13 novembre 2007

Premio giornalistico "Un uomo, un perché". Capitolo 7): Assuntina Morresi

Carissimi,
la tappa numero 6 del nostro concorso ha registrato l'ennesimo risultato plebiscitario; d'altra parte la frase vincitrice di Eugenia Roccella è di quelle destinate a rimanere nella storia:

«Non ci siamo riusciti. Non siamo riusciti a trattenere in vita Piergiorgio Welby».

Ciò detto, veniamo alla puntata odierna, nella quale vi sottopongo le perle di un altro vero e proprio pezzo da novanta: si tratta di Assuntina Morresi, membro del Comitato Nazionale di Bioetica, nonché editorialista di Avvenire, l'Occidentale, il Foglio e tanti altri ancora.
Anche stavolta, me ne rendo conto, scegliere potrà essere un problema: perciò vi toccherà armarvi di santa pazienza e leggere il tutto almeno un paio di volte prima di procedere.
Come di consueto votate, votate, votate.
E andate a messa ogni tanto, razza di miscredenti.

5 commenti:

  1. lo sapevo che potevo contare ciecamente su di te.

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  2. alla fine ce l'ho fatta:

    "Nessuno vuole avere a che fare con l'arcaica fisicità dell'aborto, nessuno ne vuole condividere il peso. Molto meglio trasformarlo in procedura apparentemente asettica, e ridurlo concettualmente all'assunzione, semplice e pulita, di una pillola. (Avvenire, 15 giugno 2006)"

    Ma le frasi scartate mica le butto via, eh!

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  3. Ho votato "In altre parole, con il tentativo di costruire nuove forme di vita in laboratorio si abbatte la barriera fra esseri viventi e materia inerte".

    Forse non è la migliore, ma credo che per la signora abbia un sapore autobiografico. Il suo cervello ha da un pezzo abbattuto la barriera fra il vivente e l'inerte.

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  4. "Bisogna cominciare a rendersi conto che forse Welby non sarebbe arrivato a chiedere di morire se avesse accettato di farsi sostenere non solo nella respirazione. (19 dicembre 2006)"

    Sublime

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  5. Ho votato "Bisogna cominciare a rendersi conto che forse Welby non sarebbe arrivato a chiedere di morire se avesse accettato di farsi sostenere non solo nella respirazione"
    Insomma, il concetto sembra essere: bisogna cominciare a rendersi conto che certamente Welby aveva una malattia gravissima e soffriva come un cane, però era un po' pure colpa sua....

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