Se nella merda in cui ci ritroviamo si fa ancora tanta fatica a pronunciare la parola "decrescita", significa che da questa crisi non stiamo imparando niente.
Forse sarebbe il caso di dirselo una volta per tutte: invece di annaspare per rimettere in carreggiata un sistema che non sta più in piedi, dovremmo riflettere sulla possibilità di riformulare il modo in cui viviamo e chiederci se non saremmo più felici consumando un pochino meno e cercando un equilibrio diverso.
Più le cose si mettono male, insomma, più mi viene il sospetto che stiamo perdendo un'occasione.
Sarebbe il caso di pensarci, prima che diventi (davvero) troppo tardi per coglierla.
Un anno fa proprio qui scrivevo che la vera ricchezza, per me, è sempre stata l'idea di vivere la maggior parte possibile del mio tempo come desideravo incrociando la massima qualità di vita con il minimo dispendio di energia e denaro ricordando soluzioni esistenziali quotidiane su premesse e prospettive diverse da quelle che ci stanno inculcando violentemente a suon di modelli mediatici e politici agghiaccianti solo finalizzati a sfruttarci come schiavi per garantirsi il loro reddito, imbottendoci di farmaci per sedare l'ansia che ci provocano, nutrendoci di alimenti sempre più inquinati, e via dicendo.
RispondiEliminaPer chi ha voglia di leggere e pensarci un po' su, ti faccio eco, Metil, e segnalo quel pezzo che tu gentilmente ospitasti: http://metilparaben.blogspot.com/2011/06/minerva-il-tempo-come-ricchezza-e-la.html
ma perchè, se vuoi vivere in una baracca e nutrirti di bacche e radici c'è qualcuno che te lo impedisce?
RispondiEliminaStiamo già consumando meno, ma mi pare che più felici non lo siamo. Comunque dopo più di vent'anni di salari stagnanti e di allargamento dickensiano delle disuguaglianze cercare di far sentire in colpa la parte perdente di questo scontro di classe perché magari si compra qualche carabattola coi due soldini in croce che riesce a strappare alla nuda sopravvivenza lo trovo veramente un po' di cattivo gusto; e pure - questo sì - parecchio da preti. D'altra parte, possibile che una sinistra che si è (giustamente!) liberata del moralismo in campo sessuale o medico debba riscoprirlo proprio in quello economico?
RispondiEliminaPerchè "decrescita" è il termine sbagliato per dire "sviluppo sostenibile". Nessuno vuole decrescere. E' un termine che non attira nessuno. basta un minimoo di intuizione psicologica poer capirlo.
RispondiEliminaTra la versione alla Latouche della decrescita (che ha l'inaccettabile conseguenza della disoccupazione a due cifre) e la soluzione a-sociale e caricaturale di Marcello A (che io ho applicato nella mia vita facendo il contadino in un grazioso quanto economico casale ma guadagnandoci pure ottima qualità di vita) ci sarebbe un'alternativa che si riaggancia ad uno slogan degli anni '70: "Lavorare meno, lavorare tutti...", a cui l'origine ideologica comunista impediva di aggiungere "...guadagnando meno!"; per cui ovviamente restò utopia.
RispondiEliminaOggi che grazie all'odiata globalizzazione dobbiamo vedercela con miliardi di asiatici che non vogliono più fare la fame, potremmo rompere il girone infernale in cui ci eravamo cacciati tornando a consumi e redditi sostenibili. Ma a causa dell'irrazionalità di massa (e non di complotti di sfruttatori che ne sono solo la conseguenza) temo che solo cadendo nel baratro del crollo dell'euro saremo costretti a farlo, magari senza capire.
Il problema è anche l'indebitamento che il sistema capitalistico ci ha portato a fare, anche a livello personale. Per non parlare dello stile di vita consumistico che ci ha imposto come necessari beni e servizi che fino a pochi anni fa non lo erano affatto.
RispondiEliminaIo sono assolutamente per una decrescita, anche se il termine non piace a nessuno, sarà bene cominciare a capire che crescita non vuol dire affatto benessere.
Però qualcuno lo spieghi anche a Monti ed ai politici di professione... che non si può spremere sangue da una rapa.
Arturo, mi permetto di dire che non hai capito nulla di cosa sia la decrescita. Che a) non c'entra niente con i sensi di colpa e b) è inscindibile dalla redistribuzione delle ricchezze che nella società attuale è estremamente concentrata in poche mani. Quindi è inscindibile dalla lotta di classe, fondamentalmente. c) è necessaria perchè il nostro pianeta è limitato e le risorse sono sfruttate oltre il limite della rigenerabilità.
RispondiEliminaRainbow, mi dispiace contraddirti ma la decrescita non è lo sviluppo sostenibile. Si tratta di due concetti diversi, solo parzialmente compatibili.
Lo sviluppo sostenibile si pone all'interno dell'economia classica, solo che prevede che la crescita tenga in conto i prezzi ecologici e non solo monetari, e che i paesi del terzo mondo vengano fatti a loro volta sviluppare.
La decrescita si pone al di fuori dell'economia classica e dice che bisogna cambiare sistema.
Più o meno l'unica cosa che hanno in comune è un certo grado di attenzione per l'ambiente e, in seconda battuta, per i paesi "in via di sviluppo"
Scialuppe
Caro amicidelcampetto, un po' hai ragione, potrei saperne di più di decrescita; però qualcosa ho anche letto e la perplessità è molto forte (e di certo le sparate a base di "meno male che c'è la crisi, così è la volta buona che impariamo a consumare meno" (ma chi ti impediva di farlo prima?) puntano sui sensi di colpa, poco da fare). Oltre a quelli che mi sembrano innocui estetismi, ci sono un paio di punti della teoria che proprio non mi sono chiari: dei soldi che risparmio, poniamo, coltivando il mio orticello sul balcone, che ne faccio? Visto che - dice qualcuno - uno dei problemi fondamentali dell'attuale crisi sta proprio nel sistema del risparmio, la domandina mi pare ineludibile. Secondo punto: l'inquinamento come lo riduco? Perché pensare di ridurlo senza beni e servizi ad alto valore aggiunto (che quindi provocano una crescita) mi sembra difficile. Peraltro non è possibile indirizzare l'economia verso la decrescita senza essere in grado di governarla e al momento la democrazia economica langue: almeno su questo - credo - un pezzo di strada insieme si può comunque fare.
RispondiElimina-> dei soldi che risparmio, poniamo, coltivando il mio orticello sul balcone, che ne faccio?
RispondiEliminaE chi ti dice che risparmi soldi? Se invece di lavorare otto ore al giorno ne lavori quattro (lavorare meno, lavorare tutti come diceva qualcun altro), e il tuo salario è equo (anzichè andare ad arricchire il datore di lavoro: lotta di classe, se vuoi, o modello cooperativistico se, come a me, la lotta non piace particolarmente), non è detto che tu risparmi. E se vuoi continuare a lavorare otto ore al giorno?
Beh: puoi farci quello che vuoi, ma la società decrescista deve essere organizzata in modo da far pagare ogni cosa secondo il giusto valore, ossia senza esternalizzare i costi ecologici e senza sfruttamento. Su Internazionale di scorsa settimana c'è un articolo sulla pesca che sta svuotando gli oceani. Ebbene, se non ci fossero i contributi statali le società di pesca andrebbero in perdita. Oppure dovrebbero far pagare il pesce tre volte tanto, ossia il suo vero prezzo ecocompatibile. Stessa cosa per la carne. Insomma, ti converrebbe vivere ecologicamente e avere molte più ore libere per te stesso. Conosco persone che lo stanno già facendo per inciso...per me è difficile perchè nella ricerca non puoi lavorare quattro ore al giorno, ma per il futuro, chissà.
->l'inquinamento come lo riduco?
Appunto: facendo pagare fino in fondo tutto il prezzo ambientale dei beni che acquisti. Vuoi una macchina di grossa cilindrata? Ci metto su tasse che vadano a finanziare progetti di riforestazione sufficienti a reintegrare TUTTA la CO2 che emetterai. Etc.
I servizi ad alto valore aggiunto potrebbero arrivare e allora avremmo una crescita sostenibile (sempre che sia fisicamente possibile) oppure non arrivare (se è fisicamente impossibile) e allora avremmo una decrescita morbida.
Il punto è che se non vengono prese misure del genere andiamo comunque verso la decrescita: ma incontrollata e catastrofica...siamo già oltre il picco del petrolio, come mi è capitato ripetutamente di dire anche su questo blog: http://aspoitalia.blogspot.it/ .
Ciao!
Scialuppe
Mi va anche bene lavorare meno lavorare tutti ma, senza un poderoso aumento della produttività, dei salari decenti come li paghi? E come si aumenta la produttività senza investimenti?
RispondiEliminaChe la mancata internalizzazione dei costi generi inefficienze non credo abbiamo bisogno della decrescita per saperlo: basta un manuale base di economia alla voce "fallimenti del mercato". Evidentemente, però, se devi pagare il pesce tre volte tanto, una cosa è sicura: non ci sarà decrescita.
Con l'esigenza di uno sviluppo sostenibile con me sfondi la proverbiale porta aperta: quello che non mi convince è la trasformazione di una questione politica (come si cresce) in una tecnica (non si deve crescere). D'altra parte mi pare si faccia abbastanza in fretta guardando i dati: i cinque paesi più ecocompatibili, secondo il Global Green Economy Index, sono Nuova Zelanda, Germania e i paesi scandinavi: tra i paesi occidentali non mi pare che nessuno di questi possa precisamente essere indicato come terra di decrescita.
-> ma, senza un poderoso aumento della produttività, dei salari decenti come li paghi?
RispondiEliminaIl salario decente è quel che ti garantisce la possibilità di avere una vita decente. Well, se guardiamo la situazione generale del sistema in cui viviamo, si vede benissimo una cosa: abbiamo una tecnologia che è già sviluppatissima, che ci fornisce già più che abbondantemente quello di cui abbiamo bisogno e nessuno di noi ha bisogno di maggiore produzione di beni di quello che c'è già. Non serve un "poderoso aumento della produttività" per pagare salari decenti: al massimo possono essere indispensabili grossi miglioramenti nel settore energetico ma è l'unico che abbia questa necessità. Per il resto, quello che serve è una redistribuzione delle ricchezze, non una maggiore produzione delle stesse.
-> se devi pagare il pesce tre volte tanto, non ci sarà la decrescita.
Dipende. Se devi pagare il pesce tre volte tanto hai due scelte: o guadagni tre volte tanto per mangiare la stessa quantità di pesce (sviluppo insostenibile) o mangi un terzo del pesce che mangiavi prima (decrescita) oppure rinunci al pesce (sostenibilità).
Ciao,
Scialuppe
Sorvolando sull'ovvia considerazione che consumare quantità minori di una merce più costosa a parità di reddito non provoca decrescita, mi sembra che tu abbia un'idea scorretta del concetto di produttività: l'aumento di valore aggiunto non coincide con un aumento della massa di beni, anzi: se io produco della verdura biologica certificata sto immettendo nell'ecomia più valore aggiunto di un'analoga quantità di verdura coltivata intensivamente e quindi, a parità di valore, una quantità *minore* di beni. Infatti - ed è una considerazione, che ho già accennato e che è un po' rozza ma anche piuttosto robusta - le economie più ecosostenibili e generosamente redistributive d'Europa non solo non decrescono ma crescono e, con l'eccezione della Danimarca, a un tasso superiore alla media europea. Ovvero per l'equità e l'ecosostenibilità non serve la decrescita; qualcuno potrebbe opinare che sia pure controproducente, non foss'altro perché, se fondi la possibilità di una vita dignitosa sulla redistribuzione anziché sui salari (che in Italia sono bassi perché è bassa la produttività) - oltre che mettere la vita di milioni di persone alla mercè della contingente maggioranza politica (che solo per amore di discussione fingo di credere possa formarsi attorno a un'agenda tanto radicalmente redistributiva quale quella da te ipotizzata) - sei evidentemente costretto a bloccare l'immigrazione. Se poi consideriamo che l'attuale crisi non dipende da un problema di crescita eccessiva o disordinata, se non nell'architettura dell'eurozona, a che pro, se non per qualche appagamento estetico, baloccarsi con inutili e diversivi scenari di frugalità?
RispondiElimina@ Arturo: perchè il picco del petrolio è stato superato, e non ci sono a disposizione altre fonti energetiche altrettanto abbondanti ed economiche, quindi la decrescita arriverà comunque. Perchè anche se non fosse stato superato il picco del petrolio, l'ambiente è oltre le sue possibilità di sfruttamento e andiamo incontro a catastrofi.
RispondiEliminaQuesto indipendentemente dal "valore aggiunto", a meno di non voler iniziare a produrre solo merci a valore aggiunto altissimo (verdura biologicissima? quanto è il margine di miglioramento delle automobili ormai? e per tutto ciò che consumiamo continuamente? e si riesce a migliorarlo senza aumentare i consumi energetici? con i computer non ci si sta riuscendo, ad esempio). Bisogna consumare di meno, perchè il pianeta non ce la fa più e non ci sono abbastanza risorse.
Scialuppe
A parte la volatilità del concetto di riserve petrolifere - così come in generale di riserve energetiche (e.g.: lo shale gas) - visto che la percentuale di recupero (che oggi è circa del 35%) dipende dalle evoluzioni tecnologiche, sulla salvaguardia dell'ambiente, l'ho già detto, sono d'accordissimo: infatti da anni si investe in fonti rinnovabili, o per lo meno qualcuno lo fa. Qual è il paese leader in Europa per uso di energie rinnovabili? La Norvegia, che si è riconvertita integralmente (per questo e altri dati: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Renewable_energy_statistics; i dati sul PIL sono dell'IMF). Come è andata l'economia norvegese l'anno scorso? Più 1,7: non una performance pazzesca, ma allo stesso livello di quella americana (dove però c'è un consumo procapite annuale di 26 barili di petrolio contro i 12 dell'Europa) e con un impatto della crisi molto minore da recuperare. Secondo posto? L'Austria, con un percentuale di uso delle energie rinnovabili superiore al 60%; PIL? Più 3, 1: alla faccia della decrescita. Terzo posto: Svezia: 56.4% di energie rinnovabili e PIL più 4%: su decrescite così ci metterei la firma. Questi sono dati piuttosto hard: possibile che almeno il dubbio che non sia questione di consumare meno ma consumare meglio non te lo facciano venire? "Productivity isn't everything, but in the long run it is almost everything", dice il tale: fracamente pensare che che la riconversione ambientale richieda non importanti investimenti ma la diminuzione del PIL, oltre che - come dimostrano gli esempi - empiricamente infondata mi pare la via sicura per il caos sociale e politico.
RispondiElimina@ Arturo: può essere che tu abbia ragione, in effetti. Grazie per i dati, ci penserò su. Purtroppo non sono un professionista ma solo un dilettante in questi temi e potrei anche sbagliarmi di brutto. Leggo e rifletto, a presto,
RispondiEliminaScialuppe
@amicidelcampetto: "Forse hai ragione; ci penserò su; potrei sbagliarmi": le volte che ho letto o sentito queste parole le conto sulle dita di una mano: chapeau! Peraltro neanch'io sono un professionista, ma ho cercato negli anni di informarmi: mi permetto di consigliarti un libro che ho trovato utile: Leonardo Maugeri, Con tutta l'energia possibile, Sperling & Kupfer. Da parte mia, tempo permettendo, prometto di approfondire di più la decrescita: Latouche, arrivo!! :-)
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