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Sembra Capriccioli, invece è Spadaccia

10 Commenti »

Abbiamo votato contro per due motivi. Primo, perché quest’amnistia nasce da uno stato di necessità e noi non ci sentiamo corresponsabili di questo stato di necessità che si è determinato, perché siamo stati gli unici ad indicare una linea di politica alternativa nel campo della giustizia e del diritto. In secondo luogo, riteniamo l’amnistia insufficiente anche a risolvere questo stato di necessità. In fondo, questa volta l’amnistia è stata presentata senza ipocrisie: si è detto che le carceri erano troppo affollate e l’arretrato giudiziario si è enormemente accumulato, per cui era necessario sfollare le carceri ed eliminare un notevole numero di procedimenti giudiziari. Noi consideriamo restrittiva questa impostazione, perché nel 1978 noi abbiamo un’altra amnistia e abbiamo avuto liberati 6-7.000 detenuti ed abbiamo avuto un decongestionamento che non è durato più di un anno. Un anno dopo l’affollamento era tornato ai livelli precedenti alla concessione dell’amnistia. Ma il vero motivo per cui siamo contrari è perché l’amnistia non corregge le cause che determinano l’affollamento delle carceri... Noi chiediamo la depenalizzazione di alcuni reati, l’abolizione della carcerazione in attesa di giudizio, la riforma degli agenti di custodia, l’attuazione piena della riforma carceraria, la riforma del codice di procedura penale, investimenti per il potenziamento delle strutture carcerarie e via di seguito.
Sembra l'intervento di un certo Capriccioli all'ultimo Comitato Nazionale di Radicali Italiani, quell'intervento per cui allo stesso Capriccioli viene rimproverato di non aver capito un cazzo di quanto il partito sta cercando di compiere sul fronte della giustizia attraverso la battaglia dell'amnistia.
Invece, come fa notare Malvino -che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo-, trattasi di un intervento di Gianfranco Spadaccia risalente nientepopodimeno che al 1981.
Da allora, per quanto ne so, non è cambiato nulla: se non che trent'anni fa alcuni dei problemi che oggi aggravano la situazione emergenziale della giustizia non esistevano -si pensi all'immigrazione clandestina- e che la questione delle depenalizzazioni è ancora più urgente in virtù dell'introduzione di leggi iperproibizioniste come la Fini-Giovanardi; il che dovrebbe rafforzare le considerazioni del 1981 anziché sminuirle.
A meno che, com'è pure possibile, non si concluda allora Spadaccia -e con lui i radicali che votarono contro l'amnistia- ci avesse capito poco o niente come Capriccioli di questi tempi.

I miei amici radicali

23 Commenti »

In estrema sintesi, ritengo che l'indecente situazione delle carceri italiane, sulla quale ho più volte espresso il mio punto di vista in modo inequivocabile, abbia poco e niente a che spartire, se non in virtù di una flebile assonanza riconducibile al significato generale della parola "giustizia", con il voto di ieri sul ministro Romano.
Il sospetto è che i miei amici radicali (non posso utilizzare la parola "compagni", credo, perché secondo la definizione pannelliana il fatto che non sia più iscritto al partito vale a sottrarmi la qualifica di "radicale") abbiano voluto approfittare di una circostanza che potesse dar loro un minimo di visibilità per porre all'attenzione dell'opinione pubblica una questione cruciale colpevolmente ignorata dalla politica e silenziata dai mezzi di informazione.
Ebbene, pur comprendendone le motivazioni, debbo rilevare che personalmente non condivido questo modo di procedere: non solo perché negli anni, con ogni evidenza, si è rivelato controproducente per i radicali, ma soprattutto perché non sono affatto sicuro che sia utile per la causa (lo ripeto, cruciale) che perseguono.
Dopodiché, come al solito, può darsi che qualcosa mi sfugga.
Ma se sfugge a me, che oltre ad avere un quoziente intellettivo nella norma ho bazzicato Torre Argentina per un bel po' (e continuo a bazzicarla, sia pure con minore frequenza), forse i miei amici radicali dovrebbero considerare l'ipotesi che sfugga a un mucchio di altra gente.
E prendere atto, finalmente, che si tratta di un problema determinato anche da loro.

La clemenza non c'entra niente

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Mi rendo conto che si tratta di una posizione che molti definirebbero paradossale e provocatoria, ma credo che il dibattito sul tema dell'amnistia, che negli ultimi tempi è tornato nuovamente al centro dell'iniziativa politica radicale, sia stato abbondantemente superato dai fatti.
Il punto, allo stato attuale delle cose, non è stabilire se l'amnistia sia una misura effettivamente utile a risolvere gli annosi problemi della giustizia e delle carceri italiane, ma prendere atto che la stragrande maggioranza dei detenuti viene ospitata in strutture e con modalità del tutto illegali: e che quindi quei detenuti dovrebbero essere liberati immediatamente non in virtù di un provvedimento di clemenza (l'amnistia, appunto), ma in base al banale ragionamento secondo cui non è tollerabile che lo stato (lo stato, dico, non l'anonima sequestri) continui a tenerli segregati violando sistematicamente quanto stabilito dalla legge.
Ci si attrezzi subito per adeguare le condizioni dei detenuti alla legislazione vigente, allora: oppure, al limite, si modifichi quella legislazione legalizzando le condizioni disumane delle nostre carceri, ammesso e per niente concesso che ciò venga consentito dall'unione europea, dall'onu, dalla dichiarazione dei diritti dell'uomo e via discorrendo; altrimenti si prenda atto che lo stato italiano non dispone delle competenze minime che sono indispensabili per svolgere l'attività carceraria, ci si metta da parte e si rinunci ad esercitarla finché ciò non avvenga.
Se siete del tutto incapaci di operare come dovreste, allora liberi tutti, senza neppure bisogno dell'amnistia: è una questione di logica, di legalità e perfino di decenza.
La clemenza, abbiate pazienza, non c'entra niente.

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