Mi rendo conto che si tratta di una posizione che molti definirebbero paradossale e provocatoria, ma credo che il dibattito sul tema dell'amnistia, che negli ultimi tempi è tornato nuovamente al centro dell'iniziativa politica radicale, sia stato abbondantemente superato dai fatti.
Il punto, allo stato attuale delle cose, non è stabilire se l'amnistia sia una misura effettivamente utile a risolvere gli annosi problemi della giustizia e delle carceri italiane, ma prendere atto che la stragrande maggioranza dei detenuti viene ospitata in strutture e con modalità del tutto illegali: e che quindi quei detenuti dovrebbero essere liberati immediatamente non in virtù di un provvedimento di clemenza (l'amnistia, appunto), ma in base al banale ragionamento secondo cui non è tollerabile che lo stato (lo stato, dico, non l'anonima sequestri) continui a tenerli segregati violando sistematicamente quanto stabilito dalla legge.
Ci si attrezzi subito per adeguare le condizioni dei detenuti alla legislazione vigente, allora: oppure, al limite, si modifichi quella legislazione legalizzando le condizioni disumane delle nostre carceri, ammesso e per niente concesso che ciò venga consentito dall'unione europea, dall'onu, dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo e via discorrendo; altrimenti si prenda atto che lo stato italiano non dispone delle competenze minime che sono indispensabili per svolgere l'attività carceraria, ci si metta da parte e si rinunci ad esercitarla finché ciò non avvenga.
Se siete del tutto incapaci di operare come dovreste, allora liberi tutti, senza neppure bisogno dell'amnistia: è una questione di logica, di legalità e perfino di decenza.
La clemenza, abbiate pazienza, non c'entra niente.
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