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Tutto quello che non voglio essere

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Google+ e le sue "cerchie" stanno cercando di farmi fare una cosa che non mi è mai riuscita in quarantadue (quasi quarantatré) anni di vita: distinguere tra gli amici, gli amici degli amici, i conoscenti, quelli che ho incontrato tre o quattro volte e quindi non sono semplici conoscenti ma neanche si può dire che siano amici, quelli che mi stanno simpatici, quelli che dicono cose interessanti, e magari quelle che un giorno o l'altro varrebbe la pena di invitarle a bere un aperitivo perché non si può mai dire.
Io le cerchie non le ho mai sapute fare, manco nella vita "normale": mi è successo di raccontare i cazzi miei a persone che avevo incontrato sì e no una volta, perché per qualche oscura ragione mi ispiravano fiducia; mi è capitato di essere riservato con gente che conoscevo da trent'anni, perché non mi pareva il momento giusto per vuotare il sacco; ho diviso il pane con dei quasi sconosciuti, ho passato giornate ad ascoltare le confidenze di qualcuno che avevo visto la prima volta mezz'ora prima, mi sono nascosto per mesi agli occhi di chi mi stava accanto da quando ero alto così.
Odio le caselle, detesto le definizioni, sono terrorizzato dai ruoli.
Le cerchie di Google+ sono una metafora straordinaria di tutto quello che non voglio essere.

Il prestigio dell'Italia all'estero su Google

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Siccome il nostro premier dice spesso e volentieri che da quando c'è lui il prestigio internazionale del nostro paese è aumentato, mi sono preso la briga di andare a vedere cosa suggerisce il box di ricerca di Google -il quale, per chi non lo sapesse, mostra le ricerche più cliccate dagli utenti- in varie nazioni sparse qua e là per il pianeta se si prova a digitare la parola "Berlusconi".
Ecco a voi i risultati -prestigiosissimi, come vedete- delle prime sette o otto prove che ho fatto: fate qualche altro tentativo, se volete, ma i risultati sono più o meno sempre gli stessi.
C'è di che essere davvero fieri, eh?

Dalla Cina con furore

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warning
Google chiarisce il mistero delle e-mail mandate dal mio indirizzo a tutta la rubrica qualche giorno fa: a quanto pare qualcuno ha avuto l'alzata d'ingegno di accedere al mio account nientepopodimeno che dalla Cina:
china
La cosa curiosa è che Google mi raccomanda di cambiare la password soltanto cinque giorni dopo che il casino è già scoppiato: ho il sospetto che se non avessi provveduto a farlo subito di mia iniziativa, entro pochi minuti l'avrebbero fatto loro. E addio casella di posta.

Mi hanno fregato la password di Google

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Ieri sera ero in macchina quando sul Blackberry sono iniziate ad arrivare in rapida sequenza decine di mail: incuriosito, ho accostato per verificare e mi sono accorto che si trattava soprattutto di notifiche di mancata consegna a svariati contatti della mia rubrica, tutte relative ad una fantomatica mail dal titolo "Sharing happiness" inviata dal mio account Gmail.
Ho subito pensato che un virus stesse mandando quella mail a tutti i miei contatti: intuizione confermata da un paio di sms di amici che mi avvertivano tempestivamente della cosa, avendo ricevuto anche loro il messaggio incriminato.
Ma un virus dove? Non sul mio computer di casa (su cui uso Ubuntu), né su quello di studio (nel quale, per motivi di software, sono inchiodato a Windows), perché in quel momento erano entrambi spenti, e anche se fossero stati accesi non avrebbero potuto mandare alcunché, visto che uso Gmail solo dal web e non ho mai inserito i dati di quell'account su un client di posta.
Evidentemente, ed era l'unica spiegazione possibile, qualcuno o qualcosa mi aveva sgamato la password e stava usando il mio account per fare i propri comodi.
Non potendo fare altro, perché non avevo un computer davanti, ho telefonato a Luca chiedendogli la cortesia di provvedere lui a cambiarmi la password al volo, ed in effetti appena portata a termine l'operazione il flusso di mail si è subito fermato; a quel punto Luca ha controllato non so quale dettaglio tecnico, confermandomi che era proprio come pensavo: tutte quelle mail erano state mandate attraverso il mio account da qualcuno che mi aveva "rubato" la password.
Oggi sembra tutto a posto: a parte il fatto che ci ho messo un paio d'ore buone a trovare il menu nel quale cambiare la password anche sul Blackberry, e che oggi pomeriggio mi sono improvvisamente ritrovato senza connessione a casa (ma questa è un'altra storia che magari vi racconto più tardi o domani).
Però non vi nascondo che la vicenda mi ha impressionato un po': è davvero così facile fottere la password di Google (badate, ho detto Google, mica Metilparaben) a qualcuno? E' così facile, oltre a mandare in giro centinaia di messaggi con il suo account, poter leggere tutte le sue mail, comprese quelle di lavoro, e impicciarsi nei suoi fatti personali?
E inoltre: gli amici di Google non hanno colpe, oppure questa gente sfrutta qualche bug del loro sistema?
Chi ne capisce mi illumini: sono un tantino preoccupato.

Meglio non sapere?

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Da fratello di persona con sindrome Down ho già avuto modo di esprimermi sulla vicenda, ma l'attualità mi costringe a tornarci ancora una volta.

In estrema sintesi, sono convinto che se quel video non fosse stato pubblicato su Google nessuno (neppure la famiglia della vittima) avrebbe saputo che alcuni delinquentelli avevano intrapreso l'amena attività di picchiare e dileggiare un disabile; o quantomeno lo avrebbero appreso solo se e quando il ragazzo avesse trovato il modo di raccontare cosa gli stava capitando (circostanza tutt'altro che scontata per una persona come lui), probabilmente con forte ritardo e quindi dopo altre vessazioni ed ulteriori percosse.

Da questo punto di vista, fermo restando il disagio che nasce sapendo che tutto il mondo ha potuto vedere le immagini di un disabile malmenato e insultato (disagio che nessuno, credetemi, può comprendere meglio di me), a quelli di Google bisognerebbe dare un premio, perché la pubblicazione del filmato ha documentato, e conseguentemente interrotto, una vicenda orribile che altrimenti sarebbe proseguita (nel silenzio più assoluto) per chissà quanto tempo.

A meno che, come spesso succede, non si ritenga che per considerare risolto un problema sia sufficiente non saperne nulla: il che, com'è noto, è efficacemente sintetizzabile con la parola "ipocrisia".

Odore di censura preventiva

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ROMA - Il motore di ricerca più potente della terra non le trova più. A tre giorni dall'aggressione al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, su Google sono 'sparite' le sue fotografie con il volto insanguinato. C'erano, non ci sono più. Se si fa una ricerca per 'immagini' digitando 'Silvio Berlusconi Duomo' o 'Berlusconi ferito/insanguinato' e perfino 'Berlusconi Tartaglia', il premier appare sorridente, mentre si sistema la cravatta, con la bandana, in comizio o di fronte alla gente. Ma non ferito. Le foto con il volto insanguinato invece sono visibili nella sezione news e sono quelle che corredano gli articoli presenti. La stessa sorte è toccata anche a Massimo Tartaglia. Il suo nome è associato solo alla foto di un candidato sindaco di Colturano e a diversi casi di omonimia. Contattata, Google Italia dichiara di non aver toccato nulla.
Fonte: Repubblica

Google, la sindrome Down, mio fratello

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Il più giovane dei miei due fratelli è una persona con sindrome Down.

Dovete sapere, amici miei, che le persone con sindrome Down non sono esattamente degli oratori spigliati: succede spesso e volentieri che capiti loro qualcosa e non lo raccontino a nessuno, vuoi perché non sono capaci di esprimersi agevolmente, vuoi perché -come mio fratello- fanno una gran fatica ad esprimersi del tutto, vuoi perché si vergognano dell'accaduto, specie se la faccenda è mortificante come quella di cui vi sto per parlare.

Ciò premesso, vi dico come la penso sul caso Google: se il ragazzo insultato e picchiato dai suoi compagni fosse stato mio fratello, la circostanza che la scena fosse rimasta qualche giorno su internet alla merce' di migliaia di spettatori sconosciuti mi avrebbe senz'altro rattristato; avrei dovuto considerare, tuttavia, che senza quel video (e senza l'imbecillità di quei quattro teppisti, che dopo essersi accaniti vigliaccamente contro un disabile hanno pure pensato di autodenunciarsi immortalando la loro impresa da mezzeseghe) probabilmente non sarei mai venuto a conoscenza di quello che gli era accaduto.

Insomma, che la responsabilità oggettiva per violazione della privacy da parte di Google ci sarà pure: però credo anche che il portale, sia pure suo malgrado, abbia finito per svolgere un servizio di importanza tutt'altro che trascurabile, mettendo a conoscenza i familiari del disabile di quanto era successo e mostrando a tutti quali schifezze possono capitare nelle scuole italiane.

Cerchiamo di non dimenticare che documentare la verità, ancorché in modo scioccante, non è mai un'operazione che si può criminalizzare a cuor leggero.

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