Il candidato anti-Formigoni: dai che stavolta vinciamo sicuro sicuro



Pare che Pigi Bersani (quello immobile o soprammobile?) abbia sciolto la riserva e deciso chi candidare alla Presidenza della Regione Lombardia, alle prossime elezioni di marzo. Un uomo nuovo? Non proprio. Uno vincente? Naaa. Uno capace? Mi astengo, chè ho appena finito di mangiare e vorrei quindi digerire serenamente. Ebbene sì, cari amici, il candidato "anti-Formigoni" è lui: ancora una volta, Filippo Penati. L'appena trombato alle provinciali di Milano, quello che ha perso contro Guido Podestà (che nessuno sa chi sia), il grande timoniere provinciale che voleva fare le "ron-dem", le ronde democratiche. Lo stesso che voleva andare "oltre" la Provincia per guidare la futura Città Metropolitana che, più poi che prima, sostituirà provincia e comune milanesi.
E' il Pd nell'era di Pigi, bellezza: dopo le sconvolgenti nomine alla segreteria nazionale, ricicliamo un perdente. Un Pd davvero rivoluzionario.
Poi ditemi che non hanno ragione quelli che pensano che il Partito Democratico, alla Lombardia, ci abbia rinunciato a priori.

(N.B. Dedicato al mio amico di Facebook Alberto Biraghi)

Questo post è stato pubblicato il 25 novembre 2009 in ,,,. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. o se vuoi lasciare un commnento.

6 Responses to “Il candidato anti-Formigoni: dai che stavolta vinciamo sicuro sicuro”

  1. Hahahaha! Mai dedica fu più feroce, sono anni che quest'uomo mi fa rodere il fegato.
    Si è presentato con un sacco di promesse, non ne ha mantenuta una. "Sobrietà" ha significato dare all'amico Franco Maggi (di cui si malinga non abbia la licenza media) il posto di dirigente alla comunicazione.
    Il suo "niente gadget!" (testuale) ha significato decine di migliaia di euro in braccialetti Provincia similnike.
    Ha detto "faremo 12 milioni di utile" quando ha voluto giocare a fare il rider, comprando il 15% di Serravalle dall'amico Gavio al doppio del valore (stima fatta da Banca Intesa, che ha prestato i soldi, una cifra talmente illogica da far pensare male) e comunque 12 milioni di utile si sono trasformati in 9 milioni di passivo.
    C'è una fila lunghissima di racconti su questo incolto venditore di polizze Unipol passato per la docenza (si fa per dire) di app.tech. alle medie a palazzo isimbardi. Eppure bastavano la faccia, la'mico Maggi e l'alito per accantonarlo.
    Macché, se lo tengono stretto, a dimostrare che il problema in fondo non è Penati (e tanti altri Penati che infestano il Paese) ma il partito marcio che lo mette lì.

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  2. Su questa ultima cosa non ti seguo, Alberto. Nel Pd ci sono anche io e con me molti altri.
    ciao!

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  3. Bisogna spiegare alla gente che serve un po' più di coraggio, e che Bersani, oltre ad essere un brontosauro, è una scelta di conservazione. Del peggio, però.
    Dalla nostra c'è che le persone possono capire che bisogna cambiare perchè il peggio lo hanno (e lo continuano) a vedere.
    L'ho detto spesso, in questi giorni, ma è vero: il lavoro da fare è soprattutto culturale, anche dentro il Pd.

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  4. Violante alle riforme e Penati candidato in Lombardia. Si può dite tutto, non che Bersani non sia coerente. Un tocco di novità sarebbe stata la canditura di Tafazzi.

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  5. non vivendo in lombardia non so pressoche' nulla di come penati abbia amministrato, ma dargli addosso perche' avrebbe perso contro uno sconosciuto e' un giudizio ingiusto e sbagliato nel merito.

    Sbagliato perche' Podesta' e' nelle cronache politiche almeno dalla nascita di forza italia (1994), ed in questi 15 anni ha fatto il sottosegretario e avuto mandati al parlamento europeo. non avra' acccumulato un titolo di giornale al giorno ma non e' certo un passante.

    Ingiusto perche' da anni SB fa uso del proprio strapotere mediatico per far eleggere chiunque voglia (penso alle recenti elezioni regionali dei vari Chiodi e Cappellacci, loro si' davvero sconosciuti ai comuni elettori); oltretutto in Lombardia il centrodestra puo' contare su una lobby di potere fortissima come CL la cui presenza monopolizza, da quel che leggo, diversi campi, dall'istruzione alla sanita' e agli appalti pubblici.

    Oltretutto Penati riusci' a battere la signora Gaber solo perche' la Lega si sfilo', altrimenti non ce l'avrebbe fatta in nessun caso.

    Insomma, come ripeto Penati non sara' stato l'amministratore pubblico perfetto, ma vincere una competizione politica (fossero anche le elezioni condominiali) contro un apparato mediatico come quello che puo' schierare SB non mi sembra tra le imprese piu' agevoli, Penati o non Penati.

    Tra l'altro, l'unico modo per non riciclare perdenti sarebbe puntare sull'unico politico che ha battuto 2 volte SB. Il fatto che sia stato sgambettato entrambe le volte dai propri alleati (o presunti tali) la dice piu' lunga di qualunque altra cosa sulla volonta' del PD di vincere qualunque tipo di elezione...

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  6. Sono d'accordo con Gianni, la sconfitta non è sinonimo di inferiore qualità politica. Calzante l'esempio della Sardegna, Soru battuto da Cappellacci, questo per molte ore in TV durante la campagna elettorale con lo sponsor Berlusconi mentre Soru ci è stato per una manciata di minuti (mancava pure un regolamento causa l'inattività della commissione di vigilanza, priva di presidente). La prospettiva della "città metropolitana", poi, mi sembra sensata; non è un obiettivo facile e vicino, ma se non si comincia a parlarne e a lavorarci non si raggiungerà mai. La rincorsa della Lega in tema di dis-ordine pubblico, invece, è cosa pessima, e mi basta da sola per non apprezzare la candidatura Penati alla presidenza della mia regione.

    Domanda agli interni al PD: per altre regioni tipo Lazio mi sembra si parli di primarie, perché in Lombardia no? Sarebbe più logico prevederle per i candidati a competizioni elettorali piuttosto che per eleggere il segretario, anche se il mio voto a Marino l'ho dato.
    Direi che c'è un problema di regole sensate, chiare e certe, di cultura innanzitutto delle regole.
    E, soprattutto al sud ma non solo, di scelte fondate sul dibattito di idee e sul confronto di obiettivi, piuttosto che sull'adesione a questo o a quel gruppo di potere.

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