Leggo su Repubblica.it la vicenda della madre denunciata perché incatenava a letto il figlio eroinomane:
«Al gesto estremo è arrivata, perché "non avevo altra scelta - ha spiegato al quotidiano -. Non so più come fare a risolvere questo problema. Nessuno aiuta mio figlio". La donna afferma che il ragazzo ha venduto tutto quello che c'era in casa per pagarsi la droga. Nell'appartamento, dice, gli unici mobili rimasti sono un divano, un tavolo e due letti.Quante righe servono per dimostrare che è stato il proibizionismo, e non la tossicodipendenza del figlio in sé, a costringere la donna a un gesto tanto mortificante?
Ma dietro questa triste vicenda c'è anche di peggio. Racconta la donna a 'Il Piccolo': "Conosco il nome di chi ha dato l'eroina a mio figlio. E so che ha anche abusato di lui. Non posso abbandonarlo. Volergli bene vuol dire chiuderlo in casa, vuol dire incatenarlo e impedire che scenda in strada dove trova chi gli offre la droga. Ormai per comprarla si è venduto tutto, anche il suo corpo"».
Nemmeno una, direi: è sufficiente rileggere l'articolo, a patto che ci si sforzi di comprendere l'italiano.
O che si smetta, una volta per tutte, di fare orecchie da mercante.