21 giugno 2011

Fare le nozze con i fichi e le tre aliquote

Detto da un commercialista, ridurre la riforma fiscale all'individuazione di tre aliquote è una semplificazione gigantesca.
Qua si tratterebbe mano a una selva di norme che rendono il fisco un ginepraio inestricabile, nel quale anche gli operatori del settore rischiano di sbagliare ogni volta che alzano un dito; di rendere il rapporto tra i contribuenti e gli enti impositori davvero paritario, evitando che per discutere una richiesta di pagamento sbagliata si debba stare in fila una mattinata, o peggio che si debbano pagare di tasca propria i professionisti come me per portare avanti un contenzioso anche quando si ha ragione da vendere; di rivedere il rapporto tra la tassazione delle imprese e quella delle grandi rendite finanziarie, che penalizza chi investe i propri soldi creando ricchezza e posti di lavoro per tanti e favorisce chi se ne sta a casa a speculare sui titoli e al massimo paga un paio di consulenti; di fare in modo che per presentare una semplice dichiarazione dei redditi sia sufficiente una telefonata di dieci minuti a un numero verde, come avviene in altri paesi; di combattere l'evasione sia sui livelli bassi, creando un conflitto di interessi vero tra chi deve fare lo scontrino e chi lo deve chiedere, sia su quelli alti, andando a pescare chi produce ricchezza con la pala ed è ignoto al fisco come mio figlio piccolo che ha nove anni.
Potrei continuare, evidentemente, perché ho scritto le prime cinque o sei cose che mi sono venute in mente, ma la lista sarebbe infinita.
Questi pochi esempi, tuttavia, dovrebbero bastare a spiegarvi perché quando sento parlare delle tre aliquote (e di un paventato aumento dell'IVA, by the way, che andrebbe puntualmente in culo ai soliti disgraziati) come il perno della riforma fiscale berlusconiana mi viene da scompisciarmi per non piangere.
Qua si tratta di darsi da fare sul serio, ammesso e non concesso che si abbia la voglia e la capacità per farlo.
Il resto sono chiacchiere, e il vento se le porta.

4 commenti:

  1. Condivido pienamente!! Il ridurre le aliquote non significa assolutamente nulla, soprattutto perchè lo Stato ha bisogno di entrate e queste da qualche parte deono pur arrivare. In questo caso si parla di operare sull'IVA. E, allora? Cosa cambia per il contribuente se le imposte che paga si chiamano A oppure B? Quel che conta è il rapporto imposte/reddito. Piuttosto che cazzeggiare con il primo termine, perchè non operano per far crescere il secondo: IL REDDITO?

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  2. Colpire Tutti per Favorire Pochi, la “Grande” Riforma del Fisco http://fareprogresso.blogspot.com/2011/06/colpire-tutti-per-favorire-pochi-la.html

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  3. secondo me il problema resta nel manico: non è che con tre aliquote sole ti diminuiscono le detrazioni/deduzioni e tutti gli altri elementi che aumentano le difficoltà di chi paga le tasse o il numero di tasse. Anzi, probabilmente per non ammazzare la progressività, diminuendo le aliquote aumenteranno le detrazioni. E poi anche con i contenziosi: mica cambiano le parti in causa. Se ci si mette anni ad avere ragione ora ci si metteranno anni anche quando (se) ci saranno tre aliquote. Insomma, secondo me questa riforma non si farà mai, e se si farà sarà un insuccesso.

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  4. Non è che gli investimenti finanziari siano finalizzati al nulla: le società che emettono titoli usano i liquidi per investire, in linea di massima. Non credo che aumentare la tassazione sulle rendite avrebbe necessariamente effetto positivo: chi specula troverebbe modi per scavalcare la tassazione italiana mentre a prenderlo diddietro sarebbero i risparmiatori che hanno qualcosa in bot e cct.

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