Torno dalle vacanze e apprendo che la decisione da parte dell’Unione Europea di
chiedere informazioni su alcuni vantaggi fiscali concessi dallo Stato italiano alla Chiesa Cattolica ha suscitato una lunga serie di indignate proteste; la schiera degli offesi, ovviamente, è capitanata dal quotidiano
Avvenire, secondo il quale i privilegi prospettati non esisterebbero, e l’inchiesta dell’UE sarebbe semplicemente il frutto di una diabolica macchinazione ordita (guarda caso) dai Radicali.
Siccome verificare l’effettiva sussistenza dei benefici fiscali in questione è un’operazione piuttosto semplice, vi propongo di giudicare da soli, sulla base della normativa che vado qui di seguito ad illustrare.
L’articolo 7, comma 1, lettera i) del Decreto Legislativo 504/1992, istitutivo dell’ICI, stabilisce che sono esenti dall’imposta:
Gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222.
Andando a consultare il DPR 917/1986 e la L. 222/1985, la norma si può tradurre come segue:
Sono esenti dall’ICI gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché allo svolgimento delle attività dirette all’esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all’educazione cristiana.
Ci siamo, fin qui? Gli immobili degli enti religiosi sono esentati dall’ICI nel caso in cui siano destinati esclusivamente all’esercizio di attività di culto, cura delle anime, formazione del clero, catechesi, educazione cristiana.
Nel 2007, tuttavia, arriva il Decreto Legge Bersani, che all’articolo 39 stabilisce quanto segue:
L’esenzione disposta dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si intende applicabile alle attivita’ indicate nella medesima lettera che non abbiano esclusivamente natura commerciale.
Il che equivale a dire che se un ente religioso è proprietario di un immobile in cui gestisce una scuola, una palestra, un cinema, una piscina o un albergo (per citare soltanto le fattispecie più comuni), esercitando quindi una vera e propria attività attività commerciale (in concorrenza con le normali imprese), pagherà l’ICI soltanto se in quell’immobile viene svolta esclusivamente l’attività commerciale in questione: gli sarà quindi sufficiente inserire nel fabbricato una piccola cappella (tanto per proporre l’esempio più immediato) per far venir meno il requisito dell’esclusività e godere dell’esenzione integrale dall’imposta.
Monsignor Betori, segretario della CEI, ha commentato la vicenda dichiarando:
L’esenzione dall’Ici si applica alle sole attività religiose e di rilevanza sociale.
Norme alla mano, ci vuole un fiscalista per capire che ci sta prendendo per il naso?