Fino al 2 gennaio sarò da queste parti. Per cui, gente, vi auguro in anticipo buon anno, invitandovi a tenere vivo questo blog, se ne avrete voglia, scrivendoci dentro quello che volete. Saluti.
Archive for 2008
Il calendario di Metilparaben
Allora, gente, la questione è presto detta. Siccome vi voglio bene, ho deciso di preparare e regalarvi un bel calendario dell'anno che verrà, nel quale ho colto l'occasione di ricordare, mese per mese, le esternazioni più grottesche dell'anno che sta per finire: una specie di ponte tra passato e futuro, insomma, che spero sia di buon auspicio affinché i nostri beniamini non smettano di regalarci simili perle. Credo sia tutto: scaricate il file con tutti i mesi, stampate e appendete dove più vi aggrada. E mi raccomando, andateci piano: questa è roba forte. Saluti.
Istigazione al sabotaggio
ELUANA/ASS. COSCIONI: Dopo decisione Corte Europea, dal Vaticano istigazioni all'illegalità e al sabotaggio: l'incitazione all'eversione arriva dall'estero. Dichiarazione di Alessandro Capriccioli e Josè De Falco, membri di Giunta dell'Associazione Luca Coscioni per la Libertà di Ricerca Scientifica. Dopo la decisione della Corte di Strasburgo di respingere il ricorso sul caso di Eluana Englaro, Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, ha ribadito che l'uomo non può decidere sulla vita di una persona, invitando al contempo gli operatori sanitari all'obiezione di coscienza. Mentre rileviamo quanto sia inopportuno l'invito a non decidere sulla vita delle persone, allorché provenga, come in questo caso, da un illustre esponente di un'organizzazione come la Chiesa Cattolica, che da secoli non si occupa di altro, dobbiamo sottolineare che nel caso di specie - dopo le sentenze e decisioni della Corte d'Appello di Milano, della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell'Uomo - l'invito all'obiezione di coscienza da parte del Vaticano rappresenta una vera e propria istigazione all'illegalità. Siamo di fronte, infatti, al rappresentante di uno stato che incita i cittadini di un'altra nazione ad ignorare le decisioni adottate dalla loro magistratura, spingendoli a comportamenti che non sarebbe improprio definire eversivi. Una vera e propria istigazione all'sabotaggio proveniente dall'estero, che in qualsiasi altra circostanza avrebbe provocato gravissimi incidenti diplomatici, viene invece tollerata senza che il governo reagisca con gli strumenti opportuni, come se si trattasse di cosa normale. L'Associazione Luca Coscioni, nel denunciare la gravità - anche sul piano strettamente giuridico - di un simile atteggiamento, ricorda a tutti i cittadini che sul sito lucacoscioni.it è possibile scaricare il modello di testamento biologico da compilare e sottoscrivere davanti a un notaio: per evitare che nel futuro possano ripetersi casi come quelli di Eluana Englaro, e perché ciascuno di noi possa decidere liberamente sulla propria vita, senza ingerenze di sorta, specie se provenienti dall'estero.
Una cosa è certa: non mancano di inventiva [di Ivo Silvestro]
Tra un porno amatoriale e una partita a poker online (che si sa, noi atei relativisti siamo gente senza morale), questa mattina ho dato una occhiata al sito di Avvenire. E sono rimasto senza parole: Eluana, a quanto pare, è ancora in grado di deglutire. Dal momento che la sentenza riguarda la sospensione dell'alimentazione artificiale via sondino, ecco che il neurologo Giuliano Dolce propone di nutrirla "per via naturale", imboccandola.Affascinato da tanta inventiva, torno a guardare un bel porno: c'è meno perversione.
Sveglia!
L'occasione delle imminenti festività mi è gradita per suggerire al nostro amico di cambiare l'articolo che campeggia in primo piano sul suo sito. Saluti.
Regala anche tu il Vaticanopoly
In occasione delle festività, ripropongo a tutti i miei lettori una vera e propria strenna, da stampare, ritagliare e giocare fino alla nausea, e/o da regalare ai propri amici per Natale. Non si tratta di una novità in senso assoluto (l'avevo già proposto l'anno scorso), ma per l'occasione ho messo a punto qualche dettaglio, rendendo il tutto un po' più "glamour" dal punto di vista grafico; il regalo, che ho fatto tutto con le mie mani e che ho chiamato "Vaticanopoly", è un adattamento del celeberrimo gioco da tavolo, reinterpretato in chiave vaticana e completo di tutto: tabellone personalizzato, terreni con nomi ad hoc, Imprevisti e Possibilità di tipo "clericale", segnalini specifici in tono con il resto. In questa versione, per facilitare l'effettiva giocabilità del gadget, ho inserito anche le banconote e le istruzioni complete del gioco. Tutto quello che dovete fare, quindi, è scaricare il file zippato con tutto il materiale cliccando qua, stampare i file, armarvi di forbici e pazienza e procurarvi un paio di dadi: in meno di un'oretta avrete il vostro Vaticanopoly nuovo di zecca, pronto da giocare con i vostri amici o da impacchettare e mettere sotto l'albero per regalarlo a chi volete. E poi dite che non vi voglio bene, eh?
Il fondo del barile /8
Già che eravamo lì, quelli di Liberazione mi hanno chiesto un parere sulla vicenda: onestamente avevo articolato qualcosina in più, ma la scelta è ricaduta sulla parte in cui esprimevo una certa preoccupazione per le "altre Eluane". Chi fosse interessato può cliccare sull'immagine per ingrandire e leggere. Saluti.
Dottrina, rete e strategie [di Masque]
Partendo dall'assunto che c'è sempre una ragione alla base dei comportamenti umani e non volendo quindi scadere in un banale ragionamento accusatorio, mi sono trovato a riflettere sul perché la Chiesa Cattolica stia lottando contro moltissime idee ormai diventate di senso comune ed accettate dalla gente indipendentemente dalla propria fede. Su che cosa causi queste idee e su come la Chiesa stia cercando di combatterle e se la sua strategia di combattimento sia quella più efficace. Prendo in considerazione essa perché, da italiano, ne sono sempre costantemente immerso, ma credo che il discorso si possa applicare a qualunque religione occidentale.Nel mio ragionamento mi sono chiesto cosa ci sia in comune fra tutte queste idee combattute dalla Chiesa e cosa le causi. Indubbiamente, buona parte di queste idee derivano dal periodo illuminista, ma le idee, da sole, non hanno capacità di diffondersi e di entrare nelle menti delle persone. Le idee derivano dal confronto con persone e culture diverse, questo frase implica che l'idea debba avere qualcosa che la veicoli. Osservando la realtà, si capisce chiaramente quanto queste idee diventino sempre più diffuse e, al contempo, quanto le tradizioni e le dottrine religiose, siano sempre meno seguite. La maggior parte dei credenti, non segue più nessuna dottrina per intero (con dottrina, forse in modo improprio, intendo la parte sociale e politica di una religione, mentre con fede ne identifico la parte spirituale e soprannaturale): ne tengono per buona quella parte che coincide o conferma il proprio senso comune, lasciando magari inalterata la propria fede. Di questo ne danno conferma tutti i recenti sondaggi popolari riguardo ai recenti casi di Eluana Englaro, dell'introduzione della pillola abortiva ru486 o della proposta di depenalizzazione del reato di omosessualità. In tutti questi casi, la quasi totalità del campione, pur autodefinendosi cattolico, aveva un'opinione diametralmente opposta a quella espressa dai rappresentanti della Chiesa Cattolica. Nella maggior parte dei casi, questo non genera nel credente alcuna sensazione contraddizione, tanto che non hanno problemi a definirsi cattolici, nonostante non seguano sia la fede cattolica, sia la dottrina. Solo pochi rarissimi individui possono dirsi cattolici a tutto tondo, conoscendo e seguendo sia la fede che la dottrina. Fede e dottrina infatti non hanno un legame strettissimo ed indissolubile, nascono per scopi diversi, tuttavia conservano dei rapporti. I sacerdoti dovrebbero essere considerati seguaci sia della fede che della dottrina e sono loro infatti (i cui più alti rappresentanti vengono spesso interpellati dalla stampa), a scagliarsi contro tutto ciò che va contro la dottrina. Essendone i rappresentanti, costoro hanno il potere di condurre e correggere i pensieri di quei cattolici che sentono disagio nella propria coerenza, se non seguono sia la fede, sia la dottrina. Questi sono un buon bacino di persone indecise, che pur credendo in un dio, simile a quello insegnato dalla religione tradizionale del proprio paese, inconsciamente o razionalmente non ritengono giusta parte della dottrina, perché essa va in contrasto con i propri personali valori morali ed etici. Per lo stesso motivo, gli stessi non tengono in considerazione, ignorano, negano o cercano di razionalizzare i passaggi più controversi e cruenti del vecchio e del nuovo testamento. I rappresentanti attualmente combattono varie lotte ideologiche, che vanno dalle questioni sull'aborto, la contraccezione, tutto ciò che riguarda la sessualità e sue sfaccettature ed in generale al controllo delle nascite, la famiglia, unioni e divorzi, fino alle questioni di fine vita come quella dell'eutanasia. Essi combattono i dettagli, le foglie dell'albero, mentre invece, per avere qualche possibilità di “vittoria”, dovrebbero andare a lavorare sulle radici. La loro strategia è quindi sbagliata, perché sul lungo periodo, non avranno mai la possibilità di continuare a dirigere, tramite la dottrina, il pensiero comune. I risultati di questa strategia sono evidenti a tutti: un continuo e costante allontanamento delle persone dalla dottrina (ma non sempre dalla fede, sempre per il discorso sulla sensazione di coerenza). Ciò che invece influenza il pensiero comune, è il confronto, il dialogo e lo scambio di idee. Questi meccanismi, innati nell'uomo per via della sua natura sociale, grazie al miglioramento delle condizioni di vita in seguito alla rivoluzione industriale, si sono potenziati sempre di più, passando dalla stampa, diventata poi sempre più a portata della gente comune, alla televisione, ed infine alla rete, attuale massima espressione delle possibilità di comunicazione globale. Mentre stampa e televisione sono unidirezionali, quindi preferiti nel caso si voglia essere sicuri che la propria idea venga veicolata senza possibilità di contraddittorio, la rete non ha questa caratteristica, ed è multidirezionale. La comunicazione è dannosa per qualsiasi tradizione e dottrina. Mina alle radici sentimenti come il patriottismo ed il razzismo. Quando le persone hanno la possibilità di confrontarsi apertamente con altre persone di diverse idee e culture, vi è sempre una qualche forma di influenza reciproca. Spesso, è sufficiente la sola osservazione: non è necessario nemmeno il dialogo. Si viene a contatto con idee diverse, che prima ci era impossibile immaginare perché venivano escluse da altre idee che, al contrario, venivano date per scontate a tal punto da non rendersi nemmeno conto che non si trattava della realtà oggettiva, ma appunto, un'idea essa stessa. Se pensate che sia impossibile dare così per scontate le idee della religione e della tradizione del proprio paese, chiedetevi in che anno siamo, e quando vi risponderete “2008”, pensate a cosa significa quel “2008” e a quante volte pensate all'anno attuale senza pensare anche al suo significato. E questo è solo uno dei più banali e visibili esempi. Quindi è il venire a conoscenza di idee diverse a mettere in pericolo la tradizione e la dottrina. La gente scopre punti di vista differenti, che ritiene corretti e sensati, e si domanda perché questi punti di vista non gli erano mai stati mostrati prima. Il modo sereno di concepire la realtà di un buddista, a confronto con il proprio senso di oppressione e colpa derivato dalle idee sul peccato e la minaccia di una punizione eterna, ad esempio. Ciò incrina sempre più la propria fiducia verso la tradizione e la dottrina. Questo è un processo di “meticciato culturale e idealistico” inevitabile e impossibile da fermare. Tuttavia, se le religioni dogmatiche volessero preservare le loro dottrine, dovrebbero contrastare in primo luogo la capacità di comunicazione ed osservazione delle persone. Questo sarebbe il metodo migliore per avere successo. Ciò, si sa, è già accaduto. La storia moderna, ad esempio, racconta delle alleanze fra le grandi religioni occidentali ed i più svariati regimi totalitari quali il fascismo, il nazismo ed il franchismo. Ragionando su tutto questo, mi sono sorpreso, infatti, che i rappresentanti della chiesa non si siano ancora schierati contro uno dei mezzi attualmente più potenti per la comunicazione fra individui diversi di tutto il mondo, cioè la rete.
Stronzate
Ogni tanto (alzi la mano chi non l'ha mai fatto) mi diverto a curiosare sul modo in cui i visitatori di questo blog vi siano capitati; in genere mi viene in mente di farlo, apro Firefox e puntualmente qualcosa mi distrae, sicché mi per farmi dimenticare il proponimento testè formulato sono sufficienti le poche frazioni di secondo che ci vogliono per avviare il tutto. Siccome stasera è una di quelle sere in cui, sia pure stanco come un facchino, sono leggermente più vigile del solito, ho tenuto alta la concentrazione quel tanto che bastava per attivare l'ineffabile Sitemeter prima di essere rapito da chissà quale altro pensiero. Non saprei dire se ne sia valsa la pena. Però ho scoperto, ad esempio, che un tizio è capitato da queste parti cercando di informarsi su "come fanno atto sessuale due gay" (e chissà se dopo gli è venuta la curiosità di scoprire come lo fanno in tre); che un altro cercava delle foto della Palombelli (un consiglio: dovendo diventare cieco -perché si sa che si diventa ciechi- scegliti qualcosa di un po' più sexy); che un altro ancora era alla ricerca di lumi sull'otto per mille (prima di decidere a chi darlo pensaci bene, mi raccomando). Dopo un minuto e mezzo, come di consueto, la curiosità mi era già passata: stavo per chiudere tutto, ma c'era quest'ultimo link che non avevo ancora guardato, e sapete com'è la storia: già che ci siamo guardiamo anche questo, abbiamo fatto trenta e allora facciamo trentuno, insomma ci ho messo la freccia del mouse sopra e ho fatto click. Per scoprire, non senza un sottile ma palpabile sommovimento interiore, che il tipo era arrivato sul mio blog cercando su Google la parola "stronzate". Probabilmente la cosa avrebbe dovuto nuocere al mio amor proprio. Invece, strano a dirsi, in qualche modo mi ha rassicurato, tant'è che mi è venuto un bel sorriso, di quelli che ti scappano fuori involontariamente e quasi non ti accorgi di farli. Sta di fatto che per stasera posso chiudere tutto, gente, e andarmene a casa. O a un cinema, non so. Per fortuna si vede che di stronzate, quest'oggi, ne ho scritte abbastanza. Saluti.
Quando si dice che uno se la va a cercare
Dopo l'alzata d'ingegno del Ministro Maurizio Sacconi, che ha pensato bene di ignorare le sentenze della Corte d'Appello di Milano e della Corte di Cassazione vietando espressamente che ad Eluana Englaro siano sospese la nutrizione e l'idratazione artificiali, quest'oggi c'è un'interessante novità: Antonella Casu (Segretaria di Radicali Italiani), Marco Cappato (Segretario dell'Associazione Luca Coscioni) e Sergio D'Elia (Segretario dell'Associazione Nessuno Tocchi Caino), si sono presi la briga di denunciare il Ministro per violenza privata. Chi volesse prendersi la piccola soddisfazione di dare un'occhiata al testo completo della denuncia può cliccare qua. Io, da parte mia, aggiungo un brevissimo commento: era ora, cazzo. Saluti.
Pronto?
«Pronto?» «Sì, pronto, sono io». «Gesù, ma lo sai che ore sono? «Lascia perdere Gesù e non rompere, con quello che ti pago ci manca solo che ti lamenti dell'orario». «No, figurati, è che...» «Piantala, che non ho tempo da perdere, e stammi a sentire piuttosto». «Va bene, va bene. Che succede?» «Succede che questa faccenda dell'ingerenza mi ha rotto il cazzo, ecco che succede». «Ma scusa, alle tre di notte ti viene in mente l'ingerenza?» «Embè? Io non dormo. Io penso, vigilo! E te, scusa se te lo dico, dovresti fare altrettanto». «No, per carità, l'argomento è importante, ma insomma, a quest'ora, eppoi su quel fronte ci si difende bene, dai...» «Ci si difende bene un cazzo! Quali sarebbero gli argomenti, sentiamo?» «Be', il discorso sulla laicità, hai presente? Cioè, la vera laicità non esclude la religione, anzi al contrario...» «Sì, sì, ho capito. Filosofia, comunque, e per giunta roba vecchia...» «Ah, e poi il discorso delle radici cristiane. Cioè, il cristianesimo come fattore decisivo per lo sviluppo dell'occidente...» «Ma smettila, e vergognati! A me le vieni a raccontare, le radici cristiane? Le ho tirate fuori io, le radici cristiane, è un mio cavallo di battaglia, e adesso le vieni a snocciolare a me come se non le conoscessi? Non ci si crede, guarda». «Scusa...» «E ti pareva, che non ti scusavi? Ma basta, una buona volta, con queste scuse! Alla tua età, poi... Qua idee, servono, non scuse, hai capito? Idee!» «Ma...» «E se non me le faccio venire io, le idee, non se le fa venire nessuno!» «Sì, cioè no...» «Insomma, basta. Sei uno su cui non si può fare affidamento, ormai è chiaro. Per cui vedi almeno di chiudere quella boccaccia e ascoltarmi, e già che ci sei prendi due appunti». «Va bene». «Ecco, l'ingerenza, dicevamo». «Sì». «Insomma, non se ne può più di questa storia. E questi insistono. E le solite stronzate non bastano più. Ci vuole qualcosa di eclatante, spettacolare, insomma bisogna rivoltare la frittata di brutto». «In che senso, scusa?» «Nel senso che loro ci accusano di ingerenza nella vita pubblica, no?» «Be', grosso modo sì». «Ecco, e noi allora contrattacchiamo: accusiamo loro di ingerenza nella vita privata!» «Ma loro chi?» «Loro, cioè lo Stato. Ecco, lo Stato si ingerisce nella vita privata dei cittadini! E' perfetto! «Ma...» «Ma cosa?» «Ahahah, ma è ridicolo! Chi vuoi che se la beva?» «Se la bevono, dai retta, se la bevono... Anzi è una novità, ragion per cui avrà un successone!» «Mmm non lo so, è un po' inverosimile...» «Certo che lo è. Anzi, meglio che lo sia. E siccome è inverosimile, sai che facciamo?» «No». «La facciamo diventare ancora più inverosimile. Troviamo uno slogan, un motto, anzi meglio una parola, una cosa ricercata, che faccia notizia... Una cosa tipo...» «...tipo "statolatria"?» «Perché no? Suona bene: statolatria». «Ahahaha, maddai, scherzavo! Statolatria fa pisciare sotto dalle risate, è roba che risale al fascismo, suvvia!» «Ah sì?» «Eh, sì. Mi pare che ne parlasse proprio la Dottrina del Fascismo di Gentile...» «Perfetto. Allora vada per statolatria, mi piace». «Devi essere impazzito...» «Sarò impazzito, ma domani un bel comunicato sulla statolatria non glielo leva nessuno». «Sono allibito... E sentiamo un po', dove dovremmo dire che vige, questa statolatria?» «Oh, bella! In Spagna, ovviamente!» «In Spagna? La statolatria in Spagna?» «Perché no?» «Maddai, per favore, vuoi dare del fascista a Zapatero adesso?» «E se anche fosse?» «Non funzionerà mai». «Tu dici, eh? Io invece penso che domani siamo in prima pagina sul Corriere!» «Vogliamo scommettere di no?» «Te la ricordi, l'ultima volta che hai scommesso con me?» «Mmm a dire la verità no...» «Ecco, allora te lo ricordo io: era quando si parlava di mandare quel tipo in Parlamento, come si chiama...» «Ah, sì, quello che blatera frasi sconnesse e manco sa scrivere in italiano, ora il nome mi sfugge...» «Fa niente, ci siamo capiti. Tu dicevi che non poteva farcela, uno così, nemmeno con un calcio in culo con la rincorsa. E invece te lo ricordi, sì, come andò a finire?» «...» «Correggimi se sbaglio: è alla seconda o terza legislatura o ricordo male?» «Non sbagli, ma che c'entra adesso...» «E tra l'altro mi devi ancora i soldi, ora che ci penso». «Ecco, ci mancava solo questo adesso...» «Lascia perdere, te li abbuono. Stanotte hai fatto la tua parte». «?» «Statolatria! Ahahahah! Lasciatelo dire, non hai mai voglia di fare un cazzo, ma quando ti ci metti sei un genio!» «Te l'ho detto, non può andar bene, è troppo inverosimile». «E io te lo ripeto: domani siamo in prima pagina!» «Non funzionerà mai». «Vogliamo scommettere?»
I have a voracious appetite for the knowledge of evil [di Astrid Nausicaa, L'altro lato del letto]
In mezzo a tutta questa bella gente mancano all’appello George Bush e Joseph Ratzinger. Quale sarà il loro piatto preferito? Lo sapevate che Fidel Castro andava pazzo per i milkshakes al cioccolato, e nel 1963 la CIA tentò di assassinarlo proprio tentando di mescolare un’aspirina avvelenata nella sua bevanda preferita? Curioso, ma molti di questi leader sanguinari, plenipotenziari del male, avevano delle particolari fissazioni per il cibo e per l’alimentazione. Adolf Hitler, ad esempio, credeva che la via della salvezza dell’umanità risiedeva nel vegetarismo. Joseph Goebbels, il ministro della propaganda del Fuhrer, affermava: «An extended chapter of our talk was devoted by the Fuhrer to the vegetarian question. He believes more than ever that meat-eating is harmful to humanity. Of course he knows that during the war we cannot completely upset our food system. After the war, however, he intends to tackle this problem also. Maybe he is right». Curioso, paradossale. I dettagli li potete trovare su EvilCuisines.com, dove potete cimentarvi anche nel trivia quiz. Io ho realizzato 5 risposte su 7. You have a voracious appetite for the knowledge of evil, mi ha detto.
Daje de tacco, daje de punta
Dare credito a un falso storico, come la mancata opposizione della Chiesa alle leggi razziali, è una scelta ideologica e opportunistica.(Luca Volontè, deputato UDC, 16 dicembre 2008)
Guardandomi bene dal pure accennare alla totale abrogazione di una legge la quale secondo i principii e le tradizioni della Chiesa cattolica, ha bensì disposizioni che vanno abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di conferma.(Luigi Tacchi Venturi, gesuita, consigliere del cardinale Luigi Maglione, Segretario di Stato Vaticano, 1943)
Babbo, Ciccio mi tocca! [Di Bloggerperfecto]
Succede a Washington che una bambina scriva a Babbo Natale pregandolo di imperdire ad un signore di toccare lei e la sorellina. Succede ad Andres Enruqiu Cantu, cinquantacinquenne con un passato da buttare ed un futuro da impedire. Andres avrebbe violentato le due bambine di 9 e 10 anni e per di più appartenenti alla sua famiglia, una per quattro anni - dall'agosto 2004 al febbraio 2008-, l'altra solo per tutto lo scorso anno. Ora rischia almeno 50 anni di carcere. Che la Befana faccia il suo gioco!
Partito Pneumatico, ovvero Vuoto Democratico
Vengo informato del provvedimento del Ministro Sacconi sulla vicenda di Eluana Englaro ieri pomeriggio, quando Simona Nazzaro, responsabile dell'ufficio stampa dell'Associazione Coscioni, mi incolla su Skype il testo dell'agenzia appena sfornata.
Leggo, trasecolo, chiedo se è il caso che scriva una dichiarazione; ci sta già pensando Cappato, mi dice Simona, per cui non è il caso di sovrapporsi.
Così, mentre metto insieme per il blog lo straccio di post che avete letto ieri, prendo il telefonino e mando a Cappato un sms di questo tenore:
Secondo me bisognerebbe parlare di atto eversivo che annulla decisione Cassazione.
Proprio mentre il messaggio parte dal mio cellulare, però, Simona mi informa che Marco è a Strasburgo e al momento non ha il portatile con sé: tuttavia, aggiunge, ha appreso la notizia, sulla quale sta già scrivendo un comunicato stampa.
La dichiarazione di Cappato arriva dopo qualche minuto, e recita testualmente così:
Il cosiddetto atto di indirizzo del ministro Sacconi é in realtà un tentativo malriuscito di eversione della Costituzione italiana e di incitazione a violare le sentenze di tribunali italiani.
Sorrido, anche se sul provvedimento del Governo da sorridere c'è ben poco. Dopo un'oretta il buon Cappato si riappropria del suo cellulare e ha modo di leggere il messaggio che gli avevo mandato; mi arriva un suo sms che recita:
Non avevo il cell con me. Sintonia politica allo stato puro. :-)
Già, penso, sintonia politica allo stato puro, mentre decido di farmi un giretto sui blog per vedere come hanno commentato la vicenda i miei colleghi grafomani. Il primo che consulto, come mi capita spesso, è quello di Lalli & Regalzi, sul quale trovo un puntualissimo post di quest'ultimo che è intitolato, guarda caso, nel modo che segue:
Un atto eversivo.
Direi che sarebbe il caso di ricapitolare.
Succede che un Ministro della Repubblica adotti un provvedimento.
Succede che detto Ministro appartenga allo schieramento di centro-destra, e quindi, almeno teoricamente, al partito di coloro che dovrebbero dirsi conservatori.
Succede però che tre persone tra quelle che stimo di più (una sono io, una -oltre ad essere un mio amico- è il segretario dell'associazione in cui milito, l'altra è Giuseppe Regalzi, dei cui interventi ammiro da sempre la chiarezza e l'appropriatezza), ciascuna indipendentemente dall'altra, utilizzino la stessa parola per commentare quel provvedimento.
Eversione.
Ebbene, evidentemente viviamo in un paese nel quale l'eversione spetta a pieno titolo ai conservatori; e nel quale l'eversione stessa, probabilmente l'unica possibile in un posto disgraziato come questo, consiste in un tentativo di reazione senza precedenti, messo in atto da qualcuno che se ne strafotte allegramente della separazione dei poteri, della Costituzione e di altre menate del genere pur di leccare il culo al Vaticano, non tanto in omaggio a chissà quali precetti morali, quanto perché, a quanto pare, è l'unico soggetto che abbia ancora voglia di dire delle cose.
Il resto, a parte i disperati come Capriccioli, Cappato e Regalzi (e pochi altri, per la verità), è un vuoto pneumatico che definire imbarazzante sarebbe un eufemismo degno della peggiore moderazione democristiana.
C'è n'è abbastanza, questo è pacifico, per poter affermare che qualcosa non funziona: è sulla dimensione di quel qualcosa, tuttavia, che si dovrebbero aprire gli occhi; perché quel qualcosa, a volerla guardare con una certa oggettività, è una proprio cosa grossa assai.
Almeno quanto un'altra cosa che si chiama Partito Democratico, a occhio e croce.
Rifletteteci, se avete un paio di minuti liberi.
Tentativi disperati
Roma, 17 DIC (Velino) - "Le iniziative del governo per bloccare la commercializzazione della pillola Ru486 e per continuare a negare ad Eluana Englaro i suoi diritti (peraltro, in questo caso, ignorando addirittura una sentenza della Corte di Cassazione) hanno tutta l'aria di essere dei tentativi disperati a fronte di altrettante cocenti sconfitte". Lo dichiara Alessandro Capriccioli, membro della giunta dell'Associazione Luca Coscioni e del comitato nazionale di Radicali italiani."Pur di non garantire ai cittadini il diritto all'autodeterminazione, il governo si rende quindi disponibile a provvedimenti come quelli del ministro Sacconi, di stampo letteralmente eversivo dell'ordine costituito e quindi completamente assurdo in un paese che possa dirsi, sia pure vagamente, uno stato di diritto. Piuttosto che arrampicarsi sugli specchi, rendendosi promotori di simili iniziative, i rappresentanti del governo dovrebbero rassegnarsi ad una semplice considerazione: in uno stato laico i diritti delle persone non possono essere negati sine die, anche a costo di indisporre il Vaticano, il cui ruolo negli accadimenti degli ultimi giorni è tanto evidente quanto goffo è il continuo tentativo di compiacerlo ad ogni costo".
Scrivi con Metilparaben sine die (o giù di lì)
Prima dei ringraziamenti (doverosi, per un'iniziativa che ha avuto un successo molto maggiore di quanto mi aspettassi), vi comunico la notizia: siccome l'idea che chiunque possa scrivere sul mio blog mi è piaciuta parecchio, sarei del parere di renderla permanente. Ne consegue che utilizzando il solito nome utente (scriviconmetil) e la consueta password (metilparaben) potrete continuare a postare qua dentro come e quando lo riterrete opportuno: il tutto a tempo indeterminato. Sia chiaro (update in ragione del commento di Firetrip), che da oggi nel blog ricomincio a scriverci, con la stessa frequenza di prima: però potrete farlo anche voi, ogni volta che ne avrete voglia. Detto ciò, e trasformato quindi questo blog in uno spazio permanentemente aperto (come recita la testata del blog), veniamo ai ringraziamenti. Mi consentirete, ne sono certo, una menzione speciale per GC (Giovane Coscioniana), che ha lasciato qua dentro una cosa preziosa, di quelle che ti spingono a cercare di fare sempre meglio per continuare a meritarsele. Dopodiché, in rigoroso ordine alfabetico, un grazie a Aioros (come ho già detto, questo è di un'altra categoria), Astrid Nausicaa (grandioso Woody), Bleek (postami qualche altra vignetta, quando ti va, ché sono stratosferiche), Bloggerperfecto (proprio così), Chiara M. (ho particolarmente apprezzato il racconto), D. (vero, la & è un'altra cosa), Eugenia (come vedi, sono loro i primi ad aver abolito le mezze misuere...), Firetrip (due post, gente, mica roba da ridere), Gerardo90 (hai ragione, la libertà non è un valore aggiunto), Giulia Innocenzi (esordio televisivo impeccabile, ma già lo sai), Galatea (lapidaria, ma tristemente azzeccata), Malvino (il Maestro: un onore avere un suo post), Mariuzzoweb (anche se io sono tra quelli che lo discute, Freddy), Mildareveno (firmato l'appello), Naj You (ah, Beirut...), 'O Munaciell' (e se mi postassi qualche altra recensione, quando ti va?), Poverubucharin ("cristianesimo cazzone" non è per niente male), Turing (bisogna dare un giro di vite a 'sti blogger che rompono il cazzo, eh?), Weissbach (Tori Amos è una passione anche mia). Non c'è altro, credo. Saluti.
Scusate l'intrusione, ma dovevo [di Metilparaben]
Eversione L'insieme di atti violenti e criminosi volti a creare disordine e a sovvertire l'ordine costituito.
PRONI alla meta [di Firetrip]
Non sapendo più cosa fare per soddisfare i rappresentanti della teocrazia in merito alla vicenda ENGLARO il ministro Sacconi (del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali) redige un atto di indirizzo alle regioni che stabilisce che interrompere idratazione e alimentazione artificiale per le persone in stato vegetativo nelle strutture sanitarie - sia pubbliche che private - è illegale. Una volta si arrivava nudi alla meta ora li definirei PRONI o, meglio ancora APPECORONATI! In omaggio a tanta disponibilità il prode Bagnasco si è subito sentito in dovere di ringraziare tanta sollecitudine. FIRETRIP
Tizio, Caio, Sempronio & me [di Bloggerperfecto]
Mi ha detto Tizio che gli ha detto Caio che Sempronio, guardando la pioggia scorrere a fiumi sui vetri della sua stanza, dondolava la testa come trasportato da una musica che solo lui audiva. Allora ho chiesto Tizio di chiedere a Caio di domandare a Sempronio se non fosse stato il rumore stesso della pioggia la musica alla quale si abbandonava. ‘Proprio così’ aveva risposto Sempronio a Caio e ‘proprio così’ aveva riferito Caio a Tizio e Tizio a me.
Come dio comanda [di 'O Munaciell']
Il vecchio dilemma sul reale potere di Cesare, burbero nobilotto locale dalle finanze mal ridotte, in una provincia eccitata dalla propaganda reazionaria di Risto, un giovane e barbuto comunistello rom. Questo lo scenario in cui agisce Giuseppe – soprannominato dagli amici “ben detto” perché ha quasi sempre ragione, e quando non la ha sa a chi far parlare in sua vece per appropriarsene. Ben detto ha un cruccio: egli sa di poter ergersi a rappresentante di una nuova moralità ma i suoi compaesani sembrano ostinati a non voler riconoscere le sue doti da illuminato. Proprio a questo punto il regista – un testardo e visionario Salvatore Adognicosto, già autore di “L’ultimo comandamento è: penso io per te” e di “Lazzaro, prima cammini come si deve e poi forse ti alzi” –, sondando la realtà metropolitana più underground, inserisce potenti interrogativi su quale sia il senso della vita: se la vista, l’olfatto, il tatto o il gatto. Ebbene, il film di risposte ce ne fornisce, ma senza eccessiva convinzione, così da farci dubitare sulla scelta del protagonista ben detto di optare per la Via Violenta, quella perpendicolare alla Via di Damasco, di fianco alla stazione centrale. Lì, in un tono epico di rara ampiezza, ma con un realismo esasperato e crudo, avviene il duello finale tra ben detto e il giovane predicatore rom al quale tuttavia Giuseppe s’era ispirato. In gioco c’è il ruolo di contendente di Cesare, e come in ogni lotta intestina la storia vuole che a prevalere sia la fazione estremista.'O Munaciell'
Finalmente Libero [di Gerardo90]
Sapete, è proprio davanti alla debolezza del singolo individuo che viene fuori la forza della collettività, e questa è compatta, irremovibile, cosciente, soprattutto quando si parla di libertà e diritto all'autodeterminazione. Purtroppo, in uno stato come il nostro, molto spesso gli ideali della collettività vanno a contrapporsi agli interessi di quei pochi che giocano con gli equilibri tra i poteri forti, senza pensare che il potere più forte è quello del popolo...
Ma si sa, meglio lasciar fare alla classe dirigente, perché se il popolo dimostra la sua forza, i politici sono costretti a cambiare i loro schemi minuziosamente progettati per il beneficio di pochi. Perché dico questo? Perché non è giusto che, dopo anni di lotte e di conquiste, il tutto debba ridursi ad un dialogo tra governanti ed ecclesiastici. E ciò si vede soprattutto nel caso di Eluana Englaro, una giovane vita mutilata nella fisicità, ma non nello spirito. Il corpo si butta, ma l'anima è eterna, e se il corpo è irrimediabilmente danneggiato non c'è ragione di costringere un angelo a restare senza ali. Proprio a questo proposito ho scritto una poesia, che non vuole assolutamente essere un elaborato tecnico e metricamente perfetto, ma un messaggio che viene dal cuore, dal cuore di chi soffre vedendo che le sofferenze altrui persistono sia nel corpo che nello spirito. Perché non dimentichiamo che la libertà non è un valore aggiunto, ma un valore intrinseco, innegabile e assolutamente non negoziabile, il diritto di vivere è anche decidere di morire per non soffrire inutilmente, visto che non c'è alcuna speranza che Eluana si risvegli.
La poesia si intitola Finalmente Libero
Santo bevitore [di Turing]
Parlo di cose che non conosco, per il semplice fatto che sono sostanzialmente astemio. Post, quindi, da prendersi come riflessione ad alta voce... Vogliono abbassare il limite superiore di tasso alcolico nel sangue per il ritiro della patente da 0.5 g/l a 0.2 g/l (secondo il Corriere trattasi di "0,5% espresso in grammi di alcol ogni 100 ml di sangue" - con un a me incomprensibile calcolo dimensionale che complica inutilmente le cose semplici, ma non facciamo le pulci). Mi si dice (non ho da citare, sorry) anche che questo equivale a non potersi bere nemmeno una birra o un bicchiere di vino. Tutto questo per il solito spaventarsi dovuto ai casi eclatanti di gente ubriaca che si è spalmata su alberi o quant'altro. Ma i dati? Il corriere mette un titoletto: "50% POSITIVI ALCOL". Smentito subito sotto: il 50% erano i positivi a alcol o droga. Positivi all'alcol erano solo il 35%. E vabbeh. Ma, mi domando: vi sembra tanto? Lo traduco in altri termini: si schianta più gente non ubriaca di quanta non se ne schianti ubriaca... Mi viene in mente un controllo a tappeto che avevano fatto qualche tempo fa nel padovano (di nuovo, mi scuso, non so citare una fonte): avevano trovato una quantità smodata di gente sopra il limite. Dato che la serata era come tante altre, e dato che il numero di incidenti registrati in una sera qualsiasi nella zona era certamente infinitesimo rispetto al numero di gente beccata sopra il limite quella sera particolare, mi chiedo: ma il limite non sarà un po' troppo stretto? Non sembra che tutti quegli "ubriachi" abbiano una poi gran probabilità di fare una brutta fine. Ma numeri a parte, mi domando io... Non ci rendiamo conto di quanto sia ridicolo vietare un cazzo (posso dirlo?) di bicchiere di vino prima di guidare? Se fosse davvero pericoloso, la popolazione italiana (la quale beve, in media, ben di più - e lo fa ogni settimana se non più spesso) sarebbe oramai falcidiata. E perché non dovremmo vietare di guidare oltre l'una di notte? I colpi di sonno mi pare si stimassero concausa in circa il 25% dei casi di incidente. 25% qui, 35% l'alcol... non ci vedo grande differenza. Che dite? P.S. Non ce la faccio più a sentire l'espressione "giro di vite". Bastaaa!!!
La morte e la pietà [di Eugenia]
Erano ben trentaquattro, a quanto lessi, le Associazioni che hanno ricorso a livello Europeo contro la decisione della Cassazione sulla vicenda tristissima di Eluana Englaro. Avrei voluto ricorrere anch’io, contro quella sentenza. Ed avrei portato in giudizio, per estrema, totale crudeltà mentale e per delitti contro l’Umanità, anche tutti i rispettabili Membri di quelle rispettabili Associazioni. Assieme ad essi avrei voluto vedere sul banco degli imputati, anche Monsignor Fisichella e tutti i suoi méntori. Ed anche tutti gli Italiani senza palle, egoisti, indifferenti alle sofferenze altrui, pronti al compromesso che disseta ma non sfama le coscienze, come sempre nella loro storia secolare di Poeti ed Eroi. E di Vigliacchi senza cuore né cervello. Per tanti versi credo nella metafisica. Ma quando si tratti di argomenti di importanza capitale per la vita ed il destino dell’Uomo, preferisco affidarmi alla fisica. Che è fallace, beninteso. Che quando sia mal usata può produrre danni spesso incalcolabili. Ma che è capace di fornirmi dei riscontri cartesiani assai vicini, nella norma, all’affidabilità più estrema. Se la Scienza sperimentale, una volta portata la sua opera di indagine alle più estreme conseguenze, mi dice che una mente è morta definitivamente, irrecuperabilmente, non posso che crederle. In caso contrario, e nella fattispecie, salta per aria tutto il Sistema che consente, ad esempio, i trapianti d’organi e, legati ad essi, la salvezza di vite umane, di padri e di madri e di affetti, e di menti di altissimo livello. Il Vaticano crede, alla Scienza. Perlomeno in linea di massima e purchè segua un certo fil rouge, quello con cui è intessuta la Fede. Mi sembrerebbe davvero strano il contrario, considerate alcune figuracce storiche come quella che ha visto protagonista tal Galileo Galilei nella veste di Controparte della Chiesa ufficiale. Ma quando "Nostra Santa Madre" trova il sia pur minimo appiglio per far rientrare in gioco la sullodata metafisica a gloria ed onore del suo impianto ideologico dottrinale e sfruttando la presenza di difficoltà di indagine totale, essa non si lascia sfuggire certo l’occasione. Nel caso di Eluana è successo esattamente questo: la Scienza dice con assoluta sicurezza che la ragazza non c’è più. C’è un involucro, un mero strumento. Ma lei, l’Eluana che pensava, che amava, che soffriva, quell’Eluana non c’è più. E’ un po’ come quando si possiede un’automobile: sinchè ci stai dentro, puoi immaginare che la macchina più te alla guida, siate un’entità unica. Ma se scendi da quello strumento concepito per viaggiare, allora basta, finito. Tu riprendi tutta la tua identità di uomo-e-basta, la macchina finisce dallo sfasciacarrozze. Il bello è che proprio la Chiesa ha tra i suoi princìpi basilari quello per cui il corpo umano ha solo un significato, come dire, di servizio. Ma ciò che identifica l’Uomo come tale agli occhi di Dio, essa afferma, è il suo spirito, l’intelligenza. L’anima, appunto. Che è immortale. Che anche se privata del corpo, dell’esistenza sulla Terra, non scompare nel Nulla, ma si confonde con la Divinità. Su cosa gioca, adesso, la Chiesa? Improvvisamente, l’elettroencefalogranmma piatto, quello strumento che è sempre stato considerato il detector fondamentale del sussistere di una qualsiasi attività cerebrale, agli occhi della Gerarchia perde del tutto il proprio significato, e la Scienza cade in errore, se gli affida il compito di stabilire un discrimine tra la vita e la morte. Viene sollevata, dai Monsignori di vario genere e classificazione, l’ipotesi secondo cui, in qualche modo, in qualche segreto recesso della massa cerebrale, malgrado appiattimento di quell’ecg, ancora sopravviva un fremito di coscienza, tale da far ritenere che quello spirito, quell’intelligenza, quell’anima non ha ancora abbandonato il corpo che l’ha ospitata per tanto o poco tempo. Non è facile conciliare queste tesi con l’accondiscendenza totale del Magistero nei confronti del trapianto di organi. Si tratta forse di un problema di relativismo, quella cosa oscena contro la quale non mancano di scagliarsi i Teologi? O forse si tratta di sano pragmatismo, tale da indurre l’accettazione di un prelievo che causa, in ogni caso, la morte anche fisica di una persona – intesa nel senso della fine anche dell’attività respiratoria – perchè quel sacrificio consente il salvataggio di un altro essere umano? Ma non si parlava (non parlavano…) un tempo della definizione senza compromessi di un impianto morale che non ammette deroghe? E dove è finito, tutto ciò? Beh, a questo punto, constatiamo che per ciò che riguarda una grandissima quantità di persone, di cittadini, una scelta, ormai, è stata fatta. E sorge un altro problema, questo si, a mio parere, molto grave. Per via di tutte quelle cose che ho scritto più sopra e che connotano l’Italiano medio - soprattutto per ciò che riguarda l’egoismo, il sostanziale disinteresse nei confronti di coloro che soffrono, la vigliaccheria - sta passando piuttosto sotto silenzio un fatto davvero tremendo: Eluana morirà d’inedia e di disidratazione. Il suo sistema nervoso, anche se non a livello di un’inesistente coscienza, reagirà. In qualche modo, soffrirà, e non poco. E su questa cosa orribile, la Chiesa assume un rilievo solo marginale. Perché chi agisce in tal modo non sono solo i Cattolici, ma anche e soprattutto tutti quei laici che chiacchierano con grande entusiasmo, ma che al momento di assumersi delle responsabilità importanti, come si dice “si passano”. Dunque, la ragazza o meglio, il suo involucro fisico morirà di fame e di sete. Un buon Cattolico obietterà di certo: “Ecco, questa è la dimostrazione che quel corpo deve essere nutrito, idratato, a qualsiasi costo. Qualsiasi. ” Ma non è così: la sofferenza che deriva dal non volersi arrendere all’evidenza, anche se mediata, è sempre di un’atrocità senza pari. C’è un Padre che soffre, psicologicamente e fisicamente, da una quantità incredibile di anni. Sta soffrendo. Soffrirà ancora abbastanza a lungo da correre il rischio di perdere la ragione, malgrado tutto. Ecco dov’è la vigliaccheria, ecco dove sta il compromesso privo di sentimenti. Le varie Corti di Giustizia hanno scelto di fare in modo da lavarsi le mani del sangue di quella Donna giusta. Ponzio Pilato docet. Non possiamo parlare di eutanasia apertamente, perché altrimenti si scatena un putiferio. Lasciamo, semplicemente, che Eluana muoia così, aspettando il momento nel quale il suo fisico collasserà definitivamente. Non va bene, proprio no. Se il problema deve essere affrontato, non può esserci neppure un minimo di ipocrisia, alla base di un qualsiasi provvedimento in materia. Non stiamo parlando di Presidenze di questo o di quell’Ente: è l’Uomo stesso, nella sua più alta accezione, è il suo destino, ad essere in gioco, quel poco di vita positiva che è il suo diritto minimo. Non c’è bisogno, di sparare nel petto di una persona per farla morire dissanguata, se si ritiene che la sua vita debba considerarsi conclusa. E non c’è nulla di male - ciò premesso, s’intende – se la fine del viaggio trovi origine in una siringa piena, ad esempio, di morfina, che risolve il problema senza comportare sofferenze. Dopo un tempo assai piccolo, la morfina addormenta. Ed in dosi massicce, non ci sarà mai più un risveglio. Certo, tutto ciò è difficile da accettare, perché si tratta di concetti che nel nostro mondo, quello cui siamo abituati, sono assolutamente desueti. Ma va affrontato il fatto, credo, che ci si trovi, nell’affrontare il problema, su di una linea di confine: devi scegliere da quale parte stare. Sostare in mezzo al guado significa solo continuare a generare sofferenza. Ma in un senso o nell’altro, per risolvere questa cosa comunque tristissima una volta per tutte, non possono servire esitazioni o mezze misure. Eugenia
Il compleanno della mia mamma [di GC - Giovane Coscioniana]
Domani mia mamma avrebbe compiuto 61 anni. Ma il condizionale è d'obbligo, perchè nel 2006, in un intervallo che tutti hanno definito brevissimo, un tumore se l'è portata via. Per quel che mi riguarda però, questa dicitura del “portar via” non ha altra valenza se non quella della locuzione grammaticale, perchè nella lotta contro la malattia l'unica vincitrice è stata solo e soltanto lei, mia madre, che con indescrivibile dignità ha saputo vivere il suo solitario dolore, fronteggiando i colpi di bastone che alle sue speranze di “malata” ogni giorno venivano inflitti da più fronti... Questo post è un modo per farle gli auguri. Ho conosciuto l'Associazione Coscioni nel 2005, in occasione dei referendum per la fecondazione assistita, ma fu un interessamento che, per quanto profondo, non mi spinse ad approfondimenti che andassero al di là dei temi posti all'attenzione dalle consultazioni popolari. Poi, dopo meno di un anno, la possibilità maligna offertami dalla vita di confrontarmi con la malattia, col dolore, con la sofferenza mentale e spirituale e infine con la morte della persona più cara che avessi, mi spinsero a interrogarmi ulteriormente. E con il cosiddetto “caso Welby”, finalmente, tutti i nodi vennero al pettine. Vissi quella storia con incredibile empatia, con indescrivibile trasporto. Litigavo con coloro che s'infastidivano alla vista del corpo immobile di quell'uomo, a mio avviso soltanto spaventati da quei suoi occhi ineluttabilmente vivi. M'inorridivo alle dichiarazioni vaticane e al contempo mi convincevo che tutti coloro che si arrogavano il diritto di imporre il “che fare” a quella persona ed alla sua dignitosa sofferenza, non avevano mai guardato al dolore da vicino. La mia mamma è morta in fretta, per quanto veloce possa essere una morte. Ma vedere la sua vita fuori dalle sue mani e dipendente dalle parole dei medici, dalle azioni degli infermieri, osservarla giudicata dagli occhi compassionevoli di coloro che passavano e le gettavano uno sguardo, senza conoscerne la tempra, il coraggio, la forza e la vita, mi ha fatto pensare e probabilmente anche capire qualcosa. Mi ha fatto pensare che non è con i dogmi che si difenderà la vita, nè sarà con l'assolutismo che Santa Romana Chiesa riguadagnerà terreno (posto che a questo punto possa ancora riuscirci). Mi ha fatto pensare che gli interessamenti, gli “sbracciamenti” e le strenue prese di posizioni della Roccella, del Vespa, o del Buttiglione di turno sapranno sempre soltanto gridare vendetta di fronte al dolore di quelli che, al contrario di loro, non potranno mai stracciarsi le vesti in televisione, costretti alla duplice censura della malattia e dell'informazione clericofascista del nostro paese. Mi ha fatto pensare che è fondamentale e doveroso restituire voce a coloro che gridano dalla prigione del loro letto, o di una macchina, perchè a parlare siano i diretti interessati e perchè proprio da loro provengano le proposte per una riforma del paese nel settore della ricerca scientifica e della sanità. Non so cosa avrebbe detto mia mamma oggi, di tutto questo abbaiare che si fa intorno alla vita della gente. Era cattolica, ma di un credo tutto suo che ben poco aveva da spartire con le parole dei monsignori ricoperti d'oro che oggi colonizzano giornali e tabloid. E mi piace pensare che oggi sarebbe d'accordo con me. E che se non lo fosse, passeremmo le ore a scornarci in una nostra, piccola, personale, battaglia di libertà. Auguri, mamma.
Una volta ho sparato ad un alce [di Astrid Nausicaa, l'altro lato del letto]
Questa è assolutamente da non credere. Abbattei un alce, un giorno. Andavo a caccia, su, verso il confine col Canada, e abbattei un alce. Lo lego al parafango, e via. Me ne torno a New York, sull’autostrada. Però non mi ero accorto che l’avevo colpito di striscio: l’alce era solo tramortito. Alle porte di New York comincia a riprendere conoscenza. Eccomi dunque a viaggiare con un alce vivo sul parafango, laddove c’è una legge nello Stato di New York che lo vieta espressamente - di viaggiare con un alce vivo sul parafango - il martedì, il giovedì e il sabato. Vengo preso dal panico. Allora mi sovviene che un mio amico dà una festa in costume, quella sera. Prendo una decisione: vado e ci porto l’alce. L’imbuco e me ne lavo le mani. Detto e fatto. Arrivo e busso alla porta con l’alce appresso. Il padrone di casa ci accoglie sulla soglia. “Ciao”, gli faccio, “conosci i Solomon?”. Entriamo. L’alce socializza subito. Non se la cava mica male. Tanto più che un tale cerca, con una certa insistenza, di vendergli una polizza d’assicurazione. A mezzanotte c’è la premiazione per i costumi più belli. Vincono il primo premio i coniugi Berkowitz, travestiti da alce. L’alce arriva secondo. Come monta su tutte le furie! Lui e i coniugi Berkowitz si prendono a cornate, lì, in salotto. Si tramortiscono a vicenda. Ecco, dico fra me, il momento opportuno. Acchiappo l’alce, lo lego al parafango e via - torno nei boschi. Sennonché ho agguantato i coniugi Berkowitz. Ed eccomi a viaggiare con due ebrei sul parafango. Laddove vige una legge nello Stato di New York, per cui ciò è severamente vietato il martedì, il giovedì e soprattutto il sabato…La mattina seguente, i coniugi Berkowitz si risvegliano nel bosco in costume da alce. Di lì a poco il consorte viene abbattuto, imbalsamato ed esposto, come trofeo di caccia, al Circolo Atletico di New York. È da ridere, veramente, perché a quel club non sono ammessi gli ebrei. I shot a moose once, Woody (1978)
Breve racconto simbolico con morale poco chiara all'autore stesso [di Aioros]
L'altro giorno ero in fila alla posta: la macchinetta dei biglietti non funzionava, per cui ero in fondo al classico serpentone sbuffante pieno di vecchietti e casi umani assortiti. L'unico sportello attivo era occupato da più di mezz'ora da un ragazzo senegalese che aveva qualche difficoltà a comunicare con lo scazzatissimo impiegato - e che non sembrava per nulla vicino alla risoluzione del suo misterioso problema - quando un tizio all'inizio della coda ha borbottato "quanto ci mette il negro di merda".Immediatamente un signore ben vestito sulla sessantina si è voltato ed è partito con l'ovvia sequenza - "ma come si permette", "lei è un razzista", "si vergogni", eccetera. E' stato allora che ho capito tutto. "Ehi", faccio al signore, "si vergogni lei. Lo insulta solo perché la pensa diversamente sui negri: in effetti si sta comportando proprio come un razzista". Interviene una ragazza più avanti e mi grida, "ma stai zitto, non vedi che anche tu stai discriminando quel signore solo perché discrimina i discriminanti?", al che ho risposto semplicemente "che ne sapete voi femmine". Il primo tizio si è scaldato: "cretino, bisogna avere rispetto per le donne!", un altro ha gridato "bisogna avere rispetto anche per chi non le rispetta!" e cinque minuti dopo erano tutti a menarsi fuori, io ero il primo della fila e del senegalese nessuna traccia.
La Casa di Tonia [di Malvino]
Vi sarà certamente capitata sotto gli occhi la carrellata di volti noti e meno noti del mondo artistico napoletano prestati allo spot televisivo de La Casa di Tonia, iniziativa dell’arcivescovo di Napoli, il cardinal Crescenzio Sepe. Per intenderci, è quello nel quale Beppe Barra (se non lui, un altro tra gli altri) dice: “L’idea è robba di Sua Eminenza”, o qualcosa del genere, comunque con tono molto caldo e complice. Spot fighissimo, chissà quando sarà costato spararlo così spesso e in fasce orarie solitamente salatissime. Cioè: chissà quanto sarà stato scontato, perché caritatevolmente indirizzato. L’iniziativa, infatti, invoglierebbe.Si tratta di costruire – recita il sito web de La Casa di Tonia – “un asilo nido multietnico intitolato a Tonia Accardo, madre coraggio di Torre del Greco morta a causa di un tumore non curato per portare a termine la gravidanza e consentire alla sua bambina di nascere”. In tv non c’era tempo per spiegare chi fosse Tonia, c’era da chiedere l’euro tramite sms (l’obolo, a differenza dell’ovulo, può servirsi della Techne).Tutto molto bello, ma se il mio euro servisse a pagare proprio la targa sulla porta dell’asilo, intitolata ad un esempio di vita ch’io non condivido?Soprattutto, a voler sollevare una questione ingenua fino all’insultante: con un solo pezzo del tesoro di San Gennaro quanti asili si possono costruire per intitolarli a tutte le sante preferite? Ma dove sta scritto che solo lo Stato può dismettere e la Chiesa mai? Pure la regina Elisabetta ogni tanto mette all’asta qualche chincaglieria per benificenza. La monarchia vaticana è quella che ha la manina più rattrappita sui propri gioielli. I principi della Chiesa scenderanno mica nottetempo in duomo per indossarli?Ecco, visto? Si finisce con l’usare argomenti da anticlericali di stampo ottocentesco, di fronte a un clero di stampo ottocentesco.
Lorenzo, simpatico rompiscatole [di Poverobucharin]
Lorenzo Milani mi ha sempre fatto simpatia, ma è la simpatia che si può provare nei confronti di un amico fidato ma un po' stronzo, uno di quelli che prenderesti a pugni e abbracceresti con la stessa passione. Sì, perché Milani è il rappresentante di un cirstianesimo cazzone e cazzuto. Cazzone, perché per giustificare una presunta compatibilità fra cristianesimo e democrazia, arriva a fare dire a Paolo di Tarso che bisogna ubbidire al padrone anche se cattivo, ma non se ordina cose cattive (salto mortale con doppio avvitamento). Cazzone, perché avvicinandosi al pensiero socialista e a quello democratico trascura completamente quello liberale, approdando così ad una concezione assoluta della verità, un po' indigesta per chi si fida del meccanismo popperiano di falsificazione. Cazzone perché trascurava la dimensione ludica dell'apprendimento. Cazzuto perché era arrivato ad un concetto di laicità delle istituzioni che possiamo benissimo sottoscrivere. Cazzuto per le critiche al concetto di autorità, anche se richiò concretamente l'eresia (e da eretico mi sarebbe stato ancora più simpatico. Cazzuto perché, seppure per vie traverse, delinea un concetto di persona che con un po' di sforzo si può intendere come individuo. Mi piace dunque il cristianesimo di Milani? No, ma mi sta simpatico chi rompe le palle, e lui in questo era maestro.
Quando si dice preoccuparsi per le donne [di Galatea]
Il ministro Carfagna si è detta preoccupata perché la pillola abortiva può avere effetti nocivi per la salute delle donne.Non si tratta, beninteso, di moralismo, ma di una motivata e assolutamente innocente ansia per evitare che alle donne possa essere prescritta, da medici laicisti e senza scrupoli, una medicina potenzialmente pericolosa per la loro salute. Strano, però. Si preoccupa solo per la pillola del giorno dopo. Mica che si preoccuppi per un possibile abuso nelle prescrizione di aspirine...
Combattiamo la discriminazione con la musica: Freddie Mercury [di Mariuzzoweb]
Sebbene sia stato aspramente criticato,Freddie Mercury,cantante del gruppo rock Queen, simboleggia ancora oggi un modo di vivere l'omosessualità in maniera del tutto normale. Temendo infatti perdite affettive da parte dei fans e della famiglia,Freddie non rivelò mai apertamente la sua omosessualità;gli anni in cui visse erano si gli anni delle prime "mode" gay,ma in quanto personaggio pubblico, preferì mantenere la sua vita privata lontano da occhi indiscreti. Una testimonianza del suo combattuto stato d'animo si può leggere fra le righe della famosissima canzone Bohemian Rhapsody,di cui pubblico qui di seguito il video e il testo tradotto,cosicchè arrivi anche ad i non anglofoni il messaggio. È questa la vera vita, è questa solo fantasia? Perso in una frana, senza scampo dalla realtà Aprite gli occhi, alzate lo sguardo verso il cielo e vedrete Sono solo un povero ragazzo, senza bisogno di comprensione Perché mi faccio trasportare facilmente Un po' su, un po' giù Comunque il vento continua a soffiare, a me in realtà non importa Mamma, ho appena ucciso un uomo, ho puntato una pistola alla sua testa Ho premuto il grilletto, ed ora è morto, mamma La vita era appena iniziata, ma ora io l'ho gettata via Mamma, ooh Non volevo farti piangere Se non sarò tornato domani a quest'ora Va' avanti, va' avanti, come se niente fosse accaduto Troppo tardi, è giunta la mia ora Ho i brividi lungo la schiena, il corpo duole in continuazione Addio a tutti, devo andare Devo lasciarvi tutti e affrontare la verità Mamma, ooh, non voglio morire A volte desidererei di non essere mai nato Vedo una piccola sagoma d'uomo Spaccone, spaccone vorresti ballare il fandango? Fulmini e saette, molto, molto mi spaventano Galileo, Galileo Galileo, Galileo Galileo figaro, magnifico Ma sono solo un povero ragazzo e nessuno mi ama È solo un povero ragazzo di una povera famiglia Risparmiate la sua vita da questa mostruosità Uno che si lascia trasportare facilmente, uno semplice, mi lascerete andare Per l'amor di Dio! No, non ti lasceremo andare - Lasciatelo andare Per l'amor di Dio! Non ti lasceremo andare - Lasciatelo andare Per l'amor di Dio! Non ti lasceremo andare - Lasciatemi andare Non ti lasceremo andare, lasciatemi andare - Mai Mai lasciarti andare - Lasciatemi andare, non lasciatemi andare mai, ooh No, no, no, no, no, no, no Oh mamma mia, mamma mia, mamma mia, lasciatemi andare Belzebù ha messo un diavolo da parte per me, per me, per me Così pensi di potermi lapidare e sputarmi in un occhio, Così pensi di potermi amare e lasciarmi morire Oh bambina, non puoi farmi questo, bambina Devo solo uscire, devo solo uscire di qui Oh sì, oh sì, niente m'importa veramente, chiunque può capirlo Niente è veramente importante, niente m'importa davvero Comunque il vento continua a soffiare Mario Guagliardo
I’ll come running to see you again [di D.]
"Bella Dani, pensavo che la colazione più glamour della mia vita rimanesse quella che ebbi a Essaouira una decina di anni fa con Nick Cave, e invece no !!! Stamane, ore 9.20, Bar (infinita) Tristesa, from Opera (Mi): Claudio Agostoni !!!" Questa è una mail del Panz che mi è arrivata stamani. Ve ne ho mai parlato? Del Panz, dico. Lui e il Bepi sono i miei due colleghi. Limitartli a 'colleghi' è decisamente troppo poco.. Ci divertiamo come matti, litighiamo come matti, ci vogliamo bene come matti. Ci cerchiamo, sempre e comunque. E dovunque ci troviamo. Col Bepi c'è un rapporto di amore e odio. Ci adoriamo ma… caspita se discutiamo! Siamo due teste dure, e a volte lui usa un tono che a me manda in bestia. Mi accompagna a fare shopping, sempre. Io nei negozi sono rapida ed indolore Mi porta in camerino abiti che nemmeno avrei notato, e ci azzecca sempre. Poi mi da sempre molta soddisfazione quando esco dalla tendina e mi vergogno. Ha gusti molto diversi dai miei. Mi fa leggere libri e mi fa ascoltare dischi che mai comprerei. E mi piacciono ogni volta. Ridiamo per tutto e tutti, come con il Panz. Io ho una memoria di ferro, il Bepi meno, perciò quando si impunta su alcune cose e crede di avere ragione, la mia soddisfazione nel dargli il ben servito è immensa. Ci confidiamo anche molto, a nostro modo. Facciamo la telecronaca via sms dei programmi più trash del mondo. Lui cade spesso nell' "indie" e io cerco di resistere. Siamo tutti e due snob a vicenda. Lui un po' di più. Ad italia wave si è offeso perché gli ho detto che tal gruppo non gli piaceva solo perché non l'aveva scoperto lui. Un fondo di verità c'era secondo me. ma è vero che gliel'ho detta proprio da stronzetta quella cosa. Il Bepi ogni tanto rinnega il suo paesino veneto dal quale proviene, se lo sente ancora stretto quando ci ritorna. Sta da Dio nella grande metropoli. Il Bepi ha la capacità di chiedermi la stessa identica cosa dieci volte in un'ora. Il Bepi si preoccupa molto della mia salute fisica e non. Adora la mia pancia che aumenta giorno dopo giorno e le mie borse sotto gli occhi. È molto protettivo con me. Ha paura che mi faccia male. Devo a lui la mia ottima dizione.. eheh E' veneto e stando accanto a lui da ormai tre anni e mezzo, ho preso a parlare come lui, con vocali chiuse etc. Bepi mi porta quasi sempre un cioccolatino quando torna dal pranzo. Bepi mi vede sempre quando picchio contro qualche mobile e mi ride in faccia per mezz'ora. Conosce i miei gusti ed è sempre attento a ciò che faccio. Mi imita quando scrivo gli sms, mi descrive cosa faccio con il viso mentre digito e mi fa troppo sorridere. A me e al Bepi piace pranzare insieme, magari nella piazzetta S. Alessandro dietro alla Fnac. Tengo molto alla sua opinione. Poi faccio di testa mia, ma ci tengo molto. Ai concerti e ai festival è una delle persone con cui mi diverto di più. Facciamo gli scemi, adocchiamo i personaggi famosi e non, ridiamo, e continuiamo a fare gli scemi. Diamo fastidio a volte, e me ne rendo conto, perché ci capita di ridere e parlare di cose che sappiamo solo noi. Ma succede. Come con il Panz. Mi ricordo tutto di lui. Ogni cosa che mi ha raccontato da quando lo conosco. E se ne stupisce. La cosa che ha apprezzato di più è quando mi sono ricordata di un episodio a distanza di tempo, una strana storia di occhiali caduti per sbaglio dalla finestra di casa sua. Me ne racconta sempre tante di storie. Le sa raccontare trooooppo bene! Parliamo di storie di paese, leggende metropolitane, avventure familiari. E ridiamo. Lui di me e io di lui. Io non mi stanco mai di sentirlo parlare, e lui – lo spero – non si stanca di sentire parlare me. Per questo mi ha prestato 'Big fish' di Burton che non avevo mai visto. Ed è per questo che mi è piaciuto tantissimo. Per me e il Panz non c'è niente di banale, niente di cui vergognarsi mai. Abbiamo quasi vent'anni di differenza ma è come se fossimo della stessa generazione. Ci scriviamo un sacco di mail e ci dedichiamo un sacco di canzoni. Una delle più belle è "E ti vengo a cercare" di Franco Battiato, specie la frase "e ti vengo a cercare perché in te riconosco le mie radici". Il Panz fa il tifo per me, per il mio lavoro. Dice che certe cose che faccio è come se le vivesse anche lui. Io e il Panz amiamo stare in mezzo alle persone, osservarle ed emozionarci con e per loro. Le persone comuni per noi diventano dei miti. C'è il sosia di Andrea Mingardi che incontriamo quando torniamo a casa. Spesso dopo di lui incontriamo un ragazzo con un difetto di camminata, e più raramente (infatti è lui il vero mito), incrociamo un ragazzo con gli occhi a palla e uno zainetto giallo. Anche la volvo rossa parcheggiata di fronte al fruttivendolo in porta Ludovica è diventata un mito. Quando c'è. Ridiamo davvero di e per ogni cosa. Il Panz riconosce il mio profumo. Amiamo Roma e i romani, la loro romanità. Ci piace quando intervistano uno famoso, ci piace sentire le cose che dice, le cose che racconta. E se non le sentiamo insieme quelle cose, ce le segnamo per raccontarcele il giorno dopo. Lui è trasversale. Come me. Insieme andiamo a vedere un sacco di cose che molti trovano "da sfigati". Ma a noi è proprio per quello che ci piacciono. Adoriamo giuliano palma e i suoi balletti, carlo verdone, venditti e tutti i romani per le cose e il modo in cui le raccontano. Ci piacciono il calcio, Maurizio Milani, Bergonzoni, Van De Sfroos, Agostoni, Nanni Moretti… tutti i suoi film. Ci piace andare in piazza XXIV maggio a mangiare il pesce fritto al botteghino. A volte in Panz si incupisce. Dice di non reggere più di una persona alla volta, allora prende, esce e se ne va via da solo. Poi ritorna il solito Panz. Sono convinta che a lui piaccia molto il modo in cui racconto le cose. Mi entusiasmo mentre lo faccio, e lui apprezza, e mi invoglia a raccontargli tutto. Anche le cazzate più cazzate che a volte rimangono pensieri e basta. Penso che il mio essere così ingenua a volte sia la stessa cosa che invece non piace molto al Bepi. Non è poi che sia ingenua io, è solo che non seleziono, che mi va bene quasi tutto, che non sono molto selettiva nelle cose che faccio. Mi diverto sempre. O meglio, mi diverto comunque. Il Bepi ti prende in giro sempre sempre. Ti prende in giro e poi ride come un pazzo e tu non puoi fare a meno di ridere insieme a lui. Anche se è la decima volta che ti scherza sulla stessa cosa. Il Panz è cinico e a volte quando è così mi sta antipatico. Anche se per questa mia affermazione gli devo ancora una spiegazione. Il Bepi mi adora quando indosso il maglione blu bucato con sotto la maglia arancione. Il Panz mi adora in versione dani stripes, specie quando indosso il maglione giallo e grigio a righe. Io adoro il Bepi quando ha il maglione grigio e rosso carminio. E quando mette le Puma, quelle belle. Io adoro il Panz quando mette le kickers e la mia camicia verde preferita. In realtà adoro il Panz quando in estate indossa i pantaloni di raso blu gessati melanzana. Ma non li mette quasi più. Il Bepi è uno che ti abbraccia forte prima di salutarti per andare a casa. E quando gli chiedi: "Mi vuoi bene?", Lui ti risponde: "Abbastanza". Il Panz mi permette di camminare alla sua sinistra (non lo lascia fare quasi a nessuno, dice). La sua frase di saluto è sempre: "Ci sei domani?" E mentre stai guardando un concerto, mentre non te lo aspetti, ti si avvicina e in un orecchio ti dice: "Non so se tra tre anni saremo ancora amici, ma ti vorrò bene per sempre". Tutti e due ogni tanto si chiedono se sarò ancora amica loro da qua a qualche anno. Io non me lo chiedo perché lo so già che sì, sarò ancora al loro fianco. Il Bepi ti manda una mail con scritto: "Leggi qui, sembri tu" È il link di un blog di una ragazza che ha da ridire su tutto. E ha ragione, sembro io. Il Bepi mi sgomita in strada per farmi notare come è vestita una ragazza. Il Panz aspetta il mio pungente commento su come è vestita quella ragazza. Io e il Bepi uno accanto all'altro è difficile che riusciamo a starci. Abbiamo entrambi il vizio di tagliare la strada quando camminiamo, e se lo facciamo insieme ci scontriamo di continuo. Per quanto non mi piacciano affatto i rapporti esclusivi, ammetto che con loro due mi è difficile non crearli. Bepi, il Panz ed io siamo belli da vedere. Insieme, noi tre. Siamo come Cip & Ciop. Dove Bepi è Cip, Panz è Ciop e io sono quella & commerciale in mezzo. Commerciale, molto commerciale. Difficile da scrivere i primi tempi. E quando pensi di averci fatto l'abitudine, la volta dopo che devi scriverla ti ci fermi a pensare un istante. Quella 'e' commerciale che si impara ad apprezzare con calma, molta calma. Che per digitarla sulla tastiera non c'è un accesso diretto: bisogna prima passare per un altro tasto. Che puoi sostituirla con qualsiasi altra 'e', ma non sarà mai la stessa cosa. Non avrà mai lo stesso significato, perché a volte tra una cosa e l'altra ci sta bene solo quella &. d.
Ritorno a Beirut [di Naj You]
Sono di nuovo a Beirut. Al controllo passaporti mi chiedono il luogo di provenienza, confusi dal nome orientale su un documento occidentale. Succede sempre anche in Italia, ormai ci ho fatto l’abitudine. La mia risposta in arabo provoca un sorriso divertito e un cordiale saluto di benvenuta. In poco tempo sono fuori dall’aeroporto: c’è il sole, il cielo è limpido e l’aria calda e accogliente. La prima volta che venni qui si era appena conclusa la guerra civile ed ero ospite di una zia che abitava in un quartiere-baraccopoli arrangiato nei pressi della pista dell’aeroporto. Le case erano di cemento mitragliato e lamiere e gli aerei scendevano talmente bassi che ad ogni atterraggio sembrava stessero precipitando su di noi. Dalle strade bucherellate emergevano sprazzi di terra rossiccia impregnata di puzza di benzina mista a odore di mare e cibo. Ero circondata da segni di vita e tracce di morte: l’orrore dei 150,000 civili ammazzati, intrappolato ormai per sempre in cumuli di macerie, proiettili conficcati e palazzi sventrati, conviveva con la vitalità spensierata dei sopravvissuti e dei bambini che facevano capolino da quegli stessi frammenti di case a rischio di crollo improvviso. La strada che conduce in centro è stata finalmente riaperta dopo il blocco dei giorni scorsi, causato dall’improvviso degenerare della crisi politica. Beirut è una metropoli-cantiere costruita su un territorio disomogeneo che va dal roccioso lungomare fino alle verdi montagne sovrastanti. In questi anni sono spuntati quasi dal nulla numerosi edifici che riflettono i raggi del sole e le calde onde del Mediterraneo. Sono in gran parte alberghi di lusso, centri commerciali all’americana o sedi di grosse multinazionali estere, costruiti con i fiumi di dollari provenienti dal ricco occidente. Ma ci sono ancora interi quartieri poverissimi e disperati abbandonati a se stessi da sempre. E’ difficile trovare vie di mezzo: l’estremo lusso squarcia la visuale dell’osservatore tanto quanto l’estrema povertà, confondendolo con apparenti e improvvisi sbalzi spazio-temporali dai contorni sfumati e psichedelici. Non si fa in tempo a ricostruire che si ricomincia a distruggere, e passato e presente diventano una cosa sola. Luoghi di culto cristiani e musulmani sono liberamente sparsi in ogni parte della città: moschee e chiese -cattoliche, ortodosse, maronite-sfiorano dolcemente gli animi dei fedeli con il flebile ma costante eco delle preghiere, amplificato dai microfoni dei minareti accompagnati dai ritocchi dei più decisi campanili. La moschea più maestosa è quella della piazza principale, conosciuta come Piazza dei Martiri, abbagliante sia di giorno che di notte nei suoi brillanti oro e turchese. Sulla cima della montagna si erge un Santuario dedicato alla Madonna, raggiungibile in funivia. Il Museo Nazionale di Beirut, colpito in passato dalla follia bellica, protegge ancora nelle sue teche le meravigliose eredità archeologiche delle antiche civiltà Fenicia, Romana, Ellenistica e Bizantina, attratte nei millenni dall’ancor oggi ambita posizione geografica a cavallo tra oriente e occidente. Giovani soldati dell’esercito nazionale sorvegliano con i mitra in mano i principali incroci stradali, protetti dalle ombre dei carri armati spenti. Il traffico non ha orari e scorre caotico intrecciandosi agli angoli dei quartieri che compongono la città. Per strada vecchie Mercedes scolorite corrono all’impazzata accanto a imponenti Suv americani, motorini sgangherati e pulmini impolverati senza portiere o finestrini carichi di donne e bambini al vento. Ogni tanto compare un mini-carretto di venditori ambulanti di cocomeri, patate o spremute d’arancia tenute al fresco da pezzi di ghiaccio. Chiassosi gruppi di scolaresche di ogni religione e ceto sociale affollano i marciapiedi interrotti per l’uscita dalle scuole arabe, francesi e americane. Uomini e donne guidano in modo folle, e non potrebbero fare altrimenti. Il codice della strada non esiste e l’unica regola vigente in questa giungla urbana trasformata in pista da corsa obbligata è la legge del più forte a premere l’acceleratore. Per le comunicazioni tra vetture c’è invece il clacson. Suonare il clacson serve a strappare la precedenza agli incroci, a non fermarsi agli stop, a prenotare un parcheggio in prima o seconda fila, a passare con il rosso, a tagliare la strada, a preannunciare un sorpasso da e verso qualsiasi direzione e, infine, a catturare l’attenzione di ogni essere umano avvistato a piedi, potenziale cliente per i migliaia di taxi circolanti. I mezzi pubblici scarseggiano, pertanto prendere un tassì o un pulmino-taxi è l’unico modo per spostarsi rapidamente se non si possiede una vettura. Il prezzo di una corsa è davvero irrisorio e si punta sul numero dei passeggeri. Il mio taxi senza finestrini procede spedito come gli altri, fermandosi comunque a caricare altre persone come se io non ci fossi. Dopo essere passata accanto ai disumani campi profughi palestinesi immersi nel fango e nella polvere, senza acqua e senza cibo, arrivo a destinazione nel popolare quartiere sciita, il cuore bollente della resistenza. Qui dovrebbe vivere in gran segreto uno degli uomini attualmente più ricercati al mondo, ovvero il capo politico e spirituale del partito Hezbollah, nato nel 1982 in seguito all’invasione israeliana del Libano. Gli sciiti hanno sempre creduto in lui anche per motivi religiosi: Hasan Nasrallah è un Sayyed, cioè un diretto discendente del Profeta. La sua forza politica è direttamente proporzionale alla percepita minaccia di un ennesimo attacco di Israele e al concetto di fratellanza e unità nazionale indipendentemente dal credo religioso, frequentemente enunciato nei suoi discorsi televisivi censurati dall’occidente. Il suo partito musulmano-sciita si è alleato politicamente con quello cristiano-maronita e oggi sono entrambi all’opposizione. In passato questi due gruppi religiosi rappresentavano gli estremi delle diseguaglianze sociali ereditate dalla colonizzazione francese, sfociate poi nella sanguinosa guerra civile. Dopo aver lasciato le valige decido di fare un giro a piedi nel quartiere per vedere cosa è cambiato stavolta. Un anno e mezzo fa venni a filmare e fotografare le voragini lasciate dai bombardamenti dell’estate 2006, e per poco non fui scambiata per una spia occidentale. Soltanto grazie ai miei documenti libanesi riuscimmo a convincere gli allarmati e armati addetti alla sicurezza a non arrestarmi. Non è invece andata altrettanto bene a un deputato francese che poche settimane fa è stato trattenuto per aver fotografato la zona sprovvisto di autorizzazione. Camminando a piedi vedo che anche qui è stato ricostruito più della metà di ciò che era stato abbattuto. Molti finanziamenti provengono dall’Iran, interessato alla questione libanese per le problematiche con Israele. Molti altri provengono invece dall’America e dall’occidente, interessati alla questione libanese per le problematiche con l’Iran. Un micidiale intreccio politico-economico mascherato dalle diversità religiose e dai presunti odi razziali reciproci. Al centro di questa ragnatela mortale è intrappolato il piccolissimo paese dei cedri, che da secoli tutto osservano senza scomporsi mai come se già sapessero come andrà a finire. La città vive di turismo ed è piena di mataaem, cioè luoghi per mangiare. Ci sono caffetterie e ristoranti di tutti i tipi, rosticcerie e gelaterie, pizzerie e fast food. Gli odori dei cibi più esotici e speziati si mescolano alle succulenti prelibatezze mediterranee, riempiendo l’aria di fame che non tutti potranno soddisfare. Tutto questo accanto a banche, supermercati, tabaccherie di narghilè e negozi d’abbigliamento prevalentemente “made in Lebanon”, ma non solo. Per i vestiti più chic o firmati è necessario recarsi al Hamra, ovvero nel ricco e lussuoso centro di Beirut, recentemente colonizzato dalle principali case di moda italiane e francesi. Osservo le donne e mi accorgo che il foulard per coprire i capelli è sempre meno usato e comunque in sintonia con jeans e magliette aderenti all’ultima moda, tacchi altissimi e unghie e bocche dipinte di rosso anche nelle più insospettabili figlie del Sud. Ogni tanto si intravede un’abaya in movimento, una sorta di mantella nera leggerissima e opaca che avvolge morbidamente le donne da capo a piedi, comoda soprattutto per uscire di casa senza cambiarsi d’abito. Sono le mogli dei più intransigenti, ma sono davvero poche rispetto alla maggioranza delle ragazze, bellezze floride e indistinguibili da quelle di casa nostra se non per la spensieratezza con cui affrontano l’esistenza. La tendenza generale è che qui non c’è tempo per deprimersi o lasciarsi imbruttire dalla malinconia : qui si vive che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, e si percepisce più che altrove. La guerra in tutto il Medio Oriente è un fischio acutissimo, un improvviso rumore assordante, i vetri che iniziano a tremare, i bambini a piangere tappandosi le orecchie e le persone ad abbracciarsi, inutilmente. Sotto il suono ininterrotto delle bombe il cervello è saturo di adrenalina, il battito accelerato, il respiro affannato tra vampate di calore e sudore gelido. I muscoli di gambe e braccia tremano spasmodicamente in preda al terrore, è iniziato l’infinito conto alla rovescia della nostra condanna a morte. Offuscati dal delirio si potrebbe fare qualsiasi cosa, l’ultimo gesto per il quale si sarà ricordati o dimenticati. Non si ha nulla da perdere, se non il proprio corpo avvelenato dalla rabbia e una mente irrecuperabile contaminata da impotenza, dolore e frustrazione sedimentatesi negli anni fino a diventare un veleno amaro e vischioso, un cancro inestirpabile che darà vita ad altro terrore e ad altre morti inutili. Giustizia e vendetta si uniscono e confondono in un abbraccio mortale, diventando l’unica arma di riscatto possibile contro il tragico destino riservato a questa gente da coloro che decidono per le vite degli altri stando comodamente seduti in poltrona. Adesso però siamo in un momento di pace, ed è come stare in Paradiso. Qualsiasi problema quotidiano scompare di fronte allo scampato rischio di andare a letto e rimanere spiaccicati sotto il proprio condominio sbriciolato. Perciò, nei momenti di calma tra una guerra e l’altra, regna una leggerezza d’animo lontana anni luce dai turbamenti esistenziali di noi occidentali. I disturbi psicologici e le nere depressioni sono solo un capriccio di pochi, di quelli che non hanno niente di serio a cui pensare e possono permettersi l’acquisto dei costosi farmaci non rimborsati dallo Stato. La mia visita in questi giorni coincide con l’apparente soluzione di una grave e ormai lunghissima crisi politica. Nonostante la caduta del governo nel novembre di due anni fa, il Primo Ministro Siniora non si è dimesso, forte dell’appoggio delle democrazie occidentali che hanno continuato a sostenerlo anche se costituzionalmente illegittimo. Da allora si è rintanato nel palazzo governativo suscitando la protesta di migliaia di giovani libanesi rimasti accampati mesi e mesi sotto le sue finestre con tende e tamburi. Un sit-in tanto pacifico quanto inutile. Solo qualche giorno fa, dopo l’ennesimo rinvio delle elezioni presidenziali, aveva giocato la sua ultima carta e ordinato di arrestare alcuni membri vicini ai partiti dell’opposizione cristiano-musulmana. Il direttore dell’aeroporto era stato destituito in quanto simpatizzante sciita e in poche ore il Libano era isolato dal resto del mondo con i suoi abitanti prigionieri del proprio destino. Le strade per il Sud e per Damasco erano state bloccate, l’aeroporto, le scuole e le università nazionali e internazionali chiuse a tempo indeterminato. Poteva fuggire solo chi aveva la doppia cittadinanza e la protezione dell’Ambasciata di appartenenza, sempre e comunque i più ricchi e fortunati. Si erano accesi i primi focolai di guerriglia urbana, alcuni manifestanti erano stati uccisi, alcuni quartieri occupati, negozi saccheggiati, il tutto secondo uno schema già visto e rivisto. Erano iniziate le scorte di viveri nei pochi supermercati ancora aperti. Ogni tanto saltava la corrente, ma solo in periferia. Le fazioni rivali avevano iniziato a scontrarsi anche nel nord del paese, su internet era apparso il video di un orrendo massacro prontamente oscurato dopo 24 ore. Dicevano fosse stato compiuto su mandato del governo. Sembrava la fine. Invece, dopo le tensioni dei giorni scorsi, stasera ci saranno i festeggiamenti per la crisi risolta. Grazie alla mediazione di un paese del Golfo Persico il governo ha ritirato gli ordini di arresto emanati contro i rappresentanti dell’opposizione, scoperchiando in extremis una pentola a pressione che era sull’orlo del collasso. Dopo ore e ore di riunioni e consultazioni è stato finalmente eletto il nuovo Presidente della Repubblica con il consenso di tutte le parti. Per tradizione doveva essere cristiano-maronita, e la tradizione è stata rispettata: è il Generale Suleyman. Un grandissimo sospiro di sollievo pervade tutto il Paese. In poche ore tutto torna alla normalità. Le saracinesche vengono rialzate, scuole e università riaprono come se non fosse mai successo nulla. La gente non parla di politica con gli sconosciuti, dall’altra parte non si sa mai chi si ha davanti. Cristiano o musulmano? Se cristiano, ortodosso o maronita? Se musulmano, sunnita o sciita? I tratti somatici delle diverse razze sono ormai indistinguibili, anche tra i figli degli emigrati all’estero i cui geni si sono mescolati a quelli degli altri continenti; la lingua parlata è la stessa come pure la terra che ogni giorno viene calpestata. In fondo siamo tutti libanesi e una sola cosa è certa: nessuno vuole un’altra guerra, le ferite del passato bruciano ancora. Scendo in strada anche io. La città si è riempita dei colori di tutti i partiti politici e delle immagini dei prigionieri di guerra e dei martiri. I clacson suonano più all’impazzata del solito e si spara non per uccidere ma per festeggiare l’ennesima rinascita. Nella bellissima piazza centrale viene montato un palco, proprio sotto il palazzo del governo, e organizzati concerti con i cantanti più amati. Artisti e costumi tradizionali appaiono all’improvviso come da un gigantesco teatro all’aperto. I Drusi della montagna, considerati eretici dall’islam tradizionale, sono i più pittoreschi: turbante, baffi all’insù e pantaloni alla zuava in luccicante rosso bordeaux accompagnato da scimitarra, vera o finta non si sa. Decine di fuochi d’artificio colorati risvegliano fischiando il cielo della notte, elettrizzato da un’atmosfera a metà tra il capodanno e il carnevale, ma forse più carnevale perché potrebbe essere uno scherzo e fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio. Il centro si riempie di talmente tanti giovani che non c’è spazio per camminare. E’ incredibile la velocità con cui si riesce a passare da uno stato di guerra imminente a uno di pace apparente. In ogni angolo della piazza ci sono gruppetti di ragazzi che ballano il tradizionale dabkè, ammaliati e storditi dai tabacchi profumati e dolciastri dei narghilè con retrogusto proibito. Uomini e donne si muovono in cerchio tenendosi per mano e disegnando ampie figure omogenee governate dai tamburi impazziti. I passi sono veloci e non semplicissimi ma nessuno trova difficoltà, a parte la sottoscritta. La testa gira, fa caldo, si suda, manca l’aria, eppure il corpo non riesce a fermarsi, travolto dall’euforia di una felicità tanto intensa quanto effimera. Passati i primi giorni di festa, decido di lasciare Beirut e scendere verso Sud, nei pressi del contingente italiano dell’Unifil. Il paesino verso cui sono diretta era l’ultimo al confine con il territorio occupato nel 1982. Quando vidi il paesaggio la prima volta sembrava una cartolina ingiallita di inizio novecento. Colline brulle con rocce e cespugli spinosi sparsi qua e là, tratti di vegetazione più fitta e boschiva, un fiume tra le montagne in cui ci si faceva il bagno vestiti (il costume era ed è ancora haram, cioè peccato) e pastori e mucche e agnelli a pascolare con i campanelli al collo. Ogni 5 km un posto di blocco su bianche strade sterrate e polverose. La corrente elettrica era ancora un’utopia. Più giù, al confine, il territorio occupato da cui partivano sibilanti razzi che a volte colpivano i campi e a volte le abitazioni. “Quando colpirono casa nostra fortunatamente non c’eravamo. Una granata era esplosa in giardino e le schegge avevano spezzato le inferriate delle finestre, trasformandole in pericolosissimi proiettili lunghi decine di centimetri. Uno di questi si era infilato in un mobile e da lì conficcato nel muro per metà della sua lunghezza. Un’altra volta un missile colpì l’ultimo piano abbattendo tutta la parete della cucina. Spesso, di notte, si sentivano colpi di mitra, elicotteri e carri armati in movimento: erano i combattimenti tra resistenza e occupanti. Il giorno dopo c’era sempre un funerale”. Dall’altra parte del filo spinato che segnava il confine, su una collinetta, spiccava un basso edificio di cemento suddiviso in cellette grandi sì e no 1 metro quadrato prive di finestre, nelle quali i prigionieri di guerra libanesi venivano ammassati e torturati. Le mura delle celle erano intasate da un odore nauseabondo. C’è sempre stato il divieto di filmare o fotografare la struttura; durante l’ultima guerra le bombe israeliane ne hanno cancellato ogni traccia, lasciando solo l’eco delle urla dei torturati morti o sopravvissuti a vagare come fantasmi nei boschi sottostanti. Al paesaggio di allora si sono aggiunte meravigliose ville con giardini e pergolati costruite da chi ha fatto fortuna all’estero e viene qui a villeggiare, attratto dal clima fresco e ventilato. Sono invece uguali ad una volta le casette dei poveri contadini o artigiani che, iscrivendosi al partito della resistenza hezbollah, arrotondano le scarse entrate mensili con un sussidio che garantisce loro il cibo per tutta la famiglia. Arrivo nel paesino ed entro in una di queste basse abitazioni di cemento circondate dalle colline. Le finestre non hanno vetri e l’arredamento è costituito da una grande stuoia di paglia con sopra dei cuscini disposti lungo le pareti e a fungere da divani. “La mia antenata nacque e crebbe in una casa come questa. Era devotissima e misteriosa. All’età di quindici anni venne data in sposa a un commerciante Sayyed, ma non per questo smise di lavorare. Con i risparmi accumulati acquistò una mucca per la quale era invidiata da tutto il paese, finché una volta, incinta, venne rabbiosamente malmenata da una vicina delirante per i morsi della fame. Fu una madre fecondissima, ma dopo qualche anno il marito la derubò e si risposò altre tre volte, generando un’infinità di discendenti. Non si arrabbiava né scomponeva mai, ma da allora chiunque le mancava di rispetto veniva colpito da maledizioni che puntualmente si avveravano”. Mi vengono offerti un tè e dei semi di zucca. Alle domande da dove vengo e com’è la vita in Italia rispondo sinteticamente, mi vergogno della mia condizione privilegiata. Quando mi chiedono se si sta meglio qui o lì rispondo con diplomazia: hasab, dipende. I bambini più piccoli, scalzi e in mutande e canottiera, giocano per terra con delle mollette per stendere la biancheria; la ragazza più grande sta invece badando al pranzo sul fuoco. Oggi si mangia riso con lubia (taccole) al pomodoro. E poi pane, olive, uova, formaggio caprino e yogurt. La carne più economica è il pollo ma in generale viene consumata in coincidenza delle feste religiose o se si hanno ospiti importanti. Il pranzo è pronto e mi unisco a loro come la tradizione impone anche quando l’ospite è inatteso. Si pranza normalmente nei piatti, seduti per terra a gambe incrociate su una stuoia apparecchiata con una tovaglia plastificata. Il primo a essere servito è il capofamiglia. I bambini, seduti composti, mangiano tutto voracemente senza lamentarsi né del sapore né della quantità. Anche la verdura viene assaporata e gustata senza fare capricci. Dopo aver mangiato prendono un portafoto e mi raccontano del primogenito morto nei combattimenti, delle televisioni rubate e delle case bruciate dagli occupanti. Eppure loro sono orgogliosi di avere un figlio che si è sacrificato per la Patria. Ne parlano lucidamente e con tranquillità, come se fosse lì ad ascoltarli, certi che prima o poi lo rincontreranno. La morte non è perdita di una parte di se stessi ma solo del corpo del defunto. Le famiglie povere del Sud sono ancora strutturate in maniera patriarcale, tanti figli nonostante l’incertezza economica e ragazze che vengono date in sposa giovanissime al primo buon partito che chiederà loro la mano. Grazie alla dote offerta dal futuro sposo potranno acquistare degli abiti da signora, scarpe con i tacchi e qualche gioiellino d’oro da indossare il giorno del fidanzamento ufficiale (katab kteb, letteralmente “scrittura del contratto”) e quello del matrimonio. Il fidanzamento serve a frequentarsi e conoscersi il più possibile nel pieno rispetto della religione, tutelati da un contratto che potrà essere disdetto da entrambe le parti in caso di incompatibilità. Mi chiedono se sono sposata, dico di no, come mai, sei grande. Spiego loro che in Italia non è più così, non ci sposa tanto presto, anzi, ma la cosa li stupisce ancora di più perché non concepiscono l’idea di vivere senza fare figli o di farli “da vecchi”: è contro natura. Sorrido, le problematiche economico-sociali che assillano la generazione italiana sono troppo lunghe e complicate per essere spiegate, preferisco passare per zitella. La mia visita è terminata, saluto e me ne vado. “Torna a trovarci quando vuoi”. “Se Dio vuole, tornerò”. Rientro in città con la sensazione di aver fatto l’ennesimo sbalzo spazio-temporale. Quando arrivo è ormai sera tardi e il centro di Beirut è bloccato dal traffico dei giovani benestanti pronti a tuffarsi nella vita notturna. La voglia di vivere e divertirsi è più forte di qualsiasi altra cosa. Canzoni arabe e straniere si mescolano nell’aria, uscendo a tutto volume dai finestrini abbassati delle automobili nuove fiammanti. Alberghi, ristoranti, pub, discoteche e casinò sono a pochi metri dal mare, illuminatissimi e brulicanti di persone. Sembra di essere nel pieno delle vacanze estive: gruppi di ragazzi, passeggini e coppie avvinghiate camminano su e giù con i gelati in mano. L’aria profuma di acqua salata e le stelle ricambiano gli sguardi con luccicanti occhiolini che movimentano il cielo della notte. Ma il buio nasconde i resti di un passato che sembra voler rincorrere queste vite per l’eternità. Dopo qualche giorno di tranquillità e gli scoppiettanti festeggiamenti c’è di nuovo qualcosa che non va. Ieri sera un ragazzo è stato accoltellato alla schiena in mezzo alla strada e in circostanze misteriose. Alcune vie sono state bloccate per qualche ora e sono aumentati i soldati dell’esercito agli angoli delle strade. Dall’America sono appena arrivate in regalo centocinquanta gigantesche jeep che aiuteranno a “mantenere l’ordine pubblico”. L’ex primo ministro si stava finalmente ritirando dopo gli accordi di Doha ma è stato prontamente richiamato all’ordine da una telefonata intercontinentale. E così, nonostante tutto, è stato riconfermato anche a capo del nuovo governo. In Libano è ricominciato il conto alla rovescia. Sguardi e bocche assetate e ingorde sono puntate qui da secoli, e lo saranno fino a quando non avranno spremuto questo succoso frutto fino all’osso. “Abbonderà il frumento nel paese, ondeggerà sulle cime dei monti, il suo frutto fiorirà come il Libano”. Dicono che d’estate ci sarà un’altra guerra.
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