Comunque la si pensi, una cosa mi pare innegabile: il tema della libertà di espressione e dei suoi eventuali limiti è un vero e proprio nervo scoperto; prova ne sia il fatto che assai di rado si riesca a discuterne con la lucidità che di solito viene riservata ad altri argomenti, e che il confronto sfoci spesso e volentieri nella nella reciproca accusa, nella rissa, nell'insulto.
L'esempio perfetto di questo genere di dinamica è il dibattito sul fascismo, ma la circostanza non deve ingannare: il meccanismo si replica in modo pressoché identico ogni qual volta ci si trovi a dover decidere se sia giusto concedere a qualcuno la possibilità di esprimere la sua opinione, quale che sia l'area dello scibile umano cui essa si riferisce, anche nel caso in cui detta opinione venga giudicata aberrante dal senso comune e/o dalla maggioranza degli altri.
Il nocciolo della questione, a parer mio, consiste nel fatto che gli individui vengono toccati da questo tipo di dibattito nei loro punti più delicati: l'immagine che hanno di se stessi, il confronto di quell'immagine con la realtà concreta e l'esito che scaturisce da quel confronto. Toccare quei punti, secondo me, può essere destabilizzante, e quindi innescare dei meccanismi di autodifesa che sfociano spesso e volentieri nella rabbia e nell'aggressività, sia pure meramente verbale.
Il guaio è che voler eludere un meccanismo del genere evitando di mettere sul tappeto certi argomenti finisce, di fatto, per creare una cosa di cui è meglio non parlare: cioè, sinteticamente, materializzare un tabù; e siccome sono proprio i tabù, per come la vedo io, le zavorre che non ci permettono di essere davvero liberi nonostante le reciproche differenze, e quindi di declinare la democrazia nel modo costruttivo che le sarebbe consono, io insisto a parlarne, di quelle questioni.
Nonostante il fatto che ogni volta, puntualmente, qualcuno abbia l'alzata d'ingegno di farmi pervenire messaggi non proprio amichevoli e talora non del tutto rassicuranti.
Io, insomma, alla creazione dei tabù preferisco non partecipare.
Nel mio piccolo, naturalmente, e per quel poco che vale.
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Archive for 2011
Un nervo scoperto
Vota la "perla" del 2011
Le ho messe insieme un po' al volo, con l'aiuto del blog e della memoria: però, nonostante l'inevitabile incompletezza, vi invito lo stesso a scegliere la più clamorosa tra le "perle" pronunciate dei nostri politici nel 2011.
Come dite? Sono state sparate pallonate ancora più grosse? Non discuto: ma d'altronde si tratta di un gioco, no? E allora, come si dice, tanto vale giocare.
Tocca a voi, gente: votate, votate, votate.
Che errore chiudere Casapound
«Sì, sono fascisti. Ma con la loro visione sociale hanno attratto tantissimi giovani. E sono diventati concorrenti della sinistra. Metterli al bando sarebbe una sciocchezza». Dopo i fatti di Firenze, un sociologo di sinistra che studia da tempo il gruppo di estrema destra mi spiega la sua tesi in un'intervista.
Qua, su L'Espresso.
Luccichii abbaglianti
Solo per dire che se uno vuole denunciare che "il luccichio abbagliante" dei negozi allontana la gente dalle cose importanti della vita -circostanza della quale, peraltro, sono convinto anch'io, sia pure con un taglio leggermente diverso-, e che è necessario "ritrovare l'umiltà" -idem come sopra-, farebbe meglio ad evitare di indossare "i paramenti dorati delle occasioni più solenni" e scegliere un abbigliamento più sobrio.
Badate, lo dico senza alcuna ironia e senza la minima traccia di scherno: però un discorso del genere -che, lo ripeto, in qualche modo ritengo importante- sarebbe assai più credibile se venisse da un monaco tibetano scalzo e vestito con una pezza di cotone.
Poi ciascuno si regoli pure come meglio crede.
Fiancheggiatori della democrazia
Siccome mi riferiscono che il dibattito è tuttora animatamente in corso, l'occasione mi è gradita per ripetere come la penso.
Io sono convinto che in democrazia si possa dire tutto. E quando dico tutto intendo tutto, senza eccezioni di sorta.
Sono altresì convinto che sia proprio la possibilità di dire tutto, e di poterlo fare senza eccezioni, l'elemento fondamentale che contraddistingue una democrazia: e quindi, di conseguenza, reputo antidemocratico il comportamento di chiunque si provi ad impedire che chiunque altro dica qualunque cosa.
Aggiungerò che a mio modestissimo avviso non ha alcuna rilevanza, e soprattutto ha ben poco fondamento logico, la circostanza -spesso paventata con una certa disinvoltura- che la cosa detta da quel chiunque sia "antidemocratica": perché la democrazia, per quanto ne so, è semplicemente un metodo; e quindi è il modo in cui si cerca di affermare un'idea che può essere, casomai, antidemocratico, non certo l'idea in sé e per sé.
Mi corre l'obbligo di rilevare, inoltre, che se uno esprime un'idea che non ci piace, che ci risulta odiosa o che troviamo addirittura aberrante, e qualcun altro si dà da fare per lasciargliela esprimere, ciò non significa affatto che quel qualcun altro sia d'accordo con l'idea in questione: e andare a dire in giro che il secondo sarebbe un "fiancheggiatore" del primo appartiene a metodi che di democratico non hanno neppure il nome; leggasi menzogna, calunnia, maldicenza, tutta robetta che nei regimi non democratici, guarda caso, prospera e fiorisce allegramente.
Ciò detto, chiudo.
Non prima di aver aggiunto che chi vorrebbe difendere la democrazia a forza di tacitare gli altri non deve averne molta, di fiducia nella democrazia.
E senza neanche scomodare Voltaire, ché non ce n'è bisogno.
La vita, la libertà, la gioia
Ieri non ho scritto neanche una riga per ricordare i cinque anni dalla morte di Piergiorgio Welby: ho preferito riflettere per conto mio su quei giorni, che sono stati tra i più importanti e significativi della mia vita.
Ho partecipato attivamente, per quanto ho potuto, a realizzare la volontà di Piero: l'ho fatto ragionando insieme a Marco Cappato fino a spaccarci il cervello, quando sembrava che tutte le strade fossero chiuse; l'ho fatto fermando le persone ad una ad una, in mezzo alla strada, per spiegare il senso di quello che chiedevamo prima ancora che per ottenere una firma; l'ho fatto scrivendo comunicati, articoli, post, partecipando a seminari, avanzando proposte assurde in interminabili riunioni con i compagni; l'ho fatto svegliandomi nel cuore della notte, senza riuscire più a prendere sonno, per la paura che non ce la facessimo; l'ho fatto partecipando alla gioia (sì, ho detto la gioia) dei funerali, in un indimenticabile giorno di dicembre che pareva primavera inoltrata.
Il 20 dicembre 2006 Piergiorgio Welby, il più grande leader politico (di nuovo sì, ho detto leader politico) che abbia avuto modo di conoscere, è morto anche grazie a quello che ho fatto io: e non ho avuto mai, neppure per un attimo, la sensazione di aver partecipato a un omicidio.
Insieme ai miei compagni, in quei giorni, ho onorato la vita; ho fatto quello che potevo per aiutare un uomo libero a realizzare la sua volontà; ho imparato una lezione che ha fatto di me un essere umano migliore e che mi accompagnerà fino all'ultimo dei miei giorni.
Oggi, a distanza di cinque anni, non ce l'ho su con nessuno: nemmeno con quelli che non hanno capito niente e ci hanno dato degli assassini.
Piergiorgio mi ha insegnato cosa siano la vita, la libertà, la gioia.
Peggio per loro, che non lo sanno.
La disobbedienza implica l'autodenuncia
Come ho già avuto modo di scrivere qualche giorno fa, non sono un fan scatenato del governo Monti; per formazione, politica, inoltre, nutro una vera e propria passione per le battaglie politiche portate avanti attraverso metodi nonviolenti.
A scanso di equivoci, tuttavia, l'occasione mi è gradita per ricordare ai dirigenti della Lega Nord che la disobbedienza civile ha senso solo se seguita immediatamente dall'autodenuncia: il che equivale a dire che la paventata "obiezione di coscienza" consistente nel non versare l'IMU sarà qualificabile come tale solo nel caso in cui chi si sarà astenuto dal pagamento provvederà immediatamente a comunicarlo ai competenti uffici fiscali.
Mi auguro che gli amici leghisti forniscano ai loro militanti indicazioni chiare ed inequivocabili in tal senso: altrimenti non si tratterà di disobbedienza civile, ma semplicemente di evasione fiscale.
Così, per la precisione.
Quando il disastro sarà compiuto
C'è qualcosa di raggelante, nella crisi economica che sta investendo il pianeta come un uragano infinito: ed è qualcosa di più della semplice consapevolezza di potersi permettere meno di prima, di fare sempre più fatica ad arrivare alla fine del mese, perfino di scendere con tutte le scarpe sotto la soglia di povertà.
Quello che toglie il fiato per quanto fa paura è accorgersi, a poco a poco, che il sistema di cui ci si è fidati per decenni sembra iniziare davvero a non funzionare più; che il benessere e la prosperità che quel sistema sembrava destinato ad assicurarci per sempre svaniscono giorno dopo giorno, inesorabilmente, e quelli che dovrebbero avere in tasca le soluzioni per raddrizzare la situazione non sanno che pesci prendere; che non esiste un'alternativa pronta a sostituirlo, quel sistema, quando dovesse sibilare l'ultimo rantolo e venire giù come un castello di carte.
Credo sia questo a terrorizzarci, più che la povertà: la sensazione di ritrovarci soli in mezzo a un gigantesco corto circuito, il sospetto di dover mettere da parte tutto quello che credevamo di sapere, la prospettiva di non avere più nessuna certezza non tanto su quello che metteremo nel piatto domani sera, ma soprattutto sulla credibilità dell'unico modo di farlo che abbiamo mai conosciuto.
Non può succedere, hanno continuato a ripeterci per tutti questi anni, perché questa è la strada giusta e deve portare per forza da qualche parte: e oggi il dubbio che quelle parole non siano altro che un mantra vuoto ci attanaglia come una morsa, ci spalanca gli occhi nel cuore della notte, ci toglie il fiato quando pensiamo a cosa succederà dopodomani.
Formiche impazzite, andiamo avanti a ripetere finché possiamo gli unici riti che conosciamo perché non siamo capaci di immaginare altro: ma da qualche parte, dentro di noi, si fa strada il pensiero che quei riti non servano più a niente, e anzi che siano solo un modo come un altro per accelerare la fine.
Quando il disastro sarà compiuto, allora forse ricominceremo a respirare, a farci qualche domanda, a riflettere tutti insieme.
Senza avere più niente da perdere, perché alla fine avremo perso tutto quanto.
Il celibato e la pedofilia: vogliamo vederci chiaro?
E' davvero sorprendente il fatto che le gerarchie ecclesiastiche, sempre pronte a puntare l'indice verso i presunti danni che i ragazzi subirebbero in caso di adozione da parte di una coppia omosessuale, facciano finta di niente quando si tratta di riscontrare i disastri che l'obbligo del celibato potrebbe causare ai loro preti e ai ragazzi che hanno a che fare con loro.
Non c'è bisogno di essere scienziati, e men che meno anticlericali, per farsi venire il dubbio che l'incidenza degli episodi di pedofilia tra i sacerdoti, assai più elevata rispetto a quella che si riscontra in altre categorie sociali, abbia più di un legame con la compressione della sfera sessuale che viene loro imposta fin dall'adolescenza: dubbio che, sia detto per inciso, è stato ripetutamente e pubblicamente espresso non solo da laicisti impenitenti come me, ma perfino da numerosi -e spesso eminenti- rappresentanti del clero cattolico.
Ognuno, sia chiaro, è libero di imporre a se stesso le rinunce che preferisce: ma se fosse dimostrato un nesso causale tra l'obbligo del celibato e la propensione alla pedofilia, specie in una categoria di individui che lavora spesso e volentieri a stretto contatto con i bambini, il celibato cesserebbe di costituire semplicemente una questione di scelta personale, per assumere il contorno assai più inquietante di un vero e proprio pericolo per la collettività.
Io sono del parere che la Chiesa Cattolica dovrebbe farsi carico di promuovere un'accurata ricerca scientifica sulla vicenda, per verificare concretamente l'esistenza del rischio e la sua dimensione: rendendosi disponibile, se del caso, ad affrontare radicalmente la questione del celibato.
Se si rivendica con enfasi un ruolo sociale, ne converrete, occorre anche assumersene pienamente tutte le responsabilità
Perché sono contrario a chiudere Casapound
Questo, com'è già successo, sarà il solito post impopolare: e come sempre, siccome sono abituato a scrivere quello che penso, me ne farò una ragione.
Il fatto è che non riesco proprio a capire in che modo impedire a un razzista di parlare possa giovare alla causa di quelli che -come me, tengo a precisarlo per chi dovesse farsi venire il dubbio- sono contro ogni forma di razzismo.
Voglio dire: se in Italia il razzismo c'è, c'è, e allora si tratta di affrontarlo, non di nasconderlo sotto al tappeto come se non ci fosse; perché oscurare una questione non equivale mai a risolverla -sarebbe fin troppo facile, non credete?-, e impedire a chicchessia di esprimere le proprie idee -per quanto aberranti ci sembrino, e dico ci "sembrino" non perché non sia convinto che lo siano, ma semplicemente perché ad altri potrebbero sembrare aberranti le nostre, leggasi ad esempio la legalizzazione dell'eutanasia- non può produrre l'effetto di abrogare quelle idee dalla sua mente e da quella degli altri che le condividono, ma casomai quello di fornire loro perfino l'alibi del martirio.
Anche a me, credetemi, fa male da morire ascoltare un uomo che teorizza la superiorità di una razza sull'altra: però sono anche consapevole del fatto che non lasciarlo parlare, e quindi esimersi dal doverlo ascoltare, non sposta di una virgola il problema.
Ne consegue, per arrivare a una sintesi, che a mio modo di vedere i terribili omicidi di Firenze non sarebbero stati scongiurati, ed anzi avrebbero persino potuto essere ulteriormente incoraggiati, se Casapound fosse stata chiusa due anni fa: e che chiuderla oggi non servirà a un bel niente, se non a lavarci la coscienza con il solito gioco delle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano.
Dopodiché, evidentemente, i reati vanno perseguiti con severità: è un reato ammazzare un uomo, ed è un reato pure incitare chi si fosse determinato a farlo.
Ma sostenere, per qualche astrusa ragione, che gli immigrati debbano andarsene tutti, che esistano razze inferiori, che gli esseri umani non siano tutti uguali, queste sono semplicemente opinioni: e il fatto che quelle opinioni mi facciano vomitare non può spingermi, in uno stato di diritto, a fare in modo che chi le ha non debba poterle esprimere, ma dovrebbe indurmi a lasciargliele esporre nella legalità e subito dopo a contestarle, smontarle, smascherarle, ridicolizzarle con gli strumenti della dialettica.
E adesso, se volete, via con gli insulti.
Come dicevo, sarò in grado di farmene una ragione.
Isabella Rauti stacca le gomme americane, ma non i manifesti abusivi
La notizia è che Isabella Rauti, moglie del sindaco Alemanno, è scesa in campo contro i chewing-gum appiccicati sui muri e sui marciapiedi.
L'occasione mi è gradita per invitare la first lady, già che c'è, a dedicare un po' di tempo anche ai manifesti politici abusivi, anch'essi appiccicati arbitrariamente sui muri, tra i quali figura spesso e volentieri il nome di suo marito.
Perché le gomme americane sotto le scarpe daranno pure fastidio, ma i faccioni dei politici non sono da meno: specie se i partiti non pagano al Comune un euro di quanto dovrebbero per piazzarli in ogni dove.
Che dice, signora Rauti, stacchiamo anche quelli?
Tre pillole al giorno
Ricevo, e volentieri pubblico.
Ciao, volevo scriverti due righe a proposito di una cosa che mi è successa tempo fa.
Come tante ragazze mi è capitato di rimanere incinta e di voler abortire: disoccupata, indebitata e incinta sono 3 parole che vedevo malino messe vicine, sai com'è...
Facendo tutto il santissimo iter ho saputo che in tutta Roma per la pillola abortiva ci sono 3 posti disponibili al giorno, e questi solo al San Camillo. Altra cosa, la mattina al San Camillo si danno i numeri: il repartino infognato per le interruzioni può visitare e può parlare solo con 5 donne al giorno per gli appuntamenti degli aborti, per cui ci si deve alzare il più presto possibile e sperare di arrivare tra le prime 5 o è tutto da rifare.
Io ho puntato la sveglia alle 6, sono arrivata quinta al secondo tentativo.
Se fossi arrivata quarta mi avrebbero trovato un posto per la pillola RU486, ma siccome sono stata lenta -per così dire- mi è toccato aspettare 2 settimane per l'intervento.
C'è da dire che il personale è fantastico e che tutte le infermiere sono state gentilissime, mi hanno consolata e mi hanno fatta piangere perché ne avevo bisogno, mi hanno ascoltata come se fossi stata l'unica ad andare da loro completamente nel pallone.
Ah, e l'intervento è veloce, e dopo ti danno anche un panino col prosciutto.
Ecco, niente. Mi chiedo solo se nel 2012 per abortire c'è bisogno di fare le corse a chi arriva prima di mattina presto, e se in tutta Roma è umano che ci siano 3 pillole al giorno.
Uno schifo, e sicuramente qualcosa che avrai già sentito, ma vabbè.
Mi sono appena iscritta al tuo blog e non so se ne hai già parlato. Visto che si parla tanto (o NON si parla tanto) di preservativi e malattie trasmissibili parliamo anche di questo.
Lettera firmata.
Augusti pareri
Volto o vulva, fa poca differenza
Non so, a me pare che ce la prendiamo tanto con gli islamici e il loro burqa, con la condizione della donna tra gli immigrati che vengono dai paesi economicamente meno sviluppati, con gli assurdi precetti cui costoro si sottomettono, e poi non facciamo una piega quando nel nostro avanzatissimo paese c'è ancora gente che nutre una vera e propria ossessione per la verginità delle donne, vale a dire per la circostanza che il loro imene non venga danneggiato dal pene di un maschio prima del matrimonio, al punto da indurre una ragazza terrorizzata a raccontare una balla dalle conseguenze disastrose -ancorché ingiustificabili, come scrivevo ieri- pur di non dover confessare ai genitori di essere stata "deflorata" prima delle nozze.
Sarà che sono io, ad essere strambo: però non vedo una gran differenza tra l'alzata d'ingegno di piazzare un velo sulla faccia di una donna e quella di controllare l'integrità della sua vagina; né ce ne vedo molta tra l'idea di emarginarla perché va in giro col volto scoperto e quella di schifarla perché il membro di qualcun altro è già penetrato nella sua vulva.
In entrambi i casi si tratta di controllare il corpo di un altro essere umano, pretendere di disporne come se fosse il proprio, cercare di impedire che il legittimo proprietario ne faccia l'uso che ritiene più opportuno: né rileva, come qualcuno potrebbe avere la tentazione di eccepire, il fatto che l'essere umano oggetto di tanta attenzione genitale sia minorenne, a meno di non voler ammettere che piazzare per forza un velo in faccia ad una ragazza sotto i diciotto anni costituisca un'operazione tollerabile.
Volto o vulva, insomma, fa poca differenza.
Dovremmo andarci più cauti, quando prendiamo per il culo gli altri e diamo loro dei selvaggi.
La sinistra non esiste più
E' piuttosto evidente che per potersi proclamare di sinistra non sia sufficiente occupare una certa posizione nell'emiciclo parlamentare: occorre attuare delle politiche, per l'appunto, di sinistra, o alternativamente non sostenere delle politiche di destra, o quantomeno saperle riconoscere come tali quando ci si trova a doverle valutare.
Ebbene, il fatto che il leader del principale partito della sinistra italiana arrivi a dichiarare che il governo Monti "non è un governo di destra" significa che in Italia, perlomeno in Parlamento, la sinistra non esiste più.
Indipendentemente dal posto in cui poggiano i lombi i suoi (sedicenti) esponenti.
E se invece fosse stato vero?
Il punto non è che la storia dello stupro raccontata dalla ragazza fosse falsa.
Il punto, con ogni evidenza, è il linciaggio.
Il punto è il rogo, che sarebbe stato ugualmente ingiustificabile se la violenza sessuale fosse stata autentica.
Il punto è lo stato di diritto, che dovrebbe precludere azioni da far west anche di fronte al più efferato dei delitti.
La vera notizia è l'azione da Ku Klux Klan che è stata messa in scena, non la smentita della presunta vittima.
Quella, in un paese civile, dovrebbe essere un dettaglio insignificante.
Sent from my Blackberry®
I governi tecnici non esistono
Joël Robuchon, il celeberrimo cuoco francese, prepara il purè di patate utilizzando un'enorme quantità di burro; alcuni esponenti della cucina moderna, invece, ne utilizzano pochissimo, e a volte usano soltanto un filo d'olio d'oliva.
Si tratta, in entrambi i casi, dell'opera di cuochi professionisti: vale a dire, per utilizzare un termine di grande attualità, di tecnici.
Da ciò si desume con una certa evidenza un significativo insegnamento: il fatto che una cosa venga fatta da qualcuno che è un esperto del campo, cioè un tecnico, non significa affatto che quello sia l'unico modo possibile per farla; altri esperti, cioè altri tecnici altrettanto validi, potrebbero essere convinti che quella cosa vada fatta in modo completamente diverso, senza per questo risultare meno efficace.
Il fatto è che negli ultimi tempi stanno cercando di convincerci che i provvedimenti del governo Monti, in quanto adottati da tecnici, siano gli unici potenzialmente in grado di fronteggiare la crisi; che non sia possibile, proprio perché sono dei tecnici a proporli, immaginarne di diversi; e che quindi quei provvedimenti siano ineludibili, col risultato che opporvisi rappresenta un atteggiamento semplicemente irresponsabile, e che solo chi si rassegni a condividerli possa essere considerato realmente interessato al bene comune.
Ebbene, io resto convinto che per ottenere lo stesso risultato esistano assai spesso, per non dire sempre, strade "tecniche" diverse; che la scelta tra queste strade consista proprio nella dimensione politica; che criticare un governo tecnico, di conseguenza, non equivalga automaticamente ad essere degli sfascisti, ma semplicemente ad avere un'opinione politica diversa.
Insomma, io credo che i governi tecnici non esistano: e che quelli che oggi si allineano con grande sfoggio di gravità alle decisioni di Monti non abbiano affatto il monopolio della responsabilità.
Tutto qua.
Meglio così
Ieri sera, spinto dalla curiosità, ho deciso di dare un'occhiata al TG1.
Ebbene, dopo i prevedibili servizi sulla manovra del governo Monti, sulla situazione dell'euro e su un paio di fatti di cronaca, il telegiornale della prima televisione di stato ha ritenuto opportuno occuparsi, non senza un certo approfondimento, del momento d'oro di Jovanotti e dell'ingiusto arresto di Don Matteo nell'ultima puntata dell'omonima fiction.
Se ne deve dedurre, evidentemente, che ieri nel mondo non è successo nient'altro di interessante: finite le guerre, risolte le crisi, inerti i capi di stato, in panciolle gli eserciti.
Meglio così, no?
Fronti
La notizia della minorenne di Trento che i genitori vorrebbero costringere ad abortire contro la sua volontà è giusto quello che ci vuole per chiarire la posizione di quelli come me, che i nostri amici crociati si ostinano a definire membri di un fantomatico "fronte contro la vita".
La questione, in realtà, è di una semplicità disarmante: voler costringere all'aborto una che desidera proseguire la gravidanza è esattamente come voler impedire l'aborto a una che intende interromperla.
Se ne deducono, per logica elementare, due considerazioni; in primo luogo, che la posizione di cui talora mi faccio modestamente portavoce non rappresenta un "fronte contro la vita", ma casomai un "fronte per la libertà di scelta", che è una cosa molto diversa; in secondo luogo, che gli antiabortisti oltranzisti e quelli che vogliono costringere le persone all'aborto, apparentemente portatori di posizioni antitetiche, appartengono in ultima analisi al medesimo schieramento, vale a dire il "fronte contro la libertà di scelta".
Conviene stare attenti a quello che si sostiene, insomma, se si vuole evitare di ritrovarsi come compagni di viaggio individui coi quali ci si illude di non avere niente a che fare.
Che ci piaccia o no.
La Ribalta di Metilparaben
Come vi avevo accennato qualche settimana fa, ogni mercoledì all'una in punto sono ospite di Radio Popolare Roma nella trasmissione "Ribalta", condotta da Luca Sappino e Matteo Marchetti.
La puntata di oggi era intitolata "Lo chiamavano equità" e parlava della manovra del governo Monti: a me, però, andava di parlare dell'AIDS e del preservativo, e così ho fatto.
Per ascoltare la puntata cliccate qua: il mio editoriale, come sempre, è proprio all'inizio, ma se potete vi inviterei ad ascoltarla tutta, perché la trasmissione è davvero ben fatta.
Buon divertimento.
Il tempo vola
Ieri sera ho avuto la fortuna di guardare Ballarò esattamente nei cinque minuti in cui Antonio Catricalà diceva che il governo non è intervenuto sulle esenzioni ICI della Chiesa perché non ha ancora avuto il tempo di studiare la questione.
Dico "fortuna" perché la scenetta, tra l'altro accompagnata da un elogio al presidente Monti, il quale secondo Catricalà sarebbe un uomo che non sa mentire, è stata decisamente divertente: specie nella parte in cui Maroni rispondeva una cosa del tipo "c'è poco da studiare, l'ICI alla Chiesa o la metti o non la metti", dimenticando tuttavia che all'argomento, guarda caso, non aveva trovato il tempo di dedicarsi neanche il suo governo.
Sono convinto, chissà perché, che il tempo per dare un'occhiata agli immobili dei vescovi continuerà a mancare anche in futuro, a questo governo e a quelli che gli succederanno; e che invece abbonderà per alzare il prezzo della benzina, per istituire nuove imposte a carico dei lavoratori e per mandarli in pensione ancora più tardi.
L'ICI sugli immobili della Chiesa, evidentemente, fa questo effetto: quando se ne parla, il tempo vola.
E' colpa vostra
I dati parlano chiaro: tra i ragazzi di età compresa tra i sedici e i diciannove anni sei su dieci hanno rapporti sessuali, ma cinque non usano il profilattico nemmeno per quelli occasionali; due credono che l'AIDS si curi con un vaccino, e uno si è già preso una bella malattia sessualmente trasmissibile.
Sono numeri obiettivamente agghiaccianti, dai quali si desume che i nostri figli corrono un grave pericolo perché non dispongono di informazioni importantissime: eppure voi, amici crociati, vi battete ancora affinché i preservativi non vengano distribuiti nelle scuole e i giovani non ricevano alcuna informazione sessuale.
Perché è immorale, dite. E' immorale e incita i ragazzi a fare sesso. Come se fare sesso fosse di per sé una cosa brutta. E come se non sapeste che la gente fa sesso lo stesso, indipendentemente dal fatto che se ne parli o no: con l'unica differenza che lo fa in modo peggiore, crogiolandosi nell'ignoranza e rischiando la pelle.
Voi, però, preferite così: occhio non vede, cuore non duole.
Sapete cosa? Siete oggettivamente responsabili per ogni ragazzo che si ammala, per ogni ragazzo che muore: semplicemente, è anche colpa vostra, che vi piaccia o no.
Se aveste un decimo della coscienza di cui vi agghindate, non ci dormireste la notte.
Piselli in prima serata
La novità è che la RAI ha aperto un'inchiesta interna sulla questione della parola "profilattico", che sarebbe stata proibita ai conduttori durante la giornata mondiale contro l'AIDS.
A parte il fatto che l'operazione ha tutta l'aria di essere un blando sedativo per tutti quelli che non hanno digerito il diktat, il punto vero mi pare un altro: in presenza di una malattia grave come l'AIDS una televisione di stato che si rispetti non solo dovrebbe usarla, la parola "profilattico", ma dovrebbe trasmettere in prima serata dei filmati in cui si spieghi ai giovani come utilizzarlo, in modo esplicito e con l'aiuto di immagini inequivocabili.
Per i più inclini a scandalizzarsi, al limite, potrebbe essere previsto l'impiego di un fallo in plastica, anche se non vedo proprio a chi possa nuocere la visione di un pisello autentico.
Per le persone di buon senso, specie se vista in televisione durante un documentario, si tratterebbe semplicemente di una parte anatomica come un'altra.
Chi invece ci trovasse lo spunto per una morbosità diversa farebbe bene a farsi due domandine su se stesso, invece di inveire contro gli altri.
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Non è solo colpa di chi ci governa
Oggi è stata la mia prima giornata con il car sharing: alle nove in punto mi sono recato al parcheggio vicino a casa mia, ho preso il pandino che avevo prenotato e me lo sono tenuto tutto il giorno, perché avevo un sacco di giri da fare.
Peccato che al momento della riconsegna dell'auto ho trovato i posti riservati in cui avrei dovuto lasciarla, delimitati da tanto di linea gialla, occupati da due macchine che col car sharing non c'entravano niente.
Così mi è toccato armarmi di santa pazienza, telefonare al call center per chiedere cosa fare, sorbirmi un lungo giro alla disperata ricerca di un posto libero sulle strisce blu, e infine telefonare di nuovo al call center per comunicare l'indirizzo al quale avevo faticosamente trovato parcheggio.
Il che, in estrema sintesi, equivale a dire che un paio di maleducati mi hanno fatto perdere mezz'ora che avrei potuto dedicare ad altro semplicemente perché non avevano voglia di cercarsi un parcheggio, come invece è toccato fare a me anche se non avrei dovuto, e di pagare qualche spicciolo.
Ebbene, io credo che sommando tutte le mezz'ore come quella che vi ho raccontato -ivi comprese quelle assai più serie, tipo le macchine che occupano arbitrariamente i posti riservati ai disabili o gli scivoli dei marciapiedi- si disegni il quadro di una città che fa fatica a diventare più facile da vivere non solo per le mancanze di chi la governa, ma anche per colpa di quelli che ci abitano.
E credo anche che sia un po' troppo facile limitarsi a prendersela con i politici, quando i primi artefici delle difficoltà che siamo costretti a vivere tutti i giorni siamo noi stessi.
Finché non ce lo ficchiamo bene in testa tutti, la vedo davvero dura.
Sent from my Blackberry®
Morire di AIDS, ma democristiani
Correva il mese di dicembre del 1988, avevo poco più di vent'anni e l'allora ministro della Salute Carlo Donat Cattin, esponente di spicco della DC, fece recapitare a me e ad altri milioni di italiani una lettera in cui si diceva che per prevenire il virus dell'HIV occorreva praticare la castità.
Corre il mese di dicembre del 2011, sono passati ventitré anni e durante la giornata mondiale contro l'AIDS, su esplicita indicazione del Ministero della Salute, i conduttori RAI non pronunciano neanche una volta la parola "profilattico".
Vuoi mettere la soddisfazione di morire di AIDS, ma democristiani?
Rotondi, Magri e l'eclissi della politica
Gianfranco Rotondi sulla morte di Lucio Magri:
Onestamente non riesco a nascondere il rammarico per una scelta che non posso comprendere, ma della quale è opportuno non parlare per evitare che il dibattito ideologico si sovrapponga al doveroso omaggio che la democrazia italiana deve a questo protagonista assoluto della vicenda democratica italiana, specie in un momento di eclissi della politica.Vediamo se ho capito: siccome stiamo attraversando un momento di eclissi della politica, secondo Rotondi è bene non parlare della morte di un essere umano mediante suicidio assistito per evitare che ne scaturisca un "dibattito ideologico".
Strano, perché a me era parso di capire che fossero proprio i dibattiti ideologici, il cuore della politica: e che evitare quei dibattiti sia il presupposto perfetto per determinare l'eclissi di cui l'ex ministro sembra dolersi.
La realtà, quella vera, è che la relazione causale delineata da Rotondi andrebbe diametralmente invertita: non è opportuno tacere perché c'è l'eclissi della politica, ma l'eclissi della politica c'è e continuerà ad esserci finché si continuerà a tacere.
Del resto a me hanno insegnato che la democrazia consiste appunto nel decidere dopo aver parlato delle cose, onorevole Rotondi, e che gli inviti al silenzio appartengono a scenari politici tutt'affatto diversi.
Che ne dice, vogliamo dirci come la pensiamo, oppure preferiamo aggravare l'eclissi finché non sarà diventata irreversibile?
Il paese in cui i diritti si comprano
In Italia l'eutanasia è vietata: quindi chi se lo può permettere se ne va in Svizzera a fare il suicidio assistito.
In Italia la fecondazione artificiale è consentita solo entro certi limiti, e comunque mai alle coppie omosessuali o ai single: quindi chi se lo può permettere si reca in Belgio, in Olanda o in Slovenia e aggira il problema.
In Italia le carceri sono delle vere e proprie bolge infernali: quindi chi se lo può permettere paga un buon avvocato e riesce quasi sempre a farsi dare i domiciliari o a godere di rinvii e prescrizioni.
In Italia le coppie omosessuali non possono contrarre matrimonio: quindi chi se lo può permettere si sposa in Spagna, o in Islanda, e poi incarica un legale di fare casino alla Corte di Giustizia Europea per chiedere che il matrimonio venga riconosciuto anche qua.
In Italia funziona così: i diritti non spettano, si comprano.
Senza nemmeno il periodo dei saldi.
Aguzzini in prima fila
Vorrei segnalare a tutti coloro che nei giorni scorsi si sono sperticati in appassionate adesioni alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne le brevi riflessioni che seguono.
Esercitare violenza nei confronti di qualcuno non consiste soltanto nel picchiarlo, ammazzarlo, torturarlo, perseguitarlo, stuprarlo, ridurlo fisicamente in schiavitù: costituisce violenza, evidentemente, anche privare quell'individuo della possibilità di esercitare i propri diritti fondamentali, primo tra tutti quello di disporre del proprio corpo, senza dover subire divieti, ostacoli e condizionamenti.
Ne consegue che mettere i bastoni tra le ruote alle donne che vogliono abortire, cercare di evitare che possano farlo senza dolore, porre limiti ai presidi medici che potrebbero risolvere i loro problemi di fertilità, rendere difficoltoso l'accesso alla contraccezione d'emergenza, essendo con ogni evidenza atti che tendono a privare le donne stesse del diritto di autodeterminarsi, costituiscono inequivocabilmente violenza nei loro confronti: con l'aggravante che tale violenza non viene posta in essere da un delinquente, da uno stupratore, da uno stalker, da un marito manesco, ma nientepopodimeno che dallo Stato.
Ebbene, il fatto che nel coro degli aderenti alla giornata internazionale contro la violenza sulle donne ci fossero, in certi casi addirittura schierati in prima fila, numerosi esponenti di partiti politici che hanno fattivamente contribuito a determinare la privazione di quei diritti, e quindi a perpetrare quella violenza, è letteralmente ridicolo.
Gli altri aguzzini, almeno, hanno avuto la decenza di far finta di niente.
Bimbi di serie A, bimbi di serie B
Vediamo se ho capito come funziona: chi ha la fortuna di avere gli spermini e gli ovuletti a posto può riprodursi quanto gli pare e piace, salvo eventualmente mettere il figlio nella lavatrice e ammazzarlo (è accaduto in Francia, ma brutalità del genere succedono spesso e volentieri dappertutto); chi invece ha qualcosina che non va nell'apparato riproduttivo, o peggio è omosessuale, deve passare le pene dell'inferno per (o proprio non può) fare la fecondazione assistita e adottare un bambino, in ragione del fatto che i benpensanti del paese si stracciano le vesti per difendere i poveri innocenti che saranno costretti ad essere concepiti in provetta (cioè a loro dire in modo immorale), o a crescere (sempre a loro dire) in condizioni anormali rispetto agli altri.
Sapete cosa? Siccome ci sono un sacco di coppie sterili e omosessuali che sarebbero in grado di accogliere e tirare su con amore carovane di figli, e certamente farebbero a meno di metterli nella lavatrice, o di maltrattarli, o di picchiarli, o di abbandonarli a loro stessi come fanno tante coppie eterosessuali "tradizionali", delle due l'una: o si fa un test preventivo di idoneità alla genitorialità anche alle persone "normali", cosa che evidentemente sarebbe impossibile, oppure si consente a tutti di accedere pienamente alla fecondazione assistita e di adottare, indipendentemente dal funzionamento del loro apparato riproduttivo e dal loro orientamento sessuale.
Perché altrimenti bisognerebbe concludere che per i bambini nati in provetta o per quelli cresciuti da una coppia gay tutti si preoccupano fino a non dormirci la notte, mentre di quegli altri, quelli generati da individui "normali" che prima trombano come conigli e poi li trattano come spazzatura, non frega una beneamata mazza a nessuno.
Insomma, fate il piacere: piantatela di mascherare ipocritamente i vostri rigurgiti integralisti da pietosa preoccupazione per il benessere dei bimbi.
Siete letteralmente patetici.
La libertà secondo Silvio
La novità è che l'ex premier dello stesso governo che si è fatto in quattro per proibire ai malati di decidere se curarsi o no, alle donne di abortire con meno dolore, alle coppie con problemi di fertilità di accedere alla fecondazione assistita e ai ragazzi di farsi uno spinello, appartenente alla stessa maggioranza della miriade di sindaci che hanno prodotto ordinanze a raffica per vietare di bere alcolici, sedersi sulle panchine, mettersi in costume ai giardini pubblici, tenere aperti i locale di notte, fare musica per strada e via discorrendo, adesso se ne esce che tracciare i pagamenti sopra i 300 euro "va contro la libertà".
Si vede che io e lui abbiamo due concetti di libertà piuttosto diversi.
Abolire la cartamoneta
Furto, rapina, estorsione, corruzione, evasione fiscale, traffico di droga (al netto della legalizzazione, che per me rimane una priorità), sfruttamento della prostituzione (al netto della legalizzazione della prostituzione liberamente scelta, che per me rimane un'altra priorità), sequestro di persona, peculato, ricettazione, concussione.
Tutto questo campionario di simpatiche attività è legato da un unico comune denominatore: l'esistenza della cartamoneta, vale a dire delle banconote.
Senza banconote non si possono rubare soldi, e se si ruba qualche oggetto poi non lo si può rivendere, non si può chiedere il pizzo a un negoziante, non si può chiedere il riscatto alla famiglia di un sequestrato, non si può pagare una prostituta (cosa che, ripeto, riterrei legittimo poter fare alla luce del sole nella misura in cui si tratti di una libera professionista) né soprattutto impadronirsi successivamente dei proventi conseguiti da quest'ultima, non si può vendere droga (cosa che, ripeto anche questa, riterrei giusto poter fare in un regime legalizzato), non si può corrompere un pubblico ufficiale o truccare un appalto, non si può evadere il fisco esimendosi dall'emettere una fattura o uno scontrino.
Ne consegue che basterebbe abrogare la cartamoneta, obbligando chiunque debba ricevere pagamenti a dotarsi di un POS che costa poche decine di euro, per sconfiggere gran parte dell'evasione fiscale e per abbattere quasi tutti i reati contemplati dal codice penale, eccezion fatta per quelli che non sono riconducibili all'ottenimento di ricchezza (stupro e compagnia cantando), sui quali le forze dell'ordine potrebbero quindi concentrarsi in modo pressoché esclusivo.
Si tratta di una misura semplice, tecnologicamente banale e adottabile nel giro di pochi anni.
Poi, come al solito, c'è chi continua a blaterare che poter verificare i pagamenti costituisce un attentato alla libertà dei cittadini: ma trattandosi di un tizio che le libertà personali le ha mortificate tutte, a cominciare da quella di scegliere cosa fare del proprio corpo, forse non vale neppure la pena di ascoltarlo.
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Vista la notizia, non ho potuto esimermi. Istruzioni: fare refresh per ottenere una nuova abitudine satanica che porta al male
Troppo facile, ex ministra Carfagna
Adesso è troppo facile, ex ministra Carfagna, invitare le donne a uscire allo scoperto e denunciare le violenze subite.
E' troppo facile, per una che fino a qualche giorno fa faceva parte di un governo che i diritti delle donne li ha ignorati, per non dire calpestati, come meglio ha potuto.
E' troppo facile fingere di non sapere che il coraggio di denunciare le botte e la possibilità di interrompere una gravidanza con meno dolore, di ottenere la contraccezione d'emergenza, di accedere alla fecondazione assistita fanno parte dello stesso, identico mazzo: eppure il suo governo ha cercato di vanificare quelle possibilità con ogni mezzo, opponendosi all'aborto farmacologico, scagliando anatemi contro la pillola del giorno dopo, difendendo ad a oltranza l'oscurantista legge 40.
E' troppo facile, davvero. E forse sarebbe il caso di ammetterlo, di chiedere scusa e ricominciare da capo, invece di far finta di niente.
Se dovesse prendersi la briga di farlo, ex ministra Carfagna, io sarò qua a prenderne atto con soddisfazione: ché cambiare idea e rendersi conto dei propri errori è cosa nobile, da apprezzare e sottolineare con stima.
Così, però, è davvero troppo facile.
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Illusioni fiscali
Da commercialista: ridurre l'acconto dell'IRPEF dal 99% all'82% significa semplicemente far pagare qualche euro in meno alle persone oggi, e poi farglielo ripagare in più, tale e quale, a giugno, quando dovranno versare il saldo delle imposte.
Siccome conosco i miei polli, e so che certi meccanismi tendono a non essere affatto chiari, ho il sospetto che una considerevole quota di contribuenti si limiterà a prendere atto del fatto che a dicembre gli sarà rimasto in tasca qualche soldo che non prevedeva di avere e lo spenderà per i regali di natale: poi, a giugno, quando si renderà conto concretamente che quei soldi non li ha più ma deve comunque pagarli, piangerà lacrime di coccodrillo.
Mi pare, insomma, che si tratti di una misura che ha l'unico scopo di illudere le persone per favorire un aumento dei consumi nell'immediato: e poi tra sei mesi, tanto per cambiare, si vedrà.
Non so, da un governo di soloni come questo mi aspetterei qualcosina in più.
A forza di emergenze
Ci vuole poco, per governare a forza di emergenze: le cose non vengono affrontate per tempo, oppure vengono fatte male e si fa finta di niente, e poi quando succede il casino si grida all'emergenza, ci si agita come indemoniati e ci si fanno scappare pure un paio di lacrimucce, che vengono sempre comode perché alla gente piacciono.
Intanto il paese sprofonda, e non soltanto sotto le frane e le inondazioni: sprofonda nell'immondizia che si accatasta lungo le strade delle città, nel medioevo di un'immigrazione gestita come deportazione, nel panico dell'alcolismo giovanile incentivato dalle ordinanze proibizioniste, nel dramma delle tossicodipendenze lasciate al monopolio delle mafie, nella desolazione di una scuola smontata pezzo dopo pezzo e ridotta a fare di necessità virtù senza un quattrino in tasca, nelle atrocità perpetrate sulle donne da chi le picchia e da chi nega i loro diritti, nella barbarie di carceri ridotte a luoghi di tortura fatti e finiti.
Tutti problemi che dovrebbero essere affrontati per tempo con onestà, coraggio e lungimiranza, proprio come quelli legati alla speculazione edilizia e alla sicurezza idrogeologica di tanti paesi italiani.
Ma a governare a forza di emergenze, come dicevo, ci vuole poco.
Perché mai immaginare di fare qualcosa in più?
Secessionisti nazionalisti
E' curioso che ad opporsi in modo più accanito contro la possibilità che chi nasce sul suolo della repubblica diventi automaticamente italiano siano quelli che si professano stranieri pur essendo nati in Italia.
Per la serie: non blaterate dalla mattina alla sera di essere padani e di voler fare la secessione?
E allora, scusate, che ve ne frega?
Non è il momento
L'altro giorno un sostenitore del PD, durante una discussione in cui esprimevo una certa perplessità su alcuni comportamenti del suo partito, mi ha risposto che non avevo torto, ma per il bene di tutti non era il momento giusto per le critiche.
La cosa buffa è che lo stesso rilievo, con parole pressoché identiche, mi viene mosso praticamente da sempre: non era il momento di sottolineare gli errori del PD quando nacque, perché quello era un momento fondativo e bisognava concentrarsi sugli aspetti positivi anziché evidenziare le note dolenti; non era il momento durante la campagna elettorale, perché l'importante era cercare di guadagnare il governo del paese e il tempo per discutere sarebbe venuto dopo; non era il momento dopo aver perso le elezioni, perché la priorità era raccogliere i cocci e andare avanti insieme evitando di disintegrarsi nonostante la sconfitta; non era il momento durante il governo Berlusconi, perché ciò che contava davvero non era alimentare altre divisioni, ma liberarsi del cavaliere; non è il momento adesso, perché c'è la crisi e bisogna concentrarsi su quella, invece di accapigliarsi tra di noi.
In estrema sintesi, la sensazione è che il momento di criticare il PD, secondo alcuni suoi sostenitori, non arrivi mai, perché c'è sempre qualcosa di più urgente di cui occuparsi: tanto il tempo per portare i nodi al pettine verrà dopo, più tardi, quando le cose saranno migliorate.
Io, al loro posto, inizierei a sospettare che il ragionamento debba essere ribaltato: e cioè che le cose non migliorano proprio perché di alcuni punti dolenti, con una scusa o con l'altra, non si discute mai.
Se così fosse, ne converrete, il momento sarebbe adesso.
E forse sarebbe anche tardi.
Di questa sinistra non ne posso più
A quanto pare la sinistra, oggi, è diventata questa.
La sinistra dell'orgoglio di essere italiani, del tricolore, dell'inno di Mameli, del patriottismo: roba che quando ero un ragazzo sapeva di vecchio, di reazione, di polvere, che apparteneva al repertorio dei fascisti e che noi volevamo superare, sognando di spalancare gli occhi sul mondo e di liberarci dalla prigione dei confini nazionali.
La sinistra seriosa della costituzione, delle istituzioni, del presidente della repubblica che è l'unico serio: e invece noi, ragazzi di sinistra di qualche anno fa, la costituzione aspiravamo a cambiarla, le istituzioni volevamo rinnovarle, il presidente lo ascoltavamo con bonaria sopportazione, come si ascolta un vecchio trombone che alla sua età cosa vuoi che ne sappia, di cosa è diventato il mondo.
La sinistra giustizialista, manettara, moralista, bacchettona, soporifera, plumbea, che a me pare una brutta copia della destra e che si rivolta autistica nella sua noia infinita, nel suo contegno da pensionata inacidita, nel grigiore dei suoi mantra da sussidiario elementare.
A quanto pare la sinistra, oggi, è diventata questa.
E io, che continuo a ritenermi di sinistra, non riesco più a riconoscermici, a sopportarla, ad ascoltarne le lamentazioni senza provare un senso di disagio sempre più marcato.
Questa sinistra mi dà la nausea, perché credo che sia l'esatto contrario di quello che la sinistra dovrebbe essere.
Davvero, non ne posso più.
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No, che non sono entusiasta
Un economista di 68 anni, un giurista di 59 anni, un avvocato di 57 anni, un ex presidente dell'ENEL di 73 anni, un economista di 59 anni, un professore di 75 anni, un fondatore di una comunità religiosa di 61 anni, una giurista di 63 anni, un diplomatico di 65 anni, una ex prefetta di 68 anni, una giurista di 63 anni, un ammiraglio di 67 anni, un banchiere di 57 anni, un dirigente pubblico di 59 anni, un medico di 64 anni, un'economista di 63 anni, un ingegnere di 58 anni, un rettore di 63 anni, un giurista di 56 anni.
Sessantatré anni di media, tre donne, grande presenza di cattolici ed esponenti delle più prestigiose università private italiane.
Ora, io spero sinceramente che questo esecutivo si comporti nel migliore dei modi possibili: però acclamarlo come il governo che ho sempre sognato, quello che può dare al paese la svolta di cui avrebbe bisogno, mi parrebbe un tantino grottesco.
Come dite? Ah, sì. Visto quello che c'era prima non è il caso di lamentarsi, eppoi adesso bisogna evitare il default, e basta altre pippe.
Be', sapete cosa? Gli esercizi di menopeggismo non mi sono mai riusciti granché bene, e non riesco proprio a immaginare come questa combriccola di stampo conservatore possa occuparsi di alcune delle vere emergenze democratiche del paese; le quali, per certi versi, sono ancora (e in certi casi molto) più preoccupanti dell'ipotesi di finire con le pezze al culo.
Questione di punti di vista, naturalmente.
Augurandomi di sbagliare, per ora mi tengo il mio.
Amen
In estrema sintesi, temo che succederà questo: Berlusconi inizierà a blaterare -come in effetti sta già facendo- che il governo tecnico gli è stato imposto dai giochi perversi della politica, snocciolerà tutti i giorni l'elenco dei sacrifici che sarebbe stato capace di risparmiare agli italiani, attribuirà le misure di Monti per arginare la crisi alla sinistra che sotto sotto ha fatto una specie di ribaltone e comanda lei.
Così, quando sarà finita la legislatura, molti si saranno dimenticati di quello che è successo nei mesi scorsi e il cavaliere rischierà di vincere un'altra volta le elezioni.
Amen.
La controriforma senza riforma
Capricci genetici
Evidentemente avere la fibrosi cistica, la talassemia, problemi genetici o patologie cromosomiche, desiderare un figlio e voler evitare di trasmettergli la propria malattia non è altro che un capriccio: dev'essere per questo che le nuove linee guida della legge 40 impediscono a tutte le persone che si trovano in condizioni simili di accedere alla diagnosi preimpianto.
Poi dicono che i problemi urgenti di questo paese sono altri, che rischiamo il default, che si deve pensare all'economia e mettere da parte queste questioni, che secondo loro sarebbero marginali: eppure io continuo a pensare che la libertà dei cittadini, specie di quelli malati, venga prima di tutto il resto.
Perché se non c'è quella non ci può essere nient'altro.
Governo tecnico o no.
E se fosse stata una suora?
Mi piacerebbe sapere se il giudice di Torino che ha allontanato dal tribunale un'interprete musulmana perché aveva il velo, adducendo come motivazione il fatto che alle udienze si deve partecipare a capo scoperto, avrebbe fatto altrettanto con una suora.
Quando accadrà un fatto del genere sarò sinceramente disponibile a credere che simili episodi non costituiscano discriminazioni nei confronti degli stranieri.
Fino ad allora, abbiate pazienza, no.
Generatore automatico di governi tecnici
Istruzioni: fare refresh per ottenere un nuovo governo tecnico
E il video, invece, sì?
Che c'è di strano?
Ricevo, e volentieri pubblico.
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Insomma, a grandi linee la vicenda si può riassumere così: il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, dopo una lungo e travagliato percorso in cui ha dovuto fronteggiare vari e gravi ostacoli (su tutti, la separazione di Gianfranco Fini e il dissidio permanente con il ministro dell'economia Giulio Tremonti), si vede costretto ad abdicare; prova a prendere tempo, suggerendo ad esempio un nuovo governo con il ministro Angelino Alfano premier, ma il presidente della repubblica Giorgio Napolitano preme affinché l'incarico di primo ministro vada a Mario Monti, figura di indiscusso prestigio. La scelta divide i leader dei principali schieramenti: Pierferdinando Casini e Pier Luigi Bersani aderiscono all'idea, mentre Antonio di Pietro e Umberto Bossi annunciano di non voler sostenere il nuovo governo; posizioni più sfumate quelle di Nichi Vendola, Roberto Maroni e Gianni Letta, a lungo considerato un possibile successore del Presidente del Consiglio.
Bla bla bla, ecc ecc ecc.
Ci sono mille considerazioni che si possono fare sul quadretto sopra illustrato.
Per quanto mi riguarda, non so, sarò un tipo strano, sarò un fricchettone idealista, ma a me personalmente salta subito all'occhio un aspetto apparentemente marginale: tutti gli attori di questo dramma, così cruciale per l'Italia -12 o 13 nomi, indubbiamente le figure più importanti della politica italiana- sono di sesso maschile.
Tutti e solo maschi.
Sono strano io che ci faccio caso o è la situazione ad essere strana?
Ale
Lo statista che sapeva contare
Secondo Frattini rassegnare le dimissioni quando i numeri ti condannano senza possibilità di equivoci non è una semplice conseguenza dell'aritmetica, ma nientepopodimeno che un gesto "da uomo di Stato".
Stai a vedere che adesso dobbiamo pure ringraziarlo per non avere fatto un golpe.
Il momento di scegliere
E così, mentre il berlusconismo viene giù dopo un'interminabile caduta al rallenty, la sinistra italiana si ritrova di nuovo a fare i conti con le solite questioni mai risolte: le primarie si faranno il più velocemente possibile, oppure c'è qualcuno che spera nell'imminenza delle elezioni per saltarle a pie' pari? Almeno uno di quelli che si candideranno a sfidare la destra avrà il coraggio di aggiungere al suo vocabolario un paio di parole chiare sui diritti civili, sulle scelte di fine vita, sulle unioni tra omosessuali, sull'indecente situazione delle carceri, sull'immigrazione, sulla legalizzazione della prostituzione e della droga, sul rapporto perverso che si è andato determinando tra politica e finanza, sull'illegalità che dilaga nel paese, sulla salute riproduttiva delle donne, sull'informazione sessuale ai giovani, sui privilegi della chiesa e dei politici, sulle disparità economiche che non si fermano più? Possiamo sperare che dopo vent'anni la lezione delle troppe sconfitte dovute all'appiattimento sulle posizioni degli avversari sia servita a qualcosa, che la sinistra si riappropri dei temi che dovrebbero appartenerle -e che tra l'altro in molti casi sono pressoché maggioritari nel paese-, che si possa finalmente assistere non dico ad un impeto di coraggio, ma perlomeno a una lieve diminuzione della vigliaccheria?
Per come la vedo io, siamo di fronte a una specie di ultima chiamata: è arrivato il momento di scegliere.
Potrebbe essere davvero l'ultima occasione.
Sent from my Blackberry®
Il tempo delle barbarie
"Leggi solennemente enunciate e quotidianamente violentate", "carceri che assomigliano sempre di più a favelas ingabbiate", "rischi d’incendio, di malattie infettive", "risposte che non riesce a dare alle istanze dei detenuti", "diritto di ricevere una branda per la notte", "poter utilizzare in modo ordinario docce, gabinetti, lavandini", "tempo delle barbarie", "urgente mobilitazione, prima che sia davvero troppo tardi", "impennata dei suicidi di persone detenute", "diritti fondamentali", "indignazione e rabbia per come passi in silenzio tutto ciò".
Non lo dice un esponente politico, un attivista, un blogger: quelle che leggete qua sopra sono le parole dei direttori delle carceri italiane.
Io non so, davvero, se l'amnistia proposta dai radicali possa essere la soluzione del problema: però il problema c'è, è enorme e non può essere ulteriormente rimandato.
La differenza tra la civiltà e la barbarie è tutta nel volerlo affrontare.
Vedete un po' cosa vi riesce di fare.
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Grazie a AndreasLou per la segnalazione.
Toh, è sparito il blog della Carlucci
Forse Gabriella Carlucci, dopo aver lasciato il PdL, non sapeva cosa scrivere sul blog; oppure, tiro a indovinare, quello che aveva scritto prima strideva un tantino con la decisione assunta in questi giorni: sia come sia, sta di fatto che oggi il blog non c'è più, e al suo posto compare una laconica scritta recante il nome e il cognome della deputata appena approdata all'UdC.
Oppure sono io, che penso sempre male, e si tratta semplicemente di una coincidenza.
Bella grossa, per la verità, ma che volete: a volte succede.
Per sempre
Ma chi la ama, e siamo tanti, siamo la stragrande maggioranza del Paese, la difenderà anche fisicamente, può contare su di noi oggi e per sempre.(Gabriella Carlucci, uscita in queste ore dal PdL, a Silvio Berlusconi, 14 dicembre 2009)
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Grazie a Rosario d'Auria per la segnalazione.
L'esperta del web ha dimenticato di avere un blog
Gabriella Carlucci, la stessa che fino a qualche mese fa si proponeva come esperta di internet suggerendo fantomatiche misure per l'abrogazione dell'anonimato in rete, lascia il PdL, senza peraltro avvertire alcuna necessità di comunicare la notizia sul suo blog, che risulta tuttora aggiornato all'11 maggio 2011.
Se questi sono i nostri "esperti" del web, c'è di che essere ottimisti sul futuro dei diritti digitali.
Roditori all'80%
Quando la nave affonda i sorci non scappano all'80%, o in relazione a quello che succede nelle prossime ore, o quasi sicuramente a meno che non esca fuori qualcosa da una chiacchierata: scappano e basta.
Lo sfascio di questo paese, oggi, è tutto nell'immagine di chi non se la sente di essere completamente nemmeno un sorcio.
Sent from my Blackberry®
Di chi è stata la colpa?
Quando sento dire in giro che la generazione dei politici attualmente alla guida del paese ha fallito mi viene da ridere.
Non certo, ci mancherebbe altro, perché penso che non sia vero -del resto i risultati sono davanti agli occhi di tutti-, ma piuttosto perché sono convinto che non ci si potesse aspettare molto di più, visto che i protagonisti più maturi dell'attuale panorama politico rappresentano con ogni evidenza la terza o quarta scelta del materiale umano che la loro generazione poteva offrire al paese.
La mia sensazione è che ad aver fallito, o meglio ad essere i principali
responsabili di quanto sta capitando, siano invece i migliori di quella generazione, che per un motivo o per l'altro hanno schifato la politica intraprendendo strade diverse, abbandonando di fatto il paese nelle mani di gente che non poteva fare molto di più, illudendosi di poter coltivare in pace il loro orticello e delegare ad altri quello di cui avrebbero fatto meglio ad occuparsi in prima persona, lasciando infine che quella gente blindasse le proprie rendite di posizione e trasformasse la classe politica nella casta chiusa che è diventata.
Si potrebbe discutere a lungo sui motivi che hanno indotto quella generazione a comportarsi così: e credo che sarebbe molto utile farlo, se non altro per evitare di commettere anche noi -e, ancora più importante, i ragazzi che vengono dopo di noi- lo stesso errore.
Perché secondo me lo sbaglio da cui è iniziata la fine è stato proprio questo: e ho una gran paura che rischi di ripetersi.
Scopri le differenze
Voglio augurarmi che nessuno abbia l'alzata d'ingegno di sputare veleno sui rumeni in ragione del fatto che sono perfino capaci di picchiarsi per un cellulare.
Visto come sono andate le cose l'altro giorno, sarebbe il colmo.
Te lo buco, quel pallone
Ero solo un marmocchio alto così, ma quando sulla spiaggia qualcuno mi minacciava di bucarmi il pallone perché gli era finito addosso mentre ci giocavo venivo sempre assalito dal sospetto che quello fosse già nervoso di suo, che i suoi problemi lo assillassero di brutto, che fosse così incasinato da ridursi a prendersela con un bambino invece di affrontare le sue cose e risolverle.
Spaccare la telecamera a un cronista non è soltanto un gesto evidentemente maleducato, ma soprattutto il sintomo di un nervosismo che ti assilla, ti angoscia, non ti lascia respirare: e allora ti sfoghi così, come puoi, perché ti girano a duecento all'ora e non sai come fartela passare.
Provavo sempre una certa compassione per quelli che volevano bucarmi il pallone, perché anche se avevano un costume all'ultima moda, una macchina nuova di zecca e un bell'orologio d'oro mi parevano infelici.
Mutatis mutandis, è la stessa sensazione che provo oggi.
Manco i proibizionisti, sappiamo fare
So perfettamente che a distruggermi la macchina tirando dritto a uno stop, venerdì scorso, avrebbe potuto essere un cinquantenne patentato da una vita: e non, come invece è avvenuto, un'adolescente alla guida della sua automobilina con la targa da motorino.
So altrettanto bene, però, quanto sia singolare che nello stesso paese un quindicenne non sia considerato in grado di bersi una birra neanche se esce a piedi, ma allo stesso tempo venga reputato idoneo ad andarsene in giro guidando un attrezzo a quattro ruote potenzialmente pericoloso non solo per sé, ma pure per gli altri.
Dalle nostre parti, insomma, siamo severissimi sulle fregnacce, ma diventiamo estremamente permissivi quando si tratta di cose serie.
Manco i proibizionisti, sappiamo fare.
Non pensare, compra
Una volta, a un presidio per l'abrogazione della legge 40 sulla fecondazione assistita, eravamo in otto o nove.
In un'altra circostanza andò decisamente meglio, perché mentre raccoglievamo le firme per il testamento biologico si formò un capannello di una quindicina di persone.
Il massimo, tanto che ancora se ne parla coi lucciconi, fu quando ci ritrovammo in trenta, davanti a Montecitorio, per segnalare che in molte regioni l'obiezione di coscienza stava di fatto vanificando l'applicazione della legge sull'aborto.
Poi un bel giorno uno esce di casa, trova una strada chiusa al traffico e scopre che il casino era dovuto al fatto che migliaia di esseri umani si erano accalcati cercando di comprare un televisore o un telefonino in offerta: e pensa che evidentemente ci sono un sacco di persone che ritengono assai appropriato starsene a casa se si cerca di togliere loro perfino il diritto di disporre del proprio corpo, ma si riversano nelle strade se qualcuno mette in vendita una lavatrice a prezzo stracciato.
L'inaugurazione di un nuovo centro commerciale mobilità molto di più del desiderio di autodeterminarsi, si direbbe: ma temo che non sia tutto qua.
Ho una gran paura che le due cose siano correlate: ho una gran paura che spingere la gente a comprare, comprare e comprare ancora non sia che un modo come un altro, probabilmente il più raffinato, per fare in modo che non pensi ad altro.
Soprattutto, purtroppo, alla libertà che le si toglie.
Minerva comincia col riprendersi le parole (e vi invita a fare altrettanto)
Buongiorno a tutte/i!
Una delle ragioni per le quali Minerva è esasperata dai politici attualmente al potere è che l'immaginario mediocre, deprimente, disumano e patetico cui ci hanno sottoposto - e che continuano a tirare a inculcarci come modello di felicità, benessere e successo (ma per favore!) - si nutre di parole che costoro ci hanno rubato e delle quali fanno un uso perverso, ben distante dal loro significato originario.
Per quanto apparentemente questa potrebbe sembrarci cosa di poco conto, in realtà è attraverso le parole che diamo forma ai concetti e alle nostre esperienze. Ed è vero che la lingua cambia col tempo nell'uso quotidiano che ne fanno coloro che la parlano, ma quando il nuovo significato è frutto della scelta intenzionale di una corrente politica per mascherare i propri interessi e le proprie prospettive - fingendo che le cose siano come non sono - non va più tanto bene.
In un post molto agguerrito di alcuni mesi fa indicavo, ad esempio, il caso della parola 'libertà' in bocca a chi pretende di regolamentare questioni così private che investono la medesima gestione personale del nostro corpo - un evidente paradosso, nonché un abominio. E pensiamo parimenti a come è stata svalutata la dimensione di competenza, piacere, creazione e partecipazione alla costruzione del mondo e della comunità insita in tanta trattazione filosofica del concetto di 'lavoro', oggigiorno ormai percepito unicamente come un tragico soffocante distruttivo fardello - ancorché insicuro, precario, e potenzialmente
schiavistico - dopo il tempo del quale e l'alienazione che ci provoca comincia la nostra vera esistenza (se riusciamo ancora ad avere energia e fiato per viverla).
E vogliamo dire qualcosa di quel concetto meraviglioso che sarebbe contenuto nel termine 'amante' venuto invero ormai a indicare persone in ruoli affettivi precari, e comunque riprorevoli agli occhi dei più? E che dire delle parole 'vincere/vittoria', ormai inutilizzabili non tanto per via del motto, anche sottoscrivibile, erroneamente attribuito a De Coubertin, quanto per l'uso che ne fecero certi protagonisti della storia italiana al punto tale da convincere anche le generazioni a venire a provare una certa ritrosia nell'utilizzarle pure in situazione potenzialmente appropriate (con le mafie vogliamo partecipare, convivere, pareggiare o le vogliamo provare proprio a vincere?).
Benissimo. Abbiamo ora la possibilità di partecipare a un progetto collettivo per cominciare col riprenderci le parole, custodirle e difenderle: la Società Dante Alighieri, che sostiene la diffusione della lingua italiana, lancia il progetto "Adotta una parola", con il quale chiunque può candidarsi (volontariamente, ma anche senza alcuna spesa) a divenire custode per un anno di una parola a sua scelta della lingua italiana - impegnandosi a diffonderne il significato corretto e a segnalare alla società in oggetto gli usi errati (o perversi!) della medesima.
Non vi sembra questa una mirabile occasione - pur se non sta nel loro progetto, ma nel nostro di resistenza sì - per riprenderci, custodire e difendere altri immaginari e altre prospettive sulla vita, le relazioni, il mondo in cui viviamo associate al significato originario di quelle parole?
In sintesi, possiamo cominciare a cambiare le cose anche solo riappropriandoci della lingua che parliamo - imparando ad approfondire noi stessi i significati delle parole che usiamo e poi a difenderli da chi ne fa un uso distorto e cerca di mettere questi ultimi significati arbitrari e truffaldini nelle nostre teste: resistenza è anche questo.
Non vi sentite già dotati delle armi migliori - ovvero la scrittura, l'intelligenza e un po' di strategia? E, ciliegina sulla torta, lo facciamo all'interno del 'sistema', con i
suoi stessi strumenti (date un'occhiata ai credits della società...).
PS1: grazie a Giuliana per la segnalazione del progetto.
PS2: Grazie ad Ale e Giada per le utili conversazioni in merito a questo post.
PS3: il sito è sottodimensionato per le connessioni che sta ricevendo, quindi se incostraste intoppi nella scelta+adozione della parola, abbiate pazienza e riprovateci in altro momento. Sarà mica il dover ritentare più volte che può farci desistere, no? Forza! Riprendiamoci le parole! ;-)
Emergenza cacca
Stamattina ho avuto una terribile emergenza cacca.
Nel senso che me la sono fatta sotto sull'autobus.
Capirete, non ero preparato.
Cioè, per la verità la cacca mi scappa tutte le mattine alle otto in punto: e infatti quando si è verificato l'increscioso evento erano le otto e tre quarti passate.
Però, suvvia, mica pretenderete che uno se ne ricordi, no?
Con tutto quello che c'è da fare, volete che uno vada a pensare che di lì a poco, come accade puntualmente tutti i giorni alla stessa ora da trent'anni, dovrà cagare?
Ho ben altro per la testa, io.
Così, inevitabilmente, ho dovuto affrontare l'emergenza.
E ho perso.
Maledetta natura, che ci si accanisce contro.
La tristezza della disperazione
Ogni volta che le cose si mettono male (ed è successo più di una volta) qualche esponente di spicco del PdL si affretta a sottolineare, con disarmante puntualità, che a questo governo non esiste alcuna reale alternativa.
E ogni volta, altrettanto puntualmente, mi si affaccia in mente l'immagine di uno che viene lasciato dalla moglie, e che indurla a restare gioca la carta della disperazione balbettando una cosa del tipo: "Ho capito, non mi sopporti più: però, per pietà, se non hai per le mani qualcosa di meglio rimani lo stesso con me?"
Ora, io sono perfettamente consapevole del fatto che una senza marito e senza nessun altro ci può pure stare, mentre un paese senza governo no: e so altrettanto bene che è proprio questo il punto in cui si aprono gli scenari del "dopo" possibile, con tanto di ipotesi di governo tecnico, elezioni anticipate, eventuale riforma della legge elettorale e via discorrendo.
Ciò non toglie che questi appelli a tenere in piedi la maggioranza solo perché non ce n'è un'altra finiscano sempre per evocarmi una tristezza infinita.
La tristezza della disperazione, si direbbe.
E scusate se è poco.
Ci rubano il tempo, e ce lo fanno pagare
Per preparare un'insalata bisogna prendere un cespo di lattuga fresca, tagliarlo a strisce in senso longitudinale (30 secondi), sciacquarlo sotto l'acqua (40 secondi), asciugarlo con un panno da cucina (40 secondi), metterlo in un contenitore (10 secondi), condirlo con un goccio d'olio, un pizzico di sale e -facoltativamente- una spruzzata d'aceto (20 secondi): in tutto fanno 140 secondi, diciamo tre minuti volendosi tenere larghi.
Per cucinare un sugo al pomodoro e basilico occorre sbucciare uno spicchio d'aglio (15 secondi), metterlo in una padella con un filo d'olio (15 secondi), aspettare che soffrigga (60 secondi), aprire un barattolo di polpa di pomodoro (5 secondi), buttarcelo dentro (1 secondo), salare (5 secondi), aspettare che si scaldi (240 secondi) e terminare la cottura dopo averci aggiunto qualche fogliolina di basilico: in tutto fanno 341 secondi, diciamo approssimativamente sei minuti.
Ebbene, voi credete davvero che tutti quelli che comprano l'insalata in busta già tagliata e lavata, o il sugo pomodoro e basilico già pronto nel vasetto, non abbiano tre o sei minuti liberi per ottenere lo stesso risultato in modo più genuino e spendendo la metà? Mi pare chiaro che la risposta è no.
Eppure nei supermercati le insalate in busta e i sughi pronti, oltre a tutta una serie di ulteriori prodotti simili che non sto ad elencare per brevità, vanno via come il pane; il che equivale a dire che le persone li comprano, strafottendosene di mangiare una cosa più buona ed economica, nonché di rilassarsi facendo una cosa semplice per loro stesse, in ragione della supposta necessità di risparmiare una manciatina di minuti.
Non sto parlando, badate, di un esercito di cretini: conosco un mucchio di individui intelligenti che comprano quotidianamente quella roba, e questo post non è in alcun modo un attacco alla loro libertà di scelta. Dico soltanto che a mio parere li stanno fregando, che stanno facendo loro il lavaggio del cervello, che li stanno scientificamente convincendo ad adottare comportamenti insensati.
Mi pare un'ottima metafora del tempo in cui viviamo: oltre a farci spendere il doppio ci raccontano che ci stanno facendo risparmiare tempo, mentre in realtà quel tempo ce lo rubano. Lo sottraggono a noi stessi, quel tempo, alle piccole cose che potremmo fare con gioia, e dopo avercelo portato via se lo fanno anche pagare, come se fosse loro. E magari, sotto sotto, ci suggeriscono che i minuti strappati al taglio dell'insalata o al soffritto dell'aglio potremmo sommarli, metterli via, unirli tutti insieme e infine dedicarli ad attività più costruttive e gratificanti.
Tipo uscire e comprare qualche altra cosa.
Possibilmente inutile, sennò poi magari finiamo per dedicarle del tempo.
Sarebbe giusto che cacciassero noi
Invece mi sa che hanno iniziato un tantino più tardi, e nonostante questo hanno pure finito.
Il bello è che ci facciamo anche girare i coglioni quando qualcuno propone l'ingresso in Europa, tanto per dirne una, della Turchia.
E invece, forse, sarebbe giusto che cacciassero noi.
Abbiamo perso la memoria, anzi la voglia di conservarla
Appena qualche mese fa lo accoglievano in pompa magna, con tanto di cavalli berberi, camionate di ragazze col corano e tenda beduina piazzata in mezzo a Villa Pamphili, sostenendo che fosse un punto di riferimento indispensabile per i rapporti col medio oriente.
Oggi ne festeggiano la morte come un passo fondamentale verso la libertà dei popoli, ironizzano sulla caduta del tiranno e celebrano la sua uccisione come se si trattasse di un gioioso accadimento paragonabile alla fioritura dei ciliegi.
Il bello è che sono le stesse persone: quelle che ci governano.
Il bello è che la cosiddetta opinione pubblica, eccezion fatta per il solito manipolo di rompicoglioni, sembra non cogliere il triplo salto mortale, nonostante il fatto che i telegiornali ne abbiamo dato ampiamente conto: oppure, più verosimilmente, non gliene frega più niente di coglierlo.
Quello che abbiamo smarrito non è la memoria, ma l'idea che è importante conservarla per evitare di diventare niente.
Cosa che invece, nell'indifferenza generale, ci sta accadendo.
Sent from my Blackberry®
I garantisti delle leggi speciali
Fatemi capire un po' come funziona: voi del governo, che fino a ieri vi siete atteggiati a garantisti blaterando contro le intercettazioni, le pubblicazioni di notizie sui giornali e la presunzione di innocenza fino al grado definitivo di giudizio, adesso volete approvare una legge che consentirebbe alle forze dell'ordine di mettere dentro la gente anche se non ha commesso alcun reato, semplicemente in base al sospetto che possa farlo in futuro?
Dico, vi rendete conto che da queste parti non abbiamo esattamente la sveglia al collo, sì?
Un minimo di decenza, perbacco.
Un singolare concetto di attualità
Mi corre l'obbligo di segnalare al ministro Maroni che non sono le norme "attuali", che "non consentono di procedere al fermo o all'arresto di chi è solo sospettato di volere partecipare alle violenze", ma le norme normalmente vigenti in uno stato di diritto.
Se l'impossibilità di mettere in carcere uno che non ha fatto niente diventa un inconveniente passeggero legato all'attualità, il futuro si preannuncia decisamente nero.
Molto più nero dei black block.
Sindaco, per favore, la Nutella no
E alla fine, mentre maggioranza e opposizione si fregano le mani al pensiero di approvare leggi speciali, arriva quest'altro che proibisce i cortei per un mese.
Ci sarebbe da chiedersi, al di là del fatto che il provvedimento lede un diritto costituzionale dei cittadini, che senso abbia il limite temporale: cioè, o i cortei sono pericolosi sempre, oppure non sono pericolosi mai. Che dovrebbe cambiare, secondo Alemanno, tra un mese? Che i black block si stufino e si dedichino al Risiko? Che la crisi economica cessi di colpo e la prosperità torni a regnare nella capitale? Che le banche, i negozi, le automobili e tutti gli altri oggetti che i vandali sono soliti devastare vengano protetti da uno speciale scudo stellare tipo quello di Star Trek?
La verità, con ogni evidenza, è che tra un mese non succederà un bel niente. E quindi il provvedimento non mi pare altro che un castigo, del tutto simile a quelli i genitori più severi infliggono ai bambini quando hanno combinato qualche marachella: per un mese niente Playstation, e se fiatate ancora vi tolgo pure il Gameboy.
Non so, speriamo almeno che ci lasci la Nutella.
Disfattisti
A settembre del 2009 il peggio era passato.
A dicembre del 2009 i disfattisti che parlavano della crisi dovevano piantarla.
A febbraio 2010 ce la stavamo cavando meglio di tutti gli altri.
A giugno del 2010 la crisi era alle spalle.
A settembre del 2010 il governo aveva superato la crisi tenendo i conti in ordine.
A marzo del 2011 il governo era uscito dalla crisi compiendo una missione impossibile.
Oggi non ci sono i soldi per sostenere le imprese.
Come la mettiamo, adesso che il disfattista è diventato lui?
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