Una delle argomentazioni che vanno per la maggiore tra chi si oppone al disegno di legge sui Di.Co. consiste nel sostenere che essi sarebbero inutili, perché i diritti che conseguono al matrimonio possono ugualmente essere garantiti attraverso contratti di altro tipo.
L’affermazione, presa di per sé, è perfino suggestiva, se non fosse che a ben guardare essa si rivela palesemente infondata: il diritto successorio, tanto per fare un esempio, discrimina le coppie sposate rispetto a quelle non sposate, e crea una serie di disparità che non sono sanabili neanche andando da un notaio e facendo testamento.
La normativa sulle successioni, infatti, limita fortemente la possibilità del testatore di disporre liberamente del proprio patrimonio, individuando una serie di soggetti (i cosiddetti "legittimari") ai quali una certa quota dell’eredità deve essere destinata per legge: nelle situazioni pratiche questo meccanismo produce alcune evidenti disparità di trattamento, alle quali, contrariamente a quanto vanno blaterando in molti, non è possibile porre riparo, se non attraverso un intervento legislativo specifico che modifichi le norme attualmente in vigore.
Mi scuserete, quindi, se torno a indossare i panni del commercialista per qualche riga e vi propongo tre esempi tecnici per chiarire la situazione: d'altra parte deve pur arrivare, il momento in cui le fandonie che ci raccontano vengono smascherate, o sbaglio?
ESEMPIO N. 1
Il Signor Mario è sposato con la Signora Luciana, con la quale ha messo al mondo un figlio. Il Codice Civile (art. 542) stabilisce che, alla morte del Signor Mario, al figlio dovrà essere riservato un terzo dell'eredità, mentre un ulteriore terzo spetta alla moglie; il Signor Mario, quindi, potrà disporre liberamente solo del terzo residuo.
Se il Signor Mario e la Signora Luciana hanno un figlio ma non sono sposati, le cose cambiano. L’art. 537 del Codice civile, infatti, stabilisce che in mancanza del coniuge al figlio dovrà essere riservata la metà del patrimonio ereditario, mentre l’altra metà rimarrà nella libera disponibilità del testatore.
Supponiamo, a questo punto, che il Signor Mario decida di lasciare al figlio un terzo del proprio patrimonio, e alla compagna i due terzi residui: qualora lui e la Signora Luciana siano sposati potrà farlo, disponendo in sede testamentaria del terzo residuo delle sue sostanze; in caso contrario dovrà accontentarsi di destinare alla compagna la metà dei suoi averi, poiché l’altra metà è per legge riservata al figlio.
ESEMPIO N. 2
Il Signor Mario è sposato con la Signora Luciana, con la quale ha messo al mondo due figli. In questo caso il Codice Civile (art. 542) stabilisce che ai figli dovrà essere riservata la metà del patrimonio ereditario, mentre un ulteriore quarto spetta alla moglie; il Signor Mario, pertanto, potrà disporre come meglio crede del residuo quarto.
Se il Signor Mario e la Signora Luciana, avendo due figli, non sono sposati, la faccenda è diversa: l’art. 537 del Codice Civile, infatti, stabilisce che in mancanza del coniuge ai figli dovranno essere riservati i due terzi dell'eredità, mentre il Signor Mario potrà disporre liberamente del terzo residuo.
Supponiamo ora che il Signor Mario desideri lasciare la metà del proprio patrimonio ai figli e l’altra metà alla compagna; egli potrà farlo, disponendo in sede testamentaria del quarto residuo delle sue sostanze, soltanto nel caso in cui quest’ultima sia sua moglie; in caso contrario, potrà destinarle soltanto un terzo delle sue sostanze, giacché i due terzi sono per legge riservati ai figli.
ESEMPIO N. 3
Il Signor Mario e la Signora Luciana sono sposati e non hanno figli: in tal caso il Codice Civile (art. 544) stabilisce che la metà del patrimonio ereditario dovrà essere riservato al coniuge, mentre un quarto dovrà essere riservato ai genitori del Signor Mario, il quale potrà liberamente disporre del residuo quarto.
Se al Signor Mario e alla Signora Luciana proviamo a sostituire il Signor Giorgio e il Signor Luca, ovviamente non sposati perché impossibilitati a farlo, la musica cambia. In tal caso vale quanto disposto dall’art. 538 del Codice Civile, a norma del quale, in assenza di coniuge e di figli, ai genitori del defunto dovrà essere riservato un terzo del patrimonio ereditario, mentre i residui due terzi resteranbno disponibili per diverse destinazioni testamentarie.
Supponiamo, a questo punto, che il Signor Mario desideri lasciare i tre quarti del suo patrimonio a sua moglie: egli potrà evidentemente farlo, disponendo in sede testamentaria del quarto disponibile dei suoi averi; il Signor Giorgio, invece, pur avendo la stessa intenzione, dovrà accontentarsi di lasciare al suo compagno solo due terzi del proprio patrimonio, poiché il terzo residuo è per legge riservato ai suoi genitori.
Dopo aver letto questi brevi esempi un fatto dovrebbe essere chiaro: l’affermazione secondo la quale la legge sui Di.Co. sarebbe inutile è completamente priva di fondamento: le persone che non intendono (o che non possono) accedere all’istituto del matrimonio sono effettivamente discriminate rispetto alle altre, e la legge attualmente in vigore non consente loro di disporre del proprio patrimonio in modo da rimediare a tale discriminazione.
Insomma, gente: la volete smettere o no, di raccontare bugie?
Questo post è per chi crede alle bugie strumentalmente reiterate da chi non approva un passo in avanti della società civile.
RispondiEliminanell'esempio 3:
RispondiElimina"la metà del patrimonio ereditario dovrà essere riservato al coniuge, mentre un quarto dovrà essere riservato ai genitori del Signor Mario, il quale potrà liberamente disporre del residuo quarto."
"Supponiamo che il Signor Mario desideri lasciare tutto il suo patrimonio a sua moglie: egli potrà evidentemente farlo, disponendo in sede testamentaria della metà disponibile dei suoi averi"
non c'e un errore? o dispone di meta dei suoi averi o di un quarto. o ho capito male io?
In questo paese la stampa ha la brutta abitudine di pubblicarle le bugie anziché contestarle.
RispondiEliminaSe non fosse che l'argomentazione non è quella che riporti, strumentalmente, nel post. La vera argomentazione è che gli stessi diritti si potrebbero riconoscere alle coppie di fatto RIFORMANDO e LIBERALIZZANDO il diritto di successione. Quel riformando e quel liberalizzando, che è ciò che sostengono i liberali e coloro che sanno leggere e scrivere, manda discretamente in vacca l'apprezzabile sforzo di dimostrare che il nostro diritto sulle successioni è un abominio. Ma sapevamo già anche questo. Grazie per la lezione, comunque.
RispondiElimina@finazio-> questo post è per dire come stanno le cose.
RispondiElimina@anonimo-> c'era un errore, che ho corretto. la sostanza, comunque, non cambia. grazie per la segnalazione. :-)
@lascar-> temo che non sia soltanto questione di stampa...
@mthrandir-> Trascrivo da un articolo di Riccardo Pedrizzi sul Tempo dell'11 aprile scorso (è il primo che mi è venuto in mente, ma potrei allegare, avendo un po' di tempo, copiosa bibliografia):
"Ma quello dei diritti negati dei conviventi è un mito da sfatare, una leggenda metropolitana alimentata ad arte. (...) Per non parlare del fatto che è possibile andare da un avvocato civilista o da un notaio a (...) stilare e depositare un testamento olografo, lasciandosi vicendevolmente l'eredità".
Prima di accusare gli altri di strumentalizzazione (parola assai di moda, me ne rendo conto, che molti non vedono l'ora di pronunciare) rifletterei sul fatto che gran parte del fronte clericale non ha minimamente accennato alle riforme di cui parli, ma ha semplicemente ripetuto, e continua a ripetere, che usufruire di quei diritti è possibile già oggi, avvalendosi delle norme esistenti. L'articolo di Pedrizzi ne è solo un esempio, mi pare cristallino.
Ti pregherei, infine, di non ironizzare sulla mia pretesa intenzione di impartire lezioni: se sai già tutto, tanto meglio per te. Vorrà dire che siamo almeno in due.
Io ritengo che sia giusto creare una legislazione piu' chiara riguardo a questo argomento senza togliere dignita' ad una istituzione come quella del matrimonio io sono sposata in chiesa ho amici che si sono sposati in comune perche' la pensavano diversamente.
RispondiEliminaCon i dico ricordatevi bene che aiutate anche quelle coppie che sono potrebbero sposarsi ma non vogliono per loro motivi io non ritengo giusto che se sono queste coppie ad essersi precluse tale diritto non sposandomi gliel'ho debba garantire io stato perche' lei non c'ha pensato prima.
Se si parla di coppie gay di coppie fatte di sorelle allora ritengo che una rivalutazione della legge successoria e di altre legge ad hoc per questo si ma ai dico sono contraria perche' si andrebbe a dare un'aiuto a coppie etero che per prime loro non hanno voluto tutelarsi ed avevano una scelta!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!Daniela
E se si dovesse decidere di tutelare anche chi ha fatto una scelta diversa, il problema quale sarebbe?
RispondiEliminaMa guarda che post mi stavo per perdermi...ti devo marcare stretto!! :-))
RispondiEliminaLinko il post.
RispondiEliminaCi siamo già chiariti altrove, ma riporto anche di qua. Ovviamente, della posizione clericale prendo atto e condividi che sia fuori bersaglio. Con questo diritti di successione non si può fare molto. Il fraintendimento è nato dal titolo la cui lettura si prestava a due interpretazioni diverse. E' stato un equivoco e, ribadisco, niente di personale.:-)
RispondiEliminaDi materia fiscale ne so quanto di lingue orientali, ma mi chiedo (pur essendo favorevole ai Di.co)se il matrimonio civile possa essere una soluzione per le coppie etero che non vogliano sposarsi. Però ci sono gli omosessuali...e quelli che farebbero?
RispondiEliminaSposarsi in chiesa, volevo dire.
RispondiElimina@illaicista-> Grazie! :-)
RispondiElimina@mthrandir-> Figurati! ;-)
@dyotana-> quelli sono dei deviati, no?