31 marzo 2012

Alemanno, prima seguo e poi banno

Stamattina mi è arrivata una mail di notifica con la comunicazione che il sindaco Alemanno ha iniziato a seguirmi su Twitter: dopo pochi minuti, però, mi sono accorto che io non potevo più seguire lui.
Siccome una cosa del genere è capitata anche ad altre persone, che guarda caso sono un po' critiche -pur non essendo mai offensive- nei confronti del sindaco, se ne deve dedurre che probabilmente ad Alemanno piace tenersi informato su quello che dicono di lui, ma poi gli scoccia se gli appunti che gli vengono mossi appaiono sulla sua bacheca.
Per la serie: evviva la democrazia digitale.

UPDATE: mi fanno notare che in realtà l'effetto è quello contrario; Alemanno continuerà a vedere quello che scrivo, mentre i suoi tweet non appariranno più sulla mia timeline, ma dovrò andarmeli a cercare. Peggio ancora. Si vede che il sindaco della mia città ha avuto la brillante idea di rendermi meno agevole informarmi su quello che dice, e quindi eventualmente criticarlo, perchè a volte non sono d'accordo con lui. Padronissimo, ci mancherebbe. Ma insomma, per me non ci fa una gran figura.

28 marzo 2012

L'orgia delle confezioni

L'altro giorno, prendendo il caffè in un bar, ho intravisto vicino alla cassa un bell'espositore pieno zeppo di note barrette al cioccolato e cereali confezionate in monoporzioni minuscole, ciascuna accuratamente incartata in un'elegante confezione di plastica.
Poi, cercando con lo sguardo lo zucchero da mettere nel caffè, ho realizzato quanto ci siamo abituati a usare le bustine di carta invece delle vecchie zuccheriere.
In realtà, a volerci far caso, siamo assuefatti a comprare generi alimentari contenuti in involucri che a volte pesano più di loro: minuscole quantità di mentine in imponenti astucci di plastica, quantità bonsai di marmellata e crema di cacao in cospicue vaschette, surgelati in porzioni singole confezionate una ad una, frutta e verdura acquistate in quantità modeste ma infilate ciascuna nel suo sacchetto e via discorrendo.
Siamo letteralmente circondati dalle confezioni: e le confezioni, si sa, o inquinano perché sono di plastica, o comportano un costo e uno spreco perché sono di carta; oltre al fatto che una volta aperte bisogna buttarle via, il che incrementa in modo notevole la quantità di mondezza prodotta da ciascuno di noi.
So bene che ci sono delle esigenze di carattere igienico, dietro questo sistema: ma ho come la sensazione che a un minimo di igiene si possa pure rinunciare, in nome del fatto che questo pianeta sta diventando un'enorme discarica.
A voi risulta che i generi alimentari venduti sfusi -tranne quelli particolarmente "a rischio" perché altamente deperibili- abbiano mai causato epidemie di tifo, colera o salmonella? Prendere lo zucchero col cucchiaino da una zuccheriera, pescare le mentine da un vaso di vetro e venderle a peso, rifornirsi di detersivo liquido da un dispenser sarebbero abitudini tali da provocare pandemie?
Io credo di no. Io credo che siamo diventati semplicemente pigri, e abituati a ingoiare senza fare un fiato tutto quello che ci propinano.
Se smettessimo di comprare quello che ha una confezione evidentemente esagerata, magari ci proporrebbero qualche alternativa.

27 marzo 2012

E' chiaro che va a finire così

Io non lo so, se comprare la "pillola dei cinque giorni dopo" sul web senza ricetta comporti effettivamente dei rischi per la salute delle donne: però so, per essermene occupato direttamente, che in Italia accedere alla contraccezione d'emergenza "normale", cioè alla classica pillola del giorno dopo, nella maggior parte dei casi è un vero e proprio calvario.
Allora, secondo me, la vera domanda è questa: se si costringono le donne a vere e proprie vie crucis notturne da un ospedale all'altro tra fantomatiche obiezioni di coscienza, ineffabili questioni di lana caprina sulla difesa della vita umana e inenarrabili mortificazioni personali per ottenere quello che rappresenta a tutti gli effetti un loro diritto, come si fa a meravigliarsi quando quelle donne mandano tutti a cagare e risolvono il problema da sole utilizzando internet?
Volete davvero proteggere la salute delle donne? Allora piantatela di fare i crociati della domenica, di imporre la vostra coscienza sulla loro e di comportarvi come se qualcuno vi avesse attribuito la qualifica di arbitri del bene e del male.
Vedrete che il problema delle pillole comprate sul web si risolve subito.

26 marzo 2012

Una domanda sull'alcolismo giovanile

Una domanda non retorica: voi non trovate perlomeno sospetto che il consumo di alcolici da parte degli adolescenti sia aumentato vertiginosamente proprio negli anni in cui anche nel nostro paese sono state introdotte norme di legge che stabiliscono un'età minima per bere?
Non ritenete, in altri termini, che reprimere un comportamento -specie se i destinatari della repressione sono giovanissimi- da un lato diminuisca la conoscenza e quindi la responsabilità di chi lo adotta, e dall'altro tenda a rendere quel comportamento più desiderabile in quanto proibito?
Una volta, neanche troppi anni fa, l'Italia non conosceva la piaga dell'alcolismo giovanile, che invece dilagava in altri paesi europei nei quali, guarda caso, non si potevano servire alcolici ai minori di diciotto anni: oggi, che quei divieti sono stati introdotti anche dalle nostre parti, gli adolescenti hanno puntualmente preso ad affogarsi di cocktail e superalcolici come se piovesse.
Siamo sicuri che tra le due cose non esista correlazione? E quindi: siamo sicuri che proibire il consumo di alcolici ai giovani non finisca per diventare controproducente?
Vale la pena di rifletterci, credo: perché sono convinto che il proibizionismo abbia già fatto abbastanza danni, e che forse sarebbe il caso di non aggiungervene degli altri.

Se usano strumenti

Secondo Arnaldo Sciarelli, su Europa del 24 marzo, le adozioni da parte di due donne non si possono fare perché gli altri bambini chiederebbero agli adottati "chi è il penetrante stanotte" e se le due donne in questione "usano strumenti".
La domanda sorge spontanea: che razza di bambini frequentano quelli di Europa?

Cioè niente

Quando un partito politico ha dei dilemmi su obiettivi, alleanze, primarie e leadership significa che non sa cosa vuole fare, con chi vuole farlo, chi lo guiderà a farlo e come lo sceglierà.
Il che equivale a dire che quel partito, in buona sostanza, non sa niente.
Andiamo bene.

23 marzo 2012

Pedoni

Non possedendo più l'automobile e facendo volentieri quattro passi a piedi quando posso, essere un pedone mi capita un po' più spesso di prima.
Nondimeno, ogni volta che me ne vado in giro con la macchina del carsharing o col motorino non posso fare a meno di rilevare che i pedoni, quando ci si mettono, possono essere più pericolosi dei veicoli.
Proprio oggi, dopo aver rischiato la vita a causa loro un paio di volte, rimuginavo sulle categorie più diffuse di pedoni pericolosi.
Eccovele.

Pedone che vive su Marte.
Se ne va in giro come se quello che succede nello spazio circostante, ivi compreso il centro esatto della carreggiata, non lo riguardasse affatto: ragion per cui i suoi movimenti, incluso l'attraversamento improvviso di strade ad alta percorrenza e/o a scorrimento veloce, sono completamente imprevedibili. Se dopo aver inchiodato per risparmiargli la vita gli fate notare con un colpetto di clacson che vi stava per finire sotto le ruote, riceverete in cambio lo sguardo incredulo di uno che era convinto di essere in un solarium. Rischi correlati: tamponamenti a catena, colpo di frusta.

Pedone diffidente.
Quando è in procinto di attraversare sulle strisce pedonali non si fida del fatto che vi fermiate neanche se glielo scrivete per raccomandata con avviso di ricevimento: potete fare cenni con la testa, sbracciarvi, gridare per dirgli passa, mi fermo, non ti metto sotto, ma lui non si muove finché non spegnete lo scooter, lo mettete sul cavalletto, scendete e vi stendete a terra per dimostrare in modo inequivocabile di essere inoffensivi. Rischi correlati: apatia, depressione.

Pedone che va e non va.
Opera prevalentemente nelle giornate piovose, in cui il fondo stradale è particolarmente sdrucciolevole. Si apposta al limitare delle strisce pedonali, attende il sopraggiungere di un motorino e a quel punto fa come per attraversare; quando il guidatore del mezzo è costretto a frenane rischiando di cadere, il pedone si ritrae, ma dà la sensazione di buttarsi di nuovo in mezzo alla strada appena il motorino riparte, causando una nuova frenata brusca e, a quel punto, fermandosi un'altra volta. Vi conviene schiantarvi subito e dargli soddisfazione, altrimenti non smette. Rischi correlati: scivolamento sui sanpietrini sotto lo scooter per decine o centinaia di metri.

Pedone che protesta a prescindere.
Ritiene che il fatto stesso di attraversare sulle strisce pedonali lo autorizzi a inveire contro le automobili che sopraggiungono, anche -e a volte specialmente- se esse si arrestano in modo ineccepibile per farlo passare: più vi fermate, più lui si imbestialisce, gesticolando in modo minaccioso e gridando frasi del tipo "aho, stronzo, sto sulle strisce". Probabilmente è mosso da un inconscio desiderio di essere investito. Rischi correlati: diverbi, risse, discese dall'automobile col cric in mano.

Pedone diagonale.
Particolarmente insidioso, basa il suo comportamento sul teorema di Pitagora: inizia attraversando regolarmente sulle strisce, ma per risparmiare terreno percorrendo l'ipotenusa anziché i due cateti prende progressivamente una direzione obliqua che lo porta ad occupare la sede stradale per circa venti minuti prima di approdare al marciapiede opposto. Rischi correlati: code, ingorghi, colpi di specchietto retrovisore.

Pedoni a schiera.
Si muovono in stormi come gli uccelli migratori: il primo attraversa sulle strisce, il secondo tre metri oltre, il terzo tre metri al di là del secondo e così via, paralizzando il traffico a ondate successive per centinaia di metri. Rischi correlati: orchite, investimento a cascata.

Pedone anti-marciapiede.
Nutre un'idiosincrasia per il marciapiede che aumenta in modo esponenziale al restringersi della carreggiata: più angusta è quest'ultima, più gli viene voglia di camminare in mezzo alla strada, preferibilmente di spalle rispetto al senso di marcia in modo da non accorgersi dei veicoli che sopraggiungono. Spesso rende più efficace la sua azione portando con sé oggetti ingombranti e sporgenti quali buste della spesa, valige, animali al guinzaglio, tavole di compensato. Rischi correlati: ingolfamento del motore, code, inquinamento acustico da clacson.

Pedone moviola.
Quando attraversa la strada i suoi movimenti assumono la velocità di un rallenty digitale di alta precisione, al punto che per cogliere il minimo segno di movimento è necessario riprenderlo con una telecamera e rivedere la scena accelerandola almeno sedici volte. Spesso si fa beffa dell'insofferenza degli automobilisti, e non di rado -circostanza peraltro non rilevabile dall'occhio umano- si ferma provocatoriamente in mezzo alla strada. Rischi correlati: rabbia, accessi d'ira, malattie cardiovascolari.

Pedoni a torrente.
Attraversano la strada in gruppi compatti da diecimila unità, pigiate tra loro come sardine, di tal che è impossibile trovare un varco utile al passaggio per decine di minuti. Si tratta in genere di turisti, spesso corredati di segni di riconoscimento a colori vivaci, particolarmente insidiosi in caso di giubileo, elezione del papa, mondiali di calcio e simili. Rischi correlati: bestemmia, strage.

La caccia alle streghe che non serve a nessuno

Premesso che con Luca Laurenti non ho niente a che spartire, che non seguo i suoi programmi e che tra l'altro non lo trovo neppure particolarmente divertente, mi corre l'obbligo di spendere due paroline da commercialista su quello che gli è capitato negli ultimi tempi.
Quella dell'IRAP che -per espressa previsione normativa, non per qualche astrusa alchimia fiscale- non deve essere pagata da chi lavora senza avvalersi di una struttura organizzata è una questione piuttosto banale, di cui mi sono occupato per molti clienti e che segue, in linea di massima, la solita trafila: un atto dell'Agenzia delle Entrate che richiede il pagamento del tributo, l'iscrizione a ruolo del medesimo presso Equitalia -con eventuali ipoteche sui beni immobili se l'importo richiesto supera certe soglie- nelle more della controversia, e il rimborso di quanto eventualmente pagato dal contribuente dopo la sentenza della commissione tributaria che accerta la situazione e stabilisce che nel caso di specie l'imposta non andava versata.
Ecco, scrivere a caratteri cubitali che uno è un evasore fiscale -com'è stato fatto nel caso di Luca Laurenti all'inizio di quest'anno- solo perché si è trovato ad affrontare una vicenda del genere -ripeto, del tutto ordinaria, al punto che io stesso mi sono occupato di qualche decina di pratiche del tutto analoghe- non è il massimo della vita: perché nella migliore delle ipotesi denota l'abitudine di aprire bocca e dare fiato senza documentarsi su quello che si dice, e nella peggiore si inquadra in un clima da caccia alle streghe nei confronti di chi ha la ventura di guadagnare qualche soldo in più degli altri che -in quanto tale- trovo tutt'altro che rassicurante.
Perché voi sapete meglio di me come vanno le cose in questi casi: anche dopo la notizia di oggi qualcuno continuerà a considerare l'individuo in questione un evasore fiscale che se l'è cavata con chissà quale artificio.
E questo, che il tizio si chiami Luca Laurenti, Pinco Palla o Napo Orso Capo, non serve a nessuno.

22 marzo 2012

Meno sicuri, e pure meno liberi

Vediamo se ho capito bene: a Roma abbiamo un sindaco che ha impostato tutta la campagna elettorale sul tema della sicurezza, e che una volta eletto ha iniziato a snocciolare a raffica ordinanze proibizioniste che a momenti ci vietano pure di farci una pisciatina nel cesso di casa con la finestra socchiusa.
Poi uno apre il giornale e si accorge che questa città è diventata tale e quale a quelle immortalate nei celeberrimi film degli anni '70 recanti titoli del tipo "Roma spara, Milano incapretta, la polizia s'incazza".
Allora, capirete, la domanda sorge spontanea: non è che tutta 'sta smania di sicurezza, alla fine della fiera, è servita solo a scassare la minchia alle persone perbene che vogliono prendersi una birra in mezzo alla strada, mentre i problemi veri aumentano a dismisura e nessuno sa come fronteggiarli?
Io, leggendo quello che succede per le strade e riflettendo sulle iniziative che si continuano a prendere in Campidoglio, non solo mi sento meno sicuro, ma sono pure meno libero.
E' davvero un capolavoro di risultato, o sbaglio?

21 marzo 2012

Tornare a piedi, ma senza peccare

L'ultima novità è che il Comune di Roma avrebbe deciso di investire dei soldi -e pure tanti, presumo- per scovare le prostitute attraverso un sistema satellitare.
Niente male, per una città in cui -mi auguro per risparmiare risorse, perché altrimenti sarebbe davvero una beffa- non ci si degna neanche di tenere aperto dopo mezzanotte il sito internet su cui consultare i percorsi dei mezzi pubblici.
La prossima volta che vi troverete in mezzo alla città nel cuore della notte e non saprete come andarvene a casa non rammaricatevi: vi toccherà tornare a piedi o prendervi un taxi, questo è vero, ma nel frattempo la vostra moralità sarà sorvegliata in tempo reale da sofisticate apparecchiature.
Volete mettere la soddisfazione?

20 marzo 2012

Difendere il peggiore per difendere tutti

Magari qualcuno sarà contento, dopo aver letto che si è suicidato in carcere uno che vendeva bambini ai pedofili.
Invece, per come la vedo io, c'è di che preoccuparsi.
Perché se non siamo in grado di difendere i diritti di quelli che sono in carcere, perfino per i motivi più odiosi, significa che non siamo in grado di difendere la legalità.
E se non siamo in grado di difendere la legalità, significa che non siamo neppure in grado di difendere i bambini dai pedofili.
Perché la legalità non è una fisarmonica, che si allunga e si accorcia a piacimento di chi la suona: se c'è vale nei confronti di tutti, se non c'è non c'è, e allora il posto in cui si vive diventa un far west.
Governato dall'odio, dalla vendetta, dalla legge del più forte.
E quindi pure da quelli che vendono i bambini ai pedofili.

Il ricatto

Diciamoci la verità, che poi è una verità di Pulcinella: nonostante tutto continuo ad essere convinto che il PD sia decisamente meno peggio di quelli della coalizione opposta (per intenderci, PdL e Lega Nord).
Non credo, onestamente, che si tratti di una condizione singolare: anzi, ho il sospetto di essere in compagnia di qualche milione di persone, che proprio come me si ritrovano a fare lo stesso ragionamento un giorno sì e un giorno no, giungendo sistematicamente alla medesima conclusione.
Io e quelle persone, tuttavia, non siamo i soli ad aver capito l'aria che tira: insieme a noi -ed è questo il punto- ci sono pure quelli del PD, che sono perfettamente consapevoli di vincere a mani basse la palma dei monoculi in terra caecorum e se ne approfittano, contando sui voti che riusciranno ad accaparrarsi senza prendersi la briga di fare un piccolo sforzo in più.
Il che, guardato da un punto di vista leggermente diverso, assume in tutto e per tutto le fattezze di un ricatto: quello di chi ti guarda negli occhi e ti dice una cosa del tipo "so di non essere niente di speciale, ma so anche che sarai obbligato a votarmi lo stesso, perché dopo aver dato un'occhiata a quegli altri non potrai fare altrimenti".
Ebbene, io questo ricatto non riesco più a ingoiarlo. Lo trovo un mezzuccio meschino, vile, odioso, intollerabile.
Non ci arriverò, al punto di votare quegli altri: anche se so perfettamente -cosa che quelli del PD fanno finta di non vedere- che un sacco di gente rispettabile c'è già arrivata da un pezzo.
Non ci arriverò perché giocare al "tanto peggio tanto meglio" non è mai stato il mio passatempo preferito.
Ma sappiano, quelli che vorrebbero costringermi a sceglierli in questo modo, che finché non si danno una mossa e cambiano registro possono scordarsi il mio voto: insieme a quello di tanti altri che, come me, questo ricatto non lo sopportano più.
Si facciano due conti, si riuniscano e poi decidano.
Oppure la smettano di domandarsi ipocritamente perché continuano a prenderle.

19 marzo 2012

Riformisti nelle info di Google

Solo per segnalare che "la più grande forza politica riformista del paese" -che tale si definisce nelle info fornite a Google- non ha ritenuto di aderire alla campagna "Teniamo Famiglia", se non con i giovani, con la sua sezione del XV Municipio a Roma -perché da quelle parti Cristiana Alicata ha la delega ai diritti, sennò stavamo freschi- e con alcuni esponenti facenti funzione di mosca bianca come Paola Concia.
Quegli altri, ossia i non giovani che operano negli altri municipi e nel resto del paese, devono ancora decidersi: non dico a scendere in piazza e a raccogliere le firme insieme a noi, per carità, ma perfino a dire che condividono l'iniziativa.
Ne consegue, con ogni evidenza, che "la più grande forza politica riformista del paese" non si spinge neppure a fare "like" nei confronti di un'iniziativa che attribuirebbe -attribuirà, perché fosse l'ultima cosa che facciamo ce la faremo- i giusti diritti a tutte le famiglie, indipendentemente dal fatto che siano sposate o conviventi, eterosessuali o omosessuali, convenzionali o un tantino inconsuete.
Date retta, modificate quelle due righe: messi come siete messi non riformate manco un regolamento condominiale.

C'è un omino nel sito dell'ATAC?

Ne avevo già scritto qualche tempo fa, ma la faccenda è così paradossale che vale la pena di tornarci sopra un'altra volta.
Il fatto è che il sito dell'ATAC, cioè l'azienda che gestisce i trasporti pubblici di Roma, è chiuso di notte: il che equivale a dire che se uno (vero, Luca?) è in mezzo alla strada e tenta di collegarsi al sito dal telefonino per capire con quale autobus tornarsene a casa, riceve in risposta un bel messaggio in cui gli si dice che il portale non funzionerà prima della mattina successiva.
Ora, posto che il servizio di ricerca dei mezzi pubblici è molto più utile di notte, quando in giro non c'è nessuno a cui chiedere un'informazione al volo, piuttosto che di giorno, la domanda che mi sorge spontanea è la seguente: dietro al sito dell'ATAC c'è un omino in carne ed ossa che riceve le richieste degli utenti e risponde cercando le informazioni sulla carta? No, perché se così non fosse -e credo proprio di poter essere sicuro che così non sia- chiuderlo di notte come se fosse uno sportello fisico è una delle iniziative più inspiegabili in cui mi sia capitato di imbattermi negli ultimi anni.
Poi, un giorno sì e l'altro pure, si blatera degli investimenti necessari a fare di Roma una capitale europea e a dotare i cittadini di infrastrutture moderne: ma nel frattempo è troppo immaginare di tenere aperto un sito internet, che notoriamente cammina da solo, anche nei momenti in cui servirebbe di più?

Zdenek, il fuoriclasse

Zdenek Zeman non mi manca soltanto perché metteva in campo la Lazio in un modo che a guardarla giocare veniva da lustrarsi gli occhi, ma soprattutto perché è un uomo che quando gli si dà del mezzo rom è capace di rispondere chiedendo se si tratti di un'offesa per lui o per i rom.
Che poi, a pensarci bene, sono due facce della stessa medaglia: perché quel modo inarrivabile di interpretare il calcio, molto più importante perfino del fatto di non aver mai vinto niente, può essere concepito solo da un fuoriclasse così.
Più unico che raro, in un mondo di mediocri.

18 marzo 2012

Piccolo campionario di risposte alla richiesta di una firma per le famiglie di fatto

"Non ci interessa, ci stiamo per sposare". (per la serie: se non serve a me, 'sti cazzi)

"Non posso dartela". (ehi, ti ho chiesto la fiRMa!)

"No, grazie, noi siamo già famiglia di fatto". (sic)

"Firmerei perché sono d'accordo, ma tanto non serve a niente". (specialmente se non firmano manco quelli che sono d'accordo)

"No, un mio amico ha firmato una cosa come questa e gli hanno mandato a casa un'enciclopedia". (e mio cugino parla coi rutti)

"Non posso firmare per motivi legali". (ti prego dimmi quali)

"No, scusa, sto andando in un posto". (ah, credevo che facessi avanti e indietro per perdere tempo)

"Mi dispiace". (be', se ti dispiace non firmare allora firma)

"No scusa coi tacchi cammino male". (vale anche se firmi stando ferma, eh)

"Scusa ma per principio non scrivo mai il mio nome e cognome". (neanche sul citofono?)

"No, non firmo mai niente". (da quando hai fatto quell'assegno cabrio?)

"Dopo ripasso". (come disse quello che doveva essere interrogato)

"Ora no, siete ancora qua sabato prossimo?" (certo, adesso montiamo le tende)

-continua il prossimo week end-

16 marzo 2012

Tu chiamale se vuoi opinioni

Secondo Giovanardi una sentenza della Cassazione è solo un'opinione.
Buono a sapersi nel caso in cui decidessi di rapinare una banca e mi condannassero a vent'anni.

15 marzo 2012

Poi tutti al Mucca Assassina

Eppure non mi era parso di vederli ballare YMCA seminudi al Gay Pride, i giudici della Corte di Cassazione; anzi, per chissà quale motivo ero convinto che fossero delle personcine piuttosto austere, probabilmente tradito dalla consapevolezza che la loro Corte, non a caso detta "Suprema", rappresenta il vertice della giustizia ordinaria italiana.
Invece, a giudicare dalla sentenza che hanno concepito, deve trattarsi di una pericolosa banda di esagitati senza freni inibitori che si pone il preciso obiettivo di sovvertire l'ordine costituito distruggendo la famiglia tradizionale e dando la stura alle più indicibili pulsioni che la mente umana abbia mai concepito.
Scommetto che hanno scritto la sentenza travestiti da pellirossa, cantando a squarciagola "Ah ah, ah ah, far l'amore comincia tu" e ridendo sguiatamente davanti allo spettacolo dei vincoli matrimoniali che si polverizzavano in tempo reale, uno alla volta, man mano che le loro diaboliche penne vergavano il pronunciamento.
Poi, finito di scrivere, tutti al Mucca Assassina.

Famiglie di fatto: un minimo di logica, please

Leggetela con attenzione, questa dichiarazione di Maurizio Lupi, perché riassume in poche righe tutte le contraddizioni con cui ci tocca confrontarci quando parliamo di famiglie di fatto:
Oggi la sinistra europea, cui quella italiana si ispira, punta sul riconoscimento delle unioni tra omosessuali. Il Ppe, di cui il Pdl, e non solo, fa parte, ritiene che ciò rappresenti un attacco alla famiglia che per noi è il cardine della società. Mettere in evidenza questa differenza significa anzitutto far vedere chiaramente quali sono i nostri valori. E tutto questo proprio nel giorno in cui il Censis dice che il 76 per cento degli italiani è per il matrimonio e la famiglia è il primo valore.
Andiamo per ordine.
Primo: ci sono donne e uomini che si sposano tra di loro solo perché non hanno la possibilità di sposare una persona dello stesso sesso? Cioè, voi avete mai conosciuto uno che si chiama Pino, a cui piacerebbe tanto sposare Gino, ma siccome la legge non glielo consente prende su e sposa Anita? Io, personalmente, no. Dal che si desume in modo piuttosto chiaro che il riconoscimento delle unioni tra omosessuali non condurrebbe alla diminuzione dei matrimoni tra eterosessuali. In cosa consisterebbe, allora, il cosiddetto "attacco alla famiglia" di cui parla Lupi?
Secondo: il riconoscimento delle unioni tra omosessuali aumenterebbe oggettivamente il numero delle famiglie legalmente riconosciute. Ebbene, ammesso di voler convenire sul fatto che la famiglia sia il "cardine della società", l'aumento delle famiglie avrebbe l'effetto di rinforzarlo, quel cardine, non certo di indebolirlo.
Terzo: nel caso in cui le unioni omosessuali venissero riconosciute il 76% degli italiani che secondo Lupi è per il matrimonio tradizionale -i dati Censis non dicono proprio questo, ma diamolo per buono- si troverebbe nelle condizioni di non poter più mettere in pratica la propria convinzione? Ciò accadrebbe se si vietassero i matrimoni tradizionali, ma qua si parla semplicemente di legalizzare gli altri. Ne consegue che il 76% degli italiani di cui parla Lupi resterebbero liberi di fare quello che preferiscono anche se agli omosessuali fosse consentito il matrimonio.
Quarto: riassumendo, il riconoscimento delle unioni omosessuali non sarebbe un "attacco alla famiglia", non indebolirebbe il "cardine della società" e non costringerebbe nessuno a modificare i propri convincimenti e il proprio stile di vita; semplicemente, attribuirebbe diritti a persone che attualmente non ne hanno, lasciando gli altri liberi di continuare a comportarsi come meglio credono.
Che ne dite, la vogliamo piantare con gli slogan propagandistici privi di qualsiasi senso logico?

Quando i banchieri cascano dal pero

Sinceramente, voi trovate più preoccupante la circostanza che le banche pensino solo a fare soldi, o il fatto che un banchiere sostenga di aver impiegato dodici anni per rendersene conto?

14 marzo 2012

L'etica differenziata dello stato italiano

Poi uno va a comprarsi le sigarette e si accorge che è diventato normale mettersi in coda alla cassa perchè davanti a lui ci sono quattro o cinque persone che grattano compulsivamente dei bigliettini di carta nell'illusione di portarsi a casa il gruzzolo che consentirebbe loro di cambiare vita.
E allora riflette, quello che era andato a comprarsi le sigarette, sul fatto che lo stato prima lucra allegramente sul fumo e sul gioco d'azzardo, e poi vorrebbe darci a bere che non sarebbe etico guadagnare sulla prostituzione e sulla droga: ragion per cui, in modo molto etico, delega la gestione di tali attività alla malavita organizzata.
Poi, curiosamente, c'è chi si lamenta del fatto che qualcuno, ad uno stato del genere, finisce per non credere più.

12 marzo 2012

Ahi ahi, Angelino, quanto ti sbagli

Pier Luigi Bersani, Segretario
Uno Stato che vede crescere un fenomeno, e lo vede crescere a dismisura, deve regolarlo. Poi non è che lo chiamo matrimonio omosessuale, perchè riconosco che non sono assimilabili.
Enrico Letta, Vice Segretario
Per quanto riguarda le unioni civili, credo che, su questo e su altri temi sensibili sui quali negli anni scorsi ci siamo divisi, dovremmo tentare in tutti i modi di scongiurare lo "scontro di civiltà" e i muro contro muro tra laici e cattolici.
Rosy Bindi, Presidente Assemblea Nazionale
Il Pd non ignorerà i diritti di tutti. Il matrimonio però è solo eterosessuale, è un punto molto fermo.
Dario Franceschini, Capogruppo alla Camera
Sul riconoscimento delle coppie di fatto c'è una posizione che è stata portata in parlamento più volte e che io condivido: è il riconoscimento delle coppie di fatto, che in base al nostro ordinamento costituzionale sono una cosa diversa dalla famiglia.
Pierluigi Castagnetti, Direzione Nazionale
Già nel corso della stesura del provvedimento sui Dico avevamo tutti convenuto sul fatto che quell’importante provvedimento è altra cosa rispetto ad una legge sulle politiche familiari.
Vannino Chiti, Direzione Nazionale
Dico personalmente, come convinzione personale, che io non sono convinto dei matrimoni gay e non penso neppure che ci possa essere l’adozione di figli.
Massimo D'Alema, Direzione Nazionale
Una parte importante del nostro Paese ritiene che il matrimonio sia un sacramento. Ed è possibile rispettare questo sentimento senza reprimere i diritti degli omosessuali.
Lucio D'Ubaldo, Direzione Nazionale
L’accettazione delle coppie gay deve associarsi al sentimento e alla convinzione che la famiglia, come istituzione preservata dalla nostra Carta costituzionale, ha un'identità che resiste alla pretesa di includervi qualsiasi relazione intersoggettiva.
Piero Fassino, Direzione Nazionale
In Spagna si è andati verso una legislazione con matrimoni tra persone dello stesso sesso. In Italia non proponiamo questa formulazione perché l'Italia ha una storia diversa.
Giuseppe Fioroni, Direzione Nazionale
La Costituzione, soprattutto, dice e spiega qual è la famiglia. I matrimoni tra gay non sono previsti.
Romano Prodi, Direzione Nazionale
Famiglia e matrimonio sono parole che non si usano fra persone dello stesso sesso, non c'è dubbio.
Luciano Violante, Direzione Nazionale
I Pacs che noi proponiamo sono una cosa del tutto diversa dalla legge spagnola sui matrimoni gay.

Come volevasi dimostrare

Angelino Alfano, 10 marzo 2012, Orvieto:
Se la sinistra andrà al governo, farà quello che hanno fatto in Spagna. Ossia il matrimonio tra uomini.
Metilparaben, 11 marzo 2012, Twitter:
Alfano dice che se vincerà la sinistra ci saranno i matrimoni gay. Vorrei tanto avere la stessa fiducia di Alfano nella sinistra italiana.
Rosy Bindi, 12 marzo 2012, SkyTg24:
Il Pd non ignorerà i diritti di tutti. Il matrimonio però è solo eterosessuale, è un punto molto fermo.

11 marzo 2012

La soluzione al problema sbagliato

E così, dopo decenni di presunto progresso, dobbiamo prendere atto che la soluzione al problema è lavorare di più e più a lungo.
Il che mi induce a pensare che il punto non sia nel trovare la soluzione, ma nel rendersi finalmente conto di quale sia il problema.
Saluti.

09 marzo 2012

I figli dei nostri figli

L'Earth Overshoot Day è il giorno dell'anno in cui le risorse complessive consumate dall'umanità superano le capacità del pianeta di produrre quelle risorse nell'anno stesso: si tratta, in altri termini, del momento in cui i bisogni umani eccedono la capacità rigenerativa dell'ecosistema naturale, e quindi l'uomo richiede più risorse e produce più rifiuti di quanto la biosfera possa rigenerare e assorbire.
Il primo overshoot si è verificato nel 1987: negli anni precedenti il consumo umano delle risorse naturali era inferiore alla capacità della terra di rigenerarle.
Da quel momento è iniziato il baratro, perché di anno in anno il giorno dell'overshoot è arrivato sempre prima: il 19 dicembre nel 1987, il 21 novembre nel 1995, il 20 ottobre nel 2005, il 27 settembre nel 2011.
In buona sostanza, ciò significa che oggi la terra impiega un anno e mezzo per rigenerare quello che usiamo in un anno, ovvero che l'umanità, per approvvigionarsi delle risorse che consuma e per smaltire i rifiuti che produce, sta usando l'equivalente di un pianeta e mezzo.
Il problema, con ogni evidenza, è che di pianeta ne abbiamo uno solo, il che conduce a concludere che lo stiamo distruggendo.
Ora, può anche darsi che io sia entrato in una spirale ambientalista dalla quale non riesco a uscire vivo; sta di fatto, però, che sono letteralmente terrorizzato dal fatto che l'annientamento del pianeta su cui viviamo non dipende da fattori esterni e incontrollabili, ma da noi stessi: da quello che mangiamo, da come ci spostiamo, dalle risorse che consumiamo.
Si può scegliere di fottersene, ovviamente, contando sul fatto che quando il disastro sarà compiuto non ci saremo più, e a smazzarsi la faccenda saranno i nostri figli, o i figli dei nostri figli: ma quello che dovrebbe indurci a riflettere è la circostanza che probabilmente non si andrà molto oltre quel limite. E che quindi potrebbero essere i nostri nipoti, vale a dire persone che ci auguriamo di conoscere e che ameremo, ad essere sommersi dall'ondata di merda.
Loro, non individui indefiniti collocati in un futuro ipotetico. Persone vere, in carne ed ossa, con una faccia, una voce e un carattere che ci saranno familiari.
Dite la verità, la cosa non spaventa a morte anche voi?

08 marzo 2012

Allevamento intensivo for dummies

Essere vegetariani è una scelta etica che rispetto, ma che non condivido.
Sbagliato. Essere vegetariani non è necessariamente -o non è soltanto- una scelta di tipo "etico", ma anche -e talora soprattutto- una scelta legata a ragioni ambientali, a concreti rischi sanitari e a un più efficiente utilizzo delle risorse.

In che senso?
Nel senso che la stragrande maggioranza della carne che consumiamo proviene da allevamenti industriali intensivi: il che provoca una serie di conseguenze catastrofiche.

Eh, addirittura! Ad esempio?
Ad esempio, per ottenere un chilo di carne di manzo attraverso l'allevamento intensivo sono necessari circa 15 chili di cereali e soia e 15.000 litri d'acqua. Voglio dire: in un mondo in cui miliardi di persone crepano di fame e di sete...

Va bene, ma la carne dà le proteine animali, che sono diverse da quelle vegetali.
Certo, ma anche in questo caso c'è una sproporzione abissale: tanto per dirne un'altra, i bovini hanno un'efficienza di conversione delle proteine vegetali del 6%, cioè producono 50 chili di proteine consumandone circa 800. Pur tenendo conto delle differenze tra i due tipi di proteine, mi pare un po' pochino.

Ok, ma questo è tutto, no?
No che non è tutto: c'è anche la questione dell'efficienza con cui vengono sfruttati i terreni. Su mille metri quadrati di terreno possono essere prodotti circa 2.000 chili di patate; sulla stessa superficie possono essere prodotti circa 20 chili di carne bovina.

Questo per quanto riguarda le risorse: e i rischi sanitari?
Negli allevamenti intensivi, per gli spazi ridotti e le condizioni igieniche in cui vivono, gli animali contraggono facilmente moltissime infezioni: per prevenire le quali vengono normalmente somministrati loro degli antibiotici insieme al mangime.

Normalmente? Cioè, non solo quando si ammalano?
No, sempre. Per produrre un chilo di carne sono impiegati mediamente 100 milligrammi di antibiotici, che spesso rimangono nei tessuti degli animali. Ciò significa che un consumatore medio finisce per ingerire circa 10 grammi di antibiotico l'anno.

Che sono pari a...
...quattro o cinque terapie antibiotiche complete. Il che non solo può provocare disturbi intestinali, ma soprattutto può creare batteri più forti, perché resistenti agli antibiotici, con potenziali conseguenze pandemiche difficilmente controllabili. Conseguenze per tutti, quindi, non solo per chi mangia carne.

Ok. Però le ragioni legate all'ambiente sono un po' dei luoghi comuni, dai.
Direi proprio di no: prendiamo le deiezioni, ad esempio...

Cioè la cacca degli animali? Suvvia, lo sanno tutti che quella è un fertilizzante.
Certo che lo è, ma solo in condizioni di allevamento "normale". Negli allevamenti intensivi "senza terra", invece, l'enorme quantità degli escrementi prodotti non riesce ad essere assorbita dal terreno, e quindi finisce per creare condizioni di insalubrità che si diffondono nell'ambiente.

Insalubrità? Ma che dici, la merda è merda...
Sbagliato anche questo. Le deiezioni degli allevamenti intensivi, a causa dei mangimi e dei farmaci somministrati agli animali, provocano un grave problema di inquinamento da sostanze azotate nelle falde acquifere, nei corsi d'acqua e nei mari. Poi ci sono le conseguenze sul clima.

Ah, sì, quella fandonia che le scuregge delle mucche riscaldano il pianeta... Maddai, chi vuoi che ci creda?
Fandonia? E' stato calcolato che produrre un solo chilo di carne provoca l'emissione di circa 35 chili di anidride carbonica, cioè lo stesso impatto ambientale di un'automobile che percorre 250 chilometri.

E quindi?
E quindi l'allevamento intensivo è responsabile di una buona parte del riscaldamento globale del pianeta. Ma non è tutto: c'è anche il problema dell'elevato contenuto di ammoniaca degli escrementi, che potrebbe essere alla base del fenomeno delle piogge acide, e la questione del disboscamento operato per far posto agli allevamenti di bovini, che in pochi anni ha raso al suolo milioni di ettari di foresta pluviale.

C'è altro?
C'è molto altro. A cominciare dal fatto che negli allevamenti intensivi gli animali non si limitano a nascere, essere allevati e morire, ma vengono praticamente torturati: e che l'orrore di questi metodi potrebbe di per sé essere sufficiente a decidere di non consumare carne proveniente da quegli allevamenti. C'è che molte razze animali sono state geneticamente modificate dall'allevamento intensivo, e quindi non sarebbero in grado di sopravvivere normalmente neanche se fossero riportare allo stato naturale domani mattina. C'è che qualcuno potrebbe decidere che c'è un limite alla quantità di sofferenza che è lecito infliggere ad esseri senzienti in ragione del desiderio di mangiarli.

Vabbe', ma questi sono motivi etici.
Certo, questi sì. E quelli sopra?

07 marzo 2012

I cervelloni che si bloccano sulla marijuana

Voi che ne direste se oltre a reperire una certa quantità di fondi da destinare alla scuola aumentando la tassazione sulle lotterie se ne trovassero altrettanti alzando le imposte sulle droghe leggere?
Certo, prima bisognerebbe legalizzarle, le droghe leggere: con ciò rinunciando a considerare i loro consumatori una massa di delinquenti -perché con ogni evidenza non lo sono-, ammettendo che il loro effetto sulla salute non è più nocivo di quello prodotto da altre sostanze perfettamente legali, prendendo atto che lo stato tollera di guadagnare su forme di dipendenza -vedasi gioco d'azzardo, tanto per restare in tema- assai più drammatiche, sottraendo il monopolio del loro commercio alla malavita e incrementando considerevolmente il gettito fiscale.
Basterebbe, insomma, un minimo -ma proprio un minimo- di ragionevolezza e il gioco sarebbe fatto.
Che ne dite, governo di cervelloni: siete in grado di fare un ragionamento facile come questo, oppure quando si parla di marijuana vi si bloccano le sinapsi?

I campi di concentramento in cui ci mettono tutti

Quando si arriva ad asserragliarsi in un posto trattenendo un ostaggio i casi sono due: o si è appena fatta una rapina e si chiedono le solite cose che abbiamo visto decine di volte nei film americani -tipo un elicottero entro dieci minuti e la pista di decollo libera dai poliziotti-, oppure quel posto è un posto di merda nel quale non si riesce a resistere un minuto di più e da cui non si sa come andar via.
Ebbene, nel caso di specie mi pare chiaro che ci troviamo di fronte alla seconda ipotesi: con l'unico particolare che "posto di merda" è un eufemismo, visto che in Italia i CIE assomigliano in tutto e per tutto a dei campi di concentramento nei quali gli esseri umani vengono trattati peggio degli animali.
Ora, la domanda è: secondo voi il fatto che nel nostro paese esistano posti del genere costituisce una semplice -si fa per dire- violazione dei diritti umani di un numero ristretto di individui, o piuttosto rappresenta un vulnus allo stato di diritto, e quindi finisce per incidere -in un modo o nell'altro- anche sulla libertà degli altri?
In altri termini: la questione è vergognarsi per quello che succede ad alcuni, o preoccuparsi -e parecchio- per quello che stanno facendo a tutti?

Ogni cosa al suo Visco

Quelli del Corriere hanno qualche difficoltà a discernere tra un Visco e l'altro (cliccare sull'immagine per ingrandirla).

06 marzo 2012

A quest'ora il questore in questura non c'è

Il Pd è al centro del centrosinistra e non può essere schiacciato su posizioni radicali per poi fare l'alleanza con i moderati o su posizioni moderate per poi accordarsi con Sel. Noi lavoriamo per un'alleanza più larga, che guarda sia alla nostra sinistra che al centro.
Rosy Bindi in vena di scioglilingua.

L'Italia è una scuola di delinquenza

Se c'è una cosa che i nostri governanti sanno fare bene è insegnare alle persone a diventare delinquenti.
Sono scuole di delinquenza le carceri, nella quali si entra per un reato piccolo così e invece di essere rieducati alla vita civile si esce pronti per il crimine in grande stile.
E' una scuola di delinquenza il proibizionismo sulle droghe, che conferisce lo status di fuorilegge a individui che non avrebbero alcuna ragione per esserlo.
E'una scuola di delinquenza l'atteggiamento ipocrita sulla prostituzione, che impacchetta le donne e le consegna dritte dritte nelle mani degli sfruttatori.
E' una scuola di delinquenza la normativa sull'immigrazione, che appiccica addosso a migliaia di esseri umani la qualifica di furfanti in ragione del semplice fatto che sono stranieri.
Sono scuole di delinquenza le ordinanze che i nostri sindaci hanno sparpagliato in giro per il paese, a norma delle quali vengono trasformati in banditi perfino quelli che osano bere una birra all'aperto, che si azzardano a sedersi in troppi su una panchina, che si permettono di fare due chiacchiere in un parco formando un capannello.
Finirà che a forza di sfornare divieti a manetta tutto sarà proibito, lo status di criminale coinciderà perfettamente con il concetto di esistenza in vita e sarà possibile mettere dentro chiunque alla semplice condizione che riesca ancora a respirare: saremo tutti delinquenti, finalmente, e una volta usciti di prigione avremo le nozioni e i contatti giusti per dedicarci a una vasta gamma di attività redditizie, gratificanti e ricche di stimoli.
Dite la verità: non è fantastico vivere in un paese nel quale lo stato si prende la briga di insegnarti un mestiere?

05 marzo 2012

Una questione di pericolo

Sarà pure "ipocrisia" o "populismo di ritorno", come dice Don Ildefonso Chessa: ma sta di fatto che a Lucio Dalla hanno concesso i funerali religiosi e a Piergiorgio Welby no; e che -guarda caso- Piergiorgio Welby aveva fatto della sua morte una battaglia politica, mentre Lucio Dalla -legittimamente- della sua omosessualità no.
Il punto, credo, non sta né nel populismo né nell'ipocrisia, ma nel pericolo: Welby, in ragione dei fini che si prefiggeva, era semplicemente più pericoloso di Dalla. Tutto qua.
Il resto è aria fritta, o sbaglio?

Gli sdegnati che forse sono solo pigri

Ogni volta che mi capita di andare in giro a raccogliere le firme per qualche iniziativa politica, come sto facendo in questi giorni per "Teniamo famiglia", mi tocca pormi il problema di tutti quelli -tanti, tantissimi- che quando li avvicini non ascoltano manco quello che stai proponendo e se ne scappano di corsa, manifestando in tal modo -a volte esplicitamente- il loro completo disinteresse per ogni questione che abbia una -sia pure vaga- connotazione politica.
Ebbene, a mio parere fregarsene di quello che succede nel posto in cui si vive rifiutandosi di assumere una posizione sulle problematiche che lo animano sarà pure un atteggiamento legittimo, ma non rappresenta il massimo della responsabilità: e sono convinto che la classe politica del nostro paese si sia trasformata nella "casta" di cui tanto si parla in questi anni proprio grazie a quel disinteresse, che le ha consentito di agire indisturbata e consolidare le proprie rendite di posizione ai danni della collettività.
Il che, se ci si pensa bene, conduce a conclusioni sorprendenti: perché in qualche modo sono proprio quelli che si tengono lontani dalla politica sostenendo che si tratti di una cosa "sporca" ad averla resa tale con la loro inerzia; e perché il meccanismo, con ogni evidenza, tende ad autoalimentarsi, dando luogo ad un circolo vizioso per cui più la gente si allontana dal governo delle cose, più le cose vengono governate male; e più le cose vengono governate male, più aumenta la gente che se ne allontana.
Non ho ben capito se questa massa di "disinteressati" soffra davvero, assistendo allo sfascio generale, o se non abbia capito che tornare a fare politica, ciascuno al livello che la propria vita gli consente, è l'unico modo per invertire la tendenza; oppure se sia semplicemente pigra, e accampi la scusa dello sdegno per continuare a strafottersene allegramente di quello che le succede intorno, salvo poi darne la colpa agli altri.
Comunque la si veda, un fatto è certo: finché questo nodo non verrà sciolto, ho paura che le cose continueranno a peggiorare.
Perché i problemi, com'è noto, non si risolvono da soli: e delegarli interamente agli altri, comunque la si pensi, è un atteggiamento che definire infantile sarebbe un eufemismo.

02 marzo 2012

Il fallimento del PrimoMarzo e un grido di dolore su cui riflettere

Del Primomarzo, il cosiddetto "Sciopero degli Stranieri", quest'anno si è sentito poco e niente. La terza edizione è stata un fallimento totale.
Eppure, solo due anni fa nel 2010, aveva portato a manifestare, per la prima volta in Italia con quelle dimensioni, oltre trecentomila persone, Italiani e stranieri uniti, in più di 60 città.
Per ora - e ripeto per ora - non voglio entrare nel merito delle responsabilità di chi ha portato al fallimento un progetto tanto grandioso, ma vorrei sottoporvi un grido di dolore che ho ricevuto da GCM e sul quale ritengo, dovremmo tutti fermarci qualche minuto a riflettere.
Ho scioperato ieri,01 Marzo contro il cosiddetto sciopero degli immigrati battezzato “Primo Marzo senza di NOI”. L’ho boicottato nel senso francese e accademico del termine, preferendo rimanere a lavorare. In fatti mi chiedo perché debbano scioperare gli immigrati. Per la mia piccola intelligenza non c’è a fatto un motivo valido.Qualcuno dice che dobbiamo rivendicare più diritti, più considerazione...denunciare le discriminazioni, il razzismo, la xenofobia della nazione che ci ospita. Siamo d’accordo. Ma mi viene a chiedermi se gli immigrati abbiano mai avuto considerazione per loro stesi, per altri immigrati. Vado in giro per l’Italia e vedo i sudamericani e i nordafricani mi discriminano perché sono “nero”. Le ragazze africane si vergognano in mia compagnia. Si sentono rispettabili solo in compagnia di un “bianco”. Il mio connazionale prega perché io non possa trovare un lavoro in Italia sennò sarò anch’io “ricco” e la famiglia potrà essere felice come la sua. Nelle associazioni etniche ci si picchia, ci si auto flagella, ci si calunnia... I ragazzi delle seconde generazioni, che sono nati o cresciuti in Italia mi hanno amministrato le cattiverie più pesanti. E talvolta, le lacrime di queste auto discriminazioni auto distruttrici qualche italiano BIANCO me le ha asciugate. Dato questo, e per tanti altri motivi, non ho aderito allo sciopero del primo marzo. Ho scioperato contro gli immigrati che dovrebbero prima pulire a casa loro, valorizzarsi, rispettarsi, non fare differenze tra di loro, prima di chiedere qualsiasi cosa agli altri. Allora il “primo marzo” avrà un senso senza di noi...

01 marzo 2012

Invece tu, invece fumi

A me dava la sensazione di essere diventato un tantino nazionalpopolare, Lucio Dalla; ma forse è un destino che prima o poi tocca a tutti, eccezion fatta per quelli che si calano nella parte dei non nazionalpopolari di regime, in quanto tali del tutto simili -per non dire funzionali- agli altri, e per i pochissimi che restano fuori dal gioco fino alla fine ma non contano, perché sono fuoriclasse veri.
Se ne parlava -e un po' se ne cantava- proprio l'altra sera, sul divano di casa, con una chitarra in mano, ripercorrendo alcune cose belle fino al 1980 con particolare riferimento a "Anidride solforosa", "Non andar più via" e "Cara", passando un attimo per "Com'è profondo il mare" e "Tango", non senza rilevare che "L'anno che verrà" sarebbe ancora un gran bel pezzo, se non fosse che l'abbiamo sentito e risentito fino alla nausea.
Poi, come sempre da che mondo è mondo, succede che uno muore (di solito qualche secondo dopo la pubblicazione della notizia su Wikipedia), e io mi astengo dalle commemorazioni perché le trovo abbastanza inutili anche quando non sono retoriche.
Però l'altra sera, a un certo punto, è venuto fuori 'sto pezzo qua, che è una meraviglia anche se è del '93, e non metterlo su sarebbe un peccato.
Saluti.

Siamo al limite della frutta, anzi oltre

Poi, una sera, succede che uno si va a bere un bicchiere all'aperto (a proposito, auguri, Matteo!) e si imbatte in un divieto come questo: "Vista l'ordinanza del sindaco (Gianni Alemanno, ndr), dalle ore 23:00 è vietato il consumo di bevande oltre i limiti del locale".
Bevande? In che senso, bevande? Tipo, anche un'aranciata? Una gazzosa? Un chinotto? Anche un bicchiere d'acqua? Chissà.
Ma soprattutto: quali sarebbero, 'sti limiti del locale? Ah, eccolo! Trattasi di catenella in plastica sorretta da colonnina in materiale analogo: Storia complicata, però, questo divieto, perché dà luogo a un sacco di dubbi. Per esempio, i giovani che vedete qua sotto, con entrambi i piedi dentro i limiti ma con il tronco evidentemente oltre i medesimi, stanno commettendo un'infrazione? E l'individuo nella foto che segue, che consuma la bevanda proprio a cavallo della catenella, è passibile di multa? Si tratta, ne converrete, di problemi interpretativi complessi. Ma ve ne sono di ancora più ardui.
Come giudicare, ad esempio, il comportamento del giovane qua sotto, che poggia i piedi al di fuori dei limiti ma beve chiaramente all'interno degli stessi? E come regolarsi nel caso in cui il medesimo giovane, pur stazionando dentro il perimetro della catenella, dia da bere ad una ragazza che si trova al di fuori? E in che modo valutare il caso opposto, cioè quello in cui sia la ragazza oltre i limiti a fornire l'insidiosa bevanda al giovane che vi si mantiene rigorosamente dentro? E ancora, come relazionarsi con lo spinoso caso del diabolico individuo che si mantiene esattamente sul confine e dà da bere a due persone, l'una in regola col divieto e l'altra in situazione di illegalità? Un ginepraio, non c'è che dire. Nella foto che segue, ad esempio, il bicchiere è fuori dai limiti, ma la mano che cerca di carpirlo è ancora dentro: l'infrazione si è già compiuta oppure no? E che dire dell'ipotesi in cui sia la bevanda ed essere regolarmente nel recinto, ma una mano birichina cerchi di indurla ad uscirne? Tutto ciò senza voler parlare del fatto che queste ordinanze sono concepite per evitare problemi di violenza. Ebbene, nel caso in cui un ligio bevitore sorbisca un cocktail dentro i limiti stabiliti, ma picchi un avventore che staziona al di fuori di essi, la finalità del provvedimento s'intende realizzata? E che dire del caso in cui sia il malintenzionato col bicchiere bivaccante fuori dai limiti a picchiare il giovane che si mantiene accuratamente dentro la catenella? In attesa di cospicua giurisprudenza che chiarisca a fondo i casi testè illustrati, e tutti gli altri che date le premesse sarà possibile riscontrare, credo che mi rilasserò facendomi un bel bicchiere di vino a casa.
Entro il confine delimitato dal tavolo del salone e dalla tazza del cesso, naturalmente.
Visti i tempi che corrono, non si sa mai.