Testamento biologico for dummies

Siccome il testamento biologico è tornato di stretta attualità grazie al disegno di legge che è in via di approvazione in questi giorni, e visto che da quella legge potrebbe dipendere il nostro futuro, vale la pena di chiarire una serie di punti sui quali, tanto per cambiare, qualcuno prova sistematicamente a prenderci in giro.
Buone FAQ a tutti.

Nessuno può rinunciare a una terapia indispensabile per la propria sopravvivenza.
Sbagliato. L'articolo 32 della nostra Costituzione stabilisce esattamente il contrario: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

D'accordo, ma di fatto queste cose non avvengono mai: chi permetterebbe che un essere umano muoia solo perché si rifiuta di curarsi?
Invece accade tutti i giorni. Senza arrivare al classico esempio dei testimoni di geova, che spesso e volentieri ci rimettono le penne perché decidono -legittimamente, se sono maggiorenni- di non sottoporsi alle trasfusioni, succede tutti i giorni che un malato decida di non avvalersi della chemioterapia, di non fare l'emodialisi, di non prendere i farmaci antivirali o quelli contro l'ipertensione, anche se da quelle terapie dipende la sua sopravvivenza; nessuno, per fortuna, può mandare i carabinieri a prenderli a casa per costringerli a curarsi.

Bene, ma se le cose stanno così qual è il problema?
Il problema è che mentre tutti quei malati sono consapevoli, possono muoversi, e quindi sono materialmente in grado di non sottoporsi alle terapie indesiderate, ci sono altri pazienti che non hanno lo stesso privilegio, vuoi perché sono vigili ma immobilizzati (come Welby), vuoi perché sono incoscienti (come Eluana); loro, evidentemente, non sono in grado di mettere in pratica la loro scelta da soli, e per non essere discriminati rispetto agli altri hanno bisogno di due elementi in più: poter mettere preventivamente per iscritto la loro volontà e avere un medico che li aiuti a realizzarla.

Logicamente fila, ma mica si può obbligare un medico a staccare un respiratore o a togliere un sondino nasogastrico, provocando in tal modo la morte di un paziente.
Infatti nessuno lo pretende: quello che si chiede è che qualora un medico si dichiari disponibile, quel medico non possa essere perseguito per omicidio del consenziente o per assistenza al suicidio. C'è una gran bella differenza.

Certo, però nel momento in cui è immobilizzato o incosciente il malato potrebbe aver cambiato la sua scelta rispetto a quanto aveva scritto in precedenza, con il particolare che non può più dirlo.
Affermazione molto discutibile: se il paziente è immobilizzato ma vigile, come Welby, la tecnologia gli mette a disposizione sofisticati strumenti per consentirgli di dire ciò che vuole anche muovendo soltanto un sopracciglio; se invece è incosciente, come Eluana, non si vede in che modo possa elaborare una decisione, che dovrebbe essere per l'appunto una presa di coscienza.

Va bene, però l'alimentazione e l'idratazione artificiali non sono terapie mediche, ma mezzi ordinari necessari alla sopravvivenza di un essere umano: quindi a quelli non si può rinunciare.
Tanto per cominciare, il fatto che la nutrizione artificiale non sia una terapia è molto discutibile: leggete qua cosa bisogna fare per posizionare correttamente un sondino nasogastrico e poi ne riparliamo. Dopodiché, anche ammettendo che non si tratti di terapie, non si vede perché ciò implichi che non vi si possa rinunciare: anche farsi fare la barba non è una terapia, ma sfido chiunque a dire che per questo motivo un malato ricoverato in ospedale abbia l'obbligo di farsi radere.

Tutto giusto, però ci vuole una legge che disciplini queste questioni, altrimenti finisce che la gente fa quello che vuole e si rischiano gli abusi.
Andiamo per ordine: a rigor di logica una legge sul testamento biologico non sarebbe neppure necessaria, perché il diritto di lasciare per iscritto la propria volontà di rinunciare, in futuro, a determinati trattamenti non desiderati si può desumere dai principi costituzionali, anche se evidentemente una legge che lo consentisse e lo disciplinasse in modo esplicito sarebbe utile; la legge attualmente in via di approvazione, invece, non disciplina, ma vieta: proibisce che si possa rinunciare all'alimentazione e all'idratazione artificiali, e lascia al medico, non all'interessato o a una persona da lui designata, l'ultima parola sull'opportunità di proseguire o interrompere le terapie.

Quindi meglio nessuna legge?
Sì, rispetto a questa meglio nessuna legge: a meno che non vogliate, nel malaugurato caso in cui vi capiti qualcosa di brutto, che sia un altro a decidere al vostro posto, o non desideriate che vi nutrano e vi idratino sine die senza alcun riguardo per la vostra effettiva volontà.

Sta di fatto, però, che la vita non è nella nostra disponibilità, perché appartiene a un essere superiore che ce l'ha data: solo lui può togliercela.
A questo punto si tratta di mettersi d'accordo: o continuiamo a ritenere che l'Italia sia un paese laico, il che equivale a dire che i precetti religiosi non possono essere vincolanti per tutti, ma solo per chi li sceglie, oppure la trasformiamo in uno stato teocratico, e allora introduciamo anche la confessione obbligatoria, la messa forzata e il divieto penale dei rapporti sessuali non finalizzati alla procreazione.
Se ve la sentite...

Questo post è stato pubblicato il 15 marzo 2011 in . Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

19 Responses to “Testamento biologico for dummies”

  1. Lavoro in rianimazione.
    La nutrizione enterale viene somministrata per sondino. E viene segnata sul foglio terapia. Serve quindi una prescrizione medica per somministrarla. E' una terapia a tutti gli effetti dato che noi infermieri non possiamo certo sognarci si somministrarla per nostra scelta. La nutrizione enterale rientra nel bilancio idrico fatto al paziente. Il sondino viene posizionato da noi infermieri ma su indicazione medica.
    Bisognerebbe farsi un giro in questi reparti per capire come questa proposta di legge sia anticostituzionale e inaccettabile.

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  2. Io mi chiedo perché vogliono non solo farci vivere da miserabili ma anche farci morire da miserabili.

    Sono sempre più convinta di rimanere fuori dall'Italia.

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  3. Il problema non è soltanto se vogliamo o meno che l'Italia sia uno stato teocratico. C'è innanzitutto un problema di coerenza da parte di questi signori sedicenti cristiani. Perché accanirsi tanto contro chi vuol smettere di soffrire gridando che la vita non è a nostra disposizione quando poi non si accusa l'Italia di genocidio quando stringe accordi criminali con la Libia per ammazzare i migranti prima che tocchino le nostre coste ? Perché non vedo papi e cardinali stracciarsi le vesti per la guerra in Iraq o Afghanistan, perché non sento battaglie contro gli incidenti stradali o gli omicidi della criminalità organizzata ? E che dire del terremoto de L'Aquila ? E la vendita di armi e mine-giocattolo ? Potrei proseguire per ore.
    Pecco forse di cinismo, ma quante sono le vittime di tutti questi "problemi", per i quali si può davvero fare qualcosa incidendo sulle scelte politiche ed economiche di un Paese e sulla coscienza di ognuno, rispetto a quanti, in preda ad atroci sofferenze, vorrebbero soltanto porre fine ad una vita che non ritengono più degna di essere vissuta ?

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  4. Quando lo Stato non ti concede più di scegliere per la tua stessa vita (e la sua conclusione), è anche responsabile della reazione di auto-organizzazione dei cittadini per riprendersi ed esercitare tale diritto.

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  5. Poco male.
    Appena mi informeranno che ho un malaccio passo da Montecitorio imbottito di tritolo e risolvo anche il loro problema di fine vita.

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  6. Anche perchè non mi pare che a Nuvoli lo abbiano ingozzato con l'imbuto quando ha smesso di mangiare..
    [non che avrebbero dovuto ma a rigor di logica se l'alimentazione non può essere rifiutata se io mi lascio morire di inedia dovrebbero obbligarmi a nutrirmi a forza].

    In ogni caso,anche se ci fosse una legge che ti dia la possibilità di rifiutare l'alimentazione temo che ci sarà sempre uno psichiatra cattolico rompicojoni che ti dichiarerà "incapace di intendere e di volere a causa della condizione di shock data dalla malattia"...:(

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  7. Sottoscrivo ogni parola. Grazie di averlo espresso così chiaramente .

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  8. Ma il doppio senso nel titolo è voluto o no?

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  9. Mettere in discussione il principio dell'indisponibilità della vita è pericoloso: mi ricordo che in svizzera un uomo ha fatto ricorso al suicidio assistito perchè non sopportava l'idea di vivere senza la moglie (la quale stava per morire). A me questa sembra una deriva pericolosa. Mi sembra giusto che una persona abbia la possibilità di rifiutare determinate cure ma consentire a tutte le persone capaci di intendere e volere di disporre del diritto alla vita è sbagliato

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  10. @ domenica_tarantino: "consentire a tutte le persone capaci di intendere e volere di disporre del diritto alla vita è sbagliato" - potresti per favore portare delle argomentazioni a sostegno di questa tua affermazione? cioè: su cosa si basa il tuo dire che è "sbagliato"? dammi 3 o 4 buoni motivi, per favore.

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  11. Il rischio di deriva pericolosa c'e comunque. Se una persona soffre di depressione credo che gli fai un favore se la curi con psicofarmatici e non assecondi la sua voglia di morire, giusto? Eppure sei andato contro la sua volonta'. Come decidere quando assecondare e quando non farlo? Il cattolico che riduce tutto a "la vita prima di tutto" o un altro che riduce tutto a "la volonta' prima di tutto" entrambi non vogliono affrontare la questione nella sua complessita'.

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  12. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  13. Per quanto riguarda il post, sono d'accordo su tutto, ma riguardo al "meglio nessuna legge" puntualizzerei che meglio sarebbe stato che la legge l'avesse fatta la sinistra quando poteva.

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  14. Prendo spunto da Charles perché posso comprendere il suo dubbio - per quanto non condivida la sua posizione: nulla di polemico, ok? (l'argomento è delicato, quindi s'ha da parlarne con cautela), proprio solo un punto di vista diverso :-)
    "Giusto"/"sbagliato" sono concetti invero relativi (dipendono dall'educazione di ciascuno, da ciò che abbiamo imparato in famiglia e tra i nostri amici, dai punti di riferimento sui quali basiamo la nostra esistenza), e nel caso del tuo esempio dell'uso di psicofarmaci sulle persone per impedire loro il suicidio, per esempio, nella mia esperienza impedisce loro appunto di togliersi la vita (non una cosa da poco neanche per me!), MA non risolve spesso i problemi alla base (che possono essere di ogni genere!), anzi: talvolta ne crea di nuovi (penso alle conseguenze sulla volontà, sulla presenza cosciente, sulla gestione di sé, sulla dipendenza, sull'autostima ecc.). Il discorso è complessissimo, e ogni situazione è unica ed estremamente delica perché tale è ogni persona.

    Le premesse delle nostre posizioni sono però, a mio avviso, quelle da rivedere: ovvero dobbiamo forse capire se la vita, e quindi la sua difesa a oltranza, anche contro la volontà degli individui, sia la priorità in cui tutta la società decide di riconoscersi (e pertanto, in ultima analisi, imporre ai suoi membri), oppure se sono prioritari l'autodeterminazione dei singoli e il loro diritto di scelta sulla propria esistenza (e pertanto pure sulla propria persona e il proprio corpo e sul che farne).

    Io personalmente sposo questa seconda prospettiva - fermo restando che qualsiasi cosa possa fare (ascoltando, parlando, discutendo, esortando) per un'altra persona in un suo momento/periodo di difficoltà per salvarle la vita non mi vedrà mai sottrarre a questo impegno con tutta la determinazione, l'energia e il tempo possibili.
    Ma alla fine la scelta di cose farne della sua vita per me è sua. Perché se ci neghiamo questo diritto sulla nostra persona, apriamo la porta a chiunque voglia decidere di imporci qualcosa perché in quel momento ritiene che quello sia il nostro bene, anche se noi magari non lo riteniamo tale. Se pensiamo a uno scenario del genere, è difficile che poi - noi che la subiamo - non arriviamo a percepire tale azione (anche a 'fin di nostro bene') come diversa da un vero e proprio 'atto di violenza' alla nostra persona che ci renderà magari ancora più determinati nell'odiare la vita e le persone che ci circondano.

    Sono cose delicatissime, che per me non si risolvono con una legge, ma con la riflessione sulle priorità in cui collettivamente, come società, ci riconosciamo, e con l'impegno che ciascuno di noi può dare per costruire relazioni positive, in cui le persone abbiano magari più voglia di vivere perché si sentono più protette, meno sole e soprattutto intravedano una speranza di esito felice per le loro vite. Perché spesso - e di questo sono convinta - non sono loro che "non funzionano", bensì è la società intorno a loro e le cose disumane cui sono esposte che le portano a impazzire, a sentirsi inadeguate o a sentire priva di senso l'esistenza stessa :-)

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  15. "potresti per favore portare delle argomentazioni a sostegno di questa tua affermazione? cioè: su cosa si basa il tuo dire che è "sbagliato"? dammi 3 o 4 buoni motivi, per favore."

    Leggi l'esempio che ho fatto nel post precedente: secondo me quell'uomo non andava ucciso ma andava aiutato e protetto. A volte avere una persona accanto che ti vuole bene può essere sufficiente a ritrovare la gioia di vivere. Potrei farti un altro esempio: considera una persona che viene lasciata dal proprio partner dopo tanti anni. Questa persona potrebbe ritenere che la propria vita non sia più degna di essere vissuta eppure la società non dovrebbe aiutare questa persona a morire, anzi al contrario, dovrebbe proteggerla. Se lasciamo alle persone la possibilità di disporre della propria vita senza alcun vincolo corriamo il rischio di causare la morte di tanti esseri umani che magari hanno soltanto bisogno di un po' di affetto.

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  16. @ domenico_tarantino:

    1) Nel tuo commento leggo un'espressione come "gioia di vivere". Beh... la realtà è molto più complessa: intanto pensare a qualcosa tipo la "gioia di vivere" già mi lascia perplessa (e credo di non essere la sola a provare questa sensazione di brivido di terrore quando la sento pronunciare). Ti spiego come la vedo io: per me la vita non è qualcosa che necessariamente preveda come mèta o condizione, che prima o poi ineluttabilmente si compie nel pacchetto del 'venire al mondo', la "gioia" - questa visione è un po' da sognatori poi sicuramente così ci diamo la speranza che ciò accada, quindi ok ;-) Ma in generale la vita è l'esito ultimo di una concatenazione di casualità/evoluzioni e/o di un disegno di qualcun altro (un'entità ultraterrena) - a seconda delle nostre convinzioni personali - poi nel caso specifico di ciascuno di noi 1) veniamo al mondo non per scelta nostra, ma altrui (ammesso già che si sia il risultato di una scelta e non un caso, un incidente, una costrizione), 2) dobbiamo risolverci il nostro senso dell'esistenza e della morte, 3) dobbiamo cercare nel tempo tra la vita e la morte ragioni per lottare e 'sopravvivere' nell'ottica e con la speranza che un giorno arriveremo a 'vivere', ovvero a realizzare quello che per noi è il senso della nostra vita ( = quindi il nostro personale 'essere felici'). Dove la vedi questa "gioia" così data per scontata come premessa generale dell'esistenza umana?

    2) Leggo anche il tuo sottolineare cose tipo "una persona accanto che ti vuole bene", "un po' di affetto" con la piena fiducia che siano 'risolutive' e bastino perché uno abbia poi piacere di stare al mondo. Guarda, torniamo al tuo esempio: perdere la persona che si aveva accanto - se questa era ciò che dava senso alla propria esistenza - significa perdere il senso della propria vita, una sofferenza (doppia: di perdita della persona amata e anche di senso della propria vita) così devastante che non potrà mai essere curata/mitigata da "un po' d'affetto", neanche da "maree di affetto", neanche dai "migliori psicofarmaci" (queste cose, al limite, potranno far sopravvivere quella persona). Poi è vero: uno può cercare un nuovo senso (e, per es., se consideri i casi di genitori vedovi, spesso è la presenza dei figli - specie se piccoli - che ti impedisce di 'mollare'), avere altre speranze, reinventarsi delle ragioni e dei significanti - e non credo che nell'esempio che tu riporti non sia stato fatto tutto il possibile perché ciò accadesse. Ma c'è un 'limite' alla sofferenza che un essere umano può provare, e credo sia lui a dover decidere quale sia questo limite - e non una società o uno stato che mirino a tenerlo in una condizione fasulla d'esistenza (la mera sopravvivenza in un devastante dolore) che lui non vuole.

    Tutto ciò detto con la massima delicatezza e cautela che l'argomento richiede, ok? :-)

    Chiedo venia per l'essere uscita un po' dall'argomento specifico "testamento biologico", ma visto che forse sono queste le premesse per riflettere su quello, spero che Metil non me ne voglia :-)

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  17. Ma anche se il soggetto in questione non avesse lasciato nulla di scritto e non fosse cosciente secondo me sarebbe giusto lasciar prendere la decisione ai familiari più stretti (figli,fratelli,genitori,coniugi). Sono infatti loro a dover subire la perdita o la sofferenza altrettanto grande di vedere consumarsi il corpo dell'amato nel grigiore di un ospedale, tra aghi, fili e sondini vari. Per scaramanzia forse sarebbero in pochi a lasciare le proprie volontà per iscritto, ma io credo che molti lascerebbero questa scelta ai propri cari, a coloro che amano e dai quali sono amati, nel caso in cui non avessero più speranza di recupero nè possibilità di esprimere le proprie volontà.

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  18. ...che sarebbe meglio non essere mai nati, e se si nasce meglio morire giovani, mi pare che lo pensassero già nell'antica Grecia. Comunque mi sembra che quando qualcuno scavalca un cornicione, e minaccia di suicidarsi, non si manda la polizia con un megafono a dirgli "Ok, la vita è tua, se ti va buttati, comunque deciditi che abbiamo altro da fare!". Io pure penso che debba esserci un limite (vogliamo chiamarlo "speranza"?) alla possibilità di disporre della propria vita. E che in casi estremi sia giusto che sia una persona prescelta in anticipo a decidere che cosa sia effettivamente giusto per noi. Il problema si pone quando questa persona non c'è: come si stabilisce chi ha diritto "a parlare per me?"

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  19. Condivido questo post e queste FAQ al 100%, ma vorrei solo ricordare che questi di cui Metilparaben parla non sono precetti cristiani, ma cattolici (nel mio piccolo, ci tengo alla differenza: io sono valdese e pertanto cristiana): come la maggior parte dei miei fratelli e sorelle di chiesa, ritengo che chi crede davvero in un Dio d'Amore non può pensare che costui/costei ci costringa alla sopravvivenza biologica e vegetale, quando non addirittura sofferente: la vita secondo noi è anzitutto relazione, e biografia, non biologia... per questo vi invito, credenti e non, a depositare il vostro testamento biologico presso uno degli sportelli gratuiti aperti dalla chiesa valdese e metodista in varie località: Milano, Roma, Torino, Napoli, Trieste, Padova, Pinerolo (e forse ne dimentico qualcuno). Se davvero passerà alla Camera questa bruttura del ddl Calabrò (ma spero e prego di no), forse se siamo in tanti ad averlo depositato, almeno potremo lottare più facilmente con una class action o come diavolo si chiama, e far rispettare il nostro diritto costituzionale (art. 32)... e non dover aspettare 17 anni come la povera Eluana e il povero Beppino... Ciao a tutti, e grazie Metilparaben, sei/siete grandi!:-) Simona (cittadina laica, cristiana, valdese)

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