Regalami un post (parte seconda)

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Questo post è stato pubblicato il 29 febbraio 2008 in . Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

101 Responses to “Regalami un post (parte seconda)”

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  2. Se riuscissi a capire come entrare e scrivere....non ricordo più, ho anche il Blog, ma non riesco ad accedervi..Eppure avevo tantissime cose da scrivere...che casino....
    Eugenia

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  16. Poverino, questo clerico-anonimo strampalato deve esser rimasto veramente turbato da questo blog, visto che passa le sue mattinate a incollarci sopra articoli di persone che ritiene autorevoli (poi che articoli: introvigne, rosa alberoni....tutta gente obiettiva!). Mica ci dice quello che pensa lui, usa il cosiddetto " argomento d' autorità" allo stesso modo del bambino che dice "è così perchè me lo ha detto papà".
    Non mi sento di criticarlo troppo: ha chiaramente un bisogno disperato di convincersi delle sue idee.

    Una sola cosa: qualcuno gli dica che non c'è bisogno di incollarci tutto l'articolo, non è nemmeno tanto educato: bastano i link...

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  17. Metilparaben, sbrigati a tornare!
    Qui c'è solo un copia e incolla
    della Treccani!

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  64. Ma come cavolo ci si logga?
    metil volevo regalarti un post ma sono troppo imbranata. Qualcuno può aiutarmi?
    marina

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  65. Iniziativa singolare e interessante che merita di essere segnalata.
    Mario DG
    http://www.go.ilcannocchiale.it

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  66. marina, ti aiuto io:
    guarda il blog, vedi in alto la barra con scritto entra? clicca lì e inserisci:
    username: unpostpermetil
    password: scrivimelo
    e poi puoi scrivere :)

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  79. Bisogna far sapere al prof Veronesi che le scimmie, a differenza degli umani, non praticano gli aborti e fanno di tutto per proteggere e allevare i piccoli. Gli anziani del gruppo famiglia, poi, li rispettano e non li uccidono.Ma in che mani siamo?

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  81. Ho riso di gusto... complimentissimi! Purtroppo c'è anche da temere che questo consiglio possa essere preso sul serio..

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  85. come cavolo si posta un articolo?!?!

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  86. Ghezzi riporta in tivù “Io accuso”, film della propaganda nazista a favore dell’eutanasia.


    di Eugenia Roccella


    Enrico Ghezzi ha i suoi seguaci, e confesso di essere tra questi. Lui è ormai un’apparizione fantasmatica, forse ha un Doppelgänger che vive una vita reale, ma nessuno sa più com’è.

    Chi sabato notte si piazza davanti alla tv, affascinato dalla sigla di “Fuori orario”, disposto ad andare avanti fino all’alba guardando vecchie pellicole sgranate o film asiatici sottotitolati in russo, non sa se Ghezzi abbia ormai perso tutti i capelli, o se ancora mantenga quell’aria ammaccata e svagatamene intellettuale che mostra in video. Certo se non ci fosse lui, per spettatori con qualche curiosità cinefila, sarebbe il deserto. Sabato scorso, per esempio, ha recuperato da un immeritato oblio “Ich klage an”, (Io accuso), del regista tedesco Wolfgang Liebeneiner. Titolo ambiguo, per un film di propaganda nazista, direttamente sollecitato dalla Gestapo. Ma l’eco della polemica zoliana sull’antisemitismo e il caso Dreyfuss è involontaria, o consapevolmente utilizzata al rovescio; l’accusa qui, riguarda un caso di eutanasia, e il film fu commissionato per far digerire all’opinione pubblica il drastico programma di eliminazione di disabili e malati di mente voluto da Hitler e attuato tra il 1938 e il ’41.

    La storia è tutta chiusa nel privato, e in nessuna inquadratura compaiono segni del regime nazista. Hanna è una giovane donna appassionata e vitale, che scopre di essere affetta da sclerosi multipla, malattia degenerativa inguaribile ancora oggi. Sa che perderà progressivamente l’uso delle gambe e delle braccia, che non sarà più autonoma, che sopraggiungeranno crisi respiratorie sempre più gravi e frequenti. Ma quello che più la tormenta è l’immagine che Thomas, marito amatissimo e medico geniale, conserverà di lei; la paura di apparirgli solo come un corpo malato e bisognoso, senza più luce di intelligenza e di fascino, fino a incrinare il dorato cerchio che li unisce. Il film è girato completamente in interni; al regista interessa mettere a fuoco la qualità e l’eleganza discreta dei rapporti di amore, amicizia, fedeltà, devozione, onore, nella piccola comunità di amici e parenti che ruota intorno alla protagonista. Hanna prega l’amico Bernhard, anche lui medico, di aiutarla a morire, ma la risposta è negativa. Il marito, invece, dopo aver accanitamente ma inutilmente cercato nel suo laboratorio una cura per guarire la moglie, acconsentirà a somministrarle la morfina, stringendola tra le braccia fino all’arrivo della fine. Quando Bernhard lo sa- prà, griderà in faccia all’amico: “L’aveva chiesto anche a me, ma non l’ho fatto, perché l’amavo!” e il marito ribatterà: “Io l’ho fatto perché l’amavo di più”.

    L’ultima parte del film si svolge in un’aula di giustizia, dove gli aspetti legali del problema vengono esaminati e spiegati, in un dibattito perfettamente attuale; tra l’altro il perito testimonierà l’impossibilità di determinare con certezza se Hanna è morta per una crisi respiratoria o per l’assunzione di morfina. Ma è la discussione in camera di consiglio che mostra con chiarezza come qualunque soluzione legislativa che consenta l’eutanasia scivoli irresistibilmente verso la selezione autoritaria, verso forme più o meno mascherate di ingegneria sociale. Deve essere il medico – dice un giurato – ad avere l’ultima parola, anzi, a miglior garanzia, una commissione di medici; oppure lo stato, che deve dare “il diritto” di morire. Il film si chiude con un finale sospeso, volutamente affidato al giudizio dello spettatore: è lui che deve valutare e decidere.

    Hitler, però, aveva già deciso. Dopo la fase della sterilizzazione coatta (tra il ’33 e il ’39 furono sterilizzate tra 200.000 e 350.000 persone ritenute affette da malattie ereditarie), passò al programma Aktion T4. Approfittando della richiesta della famiglia Knauer di eliminare il proprio figlio, definito “idiota”, Hitler delegò al suo medico personale, Karl Brandt, il compito di indagare sul caso, e poi di formare una commissione per il “rilevamento scientifico” di malattie ereditarie e malformazioni gravi. Gli ospedali dovevano segnalare tutte le nascite di bambini con problemi: Down, ciechi e sordi, idrocefali, macrocefali, spastici, e co sì via. Ai genitori veniva detto che i piccoli sarebbero stati trasferiti in centri specializzati; in seguito sarebbero arrivati i certificati di morte, stilati in modo differenziato e burocraticamente accurato. La stessa operazione fu promossa, pochi mesi dopo, nei confronti di disabili adulti e malati terminali; anche qui i pazienti venivano portati in appositi centri per beneficiare di un non meglio specificato “trattamento speciale”. L’Aktion T4 andrà avanti finché il vescovo cattolico di Munster, Clemens August Von Galen, pronuncerà nel ’41 un vero “j’accuse” contro il regime, con un sermone che sarà stampato e lanciato sulle città tedesche dalla Royal Air Force.

    Ma aldilà della storia dell’eugenetica nazista, colpiscono le scelte propagandistiche. Dopo aver tentato di convincere l’opinione pubblica con documentari che entravano negli ospedali e mostravano gli esempi più tragici dei “gusci vuoti di esseri umani”; dopo aver proposto agli scolari problemi sui costi dell’assistenza ai disabili (“mantenere un malato di mente costa circa 4RM al giorno, un invalido 5,50…”), il regime aveva ritenuto più proficuo mostrare l’eutanasia come scelta d’amore, fatta per il bene del singolo malato, e non per quello della comunità. Questa era la chiave per superare la diffidenza dei tedeschi, e convincerli a dare il proprio assenso alla selezione genetica e all’eutanasia. Si decide dunque di puntare sull’emotività, il caso umano, le ragioni del cuore che la ragione non conosce. E’ davvero curioso che oggi il modello proposto all’opinione pubblica sia ancora lo stesso; l’unica differenza è nella caduta di stile che segna operazioni come “Million dollar baby”, o “Mare dentro” rispetto alla raffinata sobrietà di “Io accuso”. Forse per questo il regista fu riabilitato dai servizi segreti dell’esercito inglese, e continuò la sua carriera nell’epoca di Adenauer.

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  87. Vladimir Sergeevic SOLOVIEV
    Il racconto dell'anticristo (1900)

    Il Signor Z. (legge)C'era in questo tempo, tra i credenti spiritualisti, un uomo ragguardevole -molti lo chiamavano superuomo -, il quale era lontano dall'infanzia della mentee dall'infanzia del cuore. Egli era ancor giovane, ma grazie al suo genioeccelso a trentatré anni godeva fama di grande pensatore, di scrittore e diriformatore sociale. Cosciente di possedere in sé una grande forza spirituale,era sempre stato un convinto spiritualista e la sua vivida intelligenza gliaveva sempre indicato la verità di ciò a cui si deve credere: il bene. Dio, ilMessia. Egli credeva in ciò, ma non amava che se stesso. Credeva in Dio, ma nelfondo dell'anima involontariamente e senza rendersene conto preferiva se stessoa Lui. Credeva nel Bene, ma l'Occhio dell'Eternità, che vede tutto, sapeva chequest'uomo si sarebbe inchinato davanti alla potenza del male, appena appenaquesta riuscisse a corromperlo, non con l'inganno dei sentimenti e delle bassepassioni e nemmeno con la suprema attrattiva del potere, ma solleticando il suosmisurato amor proprio. Del resto questo amor proprio non era ne un istintoincosciente ne una folle pretesa. A parte il suo talento eccezionale, la suabellezza e la sua nobiltà, anche le altissime dimostrazioni di moderazione, didisinteresse e di attiva beneficenza, parevano giustificare a sufficienza losconfinato amor proprio che nutriva per sé il grande spiritualista, l'asceta,il filantropo. Se gli si rinfacciava di essere così in abbondanza fornito didoni divini, egli vi scorgeva i segni particolari di una eccezionale benevolenzadall'alto verso di lui e si considerava come secondo dopo Dio, il figlio di Dio,unico nel suo genere. In una parola egli riconosceva in sé quelle che erano lecaratteristiche del Cristo. Ma la coscienza della sua alta dignità all'attopratico non prendeva in lui l'aspetto di un obbligo morale verso Dio e il mondo,ma piuttosto l'aspetto di un diritto e di una superiorità in rapporto aglialtri e soprattutto in rapporto al Cristo. Ma non aveva per Cristo una ostilitàdi principio. Gli riconosceva l'importanza e la dignità di Messia; però contutta sincerità vedeva in lui soltanto il suo augusto precursore. Per quellamente ottenebrata dall'amor proprio erano inconcepibili l'azione morale delCristo e la Sua assoluta unicità. Egli ragionava così: "Cristo è venutoprima di me; io mi manifesto per secondo, ma ciò che viene dopo in ordine ditempo, in natura è primo. Io giungo ultimo alla fine della storia precisamenteperché sono il salvatore perfetto, definitivo. Quel Cristo è il mioprecursore. La sua missione era di precedere e preparare la miaapparizione". E in base a quest'idea, il grande uomo del secolo XXIapplicava a se tutto ciò che è detto nel Vangelo circa il secondo avvento,spiegando questo avvento non come il ritorno di Cristo stesso, ma come lasostituzione del Cristo precursore col Cristo definitivo, cioè se stesso.
    In questo stadio «l'uomo del futuro» si presenta ancora in modo ben definito eoriginale. Considerava il suo rapporto con Cristo alla stessa guisa di Maometto,un uomo retto che non si può accusare di nessuna cattiva intenzione.

    La preferenza piena di amor proprio, che egli fa di sestesso nei confronti del Cristo, verrà giustificata da quest'uomo con unragionamento di questo genere: «Il Cristo è stato il riformatore dell'umanità,predicando e manifestando il bene morale nella sua vita, io invece sono chiamatoad essere il benefattore di questa umanità, in parte emendata e in parteincorreggibile. Darò a tutti gli uomini ciò che è loro necessario. Il Cristo,come moralista ha diviso gli uomini secondo il bene e il male, mentre io li uniròcon i benefici che sono ugualmente necessari ai buoni e ai cattivi. Sarò ilvero rappresentante di quel Dio che fa sorgere il suo sole e per buoni e per icattivi e distribuisce la pioggia sui giusti e sugli ingiusti. Il Cristo haportato la spada, io porterò la pace. Egli ha minacciato alla terra ilterribile ultimo giudizio. Però l'ultimo giudizio sarò io e il miogiudizio non sarà solo un giudizio di giustizia ma anche un giudizio diclemenza. Ci sarà anche la giustizia ma non una giustizia compensatrice bensìuna giustizia distributiva. Opererò una distinzione fra tutti e a ciascuno daròciò che gli è necessario.

    E in questa magnifica disposizione, egli attende unchiaro appello di Dio che lo chiami all'opera della nuova salvezza dell'umanità,una testimonianza palese e sorprendente che lo dichiari il figlio maggiore, ilprimogenito diletto da Dio. Attende e nutre il suo amor proprio con la coscienzadelle proprie virtù e delle proprie doti sovraumane; infatti egli è, come sidice, un uomo di una moralità irreprensibile e di un genio straordinario.

    Questo giusto, pieno di orgoglio, attende la supremasanzione per cominciare la propria missione che porterà alla salvezza dell'umanità, ma è stanco di aspettare. Ha già compiuto trent'anni e altri treanni trascorrono. Ed ecco gli balena nella mente un pensiero e con un brividoardente gli penetra fino al midollo delle ossa: «E se?... E se non fossi io, maquell'altro... Il Galileo... S'egli non fosse il mio precursore, ma il veroprimo ed ultimo? Però in tal caso dovrebbe essere vivente... Dov'è dunqueLui?... Se a un tratto mi venisse incontro... in questo momento, qui... Che Glidirei? Dovrei inchinarmi davanti a lui come l'ultimo cristiano scimunito eborbottare stupidamente come un qualsiasi cittadino russo: "Signore GesùCristo abbi pietà di me peccatore", oppure prostrarmi a terra come unadonnetta polacca? Io che sono un genio luminoso, il superuomo. No, mai! ». E aquesto punto al posto dell'antico ragionevole e freddo rispetto per Dio e per ilCristo, germoglia e si sviluppa nel suo cuore dapprima una specie di timore epoi l'invidia ardente che opprime e contrae tutto il suo essere; infine l'odiofurioso si impadronisce della sua anima. «Sono io, io, non Lui! Lui non è trai viventi e non lo sarà mai. Non è risorto, non è risorto, non è risorto! Èmarcito, è marcito nel sepolcro, come l'ultima...».

    Con la schiuma alla bocca, a balzi convulsi, si lanciafuori dalla sua casa e dal suo giardino e fugge nella notte fonda e buia per unsentiero roccioso... Si placa il suo furore e ad esso succede una disperazionearida e pesante come quelle rocce, oscura come quella notte. S'arresta sull'orlodi un precipizio che cade a picco e ode di lontano il confuso fragore di untorrente che scorre in basso fra le rocce. Un'angoscia intollerabile gli opprimeil cuore. A un tratto qualcosa si agita dentro di lui. «Lo chiamerò perchiedergli ciò che debbo fare?». E nell'oscurità gli appare un volto dolce etriste. «Egli ha compassione di me... No, mai! Non è risorto, non è risorto!». E si getta nell'abisso. Ma qualche cosa di elastico come una colonnad'acqua, lo trattiene sospeso nell'aria, egli si sente sconvolto come da unascossa elettrica, e una forza arcana lo ributta indietro. Per un istante perdela conoscenza e si risveglia, in ginocchio a qualche passo dal precipizio.Davanti a lui si stagliava una figura avvolta in un nebuloso nimbo fosforescentee due occhi gli trapassavano l'anima con un sottile insopportabile bagliore...

    Vede quei due occhi penetranti e senza darsi conto seprovenga dal suo intimo o dall'esterno ode una strana voce sorda, perfettamentecontenuta e nello stesso tempo netta, metallica e priva affatto di anima comequella di un fonografo. E questa voce gli dice: «Mio amato figlio, in te èriposto tutto il mio affetto... Perché non sei ricorso a me? Perché haionorato l'altro, il cattivo e il padre suo! Io sono dio e padre tuo. Ma quelmendicante, il crocifisso è estraneo a me e a te. Non ho altri figliall'infuori di te. Tu sei l'unico, il solo generato, uguale a me. Io ti amo enon esigo nulla da te. Così tu sei bello, grande, possente. Compi la tua operanel tuo nome e non nel mio. Io non provo invidia nei tuoi confronti.
    Ti amo e non richiedo nulla da parte tua. L'altro, colui che tu consideravi comedio, ha preteso dal suo figlio obbedienza e una obbedienza illimitata fino allamorte di croce e sulla croce lui non lo ha soccorso. Io non esigo nulla da te,ma parimenti ti aiuterò. Per amor tuo, per il tuo merito, per la tua eccellenzae per il mio amore puro e disinteressato verso di te, io ti aiuterò. Ricevi ilmio spirito. Come prima il mio spirito ti ha generato nella bellezza, così orati genera nella forza». A queste parole dello sconosciuto, le labbra delsuperuomo si sono involontariamente socchiuse, due occhi penetranti si sonoaccostati vicinissimi al suo volto ed ha provato la sensazione come se un gettopungente e ghiacciato penetrasse in lui e riempisse tutto il suo essere. E nelmedesimo tempo si è sentito pervaso da una forza inaudita, da un vigore, da unaagilità e da un entusiasmo mai provati. In quello stesso istante sono scomparsia un tratto il fantasma luminoso e i due occhi e qualcosa ha sollevato ilsuperuomo sopra la terra e d'un colpo lo ha deposto nel suo giardino.

    Il giorno dopo, non solo i visitatori del grande uomo,ma perfino i servitori furono stupiti per il suo aspetto particolare, quasiispirato. Ma sarebbero rimasti ancora più colpiti se avessero potuto vedere conquale rapidità e facilità soprannaturali, rinchiuso nel suo studio, egliscriveva la sua celebre opera La via aperta verso la pace e la prosperitàuniversale.

    I precedenti libri e l'azione sociale del superuomoavevano incontrato dei severi critici, ancorché essi fossero per la maggiorparte soprattutto religiosi e perciò privi di qualsiasi autorità; infattiquello di cui parlo è il tempo dell'Anticristo. E così, pochi erano staticoloro che avevano potuto ascoltare questi critici, quando indicavano in tuttigli scritti e in tutti i discorsi «dell'uomo del futuro» i segni di un amorproprio assolutamente intenso ed eccezionale ed esprimevano dubbi di fronteall'assenza di una vera semplicità, di rettitudine e di bontà di cuore.
    Ma con questa sua nuova opera egli riuscì adattirare a sé perfino alcuni che in precedenza erano stati suoi critici edavversari. Questo libro, scritto dopo l'avventura dell'abisso, manifesta in luila potenza di un genio senza precedenti. È qualcosa che abbraccia insieme emette d'accordo tutte le contraddizioni. Vi si uniscono il nobile rispetto perle tradizioni e i simboli antichi con un vaste e audace radicalismo di esigenzee direttive sociali e politiche, uni sconfinata libertà di pensiero con la piùprofonda comprensione di tutto ciò che è mistico, l'assoluto individualismocon una ardente dedizione al bene comune, il più elevato idealismo in fatte diprincipi direttivi con la precisione completa e la vitalità delle soluzionipratiche. Tutto questo risultava così unito e legato insieme con tale genialitàd'arte che ogni singolo pensatore, ogni uomo d'azione, poteva facilmentescorgere ed accettare l'insieme soltanto sotto l'angolo particolare del propriopersonale punto di vista. E questo senza nulla sacrificare della verità in sestessa, senza elevarsi per essa effettivamente al di sopra del proprio io, senzaassolutamente rinunciare di fatto al loro esclusivismo, senza nulla correggerecirca gli errori di opinione o di tendenza, senza colmare per nulla possibililacune. Questo libro meraviglioso è subito tradotto nelle lingue di tutte lenazioni progredite e anche il alcune di quelle arretrate. Per un anno intero, intutte le parti del mondo, migliaia di giornali sono pieni zeppi della pubblicitàdegli editori e dell'entusiasmo dei critici. Edizioni economiche, col ritrattodell'autore, si diffondono a milioni di esemplari e l'intero mondo civile (aquell'epoca cioè quasi tutto il globo terrestre) si riempie della gloriadell'uomo incomparabile, grande, unico! Nessuno osa ribattere a questo libro cheappare a ciascuno come rivelazione della verità integrale. Tutto il passato viè trattato con così perfetta giustizia, tutto il presente apprezzato con tantaimparzialità, sotto tutti gli aspetti e il futuro migliore è accostato in modocosì evidente e palpabile, che ciascuno dice: «Ecco qui ciò di cui abbiamobisogno; ecco un ideale che non è utopia, ecco un progetto che non è unachimera». E il prodigioso scrittore non se lo trascina tutti, ma ognuno lotrova gradevole e in tal modo si compie la parola del Cristo.

    «Sono venuto nel nome del Padre mio e voi non miaccoglierete, un altro verrà nel suo proprio nome e voi l'accoglierete».Infatti per essere accolto bisogna essere piacevole.

    Veramente alcune pie persone, pur lodando con calore illibro, si stanno a domandare perché mai non vi sia nominato nemmeno una voltail Cristo, ma altri cristiani ribattono: «Sia lodato Iddio! Nei secoli passatitutte le cose sacre sono state rese logore da ogni sorta di zelatori senzavocazione ed ora uno scrittore profondamente religioso deve essere moltocircospetto. E visto che il contenuto del libro è permeato dal vero spiritocristiano, dall'amore attivo e dalla benevolenza universale, che volete ancora?».

    Questa risposta fa tornare l'accordo fra tutti. Pocodopo la pubblicazione della Via aperta, che fece del suo autore l'uomo piùpopolare che fosse mai comparso al mondo, si doveva tenere a Berlino l'assembleacostituente internazionale dell'Unione degli Stati Uniti d'Europa. QuestaUnione, istituita dopo una serie di guerre esterne ed interne, collegate con laliberazione dal giogo dei Mongoli e che aveva mutato in modo considerevole lacarta dell'Europa, questa Unione era esposta al pericolo di uno scontro, ora nonpiù tra le nazioni, ma tra i partiti politici e sociali. I reggitori dellapolitica generale europea, appartenenti alla potente confraternita deiframassoni, si rendevano conto della carenza di una autorità generaleesecutiva. Raggiunta al prezzo di tanta fatica, l'Unione europea era ad ogniistante sul punto di disgregarsi. Nel consiglio dell'Unione o tribunaleuniversale (Comité permanent universel) non si era raggiunta l'unanimità,perché i veri massoni, votati alla causa, non erano riusciti a impadronirsi ditutti i seggi. I membri indipendenti del Comitato stringevano fra loro degliaccordi separati e questo fatto prospettava la minaccia di una nuova guerra.Allora gli «adepti» decisero di rimettere il potere esecutivo nelle mani diuna sola persona, munita dei pieni poteri necessari. Il principale candidato eraun membro segreto dell'ordine, «l'uomo del futuro». Era l'unica personalitàche godesse di una rinomanza universale. Era per professione scienziato nel ramodella balistica e per posizione sociale un ricco capitalista; per questo avevapotuto annodare ovunque amichevoli relazioni con uomini appartenenti allafinanza e all'esercito. In altri tempi meno civili si sarebbe levata contro dilui la circostanza che la sua origine era coperta da una densa nube diincertezza. Sua madre, donna di facili costumi, era largamente nota in tutti edue gli emisferi, e troppi uomini di diverse condizioni avevano uguale motivo diritenerlo loro figlio. Queste circostanze non potevano certo avere alcunaimportanza in un secolo così progredito che perfino gli era toccato in sorte diessere l'ultimo. L'uomo del futuro fu eletto presidente a vita degliStati Uniti d'Europa con la quasi unanimità di suffragi e, quando comparve allatribuna in tutto lo splendore della sua sovrumana giovanile bellezza e della suaforza e con eloquenza ispirata espose il suo programma universale, l'assembleasedotta ed affascinata, in uno slancio di entusiasmo, decise di conferirglisenza votazione l'onore supremo: il titolo di imperatore romano. Il congresso sichiuse fra il tripudio generale e il grande eletto emanò un proclama checominciava così: «Popoli della terra! Vi do la mia pace! » e terminava conqueste parole: «Popoli della terra! Si sono compiute le promesse! L'eterna paceuniversale è assicurata! Ogni tentativo di turbarla incontrerà immediatamenteuna insuperabile resistenza. Giacché d'ora in poi c'è sulla terra una potenzacentrale più forte di tutte le altre potenze, sia prese separatamente che preseinsieme. Questa potenza, che nulla può vincere e che prevale su tutti,appartiene a me il plenipotenziario, l'eletto dell'Europa, l'imperatore di tuttele sue forze. Il diritto internazionale possiede finalmente quella sanzione chefino adesso gli mancava. E d'ora innanzi nessuna potenza oserà dire: guerra,quando io dico: pace. Popoli della terra, la pace sia con voi! ». Questomanifesto produsse l'effetto desiderato. Ovunque fuori dell'Europa, specialmentein America, sorsero dei forti partiti fautori dell'impero che costrinsero i lorogoverni ad unirsi, a condizioni diverse, con gli Stati Uniti di Europa, sottol'autorità suprema dell'imperatore romano. Qua e là in Asia e in Africarimanevano ancora delle tribù e dei sovrani indipendenti. L'imperatore, con unesercito poco numeroso, ma scelto, formato da truppe russe, tedesche, polacche,ungheresi e turche, compie una passeggiata militare dall'Asia orientale fino alMarocco e senza grande spargimento di sangue sottomette tutti i recalcitranti.In tutte le regioni di queste due parti del mondo, egli nomina dei governatori,presi tra i magnati indigeni educati all'europea e a lui devoti. In tutti ipaesi pagani, la popolazione, abbagliata ed affascinata, ne fa una divinitàsuperiore. In un anno egli fonda la monarchia universale nel senso vero eproprio della parola. I germi della guerra vengono estirpati fin dalla radice.La lega universale della pace si riunisce per l'ultima volta, pronuncia unentusiastico panegirico per il grande fondatore della pace e poi si scioglie,non avendo più ragione di esistere. Nel secondo anno di regno, l'imperatoreromano e universale emette un nuovo proclama: «Popoli della terra! Io vi hopromesso la pace e ve l'ho data. Ma la pace è bella soltanto con la prosperità.Colui che nella pace è minacciato dai mali della miseria non ha che una pacesenza gioia. Venite dunque ora a me tutti voi che avete fame e freddo che io visazierò e vi riscalderò». E poi annuncia la semplice e completa riformasociale che aveva già tracciata nel suo libro e aveva ormai affascinato tuttigli spiriti nobili e sensati. Ora grazie alla concentrazione nelle sue mani ditutte le finanze del mondo e di colossali proprietà fondiarie, egli potérealizzare questa riforma, venendo incontro ai desideri dei poveri, senzascontentare in modo sensibile i ricchi. Ciascuno cominciò a ricevere secondo lesue capacità.

    Il nuovo padrone della terra era anzitutto unfilantropo, pieno di compassione e non solo amico degli uomini, ma anche amicodegli animali. Personalmente era vegetariano, proibì la vivisezione esottopose i mattatoi a una severa sorveglianza; le società protettrici deglianimali furono da lui incoraggiate in tutti i modi. La più importante di questesue opere fu la solida instaurazione in tutta l'umanità dell'uguaglianza cherisulta essere la più essenziale: l'uguaglianza della sazietà generale. Questoevento si compì nel secondo anno del suo regno. La questione sociale,economica, fu definitivamente risolta. Ma se la sazietà costituisce il primointeresse per chi ha fame, per quelli che sono sazi sorge il desiderio diqualche cosa d'altro.

    Perfino gli animali, quando sono sazi, vogliono disolito dormire, ma anche divertirsi. Tanto più l'umanità, che sempre postpanem ha reclamato circenses.

    L'imperatore-superuomo comprende bene che cosaoccorre per le moltitudini a lui sottoposte. In quel tempo giunge in Roma a luidall'Estremo Oriente un grande operatore di miracoli, circondato da una fittanube di strane avventure e di bizzarri racconti fiabeschi.

    Questo operatore di miracoli si chiamava Apollonio; erasenza alcun dubbio un uomo di genio, metà asiatico metà europeo, vescovocattolico in partibus infidelium, riuniva in sé in modo meraviglioso ilpossesso delle conclusioni più recenti e delle applicazioni tecniche dellascienza occidentale, con la conoscenza e la capacità di servirsi di tutto ciòche è veramente fondato e importante nel misticismo dell'Oriente. Strabiliantisaranno i risultati di una combinazione di tal genere! Apollonio giunge fral'altro all'arte mezzo scientifica e mezzo magica di captare e di guidare apropria volontà l'elettricità dell'atmosfera, e fra il popolo si dice che eglifa discendere il fuoco dal cielo. Del resto, pur colpendo l'immaginazione dellafolla con svariati inauditi prodigi, non è sceso ancora ad abusare dellapropria potenza per scopi particolari. Così ecco che quest'uomo viene incontroal grande imperatore, lo saluta chiamandolo vero figlio di Dio; e gli dichiaradi aver trovato nei libri segreti dell'Oriente predizioni che designanodirettamente lui, l'imperatore, come ultimo salvatore che giudicherà l'universoe propone di mettere al suo servizio la propria persona e tutta la propria arte.Affascinato, l'imperatore lo accoglie come un dono del cielo e, dopo averlodecorato con titoli fastosi, non si separerà mai più da lui. E così i popolidella terra, colmati di benefici dal loro signore, ottengono, oltre la paceuniversale e la generale sazietà, anche la possibilità di dilettarsicostantemente con i prodigi e le apparizioni più sorprendenti. Intanto finisceil terzo anno di regno del superuomo.

    Dopo la felice soluzione del problema politico esociale, viene alla ribalta la questione religiosa. Fu lo stesso imperatore asollevarla, affrontandola anzitutto nei suoi rapporti col cristianesimo. Questaera la situazione del cristianesimo in quel tempo. Nonostante una fortissimadiminuzione del numero dei suoi fedeli - su tutto il globo terrestre nonrimanevano più di quarantacinque milioni di cristiani - esso si era elevato ereso più compatto moralmente, guadagnando in qualità ciò che aveva perduto innumero. Non si contavano ormai fra i cristiani degli individui che non avesseropiù per il cristianesimo alcun interesse spirituale. Le diverse confessionireligiose avevano subito una diminuzione abbastanza similare nel numero deifedeli, cosicché si era approssimativamente mantenuta fra di esse la stessaproporzione numerica di prima; per quanto concerne i loro sentimenti reciproci,anche se all'inimicizia non era subentrato un ravvicinamento completo, quella siera notevolmente addolcita e le opposizioni avevano perduto la loro primitivaasprezza. Il Papato da tempo era stato scacciato da Roma e dopo lungheperegrinazioni aveva trovato un asilo a Pietroburgo, alla condizione di nonsvolgere propaganda nella città e nell'interno del paese. Il Papato si eranotevolmente semplificato in Russia. Senza modificare nella sostanza il rigorosoordinamento dei suoi collegi e dei suoi uffici, aveva dovuto renderemaggiormente spirituale il carattere della loro attività e similmente ridurreal minimo la fastosità del suo rituale e delle sue cerimonie. Molte costumanzestrane ed allettanti, anche se non erano state abolite formalmente, andarono indisuso da sé. In tutti gli altri paesi, specialmente nell'America del Nord, lagerarchia cattolica possedeva ancora molti rappresentanti di forte volontà, diinfaticabile energia e in una posizione indipendente: questi con maggior forzadi prima stringevano in pugno l'unità della Chiesa cattolica e le conservavanoil suo carattere internazionale cosmopolita. Per quanto concerne ilprotestantesimo, in testa al quale continuava a mantenersi la Germania, speciedopo che una parte considerevole della Chiesa anglicana si era riunita allaChiesa cattolica, esso si era sbarazzato delle sue tendenze negatrici estreme, icui sostenitori erano passati apertamente all'indifferentismo religioso eall'incredulità. Nella Chiesa evangelica erano rimasti soltanto i sincericredenti, in testa ai quali stavano uomini che riunivano in sé una vastadottrina insieme ad una profonda religiosità e che sempre più rafforzavano insé l'aspirazione a riprodurre in se stessi la viva immagine del verocristianesimo primitivo. L'ortodossia russa, dopo che gli avvenimenti politiciavevano mutato la posizione ufficiale della Chiesa, aveva perduto molti milionidi sedicenti fedeli, adepti solo di nome; in compenso provava la gioia di essereunita alla parte migliore dei vecchi credenti e perfino ai seguaci di moltesette animate da uno spirito religioso positivo. Questa Chiesa rinnovata, senzaaumentare di numero, prese a sviluppare le sue forze spirituali, che manifestavain particolar modo nella sua lotta interna contro le sette estremiste che sierano moltiplicate tra il popolo e nella società e non esenti da elementidemoniaci e satanici.

    Durante i primi due anni del nuovo regime, tutti icristiani ancora impauriti e stanchi dalla serie di guerre e rivoluzioniprecedenti, dimostravano, nei riguardi del nuovo sovrano e delle sue pacificheriforme, in parte una benevola aspettativa, in parte una decisa simpatia eperfino un ardente entusiasmo. Ma, al terzo anno, con la comparsa del grandemago, molti, ortodossi, cattolici ed evangelici, cominciarono a provare serieapprensioni e antipatie. Ci si pose a leggere con maggiore attenzione e acommentare con più vivacità i testi evangelici e apostolici che parlavano delprincipe di questo mondo e dell'Anticristo. L'imperatore, subodorando da certiindizi che si stava addensando una tempesta, decise di mettere le cose in chiaroal più presto. Al principio del quarto anno di regno, egli pubblicò unmanifesto indirizzato a tutti i fedeli cristiani di ogni confessione,invitandoli a scegliere o nominare dei rappresentanti muniti di pieni poteri, invista di un concilio ecumenico da tenere sotto la sua presidenza. La residenzaimperiale a quel tempo era stata trasferita da Roma a Gerusalemme. La Palestinaera allora una provincia autonoma, abitata e governata in prevalenza da Ebrei.Gerusalemme era una città libera diventata in seguito città imperiale. Iluoghi sacri ai cristiani erano rimasti intatti; ma sulla vasta piattaforma diHaram-es-Scerif, partendo da Birket-Israin e dall'attuale caserma da un latofino alla moschea di El-Aksa e alle «Scuderie di Salomone» dall'altro lato,s'innalzava un enorme edificio che comprendeva oltre a due piccole moscheeantiche, uno spazioso «tempio» imperiale, destinato all'unione di tutti iculti, due fastosi palazzi imperiali con biblioteche, musei e dei localiparticolari per esperimenti ed esercizi di magia. In questo edificio mezzotempio e mezzo palazzo, doveva aprirsi, alla data del 14 settembre, il concilioecumenico. Poiché la confessione evangelica non ha clero nel vero senso dellaparola, i prelati cattolici e ortodossi, per dare, conforme al desideriodell'imperatore, una certa omogeneità alla rappresentanza di tutte leconfessioni della cristianità, decisero di permettere che partecipasse alconcilio un certo numero di laici, noti per la loro pietà e la loro dedizioneagli interessi della Chiesa; e una volta ammessi i laici non si poteva escludereil basso clero, secolare e regolare. In tal modo il numero complessivo dei mèmbridel concilio superò i tremila, ma circa mezzo milione di pellegrini cristianiinvase Gerusalemme e tutta la Palestina. Fra i membridel concilio tre eranoposti in particolare evidenza.

    In primo luogo il papa Pietro II che stava per dirittoa capo della sezione cattolica del concilio. Il suo predecessore era mortomentre era in viaggio per recarsi al concilio e il conclave, riunitesi aDamasco, aveva eletto all'unanimità il cardinale Simone Barionini che avevaassunto il nome di Pietro II. Proveniva da una povera famiglia della provinciadi Napoli ed era diventato famoso come predicatore dell'ordine dei Carmelitani einoltre per aver reso grandi servizi nella lotta contro una setta satanica, chesi era affermata a Pietroburgo e nei suoi dintorni pervertendo non solo gliortodossi ma anche i cattolici. Divenuto arcivescovo di Moghilev e in seguitofatto cardinale, era già in anticipo designato alla tiara. Era un uomo dicinquant'anni di media statura, di costituzione robusta, di colorito rosso, nasoadunco, folte sopracciglia. Era ardente e impetuoso, parlava con foga con ampigesti e trascinava, più che non li persuadesse, i suoi uditori. Verso ilpadrone del mondo, il nuovo Papa dimostrava diffidenza e antipatia, specie dopoil fatto che il defunto pontefice, mentre si recava al concilio, aveva cedutoalle insistenze dell'imperatore e aveva nominato cardinale l'esotico vescovoApollonio, già cancelliere imperiale e gran mago universale, che Pietroriteneva dubbio cattolico, ma autentico impostore. Capo effettivo degliortodossi, benché in forma non ufficiale era lo starets Giovanni assainoto fra il popolo russo. Benché figurasse ufficialmente come vescovo «ariposo» egli non viveva in nessun monastero e andava sempre m giro da tutte leparti. Sul suo conto correvano varie leggende. Alcuni assicuravano che eraFjodor Kuzmic risorto, vale a dire l'imperatore Alessandro morto circa tresecoli prima. Altri andavano più avanti e affermavano che egli era il vero starets Giovanni, cioè l'apostolo Giovanni il Teologo che non era mai morto esi era manifestato apertamente negli ultimi tempi. Da parte sua egli non dicevanulla circa la sua origine e circa la sua giovinezza. Era adesso un vecchio dimolti anni ma aitante, con la canizie dei capelli ricciuti e della barba chetirava ad una tinta giallastra e perfino verde; era di statura alta e corpomagro, ma aveva guance piene e leggermente rosee occhi vivi e scintillanti eun'espressione dolcemente bonaria ne!la faccia e nel modo di parlare; portavasempre una tunica bianca e un candido mantello. A capo della delegazioneevangelica del concilio stava l'eruditissimo teologo tedesco, professor ErnstPauli. Era un vecchietto di bassa statura, asciutto, con fronte spaziosa nasoaguzzo, mento rasato e liscio. I suoi occhi brillavano di una particolare fierabonomia. Ad ogni momento si stropicciava le mani, scuoteva la testa, aggrottavale ciglia in modo terribile e spingeva in avanti le labbra; intanto con occhisfavillanti pronunciava con voce cupa dei suoi interrotti: «So! Nun! Ja! Soalso!». Indossava l'abito di cerimonia: cravatta bianca, e lunga redingoteda pastore con alcune decorazioni.

    L'apertura del concilio fu imponente. Per due terzidell'immenso tempio consacrato «all'unione di tutti i culti» erano dispostepanche e altri sedili per i membridel concilio, l'altro terzo era occupato daun alto palco, dove oltre al trono dell'imperatore e ad un altro un po' piùbasso destinato al gran mago - egli era infatti cardinale cancelliere imperiale- si trovavano più indietro file di poltrone riservate ai ministri, aidignitari di corte e ai segretari di Stato. Ai lati c'erano ancor più lunghefile di poltrone di cui non si conosceva la destinazione. Nelle tribune sitrovavano delle orchestre di musicanti e nella piazza vicina erano schierati duereggimenti della guardia e una batteria per le salve d'onore. I membri delconcilio avevano già celebrato i loro servizi divini nelle varie chiese inquanto l'apertura del concilio doveva avere un carattere completamente laico.Quando l'imperatore fece il suo ingresso insieme al gran mago ed al seguito, el'orchestra attaccò "la marcia dall'umanità unita" cheserviva da inno imperiale e internazionale, tutti i membri del concilio sialzarono in piedi e agitando i loro cappelli gridarono tre volte a gran voce: «Vivat! Urrah! Hoch!». L'imperatore, ritto in piedi accanto al trono, teseil braccio con maestosa affabilità e disse con voce sonora e gradevole: «Cristianidi tutte le confessioni! Miei amatissimi sudditi e fratelli! Fin dagli inizi delmio regno, che l'Altissimo ha benedetto con opere così meravigliose e gloriose,non una volta ho avuto motivo di essere scontento di voi; voi avete sempre fattoil vostro dovere secondo fede e coscienza. Ma questo per me non basta. Ilsincero amore ch'io provo per voi, fratelli amatissimi, anela di esserericambiato. Voglio che non per senso di dovere, ma per un sentimento di amoreche viene dal cuore, voi mi riconosciate per vostro vero capo, in ogni azioneintrapresa per il bene dell'umanità. E così oltre alle cose che faccio pertutti, vorrei darvi un segno di particolare benevolenza. Cristiani, come potreiio rendervi felici? Che posso darvi non come miei sudditi, ma come mieicorreligionari, miei fratelli? Cristiani! Ditemi ciò che vi sta più a cuorenel cristianesimo affinché io possa dirigere i miei sforzi in questa direzione».Egli si arrestò ed attese. Nel tempio correva un brusio soffocato. I mèmbridel concilio bisbigliavano tra loro. Papa Pietro, gesticolando con calore,spiegava qualcosa a quelli che gli stavano attorno. Il professor Pauli scuotevala testa e faceva schioccare le labbra con accanimento. Lo starets Giovanni,piegandosi verso un vescovo d'Oriente e un cappuccino, suggeriva loro qualcosacon voce sommessa. Dopo aver atteso qualche minuto, l'imperatore si rivolse dinuovo al concilio con lo stesso tono affabile di prima, ma in cui risonavaappena un'impercettibile nota di ironia: «Cari cristiani, disse, comprendo comevi riesca difficile darmi una risposta diretta. Voglio darvi una mano.Disgraziatamente da tempo così immemorabile voi vi siete frazionati in sette epartiti diversi che forse tra voi non c'è nemmeno un argomento che susciti lavostra comune simpatia. Ma se non siete capaci di mettervi d'accordo tra voi,spero di mettere d'accordo io tutte le parti, dimostrando a tutti il medesimoamore e la medesima sollecitudine per soddisfare la vera aspirazione diciascuno. Cari cristiani! So che molti fra voi, e non gli ultimi, hanno piùcaro di tutto nel cristianesimo quell'autorità spirituale che esso da ai suoilegittimi rappresentanti e non per loro particolare vantaggio, ma senza dubbioper il bene comune, poiché su questa autorità si basa il giusto ordinespirituale, nonché la disciplina morale, indispensabile per tutti. Carifratelli cattolici! Oh, come capisco il vostro modo di vedere e come vorreiappoggiare la mia potenza sull'autorità del vostro capo spirituale! E perchénon crediate che si tratti di lusinghe e di vane parole, noi dichiariamosolennemente: per nostra autocratica volontà, il vescovo supremo di tutti icattolici, il papa romano, da questo momento è reintegrato nel suo seggio diRoma, con tutti i diritti e le prerogative di un tempo, inerenti a questacondizione e a questa cattedra e che un giorno gli furono conferiti dai nostripredecessori a cominciare da Costantino il Grande. Ma per questo, fratellicattolici, voglio soltanto che dall'intimo del cuore riconosciate in me ilvostro unico difensore ed unico protettore. Coloro che per coscienza esentimento mi riconoscono tale vengano qui vicino a me». E indicava i postivuoti sul palco. Con esclamazioni di gioia - «Gratias agimus! Domine!Salvum fac magnum imperatorem» - quasi tutti i principi della Chiesacattolica, cardinali e vescovi, la maggior parte dei credenti laici e più dellametà dei monaci salirono sul palco e dopo essersi profondamente inchinatidavanti all'imperatore, andarono ad occupare le poltrone loro destinate. Ma giù,in mezzo all'assemblea, diritto e immobile come una statua di marmo, il papaPietro II rimase al suo posto. Tutti coloro che prima gli stavano intorno ora sitrovavano sul palco. Allora la schiera ormai diradata dei monaci e dei laici,che era rimasta in basso, si spostò e si strinse attorno a lui in un anelloserrato da cui si udiva un mormorio contenuto: «Non praevalebunt, nonpraevalebunt portae inferi».
    Guardando con sorpresa il papa immobile, l'imperatore alzò di nuovo la voce: «Carifratelli! So che fra voi ci sono di quelli per i quali le cose più preziose delcristianesimo sono la sua santa tradizione, i vecchi simboli, i cantici e lepreghiere antiche, le icone e le cerimonie del culto. E in realtà che cosa vipuò essere di più prezioso di questo per un'anima religiosa? Sappiate dunque,miei diletti, che oggi ho firmato lo statuto e fissata la dotazione di larghimezzi per il museo universale dell'archeologia cristiana che verrà fondatonella nostra gloriosa città imperiale di Costantinopoli, con lo scopo diraccogliere, studiare e conservare tutti i monumenti dell'antichitàecclesiastica, principalmente quelli della Chiesa orientale; vi prego poi chedomani eleggiate fra voi una commissione con l'incarico di studiare con me lemisure da prendere per riavvicinare, quanto più possibile, i costumi e leusanze della vita attuale, alla tradizione e alle istituzioni della Santa ChiesaOrtodossa! Fratelli ortodossi! quelli che hanno in cuore questa mia volontà,quelli che per intimo sentimento mi possono chiamare loro vero capo e signorevengano qui sopra». E la maggior parte dei prelati dell'Oriente e del Nord, lametà dei vecchi credenti e più della metà dei preti, dei monaci e dei laiciortodossi salirono sul palco e con grida di gioia, dando uno sguardo di sfuggitaai cattolici che già vi stavano assisi con aria di importanza. Ma lo staretsGiovanni non si mosse e diede un forte sospiro. E quando la folla attorno a luisi fu alquanto diradata, lasciò il suo banco e andò a sedersi vicino a papaPietro e al suo gruppo. Dietro di lui si avviarono anche tutti gli altriortodossi che non erano saliti sul palco. L'imperatore prese di nuovo a parlare:«Mi sono noti fra voi, cari cristiani, anche coloro che nel cristianesimoapprezzano più di tutto la personale sicurezza in fatto di verità e la liberaricerca riguardo alla Scrittura. Non occorre che mi diffonda su quello che nepenso io. Voi sapete forse che fin dalla mia prima giovinezza ho scritto sullacritica biblica una voluminosa opera, che a quel tempo ha fatto un certo rumoree ha dato inizio alla mia notorietà. Ed ecco che probabilmente in ricordo diquesto fatto l'università di Tubinga in questi giorni mi ha rivolto larichiesta di accettare la sua laurea ad honorem di dottore in teologia. Hoordinato di rispondere che accettavo con gioia e gratitudine. E oggi, insieme aldecreto per la fondazione del museo d'archeologia cristiana, ho firmato quelloper la creazione di un istituto universale per la libera ricerca sulla SacraScrittura in tutte le sue parti e da tutti i punti di vista, nonché per lostudio di tutte le scienze ausiliarie, con un bilancio annuale di un milione emezzo di marchi. Quelli di voi che hanno a cuore queste mie sincere disposizionie che con puro sentimento possono riconoscermi per loro capo sovrano, li pregodi venire qui, accanto al nuovo dottore in teologia». E le belle labbra delgrande uomo si allungarono lievemente in uno strano sorriso. Più della metàdei sapienti teologi si mosse verso il palco, sia pure con qualche indugio equalche esitazione. Tutti volsero lo sguardo verso il professor Pauli che parevaabbarbicato al suo seggio. Egli abbassava profondamente il capo, curvandosi econtraendosi. I sapienti teologi che erano saliti sul palco rimasero confusi,anzi uno di essi a un tratto agitò il braccio e saltò giù direttamente inbasso accanto alla scala e, zoppicando un po', corse a raggiungere il professorPauli e la minoranza rimasta con lui. Pauli sollevò il capo, si alzò con unmovimento un po' indeciso, si diresse verso i banchi rimasti vuoti e,accompagnato dai suoi correligionari che avevano tenuto fermo, venne con essi asedersi accanto allo starets Giovanni, al papa Pietro e ai loro gruppi.

    La grande maggioranza dei membridel concilio sitrovava sul palco, ivi compresa quasi tutta la gerarchia dell'Oriente edell'Occidente. In basso erano rimasti soltanto tre gruppi di uomini che sierano avvicinati gli uni agli altri e che si stringevano accanto allo staretsGiovanni, al papa Pietro e al professor Pauli.

    Con accento di tristezza, l'imperatore si rivolse aloro dicendo:«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete dame? Io non lo so. Ditemelo dunque voi stessi, o cristiani abbandonati dallamaggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; checosa avete di più caro nel cristianesimo?». Allora simile a un cero candido sialzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: «Grande sovrano!Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. LuiStesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimoracorporalmente tutta la pienezza della Divinità. Da te, o sovrano, noi siamopronti a ricevere ogni bene, ma soltanto se nella tua mano generosa noi possiamoriconoscere la santa mano di Cristo. E alla tua domanda che puoi tu fare pernoi, eccoti la nostra precisa risposta: confessa, qui ora davanti a noi, GesùCristo Figlio di Dio che si è incarnato, che è resuscitato e che verrà dinuovo; confessalo e noi ti accoglieremo con amore, come il vero precursore delsuo secondo glorioso avvento». Egli tacque e piantò lo sguardo nel voltodell'imperatore. In costui avveniva qualche cosa di tremendo. Nel suo intimo sistava scatenando una tempesta infernale, simile a quella che aveva provato nellanotte fatale. Aveva perduto interamente il suo equilibrio interiore e tutti isuoi pensieri si concentravano nel tentativo di non perdere la padronanza di sestesso anche nelle apparenze esteriori e di non svelare se stesso prima deltempo. Fece degli sforzi sovrumani per non gettarsi con urla selvagge sull'uomoche gli aveva parlato e sbranarlo coi denti. A un tratto sentì la voceultraterrena a lui ben nota che gli diceva: "Taci e non temere nulla".Egli rimase in silenzio. Pero il suo volto, rabbuiato e col pallore della morte,era divenuto convulso, mentre i suoi occhi sprizzavano scintille. Frattantodurante il discorso dello starets Giovanni il gran mago che stava sedutotutto ravvolto nel suo ampio mantello tricolore che ne nascondeva la porporacardinalizia, sembrava occupato a compiere sotto di esso arcane manipolazioni, isuoi occhi dallo sguardo concentrato scintillavano e le sue labbra si movevano.Dalle finestre aperte del tempio si scorgeva avvicinarsi un'enorme nuvola nera.Lo starets Giovanni che non staccava i suoi occhi sbigottiti e spaventatidal volto dell'imperatore rimasto ammutolito a un tratto diede un sussulto perlo spavento e voltandosi indietro gridò con voce strozzata: «Figlioli, èl'Anticristo!». Nel tempio scoppiò un tremendo colpo di tuono esimultaneamente si vide saettare una folgore enorme a forma di cerchio cheavviluppò il vegliardo. Per un istante tutti rimasero come annichiliti e quandoi cristiani si furono ripresi dallo stordimento, lo starets Giovannigiaceva a terra cadavere.

    L'imperatore, pallido ma calmo, si rivolseall'assemblea dicendo: «Voi avete veduto il giudizio di Dio. Io non volevo lamorte di alcuno, ma il mio Padre celeste vendica il suo figlio prediletto. Laquestione è risolta. Chi oserà contestare i voleri dell'Altissimo? Segretari!Scrivete: il concilio ecumenico di tutti i cristiani, dopo che il fuoco venutodal cielo ebbe folgorato un insensato avversario della maestà divina, riconosceall'unanimità il regnante imperatore di Roma, come suo capo e supremo sovrano».

    A un tratto una parola squillante e distinta si propagòper il tempio: «Contradicitur». Il papa Pietro II si alzò in piedi ecol volto imporporato, tutto tremante di collera, sollevò il pastorale indirezione dell'imperatore: «Nostro unico Sovrano è Gesù Cristo, il Figlio delDio vivente. Ma ciò che tu sei l'hai sentito. Vattene da noi Caino fratricida!Via da noi, vaso del demonio! Per l'autorità di Cristo, io, servo dei servi diDio, ti scaccio per sempre dal recinto divino, cane schifoso, e ti consegno alpadre tuo, Satana! Anatema, anatema, anatema!».

    Mentre egli parlava, il gran mago si agitava inquietosotto il suo mantello: più fragoroso dell'ultimo anatema rimbombò un colpo dituono e l'ultimo papa cadde a terra inanimato. «Così per mano del padre mioperiscono i miei nemici», disse l'imperatore. «Pereant, pereant!», simisero a gridare tremanti i principi della Chiesa. Egli si volse e,appoggiandosi alla spalla del gran mago uscì lentamente dalla porta che stavadietro il palco, accompagnato dalla folla dei suoi seguaci. Nel tempio eranrimasti i due cadaveri e un cerchio ristretto di cristiani mezzo morti dallapaura. L'unico che non aveva perduto il suo sangue freddo era il professor Pauli.Il terrore generale pareva stimolare tutte le forze del suo spirito.

    Era mutato anche nel suo aspetto esteriore e avevaassunto un'aria maestosa e ispirata. Con passo risoluto, salì sul palco e,sedutosi su uno dei seggi lasciati liberi dai segretari di stato, prese unfoglio di carta e si mise a scrivere. Quando ebbe terminato, si alzò in piedi ea voce alta lesse: «Alla gloria del nostro unico Salvatore Gesù Cristo. Ilconcilio ecumenico delle chiese di Dio, riunito a Gerusalemme, poiché il nostrobeatissimo fratello Giovanni, rappresentante della cristianità orientale, haconvinto il grande impostore e nemico di Dio di essere l'autentico Anticristo,predetto dalla Sacra Scrittura e poiché il nostro beatissimo padre Pietro,rappresentante della cristianità occidentale, con la scomunica lo ha secondolegge e giustizia scacciato per sempre dalla Chiesa di Dio oggi davanti ai corpidi questi due martiri della verità, testimoni di Cristo, delibera: di rompereogni rapporto con lo scomunicato e la sua esecrabile accozzaglia, di ritirarsinel deserto e attendere l'immancabile venuta del nostro vero sovrano GesùCristo» Una grande animazione s'impadronì della folla ed echeggiarono vocipossenti che dicevano: «Adveniat, adveniat cito! Komm, Herr Jesu, komm!».

    Il professor Pauli aggiunse ancora un poscritto e poilesse. «Approvando all'unanimità questo primo ed ultimo atto dell'ultimoconcilio ecumenico, apponiamo le nostre firme» e fece un gesto d'invitoall'assemblea. Tutti si affrettarono a salire sul palco e a firmare. Alla finelui pure firmò a grossi caratteri gotici: Duorum defunctorum testium locumtenens Ernst Pauli. «Ora andiamocene con la nostra arca dell'alleanzadell'ultimo Testamento! », disse indicando i due cadaveri.

    I corpi furono issati su barelle. Lentamente al cantodi inni in latino in tedesco e in slavonico ecclesiastico, i cristiani siavviarono alla porta di Haram-es-Scerif. Qui il corteo fu fermato da un messodell'imperatore, un segretario di stato, accompagnato da un ufficiale con unplotone della guardia. I soldati si schierarono presso la porta e da un podio ilsegretario di stato lesse quanto segue: «Ordine di sua maestà divina: peristruire il popolo cristiano e metterlo in guardia contro uomini malintenzionatifomentatori di discordie e di scandali, abbiamo ritenuto opportuno disporre chei corpi dei due sediziosi, uccisi dal fuoco del cielo, siano esposti in pubbliconella strada dei Cristiani (Haret-en-Nazàra) vicino alla porta principale deltempio di questa religione chiamata Santo Sepolcro o altrimenti Resurrezione,perché tutti possano persuadersi della realtà della loro morte.

    I loro ostinati partigiani, poiché malignamenterespingono ogni nostro beneficio e da insensati chiudono gli occhi davanti alleevidenti manifestazioni della Divinità stessa, grazie alla nostra misericordiae alla nostra intercessione presso il Padre celeste, sono esenti dalla pena dimorte, mediante il fuoco del cielo, che si sono meritata e rimangono in completalibertà, con l'unica proibizione per il bene comune, di abitare nelle città enegli altri luoghi popolati affinché non possano sviare e sedurre con le loromalvagie invenzioni la gente ingenua e semplice». Quando ebbe finito, ottosoldati a un cenno dell'ufficiale si avvicinarono alle barelle dove giacevano icorpi.

    «Si compia ciò che è scritto», disse il professorPauli, e i cristiani che portavano le barelle le cedettero senza una parola aisoldati i quali si allontanarono dalla porta di nord-ovest; dal canto loro icristiani, uscendo dalla porta di nord-est, si diressero rapidamente dalla cittàverso Gerico, passando accanto al monte degli Ulivi, per la strada che igendarmi e due reggimenti di cavalleria avevano in precedenza sgombrato dallafolla del popolo. Essi decisero di aspettare alcuni giorni, sulle collinedeserte vicino a Gerico. L'indomani mattina giunsero da Gerusalemme deipellegrini cristiani loro amici e raccontarono ciò che era accaduto a Sion.Dopo il pranzo di corte, tutti i membridel concilio erano stati convocatinell'immensa sala del trono (dove si supponeva sorgesse il trono di Salomone) el'imperatore, rivolgendosi ai rappresentanti della gerarchia cattolica, avevadichiarato che il bene della Chiesa esigeva da essi l'immediata elezione di undegno successore dell'apostolo Pietro, ma che nelle presenti circostanze ditempo l'elezione doveva avvenire con procedura sommaria. La presenza di lui,l'imperatore, capo e rappresentante di tutto il mondo cristiano, valevalargamente a compensare l'omissione delle formalità rituali, e che in nome ditutti i cristiani, egli proponeva al Sacro Collegio di eleggere il suo dilettoamico e fratello Apollonio, affinché lo stretto legame esistente fra lororendesse duratura e indissolubile l'unione della Chiesa con lo Stato per il benecomune. Il Sacro Collegio si ritirò in una camera particolare per il conclave edopo un'ora e mezzo ritornò col nuovo papa Apollonio. Frattanto mentre siprocedeva all'elezione, l'imperatore con parole piene di dolcezza, saggezza edeloquenza, cercava di persuadere i rappresentanti degli ortodossi e deglievangelici a mettere fine ai vecchi dissidi in vista di una nuova grande epocastorica del cristianesimo, rendendosi garante con la sua parola che Apollonioavrebbe saputo abolire una volta per sempre gli abusi storici del potere papale.Convinti da queste sue parole, i rappresentanti dell'ortodossia e delprotestantesimo avevano steso l'atto di unione delle Chiese e quando Apolloniocomparve nella sala con i cardinali tra le grida di giubilo di tuttal'assemblea, un vescovo greco e un pastore evangelico gli presentarono il lorodocumento. «Accipio et approbo et laetificatur cor meum», disseApollonio apponendo la sua firma. «Io sono del pari un vero ortodosso e un veroevangelico, come sono un vero cattolico» - aggiunse egli, scambiando unamichevole abbraccio col Greco e col Tedesco. Poi si avvicinò all'imperatore,il quale lo abbracciò e lo tenne a lungo tra le braccia. In quel momento deipuntini luminosi cominciarono a volteggiare in tutte le direzioni nel palazzo enel tempio; essi ingrandirono e si mutarono in ombre luminose di esseri strani;fiori mai veduti sulla terra cadevano dall'alto, riempiendo l'aria di un profumoarcano. Si diffondevano dall'alto deliziosi suoni di strumenti musicali finoallora sconosciuti che andavan dritto all'anima e afferravano il cuore, mentrevoci angeliche di invisibili cantori glorificavano i nuovi sovrani del cielo edella terra. Frattanto uno spaventoso rumore sotterraneo echeggiava nell'angolonord-ovest del palazzo centrale, sotto il kubbet-el-aruach vale a diresotto la cupola delle anime, dove secondo la tradizione musulmana, si troval'entrata dell'inferno. Quando gli astanti, su invito dell'imperatore, simossero verso quella parte, tutti intesero chiaramente innumerevoli voci acute epenetranti - mezzo fanciullesche e mezzo diaboliche - che esclamavano: «Ègiunta l'ora, liberateci o salvatori, o salvatori!». Ma quando Apolloniostringendosi verso la rupe, per tre volte gridò verso il basso qualcosa in unalingua sconosciuta, le voci tacquero e il rumore s'interruppe. Frattanto unafolla immensa di popolo proveniente da tutte le parti, aveva circondatoHaram-es-Scerif. Al calar della notte l'imperatore, col nuovo papa, aveva fattola sua apparizione sulla gradinata orientale, sollevando «una tempesta dientusiasmo». Egli salutò affabilmente in tutte le direzioni, mentre Apolloniotraeva da grandi canestri, postigli innanzi dai cardinali segretari, e lanciavain aria senza interruzione magnifiche candele romane, razzi e fontane di fuocoche accendendosi al tocco delle sue mani si trasformavano in perle fosforescentie in luminosi arcobaleni; tutto questo toccando terra si mutava in innumerevolifogli di carta di vari colori, con indulgenze plenarie senza condizioni pertutti i peccati passati, presenti e futuri. L'esultanza popolare sorpassò ognilimite. A dire il vero alcuni affermavano di aver visti coi propri occhi queifogli d'indulgenza trasformarsi in rospi e serpenti estremamente schifosi.Nondimeno l'enorme maggioranza della gente andava in visibilio e la festapopolare si protrasse ancora alcuni giorni; durante questo tempo il nuovopapa-taumaturgo arrivò a compiere dei prodigi così sbalorditivi e incredibiliche sarebbe del tutto inutile darne una narrazione. Nello stesso tempo sullealture deserte di Gerico i cristiani si dedicavano al digiuno e alla preghiera.La sera del quarto giorno sull'imbrunire, il professor Pauli e nove compagni,cavalcando degli asini e trainando una carretta, penetrarono in Gerusalemme;passando per vie traverse, vicino a Haram-es-Scerif, sboccarono a Haret-en-Nazàrae raggiunsero l'entrata del tempio della Resurrezione, dove sul pavimentogiacevano i corpi di papa Pietro e dello starets Giovanni. A quell'ora lavia era deserta: tutta la città al completo si era riversata a Haram-es-Scerif.I soldati di guardia erano immersi in un sonno profondo. I nuovi arrivatitrovarono che i corpi non erano stati toccati dal processo di decomposizione eaddirittura non erano diventati rigidi e grevi. Li issarono su barelle, liricoprirono con mantelli che avevano E portato con sé e, percorrendo le stessevie traverse, ritornarono dai loro fratelli, ma non appena ebbero posate a terrale barelle lo spirito della vita rientrò nei due morti. Essi si agitarono,cercando di sbarazzarsi dei mantelli che li avviluppavano. Tutti presero adaiutarli con grida di gioia e ben presto i due resuscitati si alzarono in piedisani e salvi. E il redivivo starets Giovanni prese così a parlare: «Eccodunque, figlioli miei, che noi non ci siamo lasciati. Ed ecco ciò che vi diròadesso: l'ora è giunta che si adempia l'ultima preghiera di Cristo per i suoidiscepoli: che essi siano uno, come Lui stesso col Padre è uno. Così perquesta unità in Cristo, figlioli miei, veneriamo il nostro carissimo fratelloPietro. Gli sia concesso finalmente di pascere le pecore di Cristo. Proprio così,fratello! ». Ed egli abbracciò Pietro. A questo punto si avvicinò ilprofessor Pauli: «Tu es Petrus!» - disse rivolto al papa -. «Jetztist es ja gründlich erwiesen und ausser jeden Zweifel gesetzt». Gli strinseforte la mano con la destra, mentre tendeva la sinistra allo staretsGiovanni, dicendogli: «So also, Väterchen, nun sind wir ja Eins in Christo».Così si compì l'unione delle Chiese nel cuore di una notte oscura, suun'altura solitaria. Ma l'oscurità della notte venne a un tratto squarciata daun vivido splendore e in cielo apparve il grande segno: una donna vestita disole, con la luna sotto i piedi e sul capo una corona di dodici stelle.L'apparizione restò per qualche tempo immobile, poi si mosse lentamente versosud. Il papa Pietro alzando il pastorale, esclamò: «Ecco la nostra insegna!Andiamo sulle sue orme!». Ed egli si incamminò nella direzione indicatadall'apparizione insieme ai due vegliardi e a tutta la folla dei cristiani,verso il monte di Dio, verso il Sinai...

    (A questo punto il lettore si ferma).

    La Dama. Perché dunque non continuate?

    Il Signor Z. Il manoscritto non va più avanti.Il padre Pansofio non ha potuto portare a termine il suo racconto. Già ammalatomi narrava ciò che aveva in mente di scrivere in seguito - «non appena saròguarito» - diceva. Ma non guarì e la parte finale del suo racconto èsepolta con lui nel monastero di Danilovo.

    La Dama. Ma voi ricorderete certamente quelloche vi ha narrato: raccontatecelo dunque.

    Il Signor Z. Ne ricordo soltanto i trattiprincipali. Dopo che i capi spirituali e i rappresentanti della cristianità sifurono ritirati nel deserto dell'Arabia, dove da ogni parte affluirono a lorofolle di fedeli zelatori della verità, il nuovo papa poté senza alcun ostacolocorrompere, attraverso i suoi prodigi e miracoli, tutto il resto dei cristianisuperficiali che non si erano ricreduti circa l'Anticristo. Egli dichiarò che,con la potenza delle sue chiavi, aveva aperto le porte fra il mondo terrestre equello d'oltretomba e in effetti divenne un fenomeno abituale la comunicazionedei vivi coi morti e anche degli uomini coi demoni; inoltre si svilupparononuove forme inaudite di orgia mistica e di demonolatria. Ma non appenal'imperatore cominciò a credere di essere saldamente sistemato in camporeligioso e dopo che sotto la pressante suggestione della misteriosa voce «paterna»ebbe a dichiararsi unica e vera incarnazione della divinità suprema universale,gli capitò una disgrazia nuova da parte di chi nessuno si sarebbe aspettato: sierano ribellati gli Ebrei. Questo popolo, il cui numero aveva raggiunto a queltempo i trenta milioni di individui, non era del tutto estraneo allapreparazione e all'affermazione dei successi universali del superuomo. Quando siera trasferito a Gerusalemme, aveva fatto segretamente correre la voce neicircoli ebraici che il suo obiettivo principale era di stabilire il dominio diIsraele su tutto il mondo; e allora gli Ebrei lo avevano riconosciuto come ilMessia e la loro entusiastica dedizione per lui non ebbe limiti. All'improvvisosi erano ribellati spirando collera e vendetta. Questo brusco voltafaccia, senzadubbio predetto e dalla Scrittura e dalla tradizione, è presentato da padrePansofio forse con eccessiva semplicità e soverchio realismo. Il fatto si èche gli Ebrei, i quali ritenevano l'imperatore come un perfetto israelita perrazza, avevano scoperto per caso che egli non era nemmeno circonciso. Quellostesso giorno a Gerusalemme e l'indomani in tutta la Palestina scoppiò larivolta. La dedizione ardente e senza limiti verso il salvatore di Israele e ilMessia annunciato si tramutò in un odio altrettanto ardente e senza limiti neiconfronti dell'astuto truffatore e dello sfrontato impostore. Tutto l'ebraismosi sollevò come un solo uomo e i suoi nemici scopersero con sorpresa chel'anima di Israele nel suo fondo non vive di calcoli e delle bramosie diMammona, ma della forza di un sentimento sincero, nella speranza ed il corrucciodella sua eterna fede messianica. L'imperatore che non si aspettava una simileesplosione così all'improvviso, perdette la padronanza di se stesso ed emanòun decreto che condannava a | morte tutti i ribelli ebrei e cristiani. Moltemigliaia e decine di migliaia di uomini che non avevano fatto in tempo adarmarsi, furono spietatamente massacrati. Ma ben presto un esercito di unmilione di Ebrei si impadronì di Gerusalemme e costrinse l'Anticristo arinchiudersi in Haram-es-Scerif.

    Questi non aveva a sua disposizione che una parte dellaguardia e non poteva spuntarla contro la massa dei nemici. Mediante le artimagiche del suo papa, l'imperatore riuscì a filtrare attraverso le linee degliassedianti e ben presto egli ricomparve in Siria, alla testa di uno sterminatoesercito di pagani di varie razze. Gli Ebrei, anche se le probabilità divittoria erano scarse, gli mossero incontro. Ma non appena le avanguardie deidue eserciti ebbero iniziato il combattimento, ecco che si produsse un terremotodi inaudita violenza; sotto il Mar Morto, presso il quale si erano schierate letruppe imperiali, si aperse il cratere di un enorme vulcano e torrenti di fuoco,fusi insieme in un lago di fiamme, inghiottirono lo stesso imperatore, tutte lesue innumerevoli schiere ed il suo inseparabile compagno, il papa Apollonio, cuila magia non recò alcun soccorso. Frattanto gli Ebrei corsero a Gerusalemme,spaventati e tremanti, invocando la salvezza del Dio di Israele. Quando la santacittà apparve ai loro occhi, un grande baleno squarciò il cielo da oriente aoccidente ed essi videro il Cristo che scendeva loro incontro, in veste regale,con le piaghe dei chiodi sulle mani distese. Intanto dal Sinai si mosse versoSion la folla dei cristiani guidati da Pietro, Giovanni e Paolo, mentre da altreparti accorrevano altre folle entusiaste: erano tutti gli Ebrei e tutti icristiani mandati a morte dall'Anticristo. Erano risuscitati e si accingevano avivere con Cristo per mille anni.

    È con questa visione che il padre Pansofio volevafinire il suo racconto che aveva per soggetto non già la catastrofedell'universo, ma soltanto la conclusione della nostra evoluzione storica:l'apparizione, l'apoteosi e la rovina dell'Anticristo.

    L'Uomo Politico. E voi pensate che questaconclusione sia tanto prossima?

    Il Signor Z. Be', sulla scena vi saranno ancoramolte chiacchiere e vanità, ma il dramma è già stato scritto interamente daun pezzo sino alla fine e non è permesso né agli spettatori né agli attori diapportarvi alcun mutamento.

    La Dama. Ma in definitiva quale è il senso diquesto dramma? Non capisco infatti perché il vostro Anticristo nutra tanto odioverso Dio, mentre in fondo è buono e non cattivo!

    Il Signor Z. Il fatto è che m fondo non èbuono. E in questo sta tutto il senso del dramma. Io ritiro le parole che hodetto in precedenza e cioè «che l'Anticristo non si spiega coi soli proverbi».Per spiegarlo integralmente basta un solo proverbio e per di più di un'estremasemplicità: «Non è tutto oro ciò che luccica». Lo splendore di unbene artefatto non ha nessuna forza.

    Il Generale. Vogliate però notare su quale eventocala il sipario di questo dramma storico: sulla guerra, sullo scontro di dueeserciti! Ed ecco che il termine del nostro colloquio si è rifatto all'inizio.Che ve ne pare principe?... Santi del cielo! ma dov'è il principe?

    L'Uomo Politico. Ma non avete osservato? Se n'èandato alla chetichella nel momento patetico, quando lo starets Giovannimetteva l'Anticristo con le spalle al muro. Allora non ho voluto interrompere ilracconto e in seguito mi è passato di mente.

    Il Generale. Quanto è vero Iddio è scappatoper la seconda volta. Ha saputo dominarsi. Però non ha saputo resistere. Ah,Dio mio!

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  88. Ronald REAGAN
    L'Impero del Male

    Discorso tenuto di fronte all'Associazione degli Evangelici a Orlando, Florida, 8.3.1983.
    Traduzione di Paolo Zanetto


    [...] Durante la mia prima conferenza stampa come Presidente, rispondendo ad una domanda diretta, ho sottolineato che, da buoni marxisti-leninisti, i leader sovietici hanno apertamente e pubblicamente dichiarato che l'unica moralità che riconoscono è quella che favorisce la loro causa, ovvero la rivoluzione mondiale. Credo di dover sottolineare che stavo citando Lenin, il loro spirito guida, che ha detto nel 1920 di ripudiare ogni moralità che riguardi idee soprannaturali o idee al di fuori della concezione di classe; la moralità è completamente subordinata agli interessi della lotta di classe; e tutto è morale se è necessario per l'annientamento del vecchio ordine sociale sfruttatore e per unire il proletariato.

    Credo che il rifiuto da parte di molte persone influenti di accettare questo fatto elementare della dottrina sovietica illustri una riluttanza storica a vedere i poteri del totalitarismo per quello che sono. Abbiamo visto questo fenomeno negli anni trenta; lo vediamo sin troppo spesso oggi.

    Questo non significa che dobbiamo isolarci e rifiutare di cercare un'intesa con loro. Intendo fare tutto ciò che è in mio potere per persuaderli del nostro intento pacifico, per ricordare loro che è stato l'Occidente che ha rifiutato di utilizzare il suo monopolio nucleare negli anni quaranta e cinquanta per un vantaggio territoriale, e che ora propone un taglio del 50 percento nei missili balistici strategici e l'eliminazione di un'intera classe di missili nucleari di terra a raggio intermedio.

    Allo stesso tempo, tuttavia, essi devono comprendere che non scenderemo mai a compromessi sui nostri principi e modelli. Non abbandoneremo mai la nostra libertà. Non abbandoneremo mai la nostra fede in Dio. E non smetteremo mai di cercare una vera pace. Ma non possiamo assicurare nessuna di queste cose per le quali si batte l'America attraverso le cosiddette soluzioni di congelamento della corsa al nucleare proposte da qualcuno.

    La verità è che un congelamento oggi sarebbe una frode molto pericolosa, poiché porterebbe solo l'illusione della pace. La realtà è che dobbiamo trovare la pace attraverso la forza.

    Sarei d'accordo con il congelamento se solo potessimo congelare le aspirazioni globali dei sovietici. Un congelamento al livello attuale delle armi toglierebbe ai sovietici ogni incentivo a negoziare seriamente a Ginevra e metterebbe praticamente fine alle nostre possibilità di ottenere la grande riduzione di armi che abbiamo proposto. Al contrario, loro arriverebbero al loro obiettivo grazie a un congelamento.

    Un congelamento sarebbe una ricompensa all'Unione Sovietica per la sua propaganda militare, enorme e senza precedenti. Impedirebbe l'essenziale modernizzazione della difesa degli Stati Uniti e degli alleati, da tanto tempo attesa, e farebbe diventare le nostre forze in fase di invecchiamento sempre più vulnerabili. E un congelamento effettivo richiederebbe enormi negoziati preliminari sui sistemi e i numeri da limitare e sulle misure da assicurare per un'efficace verifica e rispetto. E il tipo di congelamento che è stato proposto sarebbe praticamente impossibile da verificare. Uno sforzo tanto grande ci distoglierebbe completamente dai nostri attuali negoziati per ottenere riduzioni sostanziali.

    Parecchi anni fa ho sentito un giovane padre, un giovane molto importante nel mondo dello spettacolo, rivolgersi a una grande folla in California. E' stato durante il periodo della guerra fredda, e il comunismo e il nostro stile di vita erano al centro dei pensieri della gente. Il giovane parlava proprio di questo. E all'improvviso l'ho sentito dire: "Amo le mie bambine più di ogni altra cosa". E io mi sono detto, "Oh, no, non farlo. Non puoi - non devi dirlo". Ma l'avevo sottostimato. Ha proseguito dicendo: "Preferirei vedere le mie bambine morire oggi, continuando a credere in Dio, piuttosto che farle crescere sotto il comunismo e farle morire un giorno senza più credere in Dio".

    C'erano centinaia di giovani in quella folla. Si sono alzati in piedi con urla di gioia. Hanno subito capito la profonda verità in quello che il giovane diceva, riguardo al corpo, alla mente e a ciò che importa veramente.

    Sì, preghiamo per la salvezza di tutti coloro i quali vivono nel buio totalitario, preghiamo che scoprano la gioia di conoscere Dio. Ma finché è così, dobbiamo essere consci che mentre essi predicano la supremazia dello Stato, dichiarano la sua onnipotenza sopra l'individuo umano, e predicano il suo definitivo dominio su tutte le persone della terra, essi sono il centro del male nel mondo moderno.

    E' stato C. S. Lewis che, nelle sue indimenticabili "Lettere", ha scritto: "il più grande male oggi non è in quei sordidi ‘covi del crimine' che Dickens amava dipingere. Non è nemmeno nei campi di concentramento. In quelli vediamo il suo risultato finale. Il male è generato e organizzato (spinto, assecondato, eseguito, ufficializzato) in lucenti, tappezzati, riscaldati e ben illuminati uffici, da parte di uomini con i colletti bianchi, le unghie tagliate e le guance rasate, che non hanno bisogno di alzare la voce".

    Poiché questi uomini non "alzano la voce", poiché talvolta parlano con pacati toni di fratellanza e pace, poiché, come altri dittatori prima di loro, fanno sempre la loro ultima rivendicazione territoriale, qualcuno vorrebbe che li accettassimo sulla parola e che andassimo incontro ai loro impulsi aggressivi. Ma, se la Storia insegna qualcosa, insegna che la pacificazione a cuor leggero o l'illusione riguardo ai nostri avversari è una follia; significa il tradimento del passato, lo sperpero della nostra libertà.

    Dunque vi esorto a parlar chiaro contro quelli che vorrebbero mettere gli Stati Uniti in una posizione di inferiorità militare e morale. [...] Così nelle vostre discussioni sulla proposta di sospensione della corsa al nucleare vi esorto a stare in guardia dalla tentazione dell'orgoglio, la tentazione superficiale di dichiararvi superiori a tutto ed etichettare entrambe le parti come egualmente colpevoli, di ignorare i fatti della Storia e gli impulsi aggressivi di un impero del male, di chiamare la corsa alle armi semplicemente un gigantesco fraintendimento e dunque sottrarre voi stessi alla lotta tra il giusto e l'ingiusto, tra il bene e il male.

    Vi chiedo di resistere alle tentazioni di quelli che avrebbero voluto che nascondeste il vostro sostegno agli sforzi di questa Amministrazione per mantenere l'America forte e libera, mentre stiamo negoziando una reale e concreta riduzione degli arsenali nucleari del mondo ed un giorno, con l'aiuto di Dio, la loro totale eliminazione.

    Posto che la forza militare dell'America è importante, lasciatemi aggiungere in questa occasione che ho sempre sostenuto che la lotta attualmente in atto nel mondo non sarà mai decisa dalle bombe o dai razzi, dagli eserciti o dal potere militare. La vera crisi che affrontiamo oggi è spirituale; alla radice, è una prova di volontà morale e di fede.

    Whittaker Chambers, l'uomo la cui conversione religiosa lo ha reso un testimone di uno dei terribili drammi del nostro tempo, il caso Hiss-Chambers, ha scritto che la crisi del mondo occidentale esiste in proporzione all'indifferenza dell'Occidente verso Dio, in proporzione alla collaborazione al tentativo comunista di far sì che l'uomo prosegua da solo senza Dio. E poi ha aggiunto che il marxismo-leninismo è in effetti la seconda fede più antica, proclamata per la prima volta nel Giardino dell'Eden con le parole della tentazione "e diventereste come Dio".

    Il mondo occidentale può rispondere a questa sfida, ha scritto, "ma solo a patto che la sua fede in Dio e la libertà di cui gode sia grande almeno quanto la fede del comunismo nell'uomo".

    Credo che dovremmo accettare questa sfida; credo che il comunismo sia un altro triste, stravagante capitolo nella Storia umana, le cui ultime pagine si stanno ancora scrivendo. Lo credo poiché l'origine della nostra forza nella battaglia per la libertà umana non è materiale ma spirituale, e, poiché non ha limiti, deve spaventare e infine trionfare su quelli che vorrebbero schiavizzare i loro uomini. Poiché, nelle parole di Isaia, "Egli dà forza allo stanco e moltiplica il vigore allo spossato. Ma quanti sperano nel Signore riacquistano forza, mettono ali come aquile, corrono senza affannarsi, camminano senza stancarsi".

    Sì, cambiate il vostro mondo. Uno dei nostri Padri Fondatori, Thomas Paine, ha detto: "E' nel nostro potere di far ricominciare il mondo daccapo". Possiamo farlo, possiamo fare insieme quello che nessuna chiesa può fare da sola.

    Dio vi benedica, e grazie molte.

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  89. Ronald REAGAN
    Meno tasse per tutti
    tratto da: Liberal, agosto-settembre 2004, p. 93-101.

    Reagan, governatore della California (dal 1967), commenta la sconfitta di un referendum mirante a introdurre un emendamento (la «Proposizione n. 1») alla Costituzione della California in grado di ridurre in modo definitivo la pressione fiscale sui cittadini. Il suo commento assume a tratti il carattere di una profezia rispetto a quanto Reagan farà poi una volta eletto presidente degli Usa (1980-1988)

    Articolo pubblicato su "National Review" con il titolo "Riflessioni sul fallimento della Proposizione n. 1", dicembre 1973
    Traduzione dall'inglese di Ignazio Cantoni


    I risultati delle elezioni di novembre dimostrano ancora una volta che il popolo statunitense si oppone fermamente alla filosofia dei controlli governativi sempre maggiori e delle imposte fiscali sempre più salate. Nello Stato di Washington, un aumento impopolare delle tasse che si voleva varare per via legislativa è stato annullato in modo schiacciante assieme alla proposta d'introdurre un'imposta statale sul reddito. [...] La diffusa ribellione dei contribuenti è risultata evidente anche in California, dove quasi tutte le questioni relative ai salari del personale delle scuole locali sono state sonoramente sconfitte. Una contea ha addirittura votato per ridurre di duemila dollari gli stipendi dei soprintendenti appunto di contea. Del resto, è questo genere di questioni riguardanti le tasse che fornisce ai cittadini l'unica opportunità d'influenzare direttamente la politica fiscale del governo e di protestare contro il devastante carico di tributi che pesa su di loro; e questa opportunità concreta i cittadini l'hanno sfruttata al massimo. Ora, l'unico quesito presente sulle schede referendarie dell'intero Stato della California è stato quello relativo alla Proposizione n. 1, un'iniziativa tesa a ridurre le imposte statali sul reddito del 7,5% per l'anno 1974. La Proposizione ha peraltro costituito l'opportunità storica di ridurre per sempre la fiscalità imposta dallo Stato della California ai propri cittadini, predisponendo un limite costituzionale sulla percentuale del reddito personale che lo Stato può incamerare attraverso le tasse. Eppure, nonostante quasi due milioni di persone si siano espresse a favore di essa, la Proposizione n. 1 è stata bocciata in ragione del 54% di voti contro il 46 in un confronto a cui ha partecipato circa il 45% degli aventi diritto.

    Perché? Perché la maggioranza dei votanti ha respinto questa storica occasione che le avrebbe consentito di ridurre la pressione fiscale di cui è gravata e come può, in considerazione del risultato, il sottoscritto o qualunque altra persona considerare la California uno di quegli Stati dell'Unione in cui le persone credono che la struttura complessiva del governo sia divenuta troppo grande e troppo costosa? La risposta a questa contraddizione apparente sta sia nei risultati della consultazione stessa sia nella campagna di distorsione e di falsificazione intrapresa contro la Proposizione n. 1 da un'opposizione ben finanziata e ben organizzata che ha evitato con ogni mezzo di discutere la questione centrale: vale a dire se oggi le tasse siano troppo alte e se il carico fiscale debba quindi essere ridotto. I quasi due milioni di cittadini che hanno votato a favore alla Proposizione n. 1 erano coscienti di votare contro l'aumento della pressione fiscale. Ironicamente, però, la maggior parte di chi ha votato negativamente ha creduto anch'essa di esprimere lo stesso parere. L'ultimo grande sondaggio di opinione relativo alla Proposizione n. 1, il Field poll, ha infatti rivelato che la maggioranza dei consensi inclinava verso il «no», ma ha pure indicato che il 69% di chi si è espresso contro di essa votava così credendo che tale proposta mirasse ad aumentare il loro carico fiscale. Benché pensata proprio per ridurre le tasse statali e locali, e per mantenerle definitivamente a livelli bassi, molti votanti sono caduti vittime della confusione generata da una serie di blitz televisivi e dalla campagna pubblicitaria a mezzo stampa orchestrata dall'opposizione. In un certo senso, la strategia referendaria dell'opposizione è stata la forma di tributo più sincera agli obiettivi che la Proposizione n. 1 si prefiggeva: la riduzione delle tasse. Dopo avere ripetuto alla gente che quella proposta avrebbe inibito la capacità di spesa del governo costringendolo in futuro a limitare i propri budget, e dopo avere fomentato i timori dei gruppi di pressione più disparati, l'opposizione ha dunque deciso d'impostare la propria campagna referendaria sulla falsa affermazione secondo cui la Proposizione avrebbe aumentato, non ridotto, le tasse. Del resto l'opposizione non ha osato schierarsi apertamente contro ciò che sapeva essere l'effetto ultimo della Proposizione n. 1, vale a dire l'imposizione di un limite realistico e realizzabile all'invadenza del governo atto a impedire che le tasse crescano più rapidamente dei redditi dei contribuenti. La sconfitta della Proposizione n. 1 non può però essere mutata in vittoria da chi prospetta aumenti fiscali e crescite illimitate degli apparati governativi. E' stata una vittoria della demagogia politica e un trionfo dell'accusa non suffragata dai fatti, convincente in un annuncio pubblicitario televisivo di trenta secondi ma in realtà latore più di confusione che d'informazione.

    E' un assioma della politica che quando le persone sono confuse a proposito di un tal problema, molte di esse voteranno contro. Ovvero, o sceglieranno lo status quo oppure non voteranno affatto. Il 6 novembre in California vi erano elettori sostanzialmente confusi circa gli effetti della Proposizione n. 1 in numero sufficiente a bocciare quello che probabilmente è stato lo sforzo maggiore profuso in questo secolo per ridimensionare in maniera ragionevole la magnitudo degli apparati governativi sul piano finanziario. Alcuni di loro hanno votato contro, altri sono rimasti semplicemente a casa. In California questo genere di cinismo potrebbe peraltro avere delle giustificazioni. Troppo spesso, nel passato, la gente si è sentita promettere sgravi fiscali o miglioramenti nell'efficienza degli apparti di governo, ma solo a condizione che si adottasse questa o quella misura amministrativa o che al governo fossero concessi i poteri o le facoltà nuove atte a modificare le limitazioni di bilancio precedentemente varate. E' però accaduto che queste promesse non siano mai state mantenute e così per la gente la prospettiva degli sgravi fiscali promessi si è rivelata una mera illusione. [...] Quando assunsi il governo della California nel 1967, mi resi conto che la promessa «nessun aumento delle tasse» era irrealizzabile. La California era virtualmente insolvente: l'amministrazione precedente aveva infatti cambiato il sistema della contabilità di bilancio dello Stato in modo tale da alienare in 15 mesi le entrate di 12 mesi, evitando così un aumento significativo delle imposte durante l'anno elettorale del 1966. Ma il governo dello Stato spendeva un milione di dollari al giorno più di quanti ne raccogliesse. Diversamente dal governo federale di Washington, la California non può però stampare più cartamoneta o accumulare deficit. Al governatore è infatti richiesto di pareggiare il bilancio, e se per equilibrare introiti e spese sono necessarie tasse supplementari, a norma di Costituzione il governatore è tenuto ad aumentare le imposte. La mia prima importante lezione di gestione amministrativa è dunque stata dolorosa: lo è stata per i contribuenti e lo è stata per l'amministrazione. Si sono dovute infatti aumentare le tasse di circa 800 milioni di dollari onde pareggiare il disavanzo di bilancio che avevamo ereditato. All'epoca dissi di sperare che si sarebbe trattato di una misura provvisoria, e che quando si avesse avuto modo di operare riforme tese a limitare l'eccesso di spesa, ci si saremmo subiti messi a lavorare per ridurre la pressione fiscale sui cittadini. Credevo cioè che il governo avrebbe potuto funzionare in modo più economico adottando le stesse sane regole e i medesimi sani princìpi che si adoperano per il bilancio familiare. L'espressione «tagliare, comprimere e potare» è divenuta la parola d'ordine della mia amministrazione e il risultato ha confermato ciò in cui credevo: ossia che il costo della macchina pubblica potesse essere tenuto sotto controllo. Una task force di uomini d'affari ha quindi posto sotto esame l'amministrazione pubblica della California, suggerendo quasi duemila punti toccando i quali la si sarebbe potuta snellire. Ogni riforma e ogni sfida allo status quo burocratico ha comportato rabbia, proteste e dimostrazioni. Ma, contrariamente a quanto affermato dai gruppi protestatari, i tagli operati non hanno ridotto la capacità dello Stato della California di garantire finanziariamente i servizi che spettato lecitamente all'amministrazione pubblica. Anzi: hanno aumentato l'impegno pubblico e al contempo hanno ridotto le tasse.

    [...] Nessuno ha contestato l'aumento dell'impegno economico pubblico in questi campi, ma i tagli di bilancio che lo hanno reso possibile sì e con foga. Quando abbiamo cercato di ridurre i disavanzi finanziari, siamo stati istericamente attaccati con l'accusa di volere il caos fiscale. Prima del 1967, chi in California era proprietario di un'abitazione si lamentava per l'eccessivo carico fiscale su quell'immobile. Gli sgravi, però, sono stati impossibili fino a quando i tagli e un'efficienza maggiore da parte dell'amministrazione pubblica non lo hanno permesso. Nel 1968 i proprietari di case hanno goduto di un'esenzione fiscale sugl'immobili pari a 750 dollari, che l'anno scorso, dopo una lotta quadriennale, è stata innalzata a 1.750; questa misura è stata varata assieme alla revisione di un pacchetto che consente di diminuire le aliquote fiscali previste per la frequenza delle scuole locali e che garantisce a queste il più grande aumento del finanziamento statale in un solo anno che mai si sia verificato nella storia. Per la maggior parte dei contribuenti questo ha significato un risparmio nelle imposte annuali sulla proprietà compreso fra i 150 e i 200 dollari.

    Con l'obiettivo di estendere i benefici di una migliorata efficienza amministrativa a tutti i contribuenti, abbiamo operato crediti d'imposta a vantaggio degl'inquilini (invece di ridurre l'imposta sulla proprietà) e abbiamo dimezzato l'imposta d'inventario degli esercizi commerciali, riducendo pure di undici volte il pedaggio sui ponti. Ma con ogni probabilità il successo maggiore lo si è ottenuto nella riforma dell'assistenza sociale. Quando, nel 1971, avanzai questa proposta, la maggioranza che controlla il Congresso dello Stato della California, appartenente al Partito democratico, non ha neppure permesso che presentassi il programma in una sessione congiunta delle Camere. E' stato detto che si sarebbe verificato un disavanzo di bilancio di 700 milioni di dollari. Venne prevista la catastrofe fiscale, il governo della California fu accusato di voler addossare il peso dell'iniziativa sulle amministrazioni locali e le organizzazioni di tipo assistenzialistico protestarono a gran voce sostenendo che eliminare gli abusi e le frodi dal settore dell'assistenza sociale avrebbe privato anche le persone autenticamente bisognose degli aiuti necessari.


    La riforma dell'assistenza sociale

    Nessuna di queste cose è però accaduta. Quando abbiamo cominciato, gl'iscritti ai programmi di assistenza sociale della California stavano crescendo al ritmo di 40 mila persone al mese e i costi aumentando tre volte più rapidamente del tasso di crescita normale degl'introiti dello Stato (senza aumento delle tasse). All'ultimo conteggio il numero degl'iscritti all'assistenza sociale era diminuito di 386.835 persone rispetto all'inizio. Sono cioè aumentati di quasi il 30% i benefici per chi ne aveva veramente bisogno, aggiustando poi il costo della vita per gli anziani e per i disabili. Oggi il costo dell'assistenza sociale è compreso fra 1 e 2 milioni di dollari in meno di quello che chi ha avversato la riforma ha detto sarebbe stato. Da allora riforme analoghe dell'assistenza sociale sono state quindi adottate da alcuni altri Stati dell'Unione nordamericana e molti dei funzionari capaci e scrupolosi che hanno contribuito a realizzarle sono stati reclutati dall'amministrazione Nixon allo scopo di riformare l'assistenza sociale nazionale. Né l'imposizione fiscale si è trasferita al governo locale. Nell'anno successivo alla riforma dell'assistenza sociale, in California 42 contee su 58 hanno ridotto i livelli di tassazione base. Quest'anno lo hanno fatto 45 contee, la maggior parte delle quali per il secondo anno consecutivo. Così, anziché un deficit di bilancio di 700 milioni di dollari si è avuta una eccedenza di 800. Contrariamente a quanto fatto nel 1967, si sono raccolti 1,5 milioni di dollari al giorno in più del fabbisogno e così si è provveduto a restituirli ai cittadini.
    Più di un anno fa, mentre spingevo per riformare le imposta di proprietà, organizzai un gruppo di esperti radunati allo scopo di esaminare l'intera struttura del governo, per scoprire come, evitando di tagliare i servizi essenziali, il carico fiscale dei cittadini potesse essere ridotto in maniera definitiva. Quel gruppo di esperti comprendeva alcuni degli economisti più noti del Paese, uomini come Milton Friedman, Peter Drucker, C. Lowell Harriss, Roger Freeman e James Buchanan. Assieme ai membri del mio gabinetto e del mio staff, questo gruppo di esperti ha lavorato per più di sette mesi scoprendo che le tasse sono la sola eccezione tollerata alla legge di gravità formulata da Isaac Newton. Vanno cioè sempre verso l'alto, sia nei periodi buoni sia in quelli cattivi, sia nei momenti di prosperità sia nei momenti di recessione. Nel 1930 il costo complessivo del governo (del governo federale, dei governi dei singoli Stati e degli altri livelli di governo locale) ammontava a circa il 15% dei redditi complessivi dei cittadini statunitensi. Quest'anno, in California, il costo complessivo è pari al 44,7% e un po' meno nel resto del Paese. Di questa percentuale, lo Stato californiano incamera circa l'8,75. Assieme alla restituzione degli 800 milioni di dollari eccedenti, è stato dunque chiesto al citato gruppo di esperti d'ideare il modo per ridurre in maniera definitiva quella percentuale, decurtando permanentemente il carico fiscale individuale della California. Il risultato del lavoro degli esperti ha portato all'iniziativa fiscale offerta alla California il 6 novembre. Notoriamente gl'introiti incamerati dall'amministrazione di governo per soddisfare i fabbisogni primari dei cittadini aumentano a causa dell'inflazione e della crescita della popolazione. Tuttavia la nostra convinzione era che questo stato di cose potesse continuare anche riducendo in modo graduale il carico fiscale complessivo. Negli ultimi vent'anni il costo del governo dello Stato della California è cresciuto del 10% all'anno, ma il reddito totale dei cittadini cresce oggi solo del 7,7%, e questo ha costretto ad aumenti periodici delle imposta generando una curva in costante ascesa della percentuale di reddito personale che finisce in tasse.


    Gli obiettivi della Proposizione n. 1

    [...] Gli avversari della nostra proposta ci accusano poi di aver cercato d'imporre una camicia di forza fiscale al governo della California, obbligandolo a tagli consistenti per la formazione, per la salute mentale, insomma per quasi ogni voce del bilancio, nonostante il fatto che la Proposizione n. 1 avrebbe potuto raddoppiarlo nell'arco di dieci anni e triplicarlo in 15, e malgrado il fatto che i fondi per la formazione, per la salute mentale e tutti gli altri programmi di assistenza primaria avrebbero potuto svilupparsi con lo stesso ritmo. Al contempo, la California avrebbe potuto progettare una riduzione ordinata delle imposte come parte della ricerca di fondi per il bilancio. In cinque anni si sarebbero potute ridurre le imposte sul reddito di un altro 24% o abbassare di un penny l'imposta sulle vendite; in dieci anni la riduzione dell'imposta sul reddito avrebbe potuto essere del 60%, oppure si sarebbero potute ridurre di due centesimi le tasse sulle vendite di beni. L'assemblea legislativa avrebbe così completamente mantenuto il proprio potere di modificare la struttura fiscale, di aumentare specifiche imposte poco elevate e di fare qualsiasi cosa che faccia oggi, però con un'eccezione importante: tutti gli aumenti di tassazione futuri eccedenti il limite avrebbero dovuto essere ratificati dalla popolazione. E' stata questa iniziativa che, più di qualsiasi altra, ha generato l'allarme maggiore negli apparati burocratici, i quali erano perfettamente a conoscenza del fatto che se mai la gente avesse deciso di porre il veto su una spesa eccessiva, i giorni del governo scialacquatore sarebbero prontamente finiti. Un membro dell'assemblea legislativa mi ha rinfacciato che restituire ai cittadini l'eccedenza di 80 milioni di dollari sarebbe «un dispendio inutile di fondi pubblici». Un altro ha detto che la Proposizione n. 1 limiterebbe la capacità del governo di ridistribuire il reddito della gente con le tasse: una delle poche dichiarazioni esatte che l'opposizione ha rilasciato durante la campagna referendaria, ma fatta solo all'interno delle sedi legislative.

    Quasi tutte le organizzazioni che traggono status sociale, reddito e potere da strutture invasive di governo si sono allineate agli oppositori della Proposizione n. 1, ivi compresa l'associazione degli insegnanti pubblici, l'associazione degli impiegati pubblici e i gruppi impegnati nell'assistenza sociale. Gli avversari della Proposizione hanno affermato che il nostro programma di riduzione delle tasse avrebbe favorito i ricchi. La verità è invece che le tasse imposte dallo Stato della California sul reddito sarebbero state eliminate in maniera definitiva per ogni famiglia che guadagnasse meno di 8 mila dollari l'anno. Si è detto peraltro che la Proposizione non conteneva in realtà alcuna assicurazione di riduzione fiscale, eppure l'emendamento proposto alla Costituzione della California con il referendum afferma specificamente che, ogni anno per 15 anni, la percentuale del reddito dei cittadini che il governo può prelevare con le tasse deve essere ridotta con un condono oppure debbono essere ridotte le tasse. Si è addirittura detto che essa avrebbe indotto un aumento delle tasse locali, ma la speranza è che la Proposizione n. 1 avrebbe scritto nella Costituzione della California gli stessi limiti d'imposta al governo locale contenuti nella riforma dell'imposta di proprietà operata del 1972. Questa protezione sarebbe stata garantita non semplicemente da una legge, ma dal testo costituzionale che solamente i cittadini hanno il potere di modificare. Una delle più vistose falsità pronunciate durante la campagna referendaria è stata quella secondo cui la Proposizione n. 1 avrebbe autorizzato l'assemblea legislativa a consentire l'imposizione delle imposte locali sul reddito da parte di qualsiasi ente governativo, «dalle contee ai distretti di disinfestazione dalle zanzare». La verità è che l'assemblea legislativa possiede già quel potere e che quindi essa può autorizzare quell'imposizione attraverso un semplice voto a maggioranza. La Proposizione n. 1 avrebbe reso tutto questo più difficile, richiedendo una maggioranza di due terzi per ogni imposizione fiscale locale sul reddito (cosa che attualmente in California manca).

    Ma in un campagna referendaria infocata la verità è un'arma davvero fragile. Può venire ignorata oppure travisata e distorta producendo nel cittadino medio, non pratico delle questioni riguardanti la finanza dello Stato californiano, la confusione. Quando in febbraio abbiamo proposto il controllo sugl'introiti e il programma di riduzione delle tasse della California, lo si è fatto offrendo un piano di restituzione dell'eccedenza di 800 milioni attraverso un altro condono dell'imposta sul reddito pari al 20% nel 1973 e una sospensione, per sei mesi, di un penny sulle tasse che gravano la vendita dei beni imposta dallo Stato della California. La maggioranza presente nell'assemblea legislativa, controllata da chi avrebbe poi condotto l'opposizione alla Proposizione n. 1, ha bloccato il piano e così quella iniziativa non ha superato nemmeno il primo comitato di esame, anche se tutti gli anni vengono proposti emendamenti costituzionali che vengono sottoposti a votazione. I legislatori che hanno combattuto la Proposizione n. 1 non hanno però trovato il tempo, nella primavera scorsa, d'indire discussioni pubbliche su vasta scala di detta proposta. Nelle settimane finali della campagna referendaria però - campagna indetta proprio per sottoporre al voto quell'iniziativa - quasi tutti i comitati legislativi principali hanno invece organizzato udienze speciali per pubblicizzare gli attacchi alla Proposizione n. 1. Poiché l'assemblea legislativa ha rifiutato di votarla, siamo stati costretti a raccogliere più di mezzo milione di firme perché potesse essere sottoposta al voto, e questo ha richiesto un grande sforzo in termini di tempo e l'impiego di parte dei contributi finanziari raccolti a sostegno del programma. Tuttavia questa parte della campagna referendaria ha reso utile lo sforzo. Prima che l'iniziativa venisse ufficialmente dichiarata sottoponibile al voto, la maggioranza al Congresso dello Stato della California espressa dal Partito democratico si era rifiutata di studiare qualsiasi possibilità di restituzione dell'eccedenza di 800 milioni di dollari ai contribuenti. Ma dopo che la popolazione ha deciso affinché la proposta venisse sottoposta al voto, i nostri avversari, ansiosi di renderla la meno attraente possibile dal punto di vista finanziario, hanno offerto un compromesso in base al quale detta eccedenza verrebbe restituita attraverso un condono dell'imposta sul reddito compreso fra il 20 e il 35% in una sola tranche e la sospensione, per sei mesi, di un penny sull'imposta di vendita dei beni.

    Era politicamente sconsigliabile accettare il compromesso? Si sarebbe dovuto lasciare che l'eccedenza venisse incamerata dall'erario aumentando così le possibilità di far approvare la Proposizione n. 1? Considerati questi argomenti, si è deciso di rifiutarli giacché il nostro scopo è sempre stato quello di ridurre le tasse, non di partecipare a giochetti politici. Le tasse sulle vendite di beni sono state abbassate di un centesimo per sei mesi, l'imposta sul reddito per le famiglie che guadagnano al massimo 8 mila dollari all'anno eliminata interamente per l'anno 1973 e nello stesso anno le imposte pagate dalle famiglie con redditi superiori riceveranno un condono compreso fra il 20 e il 35%. La decisione di sottoporre la Proposizione n. 1 al voto ha fatto sì che si riuscisse a ottenere parte degli scopi prefissati forzando l'assemblea legislativa a restituire ai cittadini l'eccedenza di bilancio. Ma la riduzione a termine più lungo, permanente, delle tasse rimane ancora un obiettivo non raggiunto. Sono quindi naturalmente deluso. Era ed è un'idea ambiziosa, e non mi rammarico del tentativo fatto. L'iniziativa ha avuto uno scopo positivo. In conseguenza della battaglia intrapresa in California, dappertutto i cittadini statunitensi sono stati avvertiti del peso sconcertante che le tasse impongono sull'economia nazionale e su ogni singola famiglia in questo Paese. La gente non ha affatto respinto l'idea della riduzione delle imposte fiscali né della riduzione a livelli ragionevoli delle dimensioni e del costo del governo. In tutto il Paese i cittadini hanno votato a favore della riduzione delle tasse e così è avvenuto anche con il voto espresso confusamente in California circa la Proposizione n. 1. Forse si sarebbe potuto e dovuto fare di più per spiegare con chiarezza maggiore le questioni filosofiche che erano alla base di quella proposta, e per denunciare quel sottile giocare con le paure dei cittadini in modo da distrarre, da rendere irrilevante la loro opinione e da confonderli che è stato sfruttato tanto efficacemente dai nostri avversari. Abbiamo peraltro imparato che negli Stati Uniti opera uno schieramento davvero imponente di forze deciso a espandere la misura e il peso del governo, mantenendo illimitato il potere che esso ha di tassare i cittadini. Raramente si è riusciti a sconfiggere tali forze durante gli scorsi quarant'anni. Avendo sempre prevalso, le tasse ora pesano sulla famiglia americana media più di quanto essa complessivamente spende per gli alimenti, l'abitazione e il vestiario. Un'economia libera non può sopravvivere per sempre a questo genere di carico fiscale. Più di un secolo fa, il filosofo francese Frédéric Bastiat ha scritto: «Anche lo Stato è soggetto alla Legge di Malthus. Esso tende a espandersi in proporzione ai propri mezzi di sussistenza e a vivere oltre essi, mezzi che in ultima analisi sono solamente le risorse del popolo. Guai al popolo che non è capace di limitare la sfera di azione dello Stato: la libertà, l'impresa privata, la ricchezza, la felicità, l'indipendenza, la dignità personale, tutto sparisce». Questo è quanto accadrà inevitabilmente anche negli Stati Uniti a meno che si agisca per porre un freno alle spese eccessive del governo. E questo non può però essere fatto semplicemente mutando una legge. Si è pensato che limitare per legge il debito nazionale potesse controllare il deficit, ma il deficit è invece momentaneamente o anche definitivamente aumentato nonostante una ventina di mutamenti legislativi varati nel corso degli ultimi dodici anni. Soltanto i cittadini, attraverso un emendamento costituzionale o l'adozione di altri metodi sicuri, hanno il potere di porre limite gli eccessi del governo. E questo è ciò che si è cercato senza successo di fare per lo Stato della California attraverso la Proposizione n. 1. La questione fondamentale resta però identica. Non abbiamo rinunciato all'obbietivo di ridurre le tasse. Verranno altri confronti elettorali, altri giorni. Abbiamo subito una battuta d'arresto, certo. Abbiamo perso una battaglia, ma questa lotta andrà avanti. I cittadini troveranno il modo per controllare questo governo cresciuto in maniera abnorme e per porre un limite ragionevole alla porzione di reddito personale che esso può incamerare attraverso le tasse. Questa idea diverrà una realtà. Essa deve prevalere perché altrimenti la società libera che abbiamo conosciuto per duecento anni, l'ideale di un governo basato sul consenso dei governati, cesserà semplicemente di esistere.

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  90. George W. BUSH
    Discorso del Presidente alla Nazione, 11 settembre 2001

    Buona sera. Oggi i nostri connazionali, il nostro stile di vita, la nostra stessa libertà sono stati attaccati da una serie di atti terroristici deliberati e mortali. Le vittime erano sugli aerei o nei loro uffici: segretarie, donne e uomini d’affari, militari e funzionari federali, mamme e papà, amici e vicini di casa. Migliaia di vite sono state improvvisamente stroncate dal male, da orribili atti di terrore.

    Le immagini degli aerei che volano dritti verso le torri, gli incendi, quelle gigantesche strutture che collassano e crollano ci hanno riempiti di sfiducia, di una terribile tristezza e di una calma, inflessibile rabbia. Questi omicidi di massa avevano lo scopo di terrorizzare la nazione gettandoci nel caos e facendoci battere in ritirata. Ma hanno fallito. Il nostro Paese è forte.

    Molta gente è stata mobilitata per difendere una grande nazione. Gli attacchi terroristici possono scuotere le fondamenta dei nostri più grandi palazzi, ma non possono intaccare le fondamenta dell’America. Queste azioni mandano in frantumi l’acciaio, ma non possono intaccare la determinazione d’acciaio dell’America.
    L’America è stata l’obiettivo di questi attacchi perché siamo il faro più luminiso per libertà e opportunità in tutto il mondo. [...]

    Oggi la nostra nazione ha visto il male, il peggio della natura umana. E noi abbiamo risposto con il meglio dell’America, con il coraggio dei nostri soccorritori, con le premure di estranei e vicini di casa che si sono prestati a donare il sangue e ad aiutare in ogni modo possibile.

    Subito dopo il primo attacco ho implementato i piani di emergenza del nostro governo. Il nostro esercito è potente e preparato. Le nostre squadre d’emergenza sono al lavoro a New York e a Washington per aiutare le locali squadre di soccorso.

    La nostra priorità è aiutare chi è stato ferito e prendere tutte le precauzioni possibili per proteggere i nostri cittadini a casa e in giro per il mondo da altri attacchi.

    Il lavoro del nostro governo continua senza interruzioni. Le Agenzie federali di Washington che sono state evacuate riapriranno immediatamente per il personale essenziale stanotte e a partire da domani, perché tutti possano tornare al lavoro. Le nostre istituzioni finanziarie rimangono forti e l’economia americana sarà aperta per il lavoro.

    La ricerca di coloro che stanno dietro queste orribili azioni è già in corso. Ho dato direttive a tutte le nostre risorse dell’intelligence e alle forze dell’ordine perché trovino i responsabili e venga fatta giustizia. Non faremo distinzione tra i terroristi che hanno commesso questi atti e coloro che li hanno protetti.

    Apprezzo moltissimo il contributo dei membri del Congresso che si sono uniti a me nel condannare duramente questi attacchi. In nome del popolo americano, ringrazio i molti leader mondiali che hanno chiamato per offrirci le loro condoglianze e la loro assistenza.

    L’America, i nostri amici e i nostri alleati si uniscono a tutti coloro che vogliono la pace e la sicurezza nel mondo, ci schieriamo insieme per vincere la guerra contro il terrorismo. Questa notte vi chiedo di pregare per tutti coloro che stanno soffrendo, per i bambini il cui mondo è stato scosso alle fondamenta, per tutti coloro che sentono che il loro senso di sicurezza e tranquillità è stato minacciato. E io pregherò perché vengano confortati da un potere più grande di quanto si possa dire, come nel Salmo 23: “Anche se cammino per la valle delle ombre e della morte, non ho paura del male poiché tu cammini con me”.

    Questo è un giorno in cui gli americani si uniscono nella loro determinata voglia di giustizia e pace. L’America ha già fronteggiato dei nemici e lo rifarà ora. Nessuno di noi dimenticherà mai questo giorno, eppure andremo avanti nella difesa della libertà e di tutto ciò che è buono e giusto nel nostro mondo.

    Grazie, buona notte e che Dio benedica l’America.

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  91. Caro Michele Serra, l’editoriale, che ieri hai scritto sul quotidiano di Carlo De Benedetti, merita una chiosa. E non tanto per le argomentazioni che porti nello sviluppo dell’articolo, quanto per il periodo finale, là dove scrivi che «la sola certezza, in fin dei conti, è che la presenza della Chiesa (certamente quella mediatica) viene intesa ogni giorno di più come una presenza politica…».

    Ineffabile – non so se te ne sia accorto – quella parentesi. Hai sentito tu stesso il bisogno di circoscrivere l’attacco, come dire: sul resto, sulla Chiesa in sé e in generale, so meno, ma sulla Chiesa di carta certo che vado giù di brutto.

    Ora, illustre collega, ti rendi conto che tutto il gioco è esattamente nella sovrapposizione tra la Chiesa di carta e la Chiesa reale? E che voi, in genere, scambiate volentieri e generosamente l’una con l’altra?

    Tu no, tu ieri almeno l’hai voluta distinguere, probabilmente senza renderti conto di quello che andavi a firmare. Perché vedi, la Chiesa mediatica è la Chiesa che per il 90 e rotti per cento è creata da voi. La Chiesa reale c’entra nulla con quella mediatica, anzi, ti dirò che la Chiesa reale è impotente rispetto alla Chiesa che voi proiettate sui media.

    C’è forse bisogno che ti porti delle pezze d’appoggio circa il mio addebito? Stiamo al tuo giornale di ieri. E ad un episodio preciso della cronaca di questi giorni. Le critiche di Famiglia cristiana all’innesto dei radicali nel Pd. Ora se c’è una testata d’area cattolica che spesso si è contraddistinta per autonomia di giudizio anche dal resto della comunità cristiana, questa è proprio il settimanale paolino. Il quale, sempre nella sua autonomia, ieri l’altro ha pensato bene di dire ciò che pensa circa il «pasticcio veltroniano in salsa pannelliana». Dove quel che si avverte è la profonda delusione di una testata che di preferenza ha dato legittimamente credito alle forze di centro-sinistra.

    Ebbene, è bastato che per una volta Famiglia cristiana vi dicesse una parola scomoda, avanzasse una riserva sostanziosa, perché voi – quotidiano di Carlo De Benedetti – titolaste in prima pagina: «Pd, la Chiesa all’attacco». Cioè, avete fatto sulla pelle di una rivista amica quello che comunemente fate sulla pelle di Avvenire, come di qualunque altro soggetto cattolico. Ci considerate incapaci di un giudizio meritevole di titolarità. L’unico terminale sono sempre i vescovi. Le altre figure no, niente. Incapaci sono di un pensiero e di una posizione. Tutto messo in capo alla Chiesa, e non alla Chiesa mistero cui ci onoriamo di appartenere, ma alla Chiesa gerarchica che noi amiamo ma della quale come laici non siamo parte. Tu capisci il colmo della involontaria ironia nella quale cadete.

    Ci accusate di ciò che voi inscenate. Salvo poi, quando vi impancate ad analisti della pastorale post-conciliare, dolervi – voi, ma noi ve lo lasciamo fare – che ahi quanto si sente la mancanza di uomini come…, e giù la sfilza di quei laici giustamente rimpianti, e da me pure ritenuti modello, che nei decenni scorsi sono stati capaci (soprattutto post mortem) di guadagnare la vostra ammirazione. Ma perché quelli li fate esistere, e altri no? Perché tirate in ballo sempre e unicamente la gerarchia? Non credi che siete voi i più interessati a fare esistere quella Chiesa impicciona che io, onestamente, non incontro mai? E temo che lo facciate nella convinzione che, a forza di dirlo, qualcosa resti. Perché un laico cattolico, su un foglio cattolico, non può esprimere un libero giudizio senza ritrovarselo attribuito a un cardinale suggeritore? Ci avete tolto la cittadinanza pubblica e poi vi lamentate dell’afonia dei laici cattolici, da voi messi a tacere, e della Chiesa clericale, l’unica che sapete scorgere. Ma a chi fa comodo, caro Serra, questa Chiesa clericale?

    Dobbiamo stare attenti a non rasentare il ridicolo. E non lo dico con aria beffarda, giacché ho ritenuto sempre importante quello che mi veniva dai colleghi di altra posizione culturale. Li ho sempre letti, spesso ammirati, talora in cuor mio disapprovati, ogni tanto anche pubblicamente contestati. Ma voi, sapete fare altrettanto?

    Sai, approfittando di questo dialogo, vorrei per una volta dire una cosa di cui sono intimamente convinto, e per la quale davvero mi auguro che tu non ti offenda, non la dico infatti per fare male. Mi date l’impressione di essere, in realtà, non poco ignoranti su ciò che oggi siamo, come cattolici e come Chiesa italiana. E magari a voi capiterà, leggendo Paola Gaiotti o Luigi Pedrazzi e sentendovi al caldo con le loro riflessioni, di pensarvi aggiornati. Di aver con ciò pagato il vostro debito di studio e di conoscenza nei nostri riguardi. E non vi sfiora neppure lontanamente il dubbio che il cattolicesimo odierno, quello che nasce dalle parrocchie e dalle diocesi, sia altrove rispetto a ciò di cui si ciancia.

    Oh, non dirmi che sono preso da un raptus di furiosa permalosità. Figurati. Sono più che sereno. Mi dà solo noia che non riusciamo a trovare un piano per dialogare da persone normali. Noi mettiamo sul tavolo la consapevolezza più grande maturata in questi anni, il riferimento antropologico, e tu che fai? Fai dell’ironia, neppure tanto alta. Eppure, l’autore dell’articolo che tu sbeffeggi è un giurista – Francesco d’Agostino – tra i più colti e illuminati, studiato non a caso anche all’estero. In fondo, voi andate per le spicce, vi interessa solo come votiamo, e sulla base di quel che immaginate, poi costruite i vostri sermoni. Possibile che di nient’altro si possa parlare?

    Ti faccio notare che in questa totale sottovalutazione dei discorsi e delle figure variamente cattoliche, delle loro professionalità e della capacità di incidere là dove operano, tu e i tuoi amici debenedettiani vi trovate talora stranamente solidali con gli editorialisti dell’altra corazzata, del giornale delle Banche. Dove non è impossibile trovare impeti di un laicismo diverso, meno conflittuale, a volte persino dolce, ma talora anche un tantino tronfio, al punto da arrivare a dire che la cittadinanza pubblica al cattolicesimo d’oggi l’hanno procurata loro, loro con alcuni cardinali. Ovvio. Della Chiesa di popolo, quella che fa corpo con i suoi vescovi tutti i giorni, nella buona e nella cattiva sorte, delle sue virtù e della sua resistenza, dei suoi laici feriali ma non irrilevanti, nulla, semplicemente non esistono. Capisci, noi non ci offendiamo, vogliamo così bene a preti, vescovi e cardinali che nulla ci turba. Stimiamo a tal punto quei luminari da perdonare certe civetterie. E però a tutto c’è un limite, anche all’indecenza. Rispettàteci per quello che siamo, attaccateci per nome se proprio dovete, e non correte subito – proprio voi – ad appellarvi ai signori cardinali, e alla Chiesa, anche quando non c’entra. Sarà un confronto più sano, più alla pari.

    Che non è che non serva anche a voi e ai vostri giornali.

    Perché vedi, la mia previsione è che basterà andare ancora un altro po’ oltre il segno che anche i più ingenui e autolesionisti tra i cattolici che vi acquistano e vi fanno grandi capiranno che no, non c’è una Chiesa all’attacco, ma siete voi a immaginarvela, e con una certa ossessione.

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  92. gentile Metil,
    ho una domanda, ieri ho visto a commento di questo post un pò di articoli che su queste pagine mi avevano colpito, ne avevo letto qualcuno che aveva anche degli spunti interessanti, ma sono stati quasi tutti cancellati.
    Come mai?
    A me sembravano interessanti ed anche buone occasioni per controbattere ai tuoi (pochi) critici.

    Arturo Franchi.
    (p.s. ho cercato di loggarmi ma non ci sono riuscito, per questo mi firmo alla fine del post.)

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  93. Gentile Arturo,
    ti rispondo io perchè Alessandro ha lasciato in mano mia il controllo del blog, ora che lui è via. Ho fatto io un pò di pulizia: sebbene fossero spunti interessanti, e infatti l'idea iniziale fosse quella di tenerli per far rispondere Alessandro, ad oggi la situazione nei commenti era diventata illeggibile. Lo spam era continuo, le cose copia-incollate erano lunghissime e intasavano lo spazio commenti. Non ho cancellato del tutto quei post, cosìcchè se Alessandro vorrà, potrà rispondere

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  94. e come vedi, Arturo, il nostro amico anonimo ci sta riproponendo gli stessi spunti.

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  95. Avrà avuto paura che fossero andati persi....

    Arturo.

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  96. Che poi, se fossero suoi personali pareri, nessuno avrebbe mai pensato di fare pulizia, ma sono lunghissimi copia incolla da siti. Cosa gli costa lasciare i link, senza intasare e rendere illeggibile questo spazio?

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  97. Il supercommissario Gianni De Gennaro va a discutere del problema rifiuti con il cardinale Sepe.
    Il cardinale Sepe già ha provato, in una seduta “straordinaria”, a far sciogliere il sangue di San Gennaro, convinto che se questo fosse successo, Napoli e provincia sarebbero riemerse dalle montagne di rifiuti.
    Uno “stargate”, si sarebbe aperto creando un istantaneo collegamento spazio temporale con le “sfere celesti” e avrebbe inglobato le tonnellate di rifiuti che, dopo pochi attimi, sarebbero stati restituiti riciclati.
    Allora Sepe avrebbe riposto l’ampolla con il sangue del santo e si sarebbe celebrato un giubileo lungo una vita.
    San Gennaro avrebbe registrato così tanti nuovi elettori che si sarebbe assicurato per l’eternità il ministero celeste all’ambiente, e tanti nuovi soldati si sarebbero arruolati nell’esercito di santa madre chiesa, chiamata a “pulire” non più solo “anime nere”, ma anche strade con monnezza .
    Ma il santo, persona seria e, probabilmente, seccato del fatto che deve sottoporsi a salassi continui per sollazzare feticisti haemophili, non ha risposto all’appello.
    Per cui, non riuscendo con San Gennaro, Sepe ci prova con De Gennaro. De Gennaro, di rimando, solerte risponde all’appello e si reca nella curia a discutere di rifiuti e a preparare un esercito di sacerdoti, noti pastori di pecorelle smarrite pronte ad obbedire agli ordini.
    E pare anche che la cosa funzioni! Ma guarda!.
    Non ci sono riusciti leggi, decine di commissariati, decine e decine di milioni spesi a vuoto, a convincere la gente a “differenziare.
    Inefficace anche l’azione di tenaci ambientalisti e solerti imbonitori mediatici.
    Ora scende in campo Sepe che coinvolge parroci e fedeli e (udite, udite!) riesce ad ottenere anche garanzie dall’Asia, l’azienda di igiene urbana che doveva fornire i bidoni e garantire la raccolta.
    Operazione, quest’ultima, disattesa da anni e che adesso, grazie alla “santa alleanza”, pare si accinga a partire.
    Ci lascia perplessi non tanto l’intervento di Sepe in questa questione, ma quanto il fatto che De Gennaro, generale che ha a disposizione risorse umane ed economiche illimitate, vada da Sepe per (cito testualmente) : “ discutere con Sepe lo stato della crisi …per approntare insieme al cardinale eventuali ulteriori misure ed iniziative finalizzate al superamento della crisi attuale e soprattutto relative alla diffusione di una differente coscienza civica fra i partenopei”.
    Meditate gente…meditate!!!

    Eleonora Gitto

    www.elegitto.blog.kataweb.it
    gitto.eleonora@gmail.com

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  98. dov'è il post inserito in regalami un post (parte prima)?

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