Il contrario della sfiga

Provate a dire al vostro migliore amico che sabato pomeriggio non potrete restarvene con lui ad ascoltare per l'ennesima volta la discografia dei Pink Floyd raccontandovi i cazzi vostri perché dovete precipitarvi in ufficio a finire un lavoro importante: vi risponderà che gli dispiace tanto, anche perché era da un bel po' che non vi prendevate qualche ora per voi, ma quasi sicuramente vi capirà, vi farà un sorriso e vi dirà che a fantasticare insieme potrete restarci un'altra volta.
Poi provate a dire al vostro capo che sabato mattina non potrete precipitarvi in ufficio a finire quel lavoro perché avete proprio voglia di starvene a casa ad ascoltare la discografia dei Pink Floyd e a cazzeggiare col vostro migliore amico: se vi va di lusso vi guarderà come un povero idiota e penserà tra sé e sé che siete inaffidabile; più probabilmente vi inviterà a rimettere la testa al suo posto, vi darà dell'irresponsabile o vi minaccerà direttamente di licenziarvi.
Fatte le due prove, provate a raccontarle alle persone che conoscete e a chiedere loro cosa ne pensano: quasi tutte vi risponderanno che la reazione del vostro amico e quella del vostro capo sono entrambe perfettamente normali, dispensando un laconico "ci mancherebbe altro" per la prima e dedicando un meravigliato "ti ha dato di volta il cervello", con tanto di occhi sgranati, alla seconda.
Il fatto è che viviamo in un mondo completamente centrato sul lavoro, sulla produttività, sulla performance: e che gli altri ci giudicano quasi esclusivamente in base a quei parametri, come se fossero gli unici effettivamente utili a stabilire se la nostra vita sia condotta nel modo giusto.
L'affermazione di Michelle Martone, secondo il quale quelli che a ventotto anni bivaccano ancora all'università sono degli sfigati, è perfettamente condivisibile se si guardano le cose da questo punto di vista: o meglio, se si considera la capacità di lavorare e produrre reddito il solo parametro plausibile per farsi un'idea di un essere umano.
Il mio migliore amico se n'è andato all'improvviso quasi quindici anni fa. Aveva -guarda caso- ventotto anni, un'intelligenza cristallina e una curiosità scintillante che spesso e volentieri lo portavano a interessarsi di faccende molto lontane dalle materie che studiava all'università. Era fuori corso, e pure di brutto. Io lo stimavo così tanto che ancora oggi, dopo una vita, mi ritrovo a chiedermi cosa ne penserebbe di una notizia sul giornale, di un film, di una questione che mi trovo ad affrontare e non so bene da che parte prendere.
Era uno sfigato, secondo il dio di Martone, mentre secondo il mio era il contrario della sfiga: era la vita in tutta la sua complessità, in tutta la sua ricchezza, in tutte le infinite sfumature che la compongono in un disegno di volta in volta singolare, unico, irripetibile.
Avere la pretesa di semplificarle così, quelle sfumature, riducendole a un indice da calcolare in base all'età e agli esami che mancano alla laurea, è un'operazione così superficiale da sfiorare il ridicolo.
Se non facesse quasi tenerezza per quanto è ingenua, verrebbe proprio da definirla un'alzata d'ingegno da sfigati.

Questo post è stato pubblicato il 27 gennaio 2012 in . Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

22 Responses to “Il contrario della sfiga”

  1. Si si tutte belle parole,solo che le ha scritte un commercialista su di un sito sul quale campeggia un banner che fa pubblicità ad una multinazionale del petrolio(la esso per la precisione).
    Ah sai,io vivo pressappoco come descrivi tu nel post,cioè se voglio stare a grattarmi posso farlo,nonostante non sia affatto ricco e sia costretto a lavorare e anche duramente per vivere, tiè pìetelandersecchio!!

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  2. Però Alessandro il tuo amico come si manteneva? Lavorava? Era autonomo? Oltre alle infinite sfumature di sé che donava agli altri, come restituiva alla società ciò che consumava in termini di sanità, mobilità, rifiuti, ingombri? È come per i fumatori, ogni singolo acciacco loro lo paghiamo tutti noi. Se vogliamo vivere aggregati, e vivendo a Roma siamo tutti SUPER aggregati, ognuno di noi deve rendere conto di sé agli altri in termini di consumo e dono. Martone ha sicuramente parlato troppo bruscamente e senza accortezza, e in Italia non puoi fare una cosa del genere, perché se dici pubblicamente "A" tutti subito giù a disquisire su CHI ha parlato, non su COSA ha detto; e subito tutti a fare tifoserie da calcio per stabilire se sei titolato o no per dire "A", ma di quell' "A" detta non si interessa già più nessuno, ci piace solo la polemica, a noi. In Italia siamo pieni di "laureandi" a buffo, che avrebbero dovuto intraprendere tutta altra strada; ne conosco a dozzine, parlo con cognizione di causa. Io non so del tuo amico, ma quelli che conosco io prendono un sacco di spazio e di energie e non danno a cambio niente, è sempre colpa del governodellacrisidellaqualunque e loro non riescono a finire una laurea per la quale non sono assolutamente né inclini né motivati né capaci, ma al sogno della laurea non rinunceranno mai, finché mamma e papà li mantengono.

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  3. Forse sua altezza Martone non sa che molti vanno fuori corso perché non possono permettersi di pagare le tasse universitarie se non lavorando, vorrei proprio sapere se lui si faceva le stagioni estive o aveva mamma è papà cche gli pagavano gli studi.
    Molti studenti per non gravare sulla famiglia sono costretti quindi a lavorare portando via un sacco di tempo allo studio e si crea così un circolo vizioso per cui uno porta via tempo all'altro...
    tutto questo perché in Italia il diritto allo studio non sempre è garantito e i sistemi di calcolo del reddito e delle tasse universitarie non sono sempre equi al 100%. Considerando poi che in Italia stiamo andando sempre di più verso un'elitarizzazione delle università tutto questo non può che peggiorare.

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  4. Però Alessandro il tuo amico come si manteneva? Lavorava? Era autonomo? Oltre alle infinite sfumature di sé che donava agli altri, come restituiva alla società ciò che consumava in termini di sanità, mobilità, rifiuti, ingombri? È come per i fumatori, ogni singolo acciacco loro lo paghiamo tutti noi. Se vogliamo vivere aggregati, e vivendo a Roma siamo tutti SUPER aggregati, ognuno di noi deve rendere conto di sé agli altri in termini di consumo e dono. Martone ha sicuramente parlato troppo bruscamente e senza accortezza, e in Italia non puoi fare una cosa del genere, perché se dici pubblicamente "A" tutti subito giù a disquisire su CHI ha parlato, non su COSA ha detto; e subito tutti a fare tifoserie da calcio per stabilire se sei titolato o no per dire "A", ma di quell' "A" detta non si interessa già più nessuno, ci piace solo la polemica, a noi. In Italia siamo pieni di "laureandi" a buffo, che avrebbero dovuto intraprendere tutta altra strada; ne conosco a dozzine, parlo con cognizione di causa. Io non so del tuo amico, ma quelli che conosco io prendono un sacco di spazio e di energie e non danno a cambio niente, è sempre colpa del governodellacrisidellaqualunque e loro non riescono a finire una laurea per la quale non sono assolutamente né inclini né motivati né capaci, ma al sogno della laurea non rinunceranno mai, finché mamma e papà li mantengono.

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  5. Ecco, non sapevo come dirlo, ma la pensavano esattamente come te.

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  6. io farei voltentieri a meno di lavorare se ci fosse qualche altro modo di pagare l'affitto, il cibo eccetera...
    e della produttività me ne interessa veramente poco (facendo ricerca, non sono per niente produttivo)...
    ma l'unica cosa veramente ridicola è l'indignazione (compresa quella di questo post) nei confronti delle dichiarazioni del vice-ministro (anche il nome del vice ministro in effetti è abbastanza ridicolo)...
    ovviamente avrebbe potuto usare parole diverse, ovviamente ci sono le eccezioni (uno può aver iniziato tardi l'università, oppure lavorare a tempo pieno e studiare nei ritagli di tempo)...
    ma il concetto è semplice ed elementare: se a ventotto anni non hai ancora finito l'università, vuol dire che invece che cinque ce ne stai mettendo almeno nove di anni, e se non rientri in una delle eccezioni stai semplicemente buttando via tempo...
    laurearsi è un diritto, non un dovere e tutti i lavori sono dignitosi, anche quelli che non hanno bisogno di una laurea...
    uno che ha, non dico un'intelligenza cristallina, ma un minimo di buon senso, questo lo capisce...

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  7. Vorrei rispondere ai primi due commenti in particolare, e in generale a tutti coloro che leggendo questo post pensano che quello che Metilparaben vuole dire è che disoccupati è meglio.

    E' chiaro che non è tale tesi che si sta sostenendo, nè si sta a nostra volta chiamando "sfigati" quelli che lavorano 12 ore al giorno in un ufficio, CI MANCHEREBBE!

    quello che si sta proponendo è una diversa visione della stessa attività svolta, boicottare la considerazione del mondo del lavoro quale UNICO spazio nel quale un cittadino, un individuo si realizza.
    che da lavorare ci sia è chiaro, perchè è mezzo fondamentale dato il meccanismo della società in cui viviamo, ma che resti un mezzo, questo è il punto.

    Anch io scrissi qualcosa a riguardo:
    http://www.liberarchia.net/blog/?p=569

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  8. bau e stealthisnick avete colto perfettamente il segno ... come al solito qui in Italia di fronte alla realtà, semplice semplice, si guarda al bambino che ha detto che il re è nudo e si polemizza con lui e/o lo si insulta perchè è figlio di A / B / C oppure è nero / bianco / giallo o magari perchè ricco, bello / brutto e/o intelligente o altro. E questo magari per continuare a crearsi degli alibi rispetto alle proprie responsabilità dirette o indirette.

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  9. Sono una quasi sfigata, a 27 anni ancora per poco, non essendo ancora laureata magistrale in scienze politiche.
    Parlo correttamente inglese e spagnolo. Rinuncio al letto caldo ogni sabato mattina per andare in moschea, dove sto imparando con buoni risultati l'arabo.
    Vado alla Sapienza e non ho mai preso dei votoni per l'ansia da esame. Ho fatto due master, infiniti stage e collaboro a 160 euro mensili per una testata online. Senza contratto. La burocrazia universitaria mi ha fatto perdere 9 mesi di tempo, dopo la triennale, per poter iniziare la specialistica. Ho saltato quindi 3 sessioni d'esame, una decina di appelli in tutto. Lavorando in nero non posso frequentare i corsi serali per studenti lavoratori, e devo sobbarcarmi gli stessi libroni di chi sta a casa tutto il giorno. Perché nella mia facoltà i docenti non hanno mai diminuito i programmi. (Sfido io a poter diminuire i programmi di storia o di diritto o di filosofia. Che fai? Mi levi il Rinascimento? Mi levi i primi 1000 articoli del codice civile?) Quindi l'adeguamento al 3+2 tanto millantato non c'è stato. 25 esami di triennale, come il vecchio ordinamento. Tempi tecnici per la "tesina", come il vecchio ordinamento.
    Certo, forse "sprecherò" le mie energie come l'amico di Alessandro, facendo mille altre cose, e prendendomi se mi va una mattinata per ascoltare i Pink Floyd e non pensare al cappio delle mie poche chances. Ma sentirmi chiamare bambocciona o sfigata da un membro di quelle stesse istituzioni che ci hanno preso in giro per anni, dicendoci che contano le lingue le lauree i master i tirocinii e gli stage e non trovare, nonostante tutto, ancora un lavoro PAGATO, e vedere i miei ex colleghi che, senz'altro per maggiore bravura, ce l'hanno fatta prima con gli studi ma sono ancora a spasso, e credere, poi, che tanta gente stupida pensi che a noi faccia comodo non lavorare e poterci lamentare, senza capire le nostre difficoltà per chiedere un mutuo e farci una capanna, per sposarci o mettere su una famiglia.. beh questo è un sopruso intollerabile e una offesa all'intelligenza di quanti si trovano nella mia situazione.

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  10. Lisssz ha espresso ancora meglio quello che volevo dire. Oltre alle spese universitarie e quelle aggiunte di chi è fuori sede, si aggiunge il fatto che spesso la burocrazia interna delle università fa perdere tempo e denaro, crfedo ceh nessuno sotto i 30 anni, di famiglia dal ceto non medio-alto, caghi soldi la mattina, scusate il termine.

    Aggiungiamo il fatto che, almeno nel mio caso, lavoro nel settore per il quale studio da anni, perché una serie di tirocinii hanno fatto la mia fortuna, e sono fortunato per questo, ma sono uno di quelli che per non farsi scappare il lavoro sudato continua a rimandare la laurea, perché diciamocelo, ma cosa me ne faccio di un titolo se poi non trovo lavoro perché non ho mai fatto esperienza nel campo?

    Oltretutto in Italia molte lauree non contano nulla, non hanno il valore che dovrebbero avere o altre volte al contrario sono sopravvalutate. Conosco persone laureate in tempi record, col minimo dei voti a cui non farei mai fare nulla della materia per cui hanno la laurea e viceversa persone brillanti che non hanno modo di lavorare nel campo per il quale hanno un titolo.

    Forse Martone non sa che ci sono bizzeffe e bizzeffe di plurilaureati che il lavoro non lo trovano mentre si abbracciano malinconici quel titolo o quei titoli tanto sudati e magari anche in fretta.

    Infine vorrei dire che non è tutto A o B, ci sono laureati giovani, laureati vecchi, non laureati e vie di mezzo, gente che lavora mentre studia, gente che non fa null'altro ma si impegna nello studio etc...il tutto per dire che fare dichiarazioni e generalizzare è semplice, ma forse bisogna mettere in moto il cervello prima di accusare un'intera categoria di persone a priori, scusarsi dopo è facile, troppo facile.

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  11. Ti ho citato in questo articolo:
    http://ronaterihonte.wordpress.com/2012/01/27/martone-lo-sfigato/

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  12. Sono completamente d'accordo. Quello di cui parli è un aspetto della vita per me essenziale. In un certo senso, quello che per me è il livello più profondo- e più struggente- della parola libertà.
    Mi dispiace sinceramente per chi non lo ha colto.


    AleG

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  13. D'altronde chi a 28 anni è ordinario all'università è un raccomandato.

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  14. bel post ma mi pare un po' in contraddizione con un tuo post precedente in cui parlavi dei milioni di italiani che lavorano tutto il giorno e non trovano un negozio aperto... il punto è che tutti alla fine danno ragione, tra le righe, a Martone, criticandolo solo per la forma e non per la sostanza. ascoltando la frase intera, lui ha fatto il confronto tra chi "scalda un banco" (come aveva detto un ministro dell'istruzione qualche anno fa) e chi invece decide di imparare una professione. non ci vedo niente di sbagliato Io mi sono laureato a 27 anni e 11 mesi, lavorando, mantenendomi, vivendo all'estero nel frattempo, e non mi sono sentito minimamente tirato in causa dalla questione. O qualcuno pensa che avrebbe dovuto dire "è sfigato chi non si è laureato, a meno che a) non studi medicina o ingegneria b) lavori per mantenersi c) abbia avuto problemi di salute d) si sia iscritto in ritardo all'Università e) ...". E poi è proprio vero, si guarda più a chi abbia detto una frase che a cosa abbia detto. come ci insegni, la gara a chi è + onesto non porta lontano

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  15. La realtà è molto complessa, ecco perché non è accettabile liquidarla con battute da bettola. Il ragazzo ha le categorie interpretative della realtà di un pesce in una bolla, che si guarda intorno e crede che quello sia l'oceano, come ho scritto in questo post
    http://cosechedimentico.blogspot.com/2012/01/il-pesce-nella-bolla.html

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  16. l'amicizia è gratis invece il lavoro è un ricatto a cui ci sottoponiamo per campare.
    è per questo che l'amicizia è così magica, perchè è gratis.
    ovvio no?

    Quella di Martone è più che altro una caduta di stile.
    Dimostra un'immaginario ristretto se per studente universitario intende il figlio di papà che campa di rendita e passa le serate al pub. Qualcuno più coraggioso pretenderebbe di immaginare che ci si possa laureare anceh a 35 40 60 anni se uno vuole. Che fosse possibile cioè avere un reddito di cittadinanza e quindi magari studiare invece che lavorare. e a qualsiasi età. studiare davvero, ovviamente.

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  17. Io sono un quasi sfigato di 25 anni prossimo ai 26, ripeto qui quel che non mi stanco di dire da nessuna parte quando si parla di questo argomento: io sono anche peggio di uno sfigato,ma pretendo che le colpe vadano distribuite a tutti quelli che le hanno.
    Se sono ancora in Università la colpa è sicuramente mia ma va condivisa con i miei docenti attuali e con chi mi ha dato il diploma.
    salut
    mashiro

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  18. Sai che ti dico Minerva..? Immagino Alessandro qui a chiacchierare con noi..penso 'ste stronzate sui bamboccioni e il fatto che i giovani di oggi siano privi di spirito di sacrificio e volontà!! Ma che gente frequentate!?Io fortunatamente conosco un sacco di giovani che proprio come Lisssz si rimboccano le mani e si fanno il mazzo!! Un saluto a te Minerva..ed uno ad Alessandro!

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  19. Ok ho fatto casino.. è la prima volta che vengo e ho confuso con Minerva.. meglio che riscriva! ; ) sorry

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  20. Boh . Secondo me laurearsi in Scienze Politiche o in Lettere, OGGI, in Italia , è garantirsi un bel "Dr." sul biglietto da visita , ed un futuro da disoccupato .
    Ma moltissimi lo fanno e tribolano pure per farlo. Perchè ? Boh
    I posti buoni son già tutti presi .
    hO 56 anni , laurea Ec. Comm. Quando m' iscrissi io , eravamo in 250 ; ora mi dicono si viaggia sui 2500 - 3000 .
    un laureato in Lettere, o in discipline umanistiche non sa calcolare nè TAEG nè TAN ; non sa fare il calcolo dell' interesse semplice e composto , non sa calcolare la rata di un mutuo , non sa controllae un estratto conto bancario, ma quel che è grave è che non capisce se la banca lo sta fregando o meno , se davvero il tasso del suo mutuo è quello che gli dicono : figuriamoci capire cos'è il bilancio dello stato o il mercato del lavoro .
    Per cui crede a quello che gli raccontano . Tipo che le cose vanno male non per gli sprechi ( On. AMATO , 1.000 eu di pensione al mese ) ma perchè ci sono tanti cattivoni che non pagano tasse... che non ci sono posti di lavoro per colpa degl' imprenditori , non dello stato ecc. ecc. Molti non sono fuori corso .. sono proprio fuori dal mondo reale ... boh ...

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  21. Son d'accordo con Sleeder. Le realtà son diverse e anche un po' complesse. Poi qua i ragazzi danno la maturità ai 18 anni e passa, se va bene. Nei paesi americani, mi riferisco al continente e non solo agli Stati Uniti, ai 18 anni i ragazzi sono già al 4° semestre di università, con maggiore possibilità di laurearsi grazie agli incentivi del governo, borse di studio e atenei pubblici, dove in questi ultimi, se si paga è veramente poco e l'istruzione è ottima!. Molto interessante tuo blog, complementi...
    Saluti, Enrica Prestiti

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