia e del moto, le era assegnato. Se la mia vita non fosse del tutto mia, sarebbe delittuoso sia porla in pericolo sia disporne!"
RispondiEliminaD. Hume