Elena e la tutela della vita

Il 24 marzo 1976 i militari argentini, guidati dal generale Jorge Rafael Videla, si ribellano a Isabelita Perón e prendono il potere con un colpo di stato: il 29 marzo Videla si nomina presidente a vita e assume il comando della Junta militare, formata dal generale Leopoldo Galtieri, dall'ammiraglio Emilio Eduardo Massera e dal generale Orlando Ramón Agosti.
Inizia la Guerra Sucia, un programma di repressione dei dissidenti caratterizzato da torture, omicidi politici e sparizioni che negli anni fra il 1976 e il 1983 produce circa 2.300 morti e 30.000 desaparecidos.
Le persecuzioni avvengono sotto lo sguardo indifferente della Santa Sede, allora rappresentata dal Nunzio Apostolico Pio Laghi, amico intimo di alcuni generali della Junta e accusato da molti sopravvissuti di aver giustificato le violenze poste in essere dal regime: lo stesso Pio Laghi, gioverà sottolinearlo, difeso a spada tratta da Madre Teresa di Calcutta, e dopo quell'incarico promosso da Giovanni Paolo II prima pro-prefetto della Congregazione dei Seminari e degli Istituti di Studi, e successivamente Cardinale patrono del Sovrano Ordine di Malta .
Bel quadretto, non c'è che dire: ma mi sono lasciato prendere la mano, perché in realtà volevo andare a parare altrove. Riprendiamo il filo.
Dicevamo della Guerra Sucia: ebbene, uno dei protagonisti della repressione è Christian Federico Von Wernich, cappellano cattolico della polizia di Buenos Aires, condannato all'ergastolo il 9 ottobre 2007 per aver preso parte a 7 omicidi, 42 privazioni illegali della libertà e 32 casi di tortura. Von Wernich partecipa direttamente agli interrogatori violenti dei dissidenti e alle uccisioni, invitando i prigionieri a confessare e intimando ai sopravvissuti di non rivelare nulla di ciò che hanno visto in quelle carceri.
E così arriviamo ai protagonisti della nostra storia: Hector Baratti e sua moglie Elena de la Cuadra, tuttora desaparecidos, vengono arrestati quando la donna è incinta di sei mesi; lui, il Cappellano Christian Von Wernich, fa parte della squadraccia che tiene sequestrati i due e li sottopone alle torture. Di Hector si perdono subito le tracce, mentre Elena viene tenuta in vita fino al giorno in cui viene alla luce sua figlia Ana: cinque giorni dopo il parto viene uccisa.
Di Ana non si hanno più notizie, ma è certo che, come decine di altri bambini, sia nata e sia stata affidata in adozione a qualche compare degli aguzzini.
Non sia mai che un bimbo sia ucciso nel grembo della madre: si chiama tutela della vita, o sbaglio?
E poi non mi si venga a dire che questa gente non è coerente con quello che predica...

Questo post è stato pubblicato il 08 febbraio 2008 in ,. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

10 Responses to “Elena e la tutela della vita”

  1. e scommetto che quei compari sono tutti pedofili

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  2. Di certo la scoperta di essere stato dato in adozione a quelli che hanno torturato e ucciso i propri genitori non dev'essere stata facile da mandare giù...

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  3. Il vaticano dovrà rendere conto del criminale appoggio alle dittature sudamericane. Com'era la storia dei cosiddetti "stati canaglia"? Quelli che disprezzano la democrazia e i diritti civili?

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  4. Dovrebbe rendere conto di molte cose, il Vaticano...

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  5. Ottimo post, Ale.

    Per chi vuole approfondire:

    http://www.abuelas.org.ar/italiano/

    http://es.wikipedia.org/wiki/Abuelas_de_Plaza_de_Mayo

    http://www.uaar.it/news/2007/06/20/fu-genocidio/

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  6. pedofialsarà la tù sorella in cariola!

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  7. Beh, questa sì che è una coerenza ammirevole! Sono quasi commosso...

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  8. oh, che sensibilità, ti sei commosso. Ammirevole!

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  9. Così per alleggerì la discussione


    Fatece largo che passamo noi,
    li giovanotti de sta Roma bella,
    semo ragazzi fatti cor pennello,
    e le ragazze famo innamorà.
    e le ragazze famo innamorà.

    Ma che ce frega, ma che ce importa,
    se l'oste ar vino c’ha messo l'acqua,
    e noi je dimo, e noi je famo,
    c’hai messo l'acqua, e nun te pagamo, ma però,
    noi semo quelli, che jarisponnemo n’coro,
    è mejo er vino de li Castelli
    che de sta zozza società.

    Ce piacciono li polli, l'abbacchi e le galline,
    perchè so senza spine,
    nun so come er baccalà.
    La società de li magnaccioni,
    la società de la gioventù,
    a noi ce piace de magna' e beve,
    e nun ce piace de lavora'.

    Osteee!!

    Portace n'artro litro,
    che noi se lo bevemo,
    e poi ja risponnemo
    embe', embe', che c'è?

    E quando er vino, embe',
    ciariva ar gozzo, embe',
    ar gargarozzo, embe',
    ce fa n’ficozzo, embe'.

    Pe falla corta, per falla breve,
    mio caro oste portace da beve,
    da beve, da beve, zan zan.

    Ma si per caso la socera more
    se famo du spaghetti amatriciana,
    se famo un par de litri a mille gradi,
    s'ambriacamo e n’ce pensamo più
    s'ambriacamo e n’ce pensamo più.

    Che ciarifrega, che ciarimporta,
    se l'oste ar vino c’ha messo l'acqua,
    e noi je dimo, e noi je famo,
    c’hai messo l'acqua, e nun te pagamo, ma però,
    noi semo quelli, che jarisponnemo n’coro,
    è mejo er vino de li Castelli
    che de sta zozza società.

    È mejo er vino de li Castelli
    che de sta zozza società parapappappa’.

    RispondiElimina

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