Febbre, una notte passata insonne, tagliando l'aria da respirare con il puro estratto del suono di parole non udite. Tè e cioccolato nero, tabacco e propoli, amaro, menta, cannella. Risalta quella scritta, "Save the mind", su una maglietta ormai logora dall'uso. Risalta l'immobilità di un corpo portato alla accelerazione massima, acceca come un raggio di sole su uno specchio l'illusione di chi continua a vivere la propria particolarità di fronte a un mondo che non si chiede (perchè cambiare?) . Pietrifica chi si ciba, si inebria del proprio essere, si stupisce e si ubriaca dei propri desideri, e ancora stordito dal piacere che ne trae ama illudersi subito dopo che sia solo una questione di tempo, che domani sia ancora lì lo spazio per crederci, e fare. Che in fondo una cultura particolare e forte, sentita e viva, trovi sempre per esprimersi un rifugio. La mente corre, giustifica nei meandri del tempo quei muscoli immobili, dominati da una irrazionale negazione dell'agire, da una ormai lontana percezione dell'esatta distanza fra causa ed effetto. Giovani infelici, che vivendo al di sopra di sè stessi e delle proprie possibilità finiscono per non esserne più padroni. Le menti aspettano che la fata morgana si sia mossa, prima, che si sia cibata delle loro coscienze, della loro capacità di provare sentimenti. La falsa tolleranza li ha resi disinibiti, indipendenti, ma afasici. La tensione, la liberazione, la conquista non sono più le chiavi del moto interiore, la forma, il comportamento, lo schema apparentemente senza regole in cui si muovono regala quotidianità sopportabili non desiderate. I desideri non ci pesano più, esprimerli sarebbe come ammetterli a sè stessi, e questi non seguono mai i comportamenti migiori. Una libertà regalata, dice Pasolini, una libertà che uccide la libertà.
Dedicato ad una persona libera.
Cristina