Diana Blefari, e la tortura alla rovescia


Partiamo da una premessa evidente: è gravissimo che un detenuto si uccida in carcere, qualunque sia il crimine che ha commesso, specialmente se c'erano dei chiari segnali che potessero lasciar presagire un esito del genere.

Siccome nel caso di Diana Blefari i segnali c'erano eccome, la circostanza che prima del suicidio avesse deciso di collaborare con la giustizia mi pare decisamente marginale.

Sembra invece, a leggere alcuni giornali, che l'elemento più importante sia proprio il sospetto che la terrorista avesse manifestato l'intenzione di spifferare qualcosa: e che averla abbandonata al suicidio debba considerarsi grave non di per sé, ma semplicemente perché dopo la sua morte le possibilità di ottenere le informazioni che -forse- aveva deciso di rivelare sono irrimediabilmente sfumate.

La sensazione, quindi, è che la gravità delle omissioni che hanno contribuito a compromettere la sopravvivenza della Blefari non venga valutata alla luce del fatto che fosse in gioco una vita umana (peraltro sotto la responsabilità delle patrie galere, e quindi in definitiva dello Stato), ma piuttosto in relazione alle notizie che da quella vita si sarebbero potute trarre.

A questo punto mi corre l'obbligo di rilevare che nella vicenda, così come mi pare si cerchi di declinarla, entrano in gioco gli stessi elementi che finiscono per giustificare la tortura, sia pure disposti alla rovescia: l'idea secondo la quale è lecito disporre a piacimento dell'esistenza di un detenuto al fine di ottenerne informazioni utili, e l'altra per cui la vita di un carcerato vale di più o di meno a seconda del fatto che sia disponibile a fornire quelle informazioni, insomma, mi sembrano l'una complementare dell'altra, e proprio per questo pericolosamente vicine.

Cerchiamo di non dimenticare, per favore, che questo è uno stato di diritto.

O, almeno, che dovrebbe esserlo.

Questo post è stato pubblicato il 02 novembre 2009 in ,,. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

5 Responses to “Diana Blefari, e la tortura alla rovescia”

  1. Se questo è il livello tra i secondini, perchè "guardie penitenziarie" non se lo meritano.

    http://tv.repubblica.it/copertina/il-detenuto-si-massacra-da-solo-non-davanti-a-tutti/38587?video

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  2. Ho capito il tuo ragionamento. Mi chiedo solo una cosa: e se l'avessero ammazzata e non solo "lasciata morire"?

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  3. Ho scarsissima pietà per brigatisti rossi, forzanovisti, membri del KuKlux Kan o di Al Qaeda. Essere privati della presenza di uno di loro non mi fa certo soffrire. Blefari ha collaborato a un vigliacchissimo attentato omicida contro una persona inerme.
    Detto questo, i nostri penitenziari fanno schifo, e la sorveglianza pure.
    Alla Blefari doveva essere garantita la possibilità, sia pure teorica, di redimersi

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  4. Vorrei sentire il commento di chi chiede l'elemosina all'uscita del supermercato, di chi non ha un tetto per dormire, di chi non ha un piatto di pasta per saziarsi, di chi viene sfruttato e umiliato nei luoghi di lavoro.
    Potessi avere la libertà di fare quello voglio dei miei sputi, non sarei qui a parlar di pappagalli.

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  5. Ad Anonimo : comprendo i tuoi sentimenti, ma continuo a detestare chi spara alle spalle di uomini inermi.
    La legge Biagi andava riformata, sparare all'autore non è servito a nulla.

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