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Quanti sono i mercificati?

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Dal post di ieri, com'era prevedibile, è venuto fuori un dibattito niente male: al quale, già che ci sono, mi piacerebbe aggiungere un paio di spunti.
La mercificazione del corpo in cambio di denaro, a meno che non mi sfugga qualcosa, è un elemento che caratterizza complessivamente il mondo in cui viviamo: ciascuno di noi, in un modo o nell'altro, vende le proprie mani, le proprie braccia, le proprie gambe, i propri occhi, la propria bocca, il proprio cervello e via discorrendo, nell'ambito del noto fenomeno fondante la società moderna che chiamiamo volgarmente "lavoro".
Il fatto che tale vendita venga effettuata liberamente o sia dettata dalla necessità è circostanza sulla quale difficilmente si può esprimere un giudizio, se non dal punto di vista insondabile e insindacabile del singolo individuo: normalmente siamo abituati a considerare più consapevoli le scelte di chi svolge lavori particolarmente qualificati o meglio retribuiti, e più riconducibili al bisogno quelle di chi è adibito a mansioni più umili o meno remunerative.
Ma si tratta, con ogni evidenza, di una vistosa semplificazione, in base alla quale dovremmo considerare poco libera non soltanto la scelta di chi si prostituisce, ma anche quella di tutti i lavoratori che hanno bisogno di fare ciò che fanno per tirare avanti fino alla fine del mese.
E' libera la scelta di un facchino che deve spaccarsi la schiena dalla mattina alla sera per guadagnare qualche centinaio di euro? E' libera la scelta di chi va a pulire i cessi degli altri? E' libera la scelta di chi se ne sta inchiodato a una catena di montaggio otto ore al giorno e deve pure fare i turni di notte?
Non lo so. Probabilmente no, dirà qualcuno, ché se costoro potessero scegliere si dedicherebbero probabilmente a occupazioni meno faticose e più remunerative.
Il problema, allora, è certamente più ampio rispetto al solo esempio della prostituzione: e riguarda direttamente il modo in cui è strutturata la società in cui viviamo, nella quale vengono quotidianamente mercificati miliardi di corpi senza chiedersi una sola volta se quella mercificazione sia frutto della libera scelta o del bisogno, se sia più o meno umiliante, se riduca gli esseri umani a pedine di scambio la cui contropartita è quantificabile in denaro.
E' un discorso interessantissimo, che potrebbe mettere in discussione i fondamenti della nostra organizzazione economica, rispetto al quale non ho alcuna preclusione: ma svolgerlo solo in riferimento alla prostituzione, come se fosse l'unico caso in cui vale la pena di stigmatizzare la vendita del corpo e mettersi nei panni degli altri per valutare il grado di libertà con cui hanno scelto di fare quello che fanno, mi pare un'operazione ipocrita e moralista.
Volete preoccuparvi delle persone che sono indotte dal bisogno a fare quello che fanno? Bene, io ci sto. Ma l'operazione dev'essere completa, e riguardare tutte le occupazioni e tutte le parti corporee che servono per svolgerle.
Altrimenti siamo al solito adagio secondo il quale le parti intime, alla fine della fiera, sono "particolari" rispetto alle altre.
A me, scusate, questa sembra roba da preti.

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