Lo scorso 11 marzo si è aperta a Vienna la 52-esima sessione of the Commission on Narcotic Drugs (CND), un convegno organizzato dall'agenzia delle Nazioni Unite sui Narcotici. Nel comunicato stampa dell'Agenzia Antonio Maria Costa, Executive Director of United Nations Office on Drugs and Crime (UNODC), dichiara:
"un mercato criminale di dimensioni incredibili rischia di indebolire il controllo delle droghe"Costa si dimostra convinto che sia possibile controllare il traffico di stupefacenti, e che i metodi sponsorizzati dall'organismo che presiede abbiano portato ad un qualche progresso sul "controllo delle droghe". La politica di UNODC resta dunque ancorata ad una logica puramente proibizionista, che, come provano numerose analisi e dati di fatto, ha fallito. HRW (Human Rights Watch) ricorda che la cosiddetta "guerra alla droga" continua a produrre un clima favorevole alle violazioni dei diritti umani: pena di morte per i reati di droga, incarcerazione per i tossicodipendenti, privazione del trattamento sanitario, aperture di credito a comportamenti violenti della polizia... UNODC, invece, assicura che esiste un controllo delle sostanze vietate; basta vedere quello che accade in Messico per capire che questo controllo è solo nella mente dei funzionari dell'Agenzia: secondo The Economist, in quel Paese, dal dicembre del 2006 ben 10.000 persone sono morte in episodi di violenza correlati alla droga, di cui 6.268 nel 2008 (sono circa 1.000 nei primi mesi del 2009). L'esercito e la polizia combattono vere e proprie battaglie contro gangster dotati di lanciarazzi, granate, machinegun, e fucili in grado di perforare pareti corazzate. Ma l'arma più efficace è la corruzione: Noe Ramirez, il capo del dipartimento che dovrebbe combattere il narcotraffico, è finito in carcere lo scorso novembre con l'accusa di aver ricevuto una paghetta di 450.000 dollari mensili della banda Sinaloa. Una guerra. Altro che controllo. E gli Stati Uniti? Sempre secondo The Economist, gli USA spendono ogni anno 40 miliardi di dollari per eliminare l'offerta di droga; negli Stati Uniti 1,5 milioni di persone vengono arrestate (0,5 milioni vengono incarcerate) per la stessa ragione; le leggi sulla droga sono il motivo per cui un nero americano su cinque finisce per passare del tempo dietro le sbarre. E' necessario spostare il tema "droga" dall'area "law & order" in una questione di salute pubblica ; legalizzare significherebbe eliminare gli extraprofittidelle mafie, controllare meglio il fenomeno (ad esempio capire come vengono preparate le droghe sintetiche), conseguire una valanga di entrate fiscali (le droghe verrebbero tassate sulla base della loro pericolosità) che potrebbero essere utilizzate per fare informazione e per la riduzione del danno. Discutibile l'argomento secondo cui la la liberalizzazione produrrebbe un maggior consumo: da una parte sembrerebbe che i tassi di consumo siano uguali in tutti i paesi, indipendentemente dalle legislazioni in materia, più o meno severe; d'altra parte è difficile sostenere che la disponibilità (libera) di una droga più economica e più sicura non la renderebbe più appetibile. Ma rimane sempre valido il principio liberale secondo cui lo stato non dovrebbe immischiarsi nelle scelte personali, anche quelle più dannose alla salute. Potrebbe però fornire un aiuto alla società, spiegando le conseguenze del consumo di sostanze: le misure per la lotta contro il fumo nei paesi occidentali, dove il consumo è sceso drasticamente in un contesto di piena legalizzazione, sono incoraggianti. Solo che nessuno di vuole provare.
2009 03 13 Fermare le "Guerre alla droga", dice l'Economist, ma la gente per strada non legge l'Economist...
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