14 dicembre 2008

Ossessioni semplici [di Chiara M.]

Ci si immagina sempre la portinaia come la vecchia pettegola che sa tutto di tutti, un po’ maligna, sempre attenta a spiare quel che accade nel palazzo. La mia invece è un personaggio completamente diverso. Il primo giorno che sono arrivata a Milano ho avuto davvero l’impressione di essere sbarcata su un altro pianeta. Mentre vagavo per la stazione alla ricerca dell’uscita, mi ha subito colpito "l’incredibile varietà". Varietà di tutto: di oggetti, di colori, di tipologie umane, di vestiti, di pettinature, di animali, di negozi, di bar, di strade. Mi sembrava di essere dentro un enorme bazar dell’umanità. Mi sono tornati in mente i racconti di mia nonna della sua prima gita a Torino e del giro al mercato che aveva fatto con la cugina. Era rimasta allibita vedendo frutti stranissimi che non aveva mai visto: arance, banane e altri di cui nemmeno aveva capito il nome. Mi sembrava di provare sensazioni simili di fronte a quella varietà incredibile di tutto! La seconda cosa che mi colpì furono le donne. Le donne erano bellissime. Con il mio borsone nero e i capelli arruffati mi sentivo veramente insignificante e brutta rispetto a quelle donne stupende che camminavano spedite. Potevano essere basse, grassottelle, alte, dai lineamenti troppo marcati, con il seno cadente, con le gambe storte, però trasmettevano un’idea di cura di sé, di attenzione al particolare, di femminilità, di gusto, che io sentivo di non possedere. Infine ciò che subito mi impressionò fu la sensazione di essere in una sorta di immenso videogame di trentenni o al massimo quarantenni, single, con un buon lavoro, stimolante e ben remunerato e una serie di appuntamenti mondani. Bambini, anziani, alberi, animali erano lì solo di contorno, facevano parte dell’ambientazione del videogioco, ma i protagonisti erano solo tutti quei trentenni in massa. Piano piano anch’io mi sono ritagliata un posticino nel videogioco e sono riuscita a trovare un lavoro appagante e abbastanza ben pagato. Dopo infinite ricerche ho trovato anche questo piccolo appartamento che sembra proprio soddisfare le mie esigenze. La portinaia è una donnina anziana, minuta e molto riservata. Quando saluta sorride sempre e sembra proprio benvolente verso tutti. E’ veramente gentile, tiene l’ingresso pulitissimo, non è mai invadente e cerca di andare incontro a tutti. Vive sola in quel minuscolo appartamentino e ogni tanto la vedo che mangia qualcosina davanti al televisore. Indossa quasi sempre lo stesso vestito blù scuro un po’ liso, con i capelli grigi raccolti sulla nuca. Visto che mi faceva molta tenerezza, una sera tornando dal lavoro ho pensato di bussare alla sua finestrella per farle un saluto. Devo dire però che ha avuto una reazione un po’ strana. E’ stata cortese come sempre, ma si vedeva che aveva fretta e che cercava di concludere il più presto possibile la breve chiaccherata. Lì per lì sono rimasta un po’ perplessa, ma poi mi sono detta che probabilmente aveva una pentola sul fuoco e non sapeva come dirmelo o magari stava seguendo in televisione la sua soap preferita e non se ne voleva perdere nemmeno un momento. Un giorno poi sono arrivata a casa con le borse della spesa e lei mi ha aiutata,tenendomi aperta la porta dell’ascensore. Ritirando la spesa mi sono accorta che mi mancava un pacco di biscotti che ero sicura di aver comprato. Sono tornata al piano terra per vedere che non mi fossero caduti. Volevo anche chiederle se per caso li avesse trovati ma sembrava sparita e l’ho rivista solo il mattino dopo intenta a scopare il pavimento e mi ha detto che purtroppo non aveva trovato nulla e che forse li avevo lasciati alle casse. Effettivamente mi è già successo di dimenticare qualcosa alla cassa oppure, ripensandoci, potevano anche essermi caduti nel tragitto fino a casa. Il mese scorso mi ha telefonato un mio ex collega, mi ha detto che il giorno prima era passato da casa mia per farmi un saluto e non mi aveva trovato così aveva lasciato un pensierino per me alla portinaia. La portinaia però non mi aveva detto nulla e quando le ho chiesto mi ha risposto, sorridendomi, che aveva visto un ragazzo suonare al mio citofono ma che non le aveva lasciato assolutamente nulla, che forse avevo capito male perché altrimenti me l’avrebbe dato subito, ci mancherebbe. Il giorno dopo il mio ex collega mi ha mandato un messaggio in cui mi chiedeva se mi fossi già mangiata tutti i cioccolatini che mi aveva lasciato. Una sera poi, mentre aspettavo l’ascensore, ho incontrato la signora del terzo piano con la figlia di sei anni che piangeva, dopo aver scambiato alcune frasi di circostanza, mi sono rivolta alla bambina per cercare di distrarla e farla smettere di piangere, ma la madre mi ha detto che era arrabbiata perché era convinta di aver lasciato un pacchetto di patatine sulle scale per andare a ritirare la bicicletta e di non averle più trovate. La madre ridendo mi ha detto che sicuramente si sbagliava, che probabilmente le aveva lasciate da qualche altra parte e chissà che fine avevano fatto. Un mattino invece ho bussato alla finestrella della portinaia per chiederle un’informazione riguardo al parcheggio davanti a casa e nuovamente mi è sembrata molto disturbata dalle mie domande e ansiosa di tornare alle proprie occupazioni, per quanto fosse sempre educata e gentile. Tutti questi episodi hanno cominciato a impensierirmi e nonostante cercassi di trovare una spiegazione razionale, c’era qualcosa che proprio non mi convinceva. Qualcosa di anomalo e molto strano, però presa dalla mia vita, dagli impegni, dal lavoro, dalle uscite e dalle commissioni da sbrigare, non avevo molto tempo da dedicare a questi fatti misteriosi e spesso me ne dimenticavo dopo poco. Fino a ieri sera. Quando sono rientrata, ho visto che la luce nella guardiola era accesa ma la portinaia non si vedeva, sembrava non esserci. Mi sono avvicinata. La sua piccola sagoma nera non si vedeva, la televisone era accesa, la porta socchiusa. L’ho spinta leggermente, nel frattempo la mia mente era impegnata a inventarsi una scusa nel caso in cui mi avesse vista entrare furtivamente in casa sua. Nella stanza non c’era nessuno, sono entrata e lentamente ho cominciato a camminare verso l’altra stanza. La porta non era del tutto chiusa. L’ho spinta. Seduto sopra un letto matrimoniale, c’era un ragazzo enorme, obeso, gigante, avrà avuto sui trent’anni, indossava una vecchia tuta rossa ed era circondato da ogni tipo di schifezza alimentare. Il letto era completamente coperto di pacchetti di patatine, biscotti, snacks, cioccolato, pizzette, caramelle, bibite, succhi. La portinaia stava cercando di raccogliere un po’ di cartacce che erano sparse sul pavimento e ogni tanto si voltava verso il ragazzo incitandolo a mangiare perché non aveva mangiato niente e secondo lei era anche un po’ dimagrito. Poi si fermava a guardarlo con orgoglio e gli accarezzava un braccio. Il ragazzo che la chiamava mamma e non faceva altro che chiederle ancora cibo era veramente mostruoso, aveva una specie di enorme pappagorgia che si alzava e si abbassava mentre masticava e le mani talmente grosse e cicciotte che stringevano le bottiglie fino ad accartocciarle. Si infilava in bocca manciate di patatine che triturava in un secondo, urlava alla madre di aprirgli subito una nuova confezione di brioche e continuava ad ingurgitare di tutto. La madre correva come una dannata per tutta la stanza e continuava a portargli del cibo sul letto, sorridendogli e accarezzandogli la testa. Di fronte al letto c’erano quattro vecchi televisori tutti accesi e tutti stavano trasmettendo qualche programma della De Filippi. Il ragazzo li fissava incantato e ogni tanto emetteva dei versi, dei grugniti. Il ragazzo sembrava molto emozionato, si agitava e continuava a fare versi di apprezzamento. La madre ogni tanto andava a sistemargli i quattro telecomandi e li allineava bene sul letto. Poi gli portava qualche scatola di cibo e intanto gli pettinava i capelli spruzzando un po’ di lacca. Lui si passava la mano tra i capelli e guardava attento i televisori. Un televisore mostrava “ Uomini e donne”, ogni volta che nasceva una discussione tra il pubblico, il ragazzo con un gesto di stizza faceva esplodere una confezione di brioches e alzava il volume, anche la madre si fermava ogni tanto a guardare rapita lo schermo. Io ero completamente immobile, mi sembrava persino di non respirare. Ho chiuso la porta e me ne sono andata. Qualche giorno fa, quando sono tornata a casa ho trovato un via vai incredibile di gente. Ho visto che alcuni avevano delle telecamere. Dopo poco ho saputo che era una troupe de “ La vita minuto per minuto”. Erano appena usciti dall’appartamentino della portinaia. Andando verso l’ascensore l’ho vista. Era raggiante. Mi ha sorriso, aveva il volto illuminato di contentezza. Mi ha detto “Ci mandano in onda domani pomeriggio”. Ho guardato dentro casa e ho visto il ragazzo seduto sul letto. Aveva un’espressione piena di orgoglio. Trionfante. Chiara M.

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