04 gennaio 2012

La metafora della casta è troppo facile

C'è qualcosa di troppo facile, nella metafora della casta che da qualche tempo occupa ogni angolo del web.
C'è qualcosa di troppo facile e di poco responsabile, per quanto le lamentazioni che leggo siano più che giustificate dagli imbarazzanti comportamenti adottati da gran parte della nostra classe politica.
Ma il punto è: chi li ha consentiti, quei comportamenti? Quanti di quelli che postano a rullo banner e figurine e motti e slogan e fotomontaggi e resoconti sui privilegi dei politici hanno effettivamente provato, nel loro piccolo, a iscriversi a un partito e scalzarli dalle loro posizioni? Chi di loro si è preso la briga di presentarsi nelle sezioni del PD, nei circoli del PdL, nelle divisioni territoriali degli altri partiti, e di portarci dentro un atteggiamento diverso con ostinazione, senza mollare, insistendo finché qualcuno non gli desse retta?
Pochi, presumo. E lo presumo perché se fossero tanti si darebbero man forte l'uno con l'altro e la loro voce si sentirebbe per forza: metterebbero in scacco le loro dirigenze, proporrebbero iniziative, si candiderebbero ad assumere incarichi, e avrebbero successo perché sarebbero più degli altri, e più motivati, e più determinati, e più veri.
Pochi ci provano sul serio, purtroppo. Perché mettersi davvero a rompere i coglioni, ve lo assicuro, costa fatica e sacrificio e gastrite e quel boccone di tempo libero che ci rimane in una vita che spesso è già impossibile di suo.
Eppure non c'è altra strada. Non servono le denunce, i banner, le cascate infinite di like su Facebook e l'indignazione spammata su Twitter: si tratta solo di rimboccarsi le maniche e provarci, perché nessuna rendita di posizione, per quanto blindata essa sia, è in grado di sostenere a lungo l'urto dei numeri.
Finché questo non avverrà, la metafora della casta continuerà a sembrarmi troppo facile e poco responsabile: un urlo inutile che serve soltanto a tirare fuori la propria rabbia, a sparpagliarla in giro e a darsi una bella lavata alla coscienza prendendosela con gli altri.

14 commenti:

  1. Che "casta" sarebbe se non se ne stesse appollaiata sul suo trespolo e beccasse chiunque tentasse di scalzarla da lì?

    Chiunque ha cercato di cambiare le cose da "dentro", nei partiti, ne è rimasto scottato. Perché è il sistema che si è costituito che si autotutela, ha i suoi anticorpi, ha fatto barriera.

    E' per questo che c'è gente che si organizza fuori dai partiti, magari candidandosi anche alle elezioni, in liste civiche territoriali. Ve ne sono migliaia di persone così, come milioni sono le persone oneste.

    Eppure questi milioni di persone oneste non sono in grado di scacciare via quelle poche migliaia di mafiosi che imperversano in Italia. Anche i mafiosi sono casta, e spesso le caste tra loro si parlano.

    Bisogna guardare al nuovo, costruire modelli nuovi, non cercare di aggiustare quel che è rotto. Lo diceva pure Fuller. :)

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  2. Mi permetto di dissentire.
    L'assunto del post è che provando in tanti a fare una certa cosa, alla fine, a dispetto di tutto, la si ottiene.
    In tanti, quanti? E chi dovrebbe organizzarli? Perchè più gente hai bisogno di mettere insieme, più è facile che sorgano dissidi. Da qui discende un'altra considerazione: è facile essere contro qualcosa, molto più complicato è proporre e in seguito sostenere un'alternativa.
    Non trovo giusto ammonire chi non ha il tempo, il coraggio, la preparazione, la forza o l'attitudine a cercare di scalzare la casta (che è tutt'altro che una metafora, secondo me) solo perchè esprime in modo a volte sgangherato il proprio malessere.
    E' possibile e accettabilissimo poter esercitare il diritto di critica anche da semplici elettori, cercando di indicare a quanta più gente possibile lo scempio di turno (c'è veramente di che scegliere, ogni giorno). Perchè, siamo chiari: non è che manchino le alternative, quando si va a votare; mancano gli elettori che diano la possibilità a quelle alternative di sostituire il marcio vecchiume che ci sta strangolando.

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  3. No sono per niente d'accordo. Troppo facile.

    1) Quando un sistema è marcio è il sistema stesso che si organizza per difendere il proprio marciume: quelli che dal basso provano a rimetterlo in discussione sono immediatamente isolati in quanto pericolosi. Vedi il famoso articolo di Ferrara sulla ricattabilità dei deputati. Vedi come vengono trattati i "rottamatori" del PD. ecc. Insomma, se la dirigenza di un partito non rappresenta più la sua base, il problema non è la base: è la dirigenza.

    2) Da che mondo è mondo un cittadino ha tutto il diritto di criticare i dirigenti politici dai quali non si sente rappresentato, non per questo deve pensare lui stesso di investirsi attivamente in politica o diventare dirigente politico. Ognuno il suo mestiere. Il fatto di essere un cittadino elettore basta e avanza per poter criticare chi va al potere.

    3) In Italia c'è una persona che si impegna da anni attivamente per "scassare la casta" dal basso, promuovendo la partecipazione attiva della gente comune in politica, partendo dalle liste civiche, dai comuni, dai problemi delle città di tutti i giorni "con ostinazione, senza mollare, insistendo finché qualcuno non gli dà retta". Si chiama Beppe Grillo. Infatti si fa massacrare ad ogni occasione, anche da te. Allora: ostinati sì, ma non troppo?

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  4. il tuo miglior post da un po' di tempo a questa parte

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  5. hai scritto con coraggio la verità, o quantomeno una parte scomoda della verità, hai il mio plauso per questo

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  6. E' per questo motivo che per 40 anni la Democrazia Cristiana con l' aiuto dei socialisti, social democratici, repubblicani e liberali hanno portato l' Italia ad accumulare un debito pubblico impressionante. Successivamente al terremoto scatenato dalle inchieste di "mani pulite" i politici del pentapartito si sono riciclati formando, con Berlusconi a capo, Forza Italia. A ciò la maggioranza degli Italiani ha dato comunque credito. Questo ha permesso e sta permettendo ai soliti "ignoti" di continuare a fare i loro sporchi comodi di speculatori. La differenza rispetto al passato è che avendo la Lira come moneta in momenti come questo avremmo potuto usare lo strumento della svalutazione. Ora con il vincolo della moneta unica questo non è più permesso. Tutti i nodi del malgoverno e del malaffare prima o poi vengono al pettine. Purtroppo come al solito chi ci rimette siamo sempre noi.

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  7. Purtroppo non è come dici. Se vivi come me in un'isola dove contano i compagni di merende, non importa quello che fai e quanto rompi sistema sei, o quanto bravo sei nel tuo lavoro -che non conta-. Conta di chi sei compare, chi ti è parente, quale parrocchia ti protegge, chi conosci in consiglio comunale, provinciale, regionale. Allora, visto che si tutela il parentame, il parentame quanto sente fumo di bruciato fuori un campo di sterminio è disposto a testimoniare che è perchè stanno facendo una allegra rosticciata, non perchè torturano qualcuno (di solito il competitore veramente meritevole, e quindi da stroncare alla base). Qui quel che proponi non funziona: sei solo un rompicoglioni e basta - e nessuno vuole avere a che fare con i rompiballe, che è il modo poi di sbarazzarsi delle persone dis-funzionali al sistema consolidato-, soprattutto se sei animato da spirito di servizio (quindi da isolare e sorvegliare perché la specie è sospetta e contronatura). Anche se ti proponi nessuno ti candida/sceglie/sostiene perché non garantisci proprio un bel niente, soprattutto non garantisci la continuità di quel "familismo amorale" (trasversale a tutti gli apparenti schieramenti), vero e concreto caposaldo di queste povere e disgraziate città insular-marginali.

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  8. Secondo me la questione va ribaltata, completamente. Decenni di politica lontana dalle persone e autoreferenziale creano ovunque una forma di profonda disaffezione. Le persone non sono stupide o svogliate: hanno capito il messaggio. Il messaggio, chiaro e semplice che dai partiti arriva costantemente è: votate per noi ogni cinque anni e per favore non rompeteci le palle nel frattempo. Non è democratico, è squallido, è perverso e persino criminale ma è questo che le persone percepiscono costantemente ogni giorno della loro vita. Tant’è che le persone che militano nei partiti sono una minuscola parte di quelle che votano.

    In questo senso il problema va rivoltato. Come si può fare in modo che le persone riacquistino interesse nella politica? Come si può fare in modo che chi non è contento dei partiti oggi trovi un soggetto politico capace di funzionare diversamente?

    Pensare di cambaire le organizzazioni da dentro (soprattutto quelle grosse) è una roba da adolescenti. L’inerzia che si accumula nelle persone, nei modi e negli strumenti è talmente grande che è difficile che qualcosa cambi senza una precisa e condivisa volontà. (Cosa che nel PD mi sembra manchi dalla nascita.)

    O senza una crisi. L’altro motivo per cui le cose non si cambiano “da dentro” è perché chi può cambiare le cose di solito sta in alto, e chi arriva in alto conosce e maneggia i meccanismi del potere. Nessuno è così pazzo da distruggere ciò che lo ha creato. Nel migliore dei casi lo cambia per renderlo più difficile.

    Dobbiamo uscire dalla logica dei partiti come li conosciamo. Per un semplice motivo: non sono democratici. E non ho mai visto un tiranno insegnare ai sudditi a comportarsi democraticamente e ad amare la democrazia.

    Non si può ragionevolmente chiedere a tutti di essere dei militanti. Ma tutti quelli che vogliono cambiare il mondo devono chiedersi quali sono le cose che farebbero di ogni persona un militante.

    Perdonate la logorrea.

    Andrea

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  9. Io sostituirei all'impegno in politica, che giustamente auspichi ma che oltre a costare fatica richiede anche un certo interesse ed attitudini personali, un'operazione politicamente altrettanto efficace ma molto più semplice e "indolore": il voto.

    La mia domanda diventa quindi: quanti di quelli che oggi si indignano hanno votato PdL e Lega ?

    Perché non ci voleva la laurea per capire che B. e quell'altro B. più sfortunato di lui erano come il gatto e la volpe: maestri nel fregare i citrulli.
    Per cui nutrendo pochissime speranze nell'aumento dell'impegno diretto in politica, mi auguro almeno che questo "sfogo" sul web sia il segnale che qualcosa nella "coscienza elettorale" di tanti sia cambiato.

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  10. Questa strategia, che ha pure il suo valore, mi sembra quella delle guerre del XVIII secolo, in cui i soldati venivano mandati avanti al massacro, basandosi la vittoria sulla pura forza del numero. Ho idea che poco potrebbero fare dei neofiti appena entrati ma desiderosi, andrebbero il più delle volte solo al massacro, inglobati e fagocitati da quel magma che vorrebbero combattere. Sai, a volte, quant'è meglio e più sorprendente (e anche più divertente) fargli trovare la sorpresa che si è votato, a destra come a sinistra, per qualcun altro.

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  11. Alboulz non sono affatto d'accordo con te..
    Il discorso che fai tu lo puoi fare con un qualsiasi mestiere....e neanche troppo poi..perché se non ti sta bene come tutti gli idraulici a disposizione ti riparano il rubinetto, l'unica soluzione che hai è imparare a fare l'idraulico e fartelo da solo. Non solo. Qui non si tratta di un mestiere; purtroppo molti partono dal presupposto che "non sono politici". Ma i politici non nascono con un'etichetta che li designa tali.
    Come dico sempre, puoi non occuparti di politica ma la politica si occuperà sempre di te.

    E in ogni caso no: votare non ti basta e avanza per criticare chi va al potere: il voto è proprio l'opposto. Equivale a dire "fai tu". Il voto è una delega, una deresponsabilizzazione, proprio per questo è un diritto, è il diritto di fregarsene e delegare un altro.

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  12. Faccio una provocazione: il compianto Havel avrebbe forse dovuto iscriversi al Partito Comunista di Cecoslovacchia e tentare di cambiare le cose dall'interno?

    Giordano Bruno avrebbe dovuto tentare di diventare cardinale o papa?

    Purtroppo non funziona. Ci sono dei casi in cui la situazione è andata troppo oltre, e il potere in ballo è semplicemente troppo oppressivo o troppo irremovibile per poter essere cambiato in questo modo. Tra gli italiani è diffusissima la sensazione, giusta o sbagliata, che questa sia la situazione al momento attuale, che quella in cui viviamo non sia vera democrazia e che non ci sia niente da fare in proposito.

    Per quanto possiamo parlar male dell'Italia, infatti, questo sventurato paese ha milioni di volontari che si occupano della cosa pubblica nel proprio tempo libero: dai comitati locali ai gruppetti ecologisti, dagli scout a Casa Pound (che Zeus li fulmini, ma sono i rappresentanti di destra di questa realtà). Tutto ciò a fronte di una infima minoranza di aderenti ai partiti, molti dei quali ci provano e poi si ritirano scottati dopo poco tempo, scoraggiati dall'impossibilità di fare qualcosa in quell'ambito e dedicandosi a qualcos'altro. Sarà un caso?

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  13. Personalmente c'ho provato, e con la gavetta più gavetta. Partito con (la fu) Sinistra Giovanile, e poi piano piano in maniera più territorialmente circoscritta alla sezione dei (furono) DS più vicina a me.

    Il risultato? Sono stato fattore di spaccatura per una sezione che, almeno per cultura, ci si aspettava aperta sia alla novità che al cambiamento. Ho trovato, aimè, un terreno niente di più lontano da quello che a parole andavano riempiendosi la bocca. E totalmente impermeabile alla novità.

    Alla fine, neanche per mio volere, mi sono ritrovato candidato alla segreteria appoggiato da almeno i 3/4 della segreteria "attiva" quella partecipe, quella che si è sempre data da fare, e che vedevo seduto attorno ad un tavolo ogni settimana. Contro avevo gli amministratori (è bello e comodo avere briglie libere dalla sezione una volta ottenuta la carica) e gli appartenenti ad una cooperativa nata da una costola della sezione, naturalmente tutti "cammellati" dai vertici di (e sfamati da) quella cooperativa.

    Il loro candidato? Un rispettabilissimo 70 enne pensionato con terza media. Ribadisco: rispettabilissimo, ma soprattutto marionettissimo. A mio avviso, e non soltanto il mio evidentemente, in quel momento c'era bisogno di altro.

    Il congresso si svolge con poche persone in una stanzetta, al momento del voto (segreto) entrano varie persone per depositare il bigliettino nell'urna. Perdo per un voto. Pazienza e anche un po' di sollievo.

    Nei mesi successivi io non mollo (festunità, etc) per quanto dopo il congresso dal vedersi almeno due volte al mese, passano mesi di silenzio, e le riunioni della segreteria si improvvisavano (ah sai ci siamo visti la domenica mattina in sezione e così...), decisioni che venivano prese senza che io venissi avvisato/convocato (in segreteria ci entravo di diritto).

    Poi la vita fa il suo corso, la laurea specialistica agli ultimi passi e un cancro in famiglia mi fanno assentare. E subito sono partono le speculazioni: "ecco, ha perso quindi non viene più, avete visto?".

    Il cancro ha poi fatto il suo corso mortale, e non ho ricevuto nemmeno un telegramma di condoglianze (paradossalmente le ricevetti dal sindaco, che non era appartenente al partito). Ma questi non andavano farfugliando di solidarietà? Dopo la laurea, mi sono dedicato alla mia crescita professionale: tempo impiegato in modo nettamente migliore.

    Ho sempre pensato che in questo contesto prima venisse la politica e poi i rapporti personali, tuttavia chiedo venia, ma ho troppa stima di me stesso per passare del tempo (poco, e quindi prezioso) con persone di levatura morale di questo tipo.

    Un bel pietrone sopra ce lo mise poi il passaggio DS>PD del quale ho sempre contestato il processo formativo ab origine. E i risultati mi pare siano davanti agli occhi di tutti.

    Ora però, quando li incrocio per strada, chissà perchè, sono loro a cambiarla.
    Per la mia esperienza, anche il tuo post che in linea generale condivido, è retorica :)

    In bocca al lupo!

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  14. a proposito di caste, da non esperto:

    http://pi-francesco-cozzo.blogspot.com/2012/01/caste-senza-letizia.html

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