Mi interrogo spesso sulla preghiera e su quanto questa, col suo formulario antico e preciso, possa dirci sugli esseri a cui la rivolgiamo, se, lontani da ogni turbamento emotivo e nel pieno delle nostre facoltà razionali, ascoltiamo parola per parola quello che ci fu detto di dire.
Il bambino che si prepara a frequentare il primo anno della scuola elementare, inizia a fare i conti con le prime forme di apprendimento, es: lettura di un testo, memorizzazione, elaborazione delle nozioni apprese, ricostruzione delle stesse. In questo processo il bambino inizierà a sperimentare le proprie capacità cognitive e metacognitive fino ad arrivare, col tempo, a rielaborare le nozione apprese, a decontestualizzarle, applicandole ad ambiti diversi da quelli scolastici. Nel caso della preghiera, invece, tutto ciò non sussiste. Questa ti viene presentata come un ipse dixit (ma ipse chi?) che prescinde dal ragionamento e da interpretazioni personali. Nient’altro è che una sequenza di formule da memorizzare, una sequenza vuota se alla cantilena non accompagni una certa passionalità emotiva che ti porta a credere o a sperare che la sola recitazione possa quantomeno renderti meritevole di ciò di cui hai bisogno. E così ti ritrovi, adulto, a riuscire a recitare a memoria un intero rosario pensando ad altro senza sbagliare neanche una parola. E qui casca l’asino. Questa recitazione passiva, frutto di un apprendimento altrettanto passivo, ci spinge a dire qualunque cosa si crede dovremmo dire per essere degni abitanti di queste terre.
Sorvoliamo su Ave Maria e Padre Nostro, omaggi reverendissimi a Maria e al nostro Padre e soffermiamoci sull’ Atto di Dolore e l’Atto di Fede.
Il bambino che si prepara a frequentare il primo anno della scuola elementare, inizia a fare i conti con le prime forme di apprendimento, es: lettura di un testo, memorizzazione, elaborazione delle nozioni apprese, ricostruzione delle stesse. In questo processo il bambino inizierà a sperimentare le proprie capacità cognitive e metacognitive fino ad arrivare, col tempo, a rielaborare le nozione apprese, a decontestualizzarle, applicandole ad ambiti diversi da quelli scolastici. Nel caso della preghiera, invece, tutto ciò non sussiste. Questa ti viene presentata come un ipse dixit (ma ipse chi?) che prescinde dal ragionamento e da interpretazioni personali. Nient’altro è che una sequenza di formule da memorizzare, una sequenza vuota se alla cantilena non accompagni una certa passionalità emotiva che ti porta a credere o a sperare che la sola recitazione possa quantomeno renderti meritevole di ciò di cui hai bisogno. E così ti ritrovi, adulto, a riuscire a recitare a memoria un intero rosario pensando ad altro senza sbagliare neanche una parola. E qui casca l’asino. Questa recitazione passiva, frutto di un apprendimento altrettanto passivo, ci spinge a dire qualunque cosa si crede dovremmo dire per essere degni abitanti di queste terre.
Sorvoliamo su Ave Maria e Padre Nostro, omaggi reverendissimi a Maria e al nostro Padre e soffermiamoci sull’ Atto di Dolore e l’Atto di Fede.
L’ Atto di Dolore, espressione di pentimento ed ammissione dei propri peccati recita così: “Atto di dolore, mio Dio mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi.”. Castighi è la parola chiave. Questa sola parola porta con se due grandi verità che noi, a nostra insaputa, confermiamo ogni qual volta ci doliamo dei nostri peccati.
A) Dio è vendicativo. Il chè mi va a cozzare con l’idea del Dio misericordioso. Non c’è perdono per te, peccatore. Eppure sul finale la preghiera accenna proprio alla divin misericordia: “Signore, Misericordia, perdonami”. Mhm.
B) Se si è detta una bugia, se si è nominato il nome di Dio invano, se ci si è dimenticati di santificare le feste, ammettiamo di essere meritevoli del castigo al pari di chi ha rubato, ucciso, o peggio ancora, fornicato!
L’Atto di Fede, dichiarazione di fede e d’amore, recita così: “Mio Dio, perché sei verità infallibile, credo tutto quello tu hai rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere”.
Tentativo un po’ goffo da parte dell’umana Chiesa di assicurarsi una fedeltà cieca e sorda, ottusa, acritica, che noi, nel dichiararci fedeli a Dio, le assicuriamo ..con tutte le amare conseguenze che una tal total fedeltà comporta.
Il post è finito,
andate in pace.
La preghiera...Beh, ci sono alcuni corollari: "CHI o "COSA" si prega?"; "Qual'è il significato che si attribuisce preghiera? Comunicazione, forse? Oppure richiesta di interventi, come dire, extraumani? O ci sono altri motivi che vi inducono a pregare, che io non percepisco?"
RispondiEliminaEcco per tutte queste domande, ccorrerebbe innanzitutto mettersi daccordo sulla definizione di "preghiera", perchè credo fondamentalmente che ognuno più o meno, attribuisca a questo concetto valori diversi, se non proprio contrastanti.
In queste settimane di repentini ed imprevedibili cambiamenti atmosferici, mi capita spesso di camminare per strada col naso all'insù, verso il cielo che muta da un minuto all'altro e fermarmi talvolta, per osservare grandi formazioni nuvolose dalle forme suggestive minacciare l'azzurrità del giorno invadendola di grigio plumbeo, e ingaggiare battaglia con l'astro diurno che si fa strada imperioso attraverso gli ammassi, fendendoli a tratti con sciabolate di luce, e con il vento bollente del sud, che infine e con poche, potenti folate, smembra e divide in fiocchi....
Alle volte mentre me ne sto così, piantata in mezzo alla strada col naso per aria, gli occhi pieni di gioioso, rinnovato stupore ed il cuore leggero a diecimila metri d'altezza, mi pare quasi che quei fiocchi multicolori che Scirocco disperde siano misteriose parole, vergate nel blu da una mano potente in un linguaggio che una volta, mille anni fa, conoscevo e che ora, chissà come, ho dimenticato... parole scritte per me, sono sicura, dolci parole d'amore perchè sempre mi riempiono d'una incontenibile gioia ch'è pure, sovente, anticipatrice di reminiscenze ritrovate.
E ringrazio, colma di una felicità onnipervasiva, onnicomprensiva, rigeneratrice, ringrazio e rinnovo il mio Amore smisurato, infinito, straripante per....(Cosa ? Non so che!), poi:per l'Universo, per l'Esistenza tutta.
Non posso far altro, non c'è altro da fare, perchè in quel che mi dà "quel Cosa", c'è già tutto quello che serve.
Io non so cosa sia la preghiera per le altre persone, nè se quel che accade a me si possa chiamare preghiera, ma se devo dare un significato a questa parola, allora per me pregare vuol dire cercare il Volto di "quel qualcosa" che è in me, accoglierlo e riconoscermi in esso.
Tutto il resto, quel che posso o meno desiderare nella quotidianità spicciola di tutti i giorni, se è davvero importante viene da sè, al seguito di questo cordone di Luce che mi fa tutt'uno col mio Universo.
Eugenia
Dillo ad una che ha studiato dalle suore. ;-)
RispondiEliminacara dyo... io ho studiato da suore e preti...
RispondiEliminae nessuno di loro ha saputo meglio di eugenio farmi sentire "così"
bp grazie, davvero grazie, Ciao, Eugenia
RispondiEliminaVolevo dire esattamente quello che hai detto tu, bp.
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