Qualcuno ha rilevato, non senza qualche ragione, quanto appaia illogico l'accanimento delle gerarchie vaticane nel difendere il divieto di diagnosi preimpianto degli embrioni, imposto dalla Legge 40 e recentemente messo in discussione dal Tribunale di Cagliari, in un paese nel quale sono ammessi la diagnosi prenatale sul feto e l'aborto terapeutico.
Com'è possibile, è stato detto, che si impedisca a una donna di conoscere lo stato di salute di un embrione, e di non impiantarlo nel caso in cui esso sia portatore di gravi malformazioni, e che soltanto due mesi più tardi, quando quello stesso embrione, una volta impiantato, è diventato un feto, le sia permesso di effettuare gli esami, ed eventualmente di abortire?
Si tratta, in effetti, di una situazione apparentemente priva di qualsiasi logica: eppure, a ben guardare, una logica c'è.
Perché quello che conta non è tanto la tutela dell'embrione o del feto, né il preteso rispetto per la vita, per quanto astrattamente intesa: ciò che è importante è la mortificazione della donna, l'umiliazione e la punizione del suo corpo, la sottrazione di qualunque dignità alla sua persona.
Hai generato un embrione malformato? Cosa vuoi che me ne importi? Io, tanto per cominciare, ti obbligo a impiantarlo: in fondo, come insegna la Beata Vergine Maria (madre di tutti i santi, mica una qualsiasi), non sei altro che un contenitore, una scatola. Quindi fai la scatola, per favore, e non rompere: se e quando ti accorgerai, ben dopo l'inizio della gravidanza, di quella malformazione, allora sì che potrai abortire. Ma avverrà dolorosamente, sappilo, e sarà traumatico: così dev'essere, in modo che ti serva da lezione e ti faccia passare la voglia di provarci un'altra volta; in modo che le altre scatole, messe di fronte alla stessa scelta, ci pensino qualche minuto in più, e magari, chissà, all'ultimo momento, pur di risparmiarsi tanta sofferenza cambino idea; in modo che ogni anno la Provvidenza possa continuare a mandarci tante nuove famiglie sofferenti, pronte da arruolare nelle truppe che difendono i nostri privilegi, in cambio della consolazione delle nostre promesse di eterna beatitudine.
A voi pare che una semplice diagnosi preimpianto porti con sé tutto questo ben di Dio?
Rischio l'ossimoro (figura retorica il cui significato son stata costretta ad andarmi a cercare sul vocabolario perché non ne conoscevo la definizione).
RispondiEliminaSei tristemente divertente...
Giusta riflessione.
RispondiEliminaNon c'è contraddizione, perché è chiaro che l'aborto, in questo quadro, non è né permesso né vietato:
RispondiEliminasemplicemente non esiste (soprattutto non esiste quello quello clandestino).
Del resto, hanno in programma di rimediare a questa incresciosa incongruenza legislativa.
Nessuno è al corrente di quello che è successo in Nicaragua?
La scelta di canonizzare Maria Goretti, come dicevo in un mio post, è precisa, non è una scelta a caso...
RispondiEliminaLa sottomissione della donna (e del suo corpo) ha dunque origini antiche.
Non a casa la bibbia, quel bel tomo che a loro piace tanto, è un libro di un maschilismo spaventoso. Il pensiero clericale dice: da questo punto di vista è in linea con l'etica del tempo in cui fu scritta....sarà pure, ma questa non è certo una buona scusa per continuare a citarla (o peggio a volerla imporre) come modello di etica.
RispondiEliminaOvviamente, non a casO. A casa non di certo...
RispondiEliminaHai così ragione che mi viene da piangere.
RispondiEliminaE per quanto io studi il perché storico antropologico culturale di tutto questo, continuo a chiedermi come sia possibile.
Si potesse diagnosticare un futuro prete sai che beneficio ne otterrebbe l'umanità?
RispondiElimina